1. ENTRIAMO IN TEMA: In questo
articolo mostreremo come la falsa interpretazione di un genere letterario
abbia importanti conseguenze dottrinali. A ciò si aggiunga che il falso
sillogismo, accompagnato dall’uso dell’allegoria, faccia prendere fischi per
fiaschi nell’escatologia personale e riguardo al cosiddetto «stato intermedio»
(fase fra morte e risurrezione).
Un lettore mi ha scritto: «Shalom, Nicola, sono di nuovo da te per sottoporti
questo post, che non mi convince in qualcosa». {Adriano Carmelo Bartolomeo;
09-06-2015}
Ho ritrovato lo
scritto originale a firma di Paolo Palmieri. Sebbene le sue dottrine
siano sorprendenti, mi limiterò qui soltanto a tale suo scritto. Non riporterò
qui l’intero articolo, che si può leggere cliccando sul link (fintantoché
resterà online), ma citerò da esso, evidenziando le tesi. La dottrina di tale
autore è tipica del vetero-avventismo, da cui sono nati gli attuali
avventisti e i seguaci della Torre di guardia. [Per l’approfondimento cfr. in
Nicola Martella (a cura di), Escatologia fra legittimità e abuso.
Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007), il seguente articolo: «Dall’avventismo
al geovismo», pp. 108-113; cfr. anche quelli che seguono.] Oggigiorno,
tali tesi sono recepite anche da personaggi, che si muovono in una zona grigia
fra l’avventismo e il carismaticismo.
2. L’ANALISI DELLO SCRITTO: Si
legga Luca 16,19-31 e lo scritto di Paolo Palmieri (05-06-2015). Chiaramente
egli non crede a quella che chiama «immortalità dell’anima», che definisce una «dottrina
pagana». Infatti, egli un distruzionista: alla morte la persona
sarebbe interamente distrutta, per essere ricreata alla risurrezione.
2.1. GENERI
LETTERARI: La prosa si distingue dalla poesia. Una narrazione, presa dai
libri storici dell’AT (p.es. Gn; Es; 1-2 Sm; 1-2 Re; 1-2 Cr) o del NT (p.es.
Mt-Gv; At), è qualcosa di diverso da un libro sapienziale (p.es. Pr; Ec), da un
testo allegorico (p.es. l’allegoria di Jotham sugli
alberi Gdc 9,7ss; sapienza e follia
personificate Pr 9,1ss.13ss) o da una similitudine (p.es. seminatore Mt 13,4ss).
■ Le tesi: Non solo Paolo Palmieri designa falsamente la narrazione del
ricco e Lazzaro come «allegoria», ma parla della «parabola di Jotham (Giudici
9,8-15)», mentre proprio essa è una «allegoria». Quindi notiamo una certa
confusione riguardo ai generi letterari.
All’inizio dello scritto Paolo Palmieri parla di Luca 16,19-31 come di «allegoria»;
alla fine lo caratterizza come «parabola» e «racconto allegorico con una
morale». Egli ha una grande confusione riguardo ai generi letterari. Quindi,
tutta l’erronea interpretazione deriva proprio dalla falsa attribuzione
letteraria del testo biblico.
■
Osservazioni e obiezioni: In una parabola i fatti sono reali (Lc
19,12ss investitura; Lc 5,4ss pesca
miracolosa) o verosimili, perché legati alla consuetudine (Mt 13,43 rete da
pesca; Mc 4,2ss seminatore; Gv 10,1ss
pastore); tali fatti sono poi presi a similitudine per un discorso spirituale o
morale. In una metafora i fatti non sono reali (cfr. Is 55,12 in realtà
monti e colli non danno in grida di gioia né gli alberi battono le mani), ma
servono per creare un’impressione mentale delle cose affermate. Nella favola
allegorica di Jotham la storia inverosimile è usata per illustrare fatti
reali: gli alberi sono i figli di Gedeone, a cui si chiese di diventare re;
proprio il più scarso volle assurgere a re dei Sichemiti. In un’allegoria
i fatti possono essere irreali o verosimili, ma sono usati direttamente come una
metafora prolungata, che gli uditori subito intendono. Tale linguaggio
allegorico si trova, ad esempio, nei discorsi di Gesù, che iniziano con la
formula «Io sono...» (Gv 6,35.41.48ss pane; 8,12 luce
[= 9,5; 12,46]; 10,7ss porta; 10,11ss pastore; 15,1ss.5 vite); qui è
evidente che chi parla non può essere materialmente ciò, che afferma di essere
(cfr. 1 Cor 10,4 la roccia spirituale era Cristo; Gal 4,24s Sara e Agar).
