La parte in nero è stata scritta da Argentino Quintavalle,
quella in rosso rappresenta le
obiezioni e le osservazioni fatte nel merito. Il confronto si estrinseca
in un cammino che è condensato in diversi articoli.
Che cosa succede quando si muore?
Quanto qui segue è uno scambio epistolare a più puntate con un cristiano e
amico, che avevo chiamato «Zadoq», per non esporlo e per salvaguardare la sua
sincerità e trasparenza nell’esprimere le sue idee. Quando ho chiesto ad
Argentino, se usare uno pseudonimo o il suo nome, mi ha risposto così:
«Usa pure il mio nome, ma fai notare che il mio era un
ragionamento fatto con l'intenzione di scoprire la verità».
I miei commenti seguono le sue asserzioni e si trovano tra parentesi quadre e
sono in rosso. Il mio scopo è stato quello di aiutare Argentino come «coscienza
critica» delle sue asserzioni o come egli mi ha definito «picconatore». Come si
potrà notare,
su questo tema così controverso
è nata una questione di ermeneutica (interpretazione) e di conflitto tra due
modi di accostarsi alla Scrittura: un approccio dottrinale da una parte e un
approccio esegetico dall’altro. Il modo di muoversi di Argentino mostra come si
possa cercare di affrontare una sovrastruttura dottrinale o ideologica,
costruendone un’altra di segno contrario. Il mio intento è stato quello di
mostrare che la soluzione è di esercitare una corretta e stringente esegesi,
senza scorciatoie versettologiche. Il lettore, seguendo il percorso, può
maturare il suo pensiero.
ESISTE UNO STATO INTERMEDIO?
Nell’occuparsi di questo soggetto comunemente chiamato «stato intermedio», è
importante limitarsi alla Parola di Dio e non seguire la tradizione
ecclesiastica. Per esempio, le espressioni «stato intermedio», «chiesa
trionfante», e simili sono sconosciute alle Scritture; le abbiamo ereditate
dalla tradizione e sono state spesso accettate senza riflessione o verifica.
Avendo un grande amore e gelosia verso la Parola di Dio, e un desiderio sincero
di scoprire quello che Dio dice, credo che bisogna superare molti ostacoli prima
di arrivare a comprendere quello che le Scritture dicono, per esempio, riguardo
al «ricco e Lazzaro».
Mettendo da parte, quindi, tutto ciò che non è
scritturale, vediamo quello che Dio in effetti rivela riguardo la condizione
dell’uomo dopo la morte. Sal 146,4 recita:
«Quando il suo spirito se ne va,
egli ritorna alla terra,
e in quello stesso giorno i suoi progetti finiscono».
Nel v. 3 è chiaro che Dio sta parlando dell’«uomo»; non di una parte
dell’«uomo»; poiché usa le espressioni: «principi» e «figlio d’uomo». Cioè di
ogni essere umano generato da genitori umani.
Non c’è alcuna parola per «uomo disincarnato». Nessuna
espressione simile si trova nelle Scritture! La frase è una invenzione umana
avente lo scopo di concordare alcune Scritture con la tradizione. La Scrittura
del Salmo parla di «uomo» in quanto uomo, del suo «spirito» (o respiro), del suo
«ritorno», dei suoi «progetti». È una libertà ingiustificabile mettere
«corpo» laddove lo Spirito Santo ha messo «uomo». Il passaggio non parla del
«corpo». Il «corpo» non pensa e non fa «progetti». Qualsiasi cosa abbia avuto
dei «progetti», ora non li ha più, e questo è l’«uomo». Ma vediamo altre
dichiarazioni delle Scritture su questo soggetto.
Ec 9,5 dichiara che «i morti non sanno nulla… perché
la loro memoria è dimenticata». Questo è talmente chiaro che non ammette un
secondo significato. I morti sono coloro che hanno cessato di vivere; e se i
morti possono conoscere qualcosa, queste parole vengono contraddette. La parola
«morti», nel suo contesto immediato, viene usata in opposizione ai «viventi»,
cioè: «I viventi infatti sanno che moriranno, ma i morti non sanno nulla».
