5. L’OPERA DI DIO FRA VERTICI E BASE, FRA
QUANTITÀ E QUALITÀ
Quando Giuseppe era
viceré d’Egitto, su un piano strettamente spirituale avrebbe potuto anche
scoraggiarsi: è vero che era onorato, ma in fondo i pagani erano rimasti tali e
nessuno s’era unito a lui per adorare i suo Dio. Per moglie non aveva potuto far
di meglio che prendersi la figlia d’un sacerdote pagano (Gn 41,45) e così anche
la sua discendenza s’avviava a divenire pagana. Il senso della sua opera fu
chiaro solo quando si riunì ai suoi fratelli: «Dio mi ha mandato qui prima di
voi, perché sia conservato di voi un residuo» (Gn 45,7).
L’allora piccolo popolo di Dio (70 persone, Es 1,5) per poter crescere
numericamente (almeno 600.000 uomini, Es 12,37) aveva bisogno d’una protezione
politico-militare, che Dio gli assicurò facendo capire all’imperatore del tempo
che, se avesse fatto del bene agli ebrei, sarebbe stato benedetto tutto il
regno. I guai vennero quando in Egitto arrivò un nuovo re «che non aveva
conosciuto Giuseppe» (Es 1,8) e che si diede al solito vizio d’opprimere le
minoranze.
I tempi erano però maturi per una nuova fase dell’opera di Dio, che voleva
trasformare un popolo quantitativamente numeroso in un popolo di valore, pronto
a divenire e a mantenersi libero. Insomma, dopo aver agito «in alto» (con
Giuseppe e il Faraone) e poi «in basso» (aumento numerico), bisognava
ricominciare «dall’alto»: forgiando prima Mosè e poi, attraverso lui, educare
tutto il popolo con grande fermezza e grande amore.
Anche la storia successiva d’Israele fa vedere lo svolgersi di fasi diverse, ma
mi fermo qui, perché vorrei solo far notare come l’opera di Dio si sviluppa in
tappe che non vanno considerate a sé, ma come parti d’un programma complessivo
che non andrebbe mai perso di vista.
L’intervallo fra Giuseppe e Mosè è per me interessante anche perché mi sembra
che assomigli al tempo attuale, nel quale il popolo di Dio è ugualmente immerso
fra popoli più o meno pagani e sottoposto alle loro autorità politiche, popoli e
autorità alle quali Dio chiede semplicemente di dare libertà ai credenti. Anche
noi, poi, attendiamo uno come Mosè (Dt 18,15; At 3,19-23), che trasformi il
nostro «essere in tanti» nel nostro «essere veramente santi», degni cittadini
del nuovo Regno che verrà.
Quanto sopra non sono solo riflessioni teoriche, ma schemi che ritengo necessari
per quanto poi argomenterò, per esempio riguardo alla Cina e all’India.
Nei limiti imposti dalla sinteticità di questo scritto, farò ora dei rapidi
flash su alcune significative aree religioso-culturali, facendo scelte che a
volte suppongo largamente condivisibili, altre volte più personali.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/Proiezioni/308f-GeoCristiana_5Opera_Mds.htm
26-11-2007; Aggiornamento: 05-01-2008
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