L’episodio del
ricco e Lazzaro non è una «parabola», ma una rivelazione del Signore.
Infatti, mancano tutte le caratteristiche di una «similitudine» (cfr. «Il
regno dei cieli è simile a...» Mt 13, 24-52; 18, 23; 20, 1; 22, 2; 25, 1). E
qui sta l’ignoranza (o la malafede ideologica) di chi lo indica come parabola o
allegoria morale. Nella parabola del seminatore (Mt 13,4ss) tutti gli
elementi di primo piano (seminatore, seme, tipi di terreno, ecc.) non erano
importanti, ma erano solo la similitudine per altro, che il Signore poi ben
spiegò ai discepoli confusi: «Voi dunque ascoltate che cosa significhi la
parabola del seminatore...» (Mt 13,18ss). Nell’episodio del ricco e di
Lazzaro i fatti erano concreti e importanti di per sé, senza che avessero un
altro significato, che il Signore dovesse poi spiegare, per renderlo
accessibile. Una parabola restava un testo criptico, per chi non ne aveva
l’accesso mediante un «codice segreto» (Mt 13,10ss), ossia che Gesù era il
Messia promesso. Una narrazione storica immanente (p.es. vita di Gesù) o
trascendente (appunto rivelazione sul ricco e Lazzaro) non necessitavano di una
particolare chiave interpretativa, poiché si basava sul consenso storico,
religioso, culturale e predizionale, insito già nel giudaismo.
Per
l’approfondimento si vedano i seguenti scritti:
►
La parabola delle zizzanie (Mt 13) {Nicola Martella} (D)
►
Regno e perla di gran valore (Matteo 13,45s) {Nicola Martella} (D)
►
La parabola del seminatore: fonte d’interrogativi {Nicola Martella} (D) [Lc
8,4-15]
2.2. LUOGHI
TRASCENDENTALI
■ Le tesi: Paolo Palmieri afferma che «il paradiso e l’inferno sarebbero
vicini, ma separati da “una gran voragine” (v 26). [...] l’anima... va in
paradiso o all’inferno».
■
Osservazioni e obiezioni: Notiamo una certa confusione dei luoghi
trascendentali. L’Ades non è l’inferno (Geenna, Stagno di fuoco). Il Paradiso
non è il Cielo, dove sta il trono di Dio e il santuario. I morti, essendo
ritenuti ritualmente impuri, non possono stare presso il santuario celeste; solo
alla risurrezione avranno tale privilegio. Qui si fa una gran confusione, che
tira dietro di sé gli altri spropositi dottrinali.
2.3. LO
SPIRITO NELLA TRASCENDENZA: Tra i distruzionisti troviamo una grande
confusione fra «anima» e «spirito». Nelle lingue originali della
Bibbia, quando «anima» si riferiva al complesso (e non alla sede dei
sentimenti), indicava l’intera persona: «anima vivente», composta da un
corpo materiale e uno spirito personale (cfr. Gn 2,7 divenne; Ez 13,19
anima = persona [cfr. 1 Sm 22,22; Ap 16,3]). Alla morte tale unità si disfa e
restano solo due parti: il corpo, che va alla polvere, e lo spirito (non
l’anima), che va nella trascendenza (cfr. Ec 12,9; At 7,59 «Signor Gesù,
ricevi il mio spirito»).
■ Le tesi: Paolo Palmieri afferma: «Secondo i sostenitori
dell’immortalità dell’anima, alla morte è l’anima, spirituale, disincarnata che
va in paradiso o all’inferno! Qui invece si parla di “occhi”, “dito”, “lingua”
(vv 23, 24, quindi di essere dotati di corpo. Ma il corpo sarà resuscitato solo
alla fine dei tempi (1 Corinzi 15, 52)».
■
Osservazioni e obiezioni: Anche gli esseri celesti (angeli,
cherubini, serafini, 24 anziani), che hanno un corpo pneumatico, sono descritti
in modo antropomorfo e usano i loro sensi e le loro estremità. Lo spirito
dell’uomo è percepito nell’aldilà come «consistente» e paragonabile a una
specie di «corpo pneumatico», che nella trascendenza è ben visibile agli altri
defunti (oltre che a Dio e agli esseri celesti); per questo Abramo, il ricco e
Lazzaro poterono interagire. Per questo essi usarono un linguaggio antropomorfo
(«occhi», «dito», «lingua»), essendo che nella trascendenza anche lo spirito
appare a se stessi e agli altri con tale «consistenza», che possiede tali
proprietà. Esso non è certo da confondere col «corpo pneumatico» alla
resurrezione (1 Cor 15,44), il quale permetterà agli uomini non solo la
compatibilità col cielo, ma anche quella con questa terra e con la nuova
creazione.