à
assoluto o relativo? Rispetto a che cosa?
Non dice i corpi morti non sanno nulla, ma i «morti»,
le persone, cioè, che sono morte, in contrasto con quelle che sono «viventi». E
uno di questi «viventi», Davide, disse per mezzo dello Spirito Santo (Sal
146,2): «Io loderò l’Eterno finché ho vita, canterò le lodi del mio Dio per
tutta la mia esistenza».
Non ci sarebbe stata più alcuna lode dopo che avrebbe
cessato di vivere. Perché? Perché i «principi» e il «figlio d’uomo» non possono
salvare (Sal 146,3s). Essi ritornano alla terra, i loro «progetti periscono»: ed
essi «non sanno nulla».
à assoluto o relativo (ossia di ciò che
accade sulla terra)?
Questo è quello che Dio dice riguardo alla morte. Ce lo
spiega Lui stesso, non dobbiamo chiederlo ad alcun uomo. E se lo facessimo, la
sua risposta sarebbe senza valore, perché è impossibile per chi vive conoscere
per esperienza qualcosa della morte.
Sal 104,29s recita: «Tu ritiri il loro spirito, ed
essi muoiono
ritornando nella loro polvere.
Tu mandi il tuo spirito, ed essi sono creati,
e tu rinnovi la faccia della terra»
Questo concorda con Ec 12,7, in cui abbiamo una dichiarazione categorica in
riferimento a quello che avviene alla morte: «…e la polvere
ritorni alla terra com’era prima e
lo spirito torni a Dio che lo ha dato».
La «polvere» sarà di nuovo «polvere», ma niente viene
detto nelle Scritture in riferimento allo spirito lontano dal corpo, né prima
della loro unione che ha permesso che l’uomo diventasse «un’anima vivente», né
quando questa unione viene rotta e l’uomo diventa «un’anima morta».
Dove la Scrittura è silenziosa, anche noi dobbiamo
essere silenziosi. Non ci è stato detto niente dello spirito tra la morte e la
risurrezione, e noi non dobbiamo dire niente. La Scrittura dice che ritornerà a
Dio. Non possiamo andare oltre a questo; né possiamo contraddirla dicendo, con
la «tradizione», che va in purgatorio o in paradiso, o altrove.
La preghiera in 1 Tes 5,23 è che questi tre (corpo,
anima e spirito) possano essere «conservati irreprensibili per la venuta del
Signor nostro Gesù Cristo», cioè conservati vivi come «un’anima vivente»
fino a (o per la) venuta di Gesù, e non morire o essere separati prima di quella
venuta.
à
Il brano parla dell’intero essere vostro, non solo delle funzioni derivanti;
irreprensibile non significa vivo.
Perciò l’importanza della risurrezione come la grande dottrina peculiare del
cristianesimo; e conosciuta solo per rivelazione. Tutte le religioni dell’uomo
finiscono alla morte, e l’unica speranza è «dopo la morte». Il cristianesimo va
oltre questo, e dà una speranza dopo la tomba. Questa è la ragione per cui la
morte dei credenti è chiamata così spesso «sonno»; e la morte considerata un
«addormentarsi»; proprio per il risveglio nella risurrezione. Non è chiamato «il
sonno del corpo» come molti dicono; o «il sonno dell’anima». La Sacra Scrittura
non conosce queste espressioni. Il suo parlare è: «Davide… si addormentò»
(At 13,36), non il corpo di Davide o l’anima di Davide. «Stefano… si
addormentò» (At 7,60). «Lazzaro si è addormentato» (Gv 11,11).
à
È solo un eufemismo per la morte, come in italiano «deceduto, mancato,
trapassato».
