9. ALCUNI CASI ESEMPLARI DI NAZIONI MUSULMANE
9.1. ARABIA
SAUDITA: CENTRO DEL RADICALISMO: L’Arabia Saudita è stata a lungo
considerata fra le nazioni «moderate» e, in effetti, sul piano politico ed
economico lo è stata: sul piano politico ha fatto una scelta netta a favore
dell’Occidente e contro il comunismo, mentre sul piano economico ha sempre
frenato gli eccessi delle nazioni che non si sarebbero fatte scrupolo di mettere
in ginocchio l’economia del mondo industrializzato.
Queste indubbie verità, però, ne hanno nascosta un’altra di segno opposto e
riguardante il tipo d’islamismo praticato, che è il cosiddetto wahhabismo,
perché derivato dall’opera di al-Wahhab (1732-1792). Per dirlo in poche parole,
si tratta di un’interpretazione estrema del monoteismo musulmano, che non ha
esitato a imporsi con la forza e a devastare perfino la tomba di Maometto,
affinché non se ne facesse in nessun modo un luogo di culto. Per i wahhabiti
sono «infedeli» non solo i non musulmani, ma anche coloro che, a loro avviso,
non seguono correttamente il vero islam, avendo in particolare avversione i
musulmani sciiti.
Più che la parte storica, però, a noi interessa l’attualità, caratterizzata da
una larga diffusione di scuole coraniche saudite finanziate dai proventi del
petrolio, le quali si sono insediate un po’ ovunque (dall’Africa all’Indonesia):
in parallelo allo sviluppo di queste scuole, sono cresciuti gli attacchi
sistematici a chiese e l’uccisione di cristiani, con la precisa volontà
d’imporre la sharia
(cioè la legge musulmana) a tutta la società. In Arabia Saudita non solo non è
ammesso altro tipo di culto pubblico al di fuori dell’islam, ma neppure nelle
ambasciate è consentito di portare con sé l’Evangelo.
Dopo l’11 settembre 2001 (attacco alle Torri Gemelle) si è cominciato a notare
come la quasi totalità dei kamikaze fossero sauditi, come pure suadita è Osama
Bin Laden. Un prestigioso centro di studi americano è arrivato addirittura a
indicare l’Arabia Saudita come il centro dell’inimicizia musulmana verso
l’Occidente.
Stretti fra le critiche dell’Occidente e la minacce di Bin Laden (che vorrebbe
rovesciare l’attuale regime, considerato corrotto e alleato dell’Occidente), i
governanti sauditi stanno timidamente introducendo un minimo di riforme. Dal
punto di vista umano non s’intravedono grandi possibilità di cambiamenti, ma se
veramente i governanti sauditi sono responsabili (direttamente o indirettamente)
dell’uccisione sistematica di cristiani, allora prima o poi quella classe
dirigente incorrerà in un giudizio simile a quell’abbattutosi a suo tempo su
Faraone.
Oltre a qualche infiltrato cristiano di gran coraggio e che agisce in sotto
traccia, una via di penetrazione del cristianesimo è data dalla presenza di
lavoratori stranieri, alcuni dei quali (per esempio una parte dei filippini)
sono zelanti cristiani, che continuano ad agire nonostante corrano il rischio
d’essere espulsi o di finire in prigione.
9.2.
SIRIA: PIENA LIBERTÀ AI CRISTIANI: In Siria lo Stato si professa laico,
ma non nel senso che avversa tutte le religioni, bensì perché le lascia tutte
libere. I cristiani della Siria possono così pubblicamente predicare l’Evangelo
e vivere in tranquillità (fatto veramente eccezionale nel mondo arabo-islamico).
Questo indicatore, insomma, annuncia un «tempo ottimo», ma l’analisi complessiva
è complicata dal fatto che altri indicatori indicano «tempesta». Per esempio, è
abbastanza sviluppato il «culto della personalità»: prima rivolto as Assad e,
dopo la sua morte, al di lui figlio Basar.
Mentre altri due Paesi confinanti (Egitto e Giordania) hanno trovato il modo
d’accordarsi con Israele, la Siria ha costantemente mostrato un atteggiamento
conflittuale verso lo Stato ebraico. Questi due indicatori, insomma,
indicherebbero tempi futuri difficili per la Siria, ma forse il primo indicatore
è più importante di tutti gli altri e può far capire perché la Siria, negli
ultimi decenni, abbia evitato scelte disastrose (come quelle dell’Iraq, per
esempio) e abbia conosciuto un sostanziale progresso e una relativa stabilità
sociale.
Insomma, la Siria mi fa capire… che non sempre è facile comprendere le vie di
Dio e le mosse che farà. D’altronde Gesù stesso ha fatto presente che certe
valutazioni del Padre nemmeno lui le sapeva, perché il Padre le riserva a se
stesso (Mt 24,36; At 1,7).
9.3.