Quando
Samuele risalì dalla še’ol, la medium lo descrisse in modo
confacente, cosicché divenne riconoscibile nella descrizione a Saul. Non si
trattava di un’allegoria, ma di una visione. Anche Mosè ed Elia furono
visti dagli apostoli, mentre parlavano col Messia trasfigurato. Qui ci fu un
miracolo del Signore, che rese Mosè e Elia visibili in questa dimensione. Anche
gli angeli a volte si fanno vedere, su ordine del Signore, sebbene il
loro corpo pneumatico normalmente è invisibile agli umani.
Per
l’approfondimento si vedano il seguente scritto:
►
Dubbi su brani di escatologia e antropologia: L’anima quale persona nei brani strutturali {Nicola
Martella} (A)
2.4. CORPO
MATERIALE, ALDILÀ E ALDIQUÀ
■ Le tesi: Paolo Palmieri afferma: «Inoltre, c’è da notare che la
menzione della “gran voragine” (v 26) per non permettere il passaggio dei
dannati in paradiso e viceversa, sarebbe assurda nell’ipotesi di anime
disincarnate (che potrebbero passare dovunque!)».
■
Osservazioni e obiezioni: Il corpo materiale serve in questa dimensione
terrestre; nell’aldilà le persone sono concrete e «agibili», sebbene i defunti
non possano abbandonare il «perimetro», in cui sono collocati fino alla
risurrezione (Paradiso e Ades). Se potessero mai venire in terra, quindi nel
mondo materiale, non potrebbero fare storia, mancando loro l’elemento di
compatibilità: il corpo materiale.
I luoghi momentanei di godimento (Paradiso) e di patimento (Ades) sono indicati
come separati da una «grande voragine», ossia da un limite spaziale. Come
esistono limiti e delimitazioni fisiche in terra, così ne esistono anche nella
trascendenza, ma sono immateriali, quindi energetici. Lì valgono altre leggi
naturali. Se si studiano i brani, in cui sono descritti i cherubini, ci si
rende conto che nella trascendenza vale un’altra fisica e meccanica: le
ruote dei cherubini, pur ruotando l’una nell’altra, non si bloccano
vicendevolmente (Ez 10,8ss). Quindi, la «grande voragine» è un limite
spaziale di tipo energetico, che secondo le leggi della trascendenza è concreto
e impedisce la trasmigrazione. Anche i credenti, presenti nel Paradiso, non
hanno la libertà di accedere al luogo più alto della trascendenza: il trono di
Dio. Nel Cielo, presso il santuario e il trono di Dio, esiste una «distesa»
o «mare di vetro»; si noti che i cherubini si trovano sotto tale distesa, che
per loro rappresenta un limite spaziale (Ez
1,22s.25s; 10,1); al contrario i serafini si trovano al di sopra di tale
distesa (Ap 4,6). Nella trascendenza gli spiriti dei defunti non possono,
quindi, passare ovunque. Sebbene a noi tale mondo è inaccessibile, esso è reale
e concreto e ha i suoi luoghi e i suoi limiti.
Per
l’approfondimento si vedano i seguenti scritti:
►
L’aldilà e i suoi luoghi
{Nicola Martella} (A)
►
Paradiso e dintorni {Nicola Martella} (D)
►
Oggi tu sarai con me in Paradiso (Luca 23,43)
{Nicola Martella} (D)
2.5. LUOGHI
MOMENTANEI E IL PREMIO FINALE: Si fa una grande confusione fra lo «stato
intermedio» (dopo la morte) e lo «stato finale» (dopo la risurrezione).
■ Le tesi: Paolo Palmieri afferma: «Secondo Ebrei 11,8-19.39.40 Abramo
non ha ancora avuto il suo “premio”, quindi né lui né la sua anima possono
essere evidentemente in paradiso e ciò contraddirebbe i vv 22, 23. [...] Secondo
Gesù stesso, il premio o il castigo verranno assegnati a ognuno alla fine
dell’età presente e non alla morte (Matteo 13, 30, 39-43, 49, 50;25, 31-44,
ecc.)».