Ora, quando lo Spirito Santo utilizza una cosa per
descrivere o spiegarne un’altra, non sceglie una parola o un’espressione
opposta. Se Egli parla di notte, non utilizza la parola luce. Se Egli parla
della luce del giorno, non utilizza la parola notte. Egli «non cambia l’amaro
in dolce e il dolce in amaro» (Is 5,20). Egli utilizza l’adulterio per
illustrare l’idolatria, ma non utilizza la virtù. E, se utilizza la parola
«sonno» per la morte, è perché il sonno ci fa capire a cosa è simile la
condizione della morte. In caso contrario avrebbe usato la parola sveglio o
insonnia. Ma prima il Signore dice «Lazzaro si è addormentato»; e dopo, «disse
loro apertamente: Lazzaro è morto» (Gv 11,14). Perché? Perché il sonno
esprime e descrive la condizione dello stato «nudo». Nel sonno normale non c’è
alcuna coscienza.
à
...più che altro nessuna attività. Perché dunque il Signore avrebbe
utilizzato questa parola «sonno» per descrivere la condizione opposta di «stato
cosciente»? Sarebbe stato come minimo fuorviante. Ma tutte le sue parole sono
perfette, e le ha utilizzate per insegnarci e non per condurci fuori strada.
à
Ha usato solo un modo di dire del giudaismo!
Quelli che tuttavia dicono che la morte significhi
vita, non esitano a dire che «cadere addormentato» significhi rimanere sveglio!
Ma se le cose stanno così, che cosa vuol dire la Scrittura:
«Quanto a me, per la giustizia vedrò la tua faccia;
mi sazierò della tua presenza quando mi risveglierò»?
Se alla morte si rimane svegli, cosa significa «risvegliarsi» in questo verso
(Sal 17,15)? Si parla sicuramente della risurrezione, che è l’opposto di cadere
addormentati nella morte. Infatti, questa è la ragione per cui il termine sonno
è utilizzato per il popolo del Signore. È come andare a dormire; e quando
risorgeremo dalla morte saremo svegliati secondo la promessa del Signore; e ci
sveglieremo alla sua presenza.
E se ci chiediamo che cos’è la vita, la risposta ci è data in Gen 2,7:
«L’Eterno Iddio formò l’uomo dalla polvere della terra,
gli soffiò nelle narici un alito di vita,
e l’uomo divenne un essere vivente».
Cosicché il corpo staccato dallo spirito non può essere l’uomo; e lo spirito
staccato dal corpo non è l’uomo; ma è l’unione dei due che fa «un essere
vivente». Quando due cose distinte, con due nomi diversi, sono unite, spesso
esse ricevono e sono conosciute con un terzo nome. Non che diventano tre cose
separate, ma due unite in uno. L’ossigeno e l’idrogeno sono due elementi
separati e distinti; ma quando sono uniti, noi li chiamiamo acqua.
L’ebraico è nepeš hIayyāh,
anima vivente. Quello che realmente significa può essere conosciuto solo
osservando come lo Spirito Santo stesso se ne serve. In Gen 2,19 è utilizzato
per l’intera creazione animata ed è reso «essere vivente».
Quattro volte viene utilizzato nel capitolo precedente
(Gen 1): nel verso 20 è utilizzato per i «pesci» ed è tradotto «esseri viventi».
Nel verso 21 è utilizzato per i grandi animali acquatici ed è tradotto «esseri
viventi». Nel verso 24 è utilizzato per le bestie della terra ed è reso di nuovo
con «esseri viventi». Nel verso 30 è utilizzato per tutti gli animali della
terra e del cielo.
Quattro volte viene utilizzato nel capitolo 9, sempre
tradotto «essere/i vivente/i» (vedi versi 10, 12, 15, 16).
Due volte è usato in Levitico 11: nel versetto 10 si
riferisce ai pesci ed è tradotto con «quelli che vivono
[nell’acqua]». Nel verso 46 che si riferisce a tutti gli animale è tradotto
«essere vivente».
