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1.
Perché Gesù parla in parabole?
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2.
Perché Dio non vuole che vediamo e che intendiamo?
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3.
Perché Dio non si manifesta palesemente?
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4.
Perché tutti questi misteri e non ci mostra in modo chiaro e semplice
cosa e come è il giusto? |
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Un lettore (Corrado), riferendosi alla parabola del seminatore (Lc 8,4-15), ha
posto una serie di domande che fanno capo specialmente a questo brano: «E i
suoi discepoli gli domandarono che volesse dir questa parabola. Ed egli disse:
“A voi è dato di conoscere i misteri del regno di Dio; ma agli altri se ne parla
in parabole, affinché vedendo non vedano, e udendo non intendano”» (Lc 8,9s;
cfr. Is 6,9ss).
Le sue domande le ho riportate nell’indice, così come egli le ha poste. Cercherò
di rispondere a esse, attenendomi al testo biblico.
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1. PERCHÉ
GESÙ PARLA IN PARABOLE?: Lo scopo delle parabole era quello di
far capire solo coloro che cercavano veramente la verità e riconoscevano Gesù
come il Messia che doveva venire. Infatti Gesù era venuto nel mondo come
Messia-Re, ma i capi religiosi e politici lo rifiutarono e, anzi, cercavano il
momento opportuno per mettergli le mani addosso e per ucciderlo.
■ I Giudei del tempo di Gesù pensavano di essere a posto perché erano ebrei e
discendenti di Abramo. L’Evangelista Giovanni mostrò un’altra realtà, ossia che
il Logos creatore (Gesù Cristo) «è venuto in casa sua [= giudaismo, Israele],
e i suoi [= Giudei, Israeliti] non l’hanno ricevuto» (Gv 1,11). Poi aggiunse
in polemica con l’appartenenza di razza e sangue riguardo alla salvezza: «Ma
a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato l’autorità di diventare figli
di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome; i quali non son nati da
sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma son nati da Dio»
(vv. 12s; cfr. Gv 8,12-59).
■ Gesù stesso polemizzò col rabbino Nicodemo, dicendogli sullo stesso tema, in
modo chiaro e tondo: «In verità, in verità io ti dico che se uno non è nato
dall’alto [= da Dio], non può vedere il regno di Dio. […] Quel che è nato dalla
carne, è carne; e quel che è nato dallo Spirito, è spirito» (Gv 3,3.6).
Anche qui al diritto naturale (razza, discendenza) Gesù contrappose il diritto
spirituale (rigenerazione, nascita da Dio).
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2. PERCHÉ
DIO NON VUOLE CHE VEDIAMO E CHE INTENDIAMO?: Dio vuole che
vediamo e intendiamo: «Dio, nostro Salvatore… vuole che tutti gli uomini
siano salvati e vengano alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,3s). Infatti,
«Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché
chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna» (Gv 3,16).
■ Perciò Gesù stesso divenne lo spartiacque. Chi lo accettava come Messia e
credeva alle sue parole, capiva ciò che Dio diceva per mezzo di Gesù Messia, chi
lo rifiutava, rimaneva ottuso. Gesù disse ai Giudei: «Chi non è con me, è
contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde» (Lc 11,23). E li
avvertiva: «V’ho detto che morrete nei vostri peccati; perché se non credete
che sono io (il Cristo), morrete nei vostri peccati» (Gv 8,24).
■ Gesù disse ai suoi seguaci: «A voi è dato di conoscere i misteri del regno
di Dio» (Lc 8,9). Quindi un discepolo — ossia chi si metteva all’ascolto di
Gesù in quanto Messia-Re — poteva capire veramente. Chi si rifiutava di
accettarlo come Messia-Re, si produceva in lui un indurimento della mente e un
ottenebramento della ragione. L’apostolo Paolo constatava riguardo al giudaismo
del suo tempo che «un indurimento parziale s’è prodotto in Israele» (Rm
11,25), avendo esso rifiutato Gesù quale Messia, tanto da diventare allora nel
complesso addirittura nemici dell’Evangelo (v. 28). In un’altra epistola
l’apostolo affermava similmente sugli Israeliti del tempo di Mosè e del suo
tempo: «Le loro menti furono rese ottuse; infatti, fino al dì d’oggi, quando
fanno la lettura dell’antico patto, lo stesso velo rimane, senz’essere rimosso,
perché è in Cristo ch’esso è abolito. Ma fino ad oggi, quando si legge Mosè, un
velo rimane steso sul cuore loro; quando però si saranno convertiti al Signore,
il velo sarà rimosso» (2 Cor 3,14ss).
■ Paolo mise in guardia contro la «sapienza umana»: «L’uomo psichico [= che
si basa sul suo raziocinio] non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché gli
sono pazzia; e non le può conoscere, perché le si giudicano spiritualmente [=
mediante lo Spirito Santo]» (2 Cor 2,13s).
■ Gesù avvertì che le parabole sui «misteri del regno di Dio», il cui
senso era chiaro per i suoi seguaci, servivano a non far capire a chi lo
rifiutava quale Messia-Re, citando a senso un brano del profeta Isaia: «Agli
altri però se ne parla in parabole, affinché vedendo non vedano, e udendo non
intendano» (Lc 8,10). Al tempo di Isaia, per Dio la misura era piena, poiché
pur avendo inviato questo e altri profeti, i Giudei praticavano tutto ciò che
era contrario alla Parola di Dio e si credevano a posto solo perché erano
religiosi che andavano nel tempio (cfr. Is 1,10-15). Dio mandò a purificare il
suo popolo mediante un pesante giudizio per mano degli Assiri.