■
Osservazioni e obiezioni: Che Abramo non abbia ancora ricevuto il premio,
non significa che egli non si trovi nel Paradiso. Quest’ultimo è il luogo di
godimento preliminare in attesa del compimento finale. Per ricevere il premio
bisogna passare per la resurrezione e accedere al «tribunale di Cristo», che sta
nel Cielo, il luogo più elevato dell’aldilà. Come abbiamo affermato, il Paradiso
non è il Cielo. I redenti in Paradiso non celebrano alcun culto al Signore (Sal
115,17s; Is 38,18s), cosa che invece avviene continuamente nel santuario celeste
(Is 38,18; Ap 4,8ss). Anche oggigiorno la legge conosce il «carcere preventivo»,
in cui il reo viene recluso in attesa della sentenza finale di giudizio; così è
l’Ades. Parimenti il Paradiso è un luogo preliminare di godimento in attesa
della risurrezione e della gloria. [Per l’approfondimento cfr. in Nicola
Martella (a cura di), Escatologia biblica essenziale.
Escatologia 1 (Punto°A°Croce, Roma 2007), la seguente sezione: «Lo
stato intermedio», pp. 182-212
(articoli: La morte e l’aldilà nell’Antico Testamento;
Gli eventi dopo la morte; La
morte; Il mondo dei morti; Lo
stato personale dopo la morte; Il
sonno dell’anima?; I credenti morti
possono pregare nell’aldilà?).]
Per
l’approfondimento si vedano i seguenti scritti:
►
Discutendo sullo «stato intermedio» {Nicola Martella} (T)
►
Stato intermedio e sonno dell’anima 1 |
2 |
3 |
4 {Nicola Martella - Argentino Quintavalle} (A)
2.6. IL
RIDUZIONISMO TOMBALE: Nell’opera, appena citata, affrontiamo
approfonditamente anche questo aspetto. I distruzionisti credono che alla morte
l’essere venga del tutto annientato, per poi essere ricreato alla risurrezione.
Quindi, per loro la tomba è la fine dell’uomo, e non ci sarebbe uno «stato
intermedio» degli spiriti nella trascendenza. Abbiamo visto che Samuele fu visto
in visione dopo la morte e che Mosè ed Elia furono visti a occhio nudo insieme a
Gesù sul monte della trasfigurazione. Essi non erano annientati. Neppure Gesù fu
annientato alla sua morte né fu ricreato tre giorni dopo. Nello spirito andò
nell’Ades ad annunciare la sua vittoria (cfr. Ef 4,8ss; 1 Tm 3,16; 1 Pt 3,18ss).
■ Le tesi: Paolo Palmieri afferma: «Secondo il v 24 il ricco è tormentato
nelle fiamme, che sono una caratteristica della Geenna (Matteo 5,22;18,9) che,
però, secondo il NT, si situa solo alla fine dei tempi (Matteo 25,41); inoltre
il ricco non va nella Geenna, ma nell’Ades che indica nella Bibbia solo la tomba
e quindi non un luogo in cui c’è il fuoco!».
■
Osservazioni e obiezioni: L’Ades non è solo la tomba, ma anche il luogo di
tormento preventivo, dove gli spiriti degli empi sono nella sofferenza. Anche il
Paradiso è un luogo di godimento preventivo. Poi, viene il giudizio. Quindi, è
un grave errore confondere la Geenna con l’Ades. Ed è altresì un grave errore
limitare l’Ades alla tomba. Essendo l’Ades il luogo di tormento preventivo, era
corretto che lì il ricco fosse nel tormento (Lc 16,23), come anche Abramo
confermò (v. 25), e il primo espresse di essere «tormentato in questa fiamma»
(v. 24). Inoltre, si veda che l’autorità in tale «regno intermedio» non era Dio
o Cristo, ma Abramo, il padre della fede; fu a lui che il ricco si rivolse (vv.
24.27.29).
Perciò, l’Ades non è
qui la tomba (i corpi dei defunti non parlano fra di loro), né è lo «stagno di
fuoco». Alla fine dei tempi, tale luogo trascendentale chiamato Ades, in cui
sono attualmente empi e impenitenti, verrà gettato in un luogo ancora più
grande, che nella Bibbia si chiama appunto «stagno di fuoco» (Ap 20,14; cfr.
19,20; 20,10.15) o «Geenna» (Mt 5,22.29s; 10,28; 19,9; 23,15.33) per il tormento
eterno. Ambedue sono luoghi concreti, trascen-dentali e distinti tra loro. |
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Per
l’approfondimento si vedano i seguenti scritti:
►
Chi ha il potere di gettare nella Geenna?
{Nicola Martella} (D)] [Luca 12,4-5]
►
Luoghi ultraterreni e traduzioni
{Martella Nicola - Edoardo Piacentini} (T/A)
►
Per Branham l’inferno non è eterno
{Nicola Martella} (T/A)
►
Il ricco, Lazzaro e i generi letterari: parliamone {Nicola Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Ric_Laz_Esc.htm
29-06-2015;
Aggiornamento: 02-07-2015 |