Solo una volta, in Gen 2,7, quando è utilizzato per
l’uomo, è stato tradotto da alcune versioni bibliche con «anima vivente» — come
se lì volesse dire qualcosa di completamente diverso.
Comunque, questa è la risposta di Dio alla domanda: che
cos’è la vita? L’insegnamento delle Scritture è che l’uomo è formato da due
parti: corpo e spirito; e che l’unione di queste due forma una terza cosa,
chiamata «anima» o «anima vivente». Perciò la parola «anima» viene utilizzata
per la personalità intera; l’organismo vivente, come per esempio in Gen 12,5, «Abramo
prese Sarai sua moglie… e le anime
(cioè le persone) che avevano acquistate in Haran». Gen 36,6: «Poi
Esaù prese le sue mogli… tutte le persone
(cioè le anime) della sua casa». Così Gen 46,26 «Le anime (cioè le
persone) che vennero con Giacobbe in Egitto». Come le persone, le anime
hanno «sangue» (vedi Ger 2,34 nell’originale ebraico): «Sui lembi della tua
veste si trova il sangue delle anime dei poveri innocenti». La parola
ebraica nepeš (anima) è tradotta «persona» in Gen 14,21; 36,6. Es
16,16. Lev 27,2. Num 5,6; 31,19; 35:30. Dt 10,22; 1 Sm 22,22. Ger 43,6; 52,29s.
Perciò, il Signore Gesù dice: «E non temete coloro che
uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima (cioè la «personalità»);
temete piuttosto colui che può far perire l’anima e il corpo (cioè la
personalità intera) nella Geenna» [greco Gehenna, non Hades] (Mt
10,28).
Perciò, le anime (in quanto persone) vengono distrutte:
Lev 17,11 (in ebraico). Num 15:30. Gs 10,30.32.35.37.39.
à
Non vengono annientate!
L’anima, essendo una persona, è detto che può essere
comprata e venduta. Vedi Lev.22,11 e Ap 18,13, dove «anima» è sinonimo di
schiavo.
Perciò, quando il corpo ritorna alla povere, e lo
spirito ritorna a Dio, la persona è chiamata una «anima morta», cioè una persona
morta. Ecco perché Ez 18,4 dice «l’anima che pecca morirà». Che cos’è
l’«alito vitale» di Gen 2,7 è spiegato in Gen 7,22 dove leggiamo che morì tutto
quello che «aveva alito di vita».
Ma in 13 passaggi dove la parola ebraica nepeš
(anima) si riferisce ad un’anima morta, questo significato viene nascosto al
lettore.
à
Nefeš = persona; spesso il termine compare da solo senza «morto».
Nepeš è reso «cadavere» in Lev 21,11; 22,4; Ag 2,13. «Corpo morto»
in Num 5,2; 6,6.11; 9,6.7.10; 19,11.13. «Morto» in Lev 19,28; 21,1. In nessuno
di questi passaggi i traduttori traducono nepeš
con anima.
Ed ancora, Sceol è la parola ebraica utilizzata
nel Vecchio Testamento per la tomba, o per lo
stato di morte, e Hades è la sua corrispondente parola greca nel
Nuovo Testamento. È Hades in Lc 16,23, e non Geenna, che significa inferno (come
invece traduce la Nuova Diodati).
Sono numerose le Scritture che dichiarano che l’Hades,
dove l’uomo ricco «fu sepolto», è un luogo di silenzio. «Nello Sceol dove
vai, non c’è più né lavoro né pensiero né conoscenza né sapienza» (Ec 9,10).
Ma l’uomo ricco, in Luca, faceva dei pensieri, basati sulla sua conoscenza.
Inoltre è scritto: «Anche il loro amore, il loro odio e la loro invidia sono
ormai periti, ed essi non avranno mai più alcuna parte in tutto ciò che si fa
sotto il sole» (Ec 9,6). Ma l’uomo ricco prova «amore» verso i suoi
fratelli; e come avente parte di ciò che viene fatto sulla terra.