■ Perciò chi si indurisce nel suo cuore verso Dio, il Signore lo abbandona al
suo indurimento; ma ciò significa un giudizio pesante e sicuro per chi si
rifiuta testardamente di cercare Dio e di fare la sua volontà. Gesù non ebbe
vita facile neppure con i propri discepoli. In una certa occasione leggiamo
quanto segue: «Ed egli dava loro dei precetti dicendo: “Badate, guardatevi dal
lievito dei Farisei e dal lievito d’Erode!”. Ed essi si dicevano gli uni agli
altri: “È perché non abbiamo pane”. E Gesù, accortosene, disse loro: “Perché
ragionate voi del non aver pane? Non riflettete e non capite voi ancora? Avete
il cuore indurito? Avendo occhi non vedete? e avendo orecchie non udite? e non
avete memoria alcuna?”» (Mc 8,15-18).
■ Non a caso, nella parabola in esame Gesù parlò dei cuori umani come terreni
differenti. Il «seme» è lo stesso, ossia «la parola di Dio» (Lc 8,11), ma i
terreni (i cuori umani e i loro atteggiamenti verso la Parola) sono dissimili. È
chiaro che il Signore Gesù voleva che tutti fossero una «buona terra», ossia
persone che, «dopo aver udita la Parola, la ritengono in un cuore onesto e
buono, e portano frutto con perseveranza» (v. 15). Non tutti però lo
vogliono essere. Perciò Gesù diede ai suoi contemporanei (a tutti gli uomini) un
tale pesante avvertimento.
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3. PERCHÉ
DIO NON SI MANIFESTA PALESEMENTE?
■ Se il Dio santo si manifestasse direttamente sulla terra, la dovrebbe
distruggere per tutte le iniquità, perversioni e brutture che si compiono in
essa, senza nessuno escluso. Quando Dio si manifestò direttamente in Israele,
nessuno poté resistergli e gli iniqui fecero una cattiva fine. Tutte le teofanie
o manifestazioni dirette di Dio sono descritte nella Bibbia come drammatiche.
Per questo si pazienta e frena la sua giusta ira. In Cristo ha riconciliato il
mondo con sé (Rm 5,11; 2 Cor 5,17-20) e ha dato a ognuno l’opportunità di
cercarlo e trovarlo (At 17,27). Ha costituito Gesù Messia quale mediatore fra
Dio e l’uomo (2 Tm 2,5) e ha mandato nel mondo lo Spirito Santo per convincere
gli uomini (Gv 16,8ss).
Quando però Dio verrà, sarà per giudicare il mondo e i suoi abitanti a causa dei
loro peccati. L’apostolo Pietro rispose così a coloro che si lamentavano che Dio
non si manifestasse: «I cieli d’adesso e la terra… sono custoditi, essendo
riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della distruzione degli uomini
empi. […] Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come alcuni
reputano che faccia; ma egli è paziente verso voi, non volendo che alcuni
periscano, ma che tutti giungano a ravvedersi. Ma il giorno del Signore verrà
come un ladro; in esso i cieli passeranno stridendo, e gli elementi infiammati
si dissolveranno, e la terra e le opere che sono in essa saranno arse» (2 Pt
3,4.7.9ss).
■ Nella rivelazione di Gesù su Lazzaro e il ricco, quest’ultimo voleva che un
morto, e in particolar modo Lazzaro, fosse mandato ai suoi fratelli sulla terra
perché fossero avvertiti delle pene che lui stava patendo nell’Ades. Abramo gli
disse con chiarezza: «Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli. […] Se non
ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei
morti risuscitasse» (Lc 16,29ss).
■ Paolo affermò con realismo: «Ora vediamo come in uno specchio, in modo
oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte; ma allora
conoscerò appieno, come anche sono stato appieno conosciuto» (1 Cor 13,12).
Gli specchi d’allora erano dei pezzi di rame lucidati. Una cosa è vedere
un’immagine, altra cosa è vedere la realtà. In modo spirituale i credenti
possono anticipare un po’ della realtà futura: «E noi tutti contemplando a
viso scoperto, come in uno specchio, la gloria del Signore, siamo trasformati
nella stessa immagine di lui, di gloria in gloria, secondo che opera il Signore,
che è Spirito» (2 Cor 3,18).
■ La visione di Dio ci sarà solo quando questo mondo sarà giudicato e Dio creerà
«nuovi cieli e nuova terra, nei quali abiti la giustizia» (2 Pt 3,13; Ap
21,1). Ma un giorno, nella nuova creazione, Dio metterà la sua «tenda» fra gli
uomini: «Ecco l’abitazione di Dio con gli uomini; ed Egli abiterà con loro,
ed essi saranno suoi popoli, e Dio stesso sarà con loro e sarà loro Dio; e
asciugherà ogni lacrima dagli occhi loro e la morte non sarà più; né ci saranno
più cordoglio, né grido, né dolore, poiché le cose di prima sono passate»
(Ap 21,3s). Fin lì camminiamo per fede (ossia avendo fiducia in Dio e nella sua
parola