4. PER QUALI MOTIVI DIO BENEDICE OGGI
I POPOLI?
Pur ritenendo
ancora valida l’impostazione generale data a suo tempo da Dio a Israele, penso
che oggi essa si debba applicare con qualche adattamento che tenga conto
delle mutate circostanze. Ho poi cercato d’individuare una «bussola di
valutazione oggettiva» che faccia appello a criteri chiari e condivisibili.
Siccome oggi il programma di Dio è di far conoscere l’Evangelo, allora benedice
quelle nazioni che ne consentono la libera predicazione. Un criterio più
elementare e oggettivo è quello di constatare se in quella nazione è consentita
la libera circolazione dell’Evangelo scritto (la predicazione, infatti,
potrebbe essere anche falsata). Siccome poi Gesù ha detto che «dove due o tre
sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20), allora
c’è anche da chiedersi se è consentita una libera lettura comunitaria
dell’Evangelo.
Importante è anche come una nazione reagisce all’Evangelo, la cui predicazione
può produrre non solo vita (se viene ricevuto) ma anche morte (se viene
respinto, vedere 2 Cor 2,15s e Mt 10,14s); per valutare ciò, si può osservare se
la Chiesa cresce o no, cioè se la predicazione produce conversioni o meno. Per
Dio poi non è essenziale che ci sia un’alta percentuale di cristiani
superficiali, ma basta che ce ne sia una minoranza significativa, purché
autentica. Basta infatti una bassa percentuale di sale per dar sapore e
preservare (Mt 5,13) e a Sodoma sarebbero bastati solo dieci credenti per
evitare il disastro (Gn 18,32).
Un criterio abbastanza agevole per constatare l’idolatria è la «deificazione»
del capo, che promuove e accetta il «culto della personalità»: infatti quando un
popolo non guarda più a Dio, spesso esalta e si prostra davanti a qualche essere
umano. Più o meno in tutto il mondo, non a caso, abbondano immagini di persone
alle quali tanta gente è pronta a dedicare la vita. A volte sono indicati
esplicitamente come «idoli» (cantanti, campioni sportivi), altre volte sono
idoli di fatto, perché se ne fanno grandi statue, grandi ritratti portati in
processione, con l’esplicita dichiarazione d’una sottomissione totale a quelle
che sono ritenute persone «superiori», se non addirittura in contato diretto con
Dio.
Altri criteri sono di meno facile condivisione da parte dei cristiani e
riguardano l’attuale popolo d’Israele. Parto dalla convinzione che la Chiesa
non ha ereditato
tutte le benedizioni promesse da Dio al popolo dell’Antico Testamento e
che Israele ha ancora un compito da svolgere nel piano di Dio (Rm 11,25-32).
Sono anche convinto che l’attuale Stato d’Israele sia un mezzo che Dio vuole
usare (al di là degli errori dei suoi dirigenti) per portare a compimento il suo
progetto finale per il mondo.
Quanto detto sopra lo riassumo e lo integro ora in uno schema di facile
consultazione.
Criteri di valutazione biblica di una nazione
■ 1. Si può acquistare liberamente l’Evangelo e la Bibbia?
■ 2. È consentita una libera lettura comunitaria dell’Evangelo e della Bibbia?
■ 3. La «Chiesa confessante», quella costituita da tutti i cristiani che
confessano la loro fede (cioè che la testimoniano ad altri, cfr. Mt 10,32s; Rm
10,9; 1 Gv 4,15) è in crescita numerica?
■ 4. È presente un numero significativo di cristiani confessanti? Per esempio,
già l’1% non è poco, perché significa che in ogni città (anche piccola) c’è una
comunità vivente che la illumina (e spesso basta un minimo di luce per evitare
grandi rischi).
■ 5. Qual è l’orientamento religioso-culturale di fondo? È molto degenerato o è
vicino al modello biblico?