Sal 6,5 dichiara: «Nella morte non c’è memoria di
te;
chi ti celebrerà nello Sceol?»
Sal 31,17: «e siano ridotti al silenzio nello Sceol».
Sal 115,17: «Non sono i morti che lodano l’Eterno
né alcuno di quelli che scendono nel luogo del silenzio».
Le Scritture parlano della morte come priva di conoscenza o di discorso; Sal
30,9: «Che utilità avrai dal mio sangue, se scendo nella fossa?
Potrà forse la polvere celebrarti? Potrà essa proclamare la tua verità?».
Sal 88,11: «Si celebrerà la tua benignità nel
sepolcro
e la tua fedeltà nel luogo di distruzione?».
Is 38,18: «Poiché lo Sceol non può lodarti, la morte
non può celebrarti;
quelli che scendono nella fossa non possono più sperare nella tua fedeltà».
Is 38,19: «Il vivente, il vivente è quello che ti
loda, come faccio io quest’oggi; il padre farà conoscere ai figli la tua fedeltà».
Se queste Scritture devono essere credute, chi dice che
la morte non è morte, ma solo vita in qualche altra forma, si trova nell’errore.
Hades significa «tomba» (Ebr. Sceol): non nella
mitologia pagana, ma nella parola di Dio. Fu nell’Hades che il Signore Gesù è
stato messo, poiché «fu sepolto». Così come del suo spirito disse: «Padre,
nelle tue mani rimetto il mio spirito» (Luca 23,46). Il suo corpo è stato
lasciato in un sepolcro. Di questa sepoltura è scritto nel Sal 16,9s: «La mia
carne dimorerà fiduciosa e al sicuro perché tu non lascerai l’anima mia nello
Sceol e non permetterai che il tuo santo veda la corruzione».
Perciò, Sceol (greco, Hades) è il posto dove c’è «la
corruzione». E la risurrezione è l’unico modo di uscita da esso. Questo è reso
perfettamente chiaro dal commento divino nel passaggio del Nuovo Testamento.
Leggiamo in At 2,31: «E, prevedendo le cose a venire, [Davide] parlò
della risurrezione di Cristo, dicendo che l’anima sua non sarebbe stata lasciata
nell’Ades e che la carne non avrebbe visto la corruzione». Per renderlo
ancora più chiaro, viene aggiunto che «Davide non è salito in cielo» (v.
34), e quindi non è risuscitato dai morti. Prendiamo nota che non si parla del
corpo di Davide, ma di Davide. Questa è un’altra prova che la risurrezione è
l’unico modo per salire in cielo.
Il passo di Sal 16,10 lo ritroviamo ancora in At
13,35-37 dove viene ripetuta la stessa lezione: «Tu non permetterai che il
tuo santo veda la corruzione. Or Davide… si addormentò e fu aggiunto ai suoi
padri, e vide la corruzione, ma colui che Dio ha risuscitato, non ha visto la
corruzione». Egli non l’ha vista perché è stato risuscitato dai morti ed è
stato così portato fuori dal sepolcro, dove era stato «seppellito». Questo è
l’insegnamento della parola di Dio.
L’EQUIVOCO DI 1 PT 3,17-22
Qui non c’è menzione né di «inferno», né di Hades.
La parola «spirito», da sola, non è mai usata, senza
qualificazione, per l’uomo (in qualsiasi stato o condizione); ma è costantemente
usata per gli angeli, che sono esseri spirituali, mentre l’uomo è un essere
umano.
à
In Is 57,16 compare «gli spiriti, le anime che io ho fatte».
Nonostante questi sono «spiriti in carcere», c’è chi ha
pensato che il verso si riferisce agli uomini. Ma nell’epistola successiva (2 Pt
2,4) leggiamo di «angeli che avevano peccato» e del loro essere stati gettati
nel Tartaro (non Hades o Geenna) «tenendoli in catene di tenebre infernali,
per esservi custoditi per il giudizio» (vedi anche Gd 6). È sorprendente che
di fronte a passaggi come questi che parlano di angeli (o spiriti) «in catene»,
qualcuno possa interpretare gli «spiriti in carcere» di 1 Pt 3,19 come degli
esseri umani!