SUDAN E GLI ALTRI: MASSACRI DI CRISTIANI FRA L’INDIFFERENZA GENERALE: La
vicenda del Sudan è emblematica e inquietante: emblematica perché, come molti
Stati di quella fascia d’Africa, ha una zona a prevalenza musulmana e un’altra a
prevalenza in qualche modo cristiana; inquietante per il silenzio che ha
circondato la decennale strage di cristiani (anche da parte del papa!), silenzio
interrottosi solo quando il governo del Sudan ha perseguitato altri musulmani,
cioè quelli del Darfur. Insomma, l’ONU, l’Occidente e le organizzazioni
umanitarie sembra che protestino solo se a essere oppressi sono dei non
cristiani; stupisce che anche molti «cristiani» sembrano muoversi con gli stessi
schemi!
Anche in Eritrea, in Nigeria e in Indonesia (per limitarci ai casi più
clamorosi) i cristiani sono stati sistematicamente perseguitati dal fanatismo
musulmano, fra un’indifferenza pressoché totale (anzi, in Eritrea, la Chiesa
Cristiana Ortodossa ha di fatto avallato la persecuzione di quei cristiani che
non sono loro membri!). Anche Gesù è indifferente? O impotente? Credo che invece
stia esercitando la sua pazienza e che a un certo punto chiederà conto del
sangue innocente versato.
9.4.
TURCHIA: IL PIÙ INTEGRATO, ANZI NO: Il popolo turco è uno dei tanti che,
dalle steppe dell’Asia Centrale (area mongola) si è poi spostato verso ovest.
Dopo aver accettato l’islamismo e a cominciare dalla fine del XIII secolo, un
loro emirato (turchi ottomani) ha realizzato una progressiva espansione, giunta
al culmine con Solimano che, nel 1529, si presentò alle porte di Vienna,
tentando di penetrare nel cuore stesso dell’Europa. Dopo aver riunito sotto di
sé il vasto mondo arabo-islamico, l’Impero ottomano è entrato in una lenta
decadenza protrattasi fino alla prima guerra mondiale (1915-18), durante la
quale si disgregò, rischiando di smembrare gli stessi territori abitati dai
turchi. In queste drammatiche circostanze, acquistò sempre più prestigio un
ufficiale dell’esercito (Mustafa Kemal) che, per 18 anni (1920-38), esercitò un
potere incontrastato, con un obiettivo ambizioso e radicale: fare della Turchia
una nazione moderna in stile europeo.
Le riforme messe in atto furono drastiche: deposto il sultano e instaurata la
repubblica, fu introdotto l’alfabeto latino, il calendario occidentale
(gregoriano), il sistema metrico decimale e il diritto europeo. Sul piano
religioso, l’islam cessò d’essere la religione ufficiale e venne proclamata la
libertà di fede, fu proibita la poligamia e vietato alle donne di portare il
velo.
Queste riforme, imposte dall’alto usando un potere pressoché assoluto, sono
state accettate dal popolo e mantenute anche dopo la morte di Kemal, al quale è
stato addirittura riconosciuto l’appellativo di «padre dei turchi» (Ataturk).
Nella seconda guerra mondiale la Turchia si schierò contro la Germania ed è poi
entrata a far parte dell’alleanza militare occidentale (NATO). Nelle guerre
arabo-israeliane si è mantenuta neutrale, stabilendo con Israele una
collaborazione profonda. Si è poi sempre più avvicinata alle istituzioni europee
e già poteva esserne un membro, ma la sua domanda d’adesione è ancora sotto
esame e anzi ora sembra che le difficoltà per entrare crescano.
Fa impressione, perciò, che anche dopo un percorso di deislamizzazione così
lungo e profondo, sia recentemente riemerso un partito islamista il cui leader,
Erdogan, è a capo del governo dal 2003 e ha stravinto le elezioni del 2007,
consolidando un potere che sta divenendo sempre più capillare.
Erdogan non ha stravolto la politica turca ed è considerato quasi da tutti come
un «moderato». Altri però sono convinti che l’approccio morbido sia solo un modo
per tranquillizzare l’esercito (tradizionalmente custode della laicità dello
Stato) e per neutralizzare l’opposizione laica, instaurando un processo
d’islamizzazione lento, ma di lunga durata e pericoloso quanto gli altri.
Non facciamo previsioni su come andrà a finire, ma solo invitare a porre molta
attenzione su come evolverà la Turchia: sembrava che fosse il primo caso d’una
nazione a maggioranza musulmana che s’integrava con i non musulmani, mentre ora
c’è il pericolo che potrebbe essere l’ultimo caso d’una deislamizzazione
fallita.
Una cosa è comunque certa, con l’emergere degli islamisti si è anche sviluppata
una campagna d’odio verso i cristiani, additati come un pericolo per la nazione
turca. Questo clima sociale ha spinto alcuni ad agire e sono così cominciati gli
assassini di cristiani. L’ultimo clamoroso caso (18/4/07) è quello di tre membri
d’una società biblica (uno tedesco e due turchi) trucidati da un gruppo di
giovani. Non è stato certamente il governo a organizzare questi omicidi, ma
favorendo la campagna di denigrazione (o lasciandola sviluppare), è da
considerarsi come responsabile indiretto.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/Proiezioni/308j-GeoCristiana_9Naz-musulm_Oc.htm
26-11-2007; Aggiornamento: 05-01-2008
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