14. ISRAELE
L’approccio
letteralista degli evangelici li aveva portati a credere nel ritorno degli ebrei
in Palestina molto prima che si costituisse non solo lo Stato d’Israele, ma il
movimento sionista stesso. Nella Bibbia questa promessa è esplicita e ce n’è
traccia nel saluto augurale che gli ebrei hanno continuato a farsi per secoli:
«L’anno prossimo a Gerusalemme!». Infatti la disubbidienza d’Israele a
Dio comportava la perdita delle benedizioni, non quella della
elezione.
Mosè non si faceva nessuna illusione sulla fedeltà del popolo: «Io so che,
dopo la mia morte, voi certamente vi corromperete e lascerete la via che vi ho
prescritta; e la sventura vi colpirà nei giorni che verranno» (Dt 31,29).
Con conseguenze espresse senza equivoci: «Il Signore ti disperderà fra tutti
i popoli, da una estremità della terra fino all’altra» (Dt 8,64).
Ciononostante: «Quand’anche i tuoi esuli fossero all’estremità dei cieli, di
là il Signore, il tuo Dio, ti raccoglierà e ti prenderà… ed egli ti farà del
bene e ti moltiplicherà più dei tuoi padri» (Dt 30,4s).
L’apostolo Paolo ha tenuto conto di quest’impostazione dell’Antico Testamento,
considerando come temporaneo l’accantonamento d’Israele da parte di Dio
(Rm 11,25-32). Anche Gesù considerò il rifiuto da parte di Gerusalemme come
temporaneo; ma seppur non definitiva, questa incomprensione con la città che
amava fu una delle poche circostanze che lo fecero piangere: «Non può essere
che un profeta muoia fuori di Gerusalemme. Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi
i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati, quante volte ho voluto
raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i pulcini sotto le ali; e
voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta. Io
vi dico che non mi vedrete più, fino
al giorno in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”»
(Lc 13,33ss; 19,41). Verrà un giorno nel quale gli abitanti di Gerusalemme
diranno:
«Benedetto colui che viene nel nome del Signore»
(Sal 118,26) e sarà un segno che Gesù sta per tornare proprio a Gerusalemme,
da dove si è elevato da questa Terra per salire in cielo (At 1,4-11). Lasciamo
questo piano biblico-teologico, dopo averlo appena sfiorato, per concludere con
qualche dato che ci sembra molto significativo.
Quando nel dopoguerra (1947) l’ONU decise di suddividere il territorio della
Palestina fra due entità statali, una ebraica e l’altra araba, scoppiò subito un
conflitto che non era rilevante sulla scena della politica internazionale. Da
allora in poi l’importanza dello Stato d’Israele e delle questioni a esso
connesse è andata sempre aumentando. Dopo l’11 settembre 2001, poi, il rapporto
con Israele è una delle scelte fondamentali per la politica estera d’ogni Stato:
il terrorismo islamico, infatti, vuole costringere ciascuno a schierarsi con
loro o con Israele, rendendo difficile rimanere neutrali. Quei governanti arabi
che hanno incoraggiato l’odio verso Israele, così, si stanno rendendo conto che
ciò si ritorce contro loro stessi (perché sono considerati dai terroristi come
troppo amici dell’Occidente), così s’aprono ora nuovi spiragli di collaborazione
per Israele e nuovi motivi per stabilire alleanze. La Russia e l’India, per
esempio, avendo al loro interno delle minoranze musulmane fra le quali è forte
il terrorismo, ne hanno tratto stimolo per avvicinarsi a Israele.
Quello che più ci fa sperare, però, è la nascita in Israele di quelle che
percepiamo come «perle» luminose: cioè le chiese composte da ebrei che hanno
riconosciuto in Gesù il Messia promesso e che continuano a mantenere la loro
identità ebraica. A volte si nota una stranezza: agli italiani che sono
cristiani è consentito restare italiani, mentre agli ebrei divenuti cristiani
alcuni chiederebbero di cancellare la propria ebraicità! Non rendendosi conto
che Gesù era un ebreo regolarmente circonciso (Lc 2,21-24) ed era percepito come
tale (Gv 4,9). L’Evangelo si svolge in ambiente tipicamente ebraico (Mt 10,5s;
15,24) e i primissimi cristiani erano tutti ebrei che continuavano a
essere «zelanti per la legge» (At 21,17). Per avere il primo battezzato
che non fosse un ebreo circonciso, bisognò attendere l’inaspettata opera di Dio
sull’apostolo Pietro e su Cornelio (At 10).
Queste chiese cristiane d’ex-ebrei (meglio definite come «messianiche», essendo
«Cristo» la traduzione greca dell’ebraico «Messia») stanno crescendo
rapidamente, così a Gerusalemme e dintorni ci sono nuovamente ebrei che
esclamano: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (cioè Gesù,
venuto e che tornerà nel nome di Dio) e ciò potrebbe presto divenire cruciale.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/Proiezioni/308o-GeoCristiana_14Israele_Sh.htm
26-11-2007; Aggiornamento: 05-01-2008
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