Inoltre, la parola «predicare», da sola, non riferisce
alla predicazione del Vangelo. Essa non è «evangelizzare», che sarebbe
enaggelizw
(evangelizo). Ma è chrusso
(kerysso), proclamare come un araldo, fare una proclamazione, e il contesto
mostra che questo brano su Cristo è destinato all’incoraggiamento. Inizia con il
verso 17: «È meglio infatti, se tale è la volontà di Dio, soffrire facendo il
bene piuttosto che facendo il male, perché anche Cristo ha sofferto una volta
per i peccati, il giusto per gl’ingiusti, per condurci a Dio». Quindi
continua a spiegare che come Cristo soffrì per fare il bene, e non per fare il
male, i credenti dovevano fare lo stesso e se lo facevano avrebbero avuto, come
lui, un glorioso trionfo. Poiché egli «fu messo a morte nella carne, ma
vivificato dallo Spirito» (ebbe un corpo spirituale – 1Cor 15,44).
???
à
vivificato = riportato in vita. Anche gli angeli che si trovano nel
Tartaro, serbati in catene di giudizio, hanno contemplato il suo trionfo. Non
importa, quindi, se siete chiamati a soffrire, dice Pietro, poiché voi avrete un
trionfo glorioso simile al suo.
L’EQUIVOCO DI EF 4,9
Questo verso parla della discesa del Signore «nelle parti più basse della
terra», prima di «salire» al cielo con la sua ascensione. Ma la parola «della»
indica un genitivo di apposizione, per cui «della terra» spiega cosa significhi
«nelle parti più basse» e dovrebbe essere reso «le parti più basse», vale
a dire «la terra». Per esempio: «il tempio del suo corpo»
significa «il tempio», vale a dire «il suo corpo» (Gv 2,21). «Il
segno della circoncisione» significa «il segno», vale a dire «la
circoncisione» (Rm 4,11). «Le
primizie dello Spirito» significa «le
primizie», vale a dire «lo Spirito» (Rm 8,23).
[???]
«La caparra dello Spirito» significa «la
caparra», vale a dire «lo Spirito» (2 Cor 5,5).
???
à
Secondo tale logica: i soldi di Piero = i soldi, vale a dire Piero?
Il «vincolo della pace» significa «il vincolo», che è «la pace»
(Ef 4,3). «La corazza della giustizia» significa «la corazza», che
è «la giustizia» (Ef 6,14). Così dovrebbe essere inteso «è disceso
nelle parti più basse [vale a dire]
la terra». Se vuol dire qualcosa di più di questo non è vero, perché egli
è stato lasciato in un sepolcro, mentre il suo spirito è stato affidato alle
mani del Padre. Questa discesa sta in contrasto con la sua ascensione — «Colui
che è disceso è lo stesso che è anche salito» (v. 10). Si riferisce alla sua
discesa dal cielo nell’incarnazione e non ad una discesa diversa, e neanche alla
sepoltura.
Forse che si è infiltrata la stessa bugia con la quale
il serpente antico ha ingannato i nostri progenitori? Dio disse: «per CERTO
morrai» (Gen 2,17). Satana ha detto: «Voi NON morrete affatto» (Gen
3,4). E la maggioranza della cristianità (e gli spiritisti) concordano con
quello che ha detto Satana, «la morte non c’è; è solo vita in qualche altra
forma».
Dio parla della morte come un «nemico» (1 Cor 15,26)
L’uomo ne parla come un amico.
Dio parla di essa come di un termine. L’uomo parla di essa come di
una porta.
Dio parla di essa come di una calamità. L’uomo parla di essa come
di un beneficio.
Dio parla di essa come di una cosa che incute paura e terrore. L’uomo
parla di essa come di una speranza.
Dio parla della liberazione da essa come una «grazia».