■ 6. Le autorità politiche sono in una giusta luce? Ci possono infatti essere
due distorsioni micidiali: in certi casi non si riconosce che le autorità vanno
onorate in quanto «ministri di Dio» (Rm 13,5ss), in altri si va all’eccesso
opposto facendone oggetto di culto (è noto come i primi cristiani fossero uccisi
proprio perché rifiutavano il culto dell’imperatore).
■ 7. Qual è il comportamento morale complessivo del popolo?
■ 8. Come vengono trattati gli ebrei presenti all’interno dello Stato?
Significativo è se prevale la tendenza all’emigrazione o all’immigrazione.
■ 9. C’è più simpatia per lo Stato d’Israele o per i suoi nemici?
L’analisi è
facilitata quando questi 9 «barometri» tendono ad annunciare lo stesso tempo e
si hanno così, da un lato, gli Stati dove vige la libertà e che tendono a essere
filo-ebraici, mentre all’altro estremo ci sono Stati guidati da despoti
auto-celebrantisi che perseguitano sia i cristiani che gli ebrei.
L’ostacolo maggiore per affrontare quest’argomento è la diffusa presenza in
Italia d’un atteggiamento «antipolitico», il quale considera il potere come
«sporco in sé» e che s’esprime con frasi che cominciano con «sono tutti…», dando
per scontato un consenso generale quando s’esclama: «Io in Parlamento ci
metterei una bomba!»
La Bibbia invece valuta i politici in modo molto vario (vedere 1 e 2 Re) e fa
vedere, per esempio, che il re di Gherar aveva agito con «integrità» verso
Abramo, arrivando addirittura a dare la colpa al «padre della fede» (Gn 20,6-7).
Quando Giuseppe venne in contatto con il re d’Egitto (che in realtà era un
imperatore), non si fece impressionare dal fatto che mandasse in galera e
impiccasse i suoi servitori senza tanti complimenti (Gn 40,2-22), anzi si
dispose a collaborare con lui e a rafforzarne il potere, fino a rendergli
tributario tutto un popolo che, nonostante ciò, apprezzò l’opera di Giuseppe (Gn
47,13-26).
Anche il grande imperatore di Babilonia, Nebukadnezar, non era certo uno dei più
teneri, ma il profeta Daniele entrò in tale sintonia con lui da riceverne il
delicato e strategico incarico di comandante della capitale Babilonia (Dn 2,48).
L’autorità politica più benedetta, nella Bibbia, fu senz’altro Davide, il cui
regno non avrà mai fine perché venne infine ereditato da Gesù, figlio di Davide
(2 Cr 13,5; Mt 1,1). Davide però non fu senza colpe e proprio su d’esse si
concentrò Scimei il quale, pur non avendo tutti i torti, pagò a caro prezzo il
suo voler vedere nel suo re solo il negativo (2 Sm 16,7-8s; 1 Re 2,8s; 2,36ss).
L’apostolo Paolo raccomanda d’essere sottomessi e d’onorare le autorità
politiche e siccome lo fa nella lettera indirizzata a quelli di Roma, non ci
dovrebbero essere dubbi che si riferiva agli imperatori del tempo (che non erano
certo campioni di giustizia e di moralità cristiane!).
Anche oggi, perciò, non dovremmo solo confrontare le autorità politiche con la
perfezione del Regno di Dio che verrà, ma considerare le concrete circostanze
generali e specifiche di ciascun governo. Tutto ciò alla luce dei concreti
obiettivi che Dio vuol raggiungere e che non sono delle vaghe utopie, ma fanno
parte d’un lungo e concreto percorso che vede il Regno di Dio solo come «ultima
tappa». Il cattolicesimo, invece, tende a vedere come possibile un Regno di Dio
«qui e ora», pensando di poter rimediare all’assenza del Re (Gesù) con un
«vicario» (il papa). Anche gli italiani che non si definiscono cattolici hanno
assorbito certi schemi, perciò tendono a un radicalismo «senza se e senza ma»,
che li porta a progettare l’impossibile, per poi tollerare il peggio.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/Proiezioni/308e-GeoCristiana_4Dio_Lv.htm
26-11-2007; Aggiornamento: 05-01-2008
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