L’uomo, strano a dirsi, dice lo stesso! Ma non perde alcuna opportunità di
ricercare tale liberazione utilizzando tutti i mezzi a sua disposizione.
In Fil 2,27 leggiamo che Epafrodito «è stato malato
e molto vicino alla morte, ma Dio ha avuto pietà di lui». Fu quindi la
misericordia a preservare Epafrodito dalla morte. Questo ben difficilmente
potrebbe essere chiamato «pietà» se la morte fosse la «porta a una vita
migliore».
In 2 Cor 1,10s ci dice «ci ha liberati e ci libera
da un si grande pericolo di morte» e c’è l’invito a pregare e ringraziare
Dio per questo. Ancora, in 2 Cor 5,4 è chiaro che Paolo non desidera la morte,
ma la risurrezione: «Non desideriamo già di essere spogliati ma rivestiti
[cioè, risuscitati], affinché ciò che è mortale sia assorbito dalla vita».
Contro a questo, qualcuno può obiettare che in Fil 1,21 Paolo abbia parlato
della morte come di un «guadagno», ma la domanda è: «Guadagno per cosa?».
La risposa è chiara dal contesto dei vv. 12-14 che mostra che il soggetto è
Cristo e la sua causa e a cui Paolo si sta riferendo; non se stesso. L’arresto
di Paolo era risultato essere «un più grande avanzamento dell’evangelo»
(v. 12). La sua morte potrebbe esserlo ancora di più, e perciò essere un
«guadagno» per esso. Il verso 21 inizia con «Per me infatti» che serve a
spiegare il verso 20.
Anche Ezechia aveva ragione a lodare Dio per averlo
salvato dalla morte. Era «pietà» quella mostrata a Epafrodito; era un «dono» a
Paolo; era «amore» per Ezechia, come egli dice in Is 38,17ss: «Nel tuo amore
hai liberato la mia anima dalla fossa della corruzione, perché hai gettato
dietro le tue spalle tutti i miei peccati. Poiché lo Sceol non può lodarti, la
morte non può celebrarti; quelli che scendono nella fossa non possono più
sperare nella tua fedeltà. Il vivente, il vivente è quello che ti loda, come
faccio io quest’oggi».
Dall’altra parte la morte di Mosè fu per lui una
punizione, e non trovò scampo da essa, sebbene lo cercasse (Dt 3,24-27; 4,21s;
31,2). Sicuramente non poteva esserci alcuna punizione se la morte non fosse
morte, ma, come si crede, la porta per una vita migliore! In Fil 1,21, la morte
sarebbe stata un «guadagno» per Paolo (e non unicamente per la causa di Cristo),
perché egli non era sul Monte Pisgah (come Mosè), ma era in una squallida
prigione, e sarebbe quindi stata la fine delle sue afflizioni.
Così efficacemente la bugia di Satana ha avuto successo
che, sebbene il Signore dice: «Tornerò e vi accoglierò presso di me», la
cristianità dice: «No! Signore, tu non hai bisogno di venire a me, io morirò e
verrò a te». Così la benedetta speranza della risurrezione è di gran lunga
sminuita, e purtroppo in certi ambienti, la venuta del Signore è stata
addirittura cancellata. Gli spiritisti possono affermare che «non c’è morte». Si
parla di «chiesta trionfante»; di «andare a casa»; della «vita dell’aldilà»; ma
contro tutto questo c’è la Parola di Dio, introdotta dalla formula profetica, «parola
del Signore»; essa dice: «Noi viventi, che saremo rimasti fino alla
venuta del Signore, non precederemo coloro che si sono addormentati» (1 Tes
4,15).
Per concordare con certe idee, questo doveva essere
scritto: «Non precederemo coloro che sono già con il Signore».
Non dobbiamo essere ignoranti su questo argomento come
lo erano i pagani. Questa rivelazione della verità di Dio, in riferimento allo
stato dei morti, è introdotta dalle parole degne di nota del v. 13 «non
vogliamo che siate nell’ignoranza riguardo a quelli che dormono». Ma se non
conosciamo quello che il Signore ha rivelato, rimaniamo nell’ignoranza. Ciò che
è rivelato dalla «parola del Signore», è:
(a) Come il Signore Gesù fu fatto risalire dai morti
(Eb 13,20), così sarà per il suo popolo. «Se crediamo che Gesù è morto ed è
risuscitato, crediamo pure che Dio condurrà con lui, per mezzo di Gesù, quelli
che si sono addormentati [cioè che risusciteranno dai morti]» (1Tes 4,14).
(b) Quelli che rimangano in vita fino alla sua venuta,
non precederanno quelli che sono addormentati.
(c) Quindi i morti non possono essere con il Signore
prima di quelli che sono ancora in vita (1 Tes 4,15).
(d) La prima cosa che avverrà sarà la loro
risurrezione. Essi sono chiamati «morti in Cristo» (1 Tes 4,16).
(e) Poi i viventi saranno rapiti per incontrare il
Signore nell’aria (1 Tes 4, 17).
(f) Infine, viene rivelato il modo in cui saremo con il
Signore, oûtwj,
così, in questa maniera, e non in un’altra.
Questa è quella che ritengo essere la rivelazione che
Dio ha dato riguardo alla morte. Ma ci sono dei passi nel Nuovo Testamento che
sembrano dimostrare il contrario. Essi sono: Mt 22,32; Lc 23,43; 2 Cor 5,6.8;
Fil 1,23; Lc 16,19-31. Ma di questi mi occuperò in seguito.
**********************************
Caro Argentino, ho letto il tuo
articolo un po’ «sadduceo». Molte cose le condivido, poiché le ho anche scritte.
Il problema è che non si capisce bene quale sia il tuo pensiero, che appare a
volte contorto. Metti tanta «carne a cuocere» e «spari tante sentenze» contro
gli iper-spiritualisti. Ti ricordo un mio motto: «Il contrario di una menzogna
non è per forza la verità, ma può essere una menzogna di segno contrario». Il
problema del tuo articolo è che fai «versettologia» e ti muovi su un piano
dogmatico come coloro che intendi combattere: a una sovrastruttura ne
contrapponi un’altra. Un esegeta analizza testo per testo nel suo contesto,
rispetta anche la progressione della rivelazione, cercando di non proiettare le
sue convinzioni nei testi.
Alla fine del tuo
articolo non ho capito bene quale siano le tue convinzioni: credi al sonno
dell’anima, come gli avventisti? credi alla distruzione della persona fino alla
ricreazione alla risurrezione, come i «Torrini di guardia»? Non hai risposto
sufficientemente alla rivelazione di Gesù circa l’effettiva coscienza di
Lazzaro, del ricco e d’Abramo in Lc 16 e della loro interazione. I morti non
possono stare in cielo, perché sono impuri; perciò i credenti stanno nel
paradiso, che non è il «cielo» (dove sta il trono di Dio). Non vedono Dio né
vedono gli eventi della terra, ma non sono incoscienti. Senza corpo sono
inattivi e non possono fare progetti per il futuro né partecipare alla storia.
Ciò avverrà alla risurrezione.
Bisogna guardarsi sia
dall’iper-spiritualismo sia dal «sadduceismo» (per altro avversato anche da
Gesù). Ti consiglio di leggere nel mio «Manuale
Teologico dell’Antico Testamento»
l’articolo «Sce’ol», come pure «Speranza trascendentale» e «Vita dopo la morte».
Prendi posizione su di essi. Poi possiamo continuare a discutere. Vedi qui anche
gli articoli sull’antropologia. In «Le
Origini» faccio anche l’esegesi dei brani
da te menzionati (Gn 1-4) e prendo posizione su alcuni aspetti da te menzionati.
Šalôm... Nicola
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► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Anima_sonno1_Car.htm
07-04-2007;
Aggiornamento: 23-03-2009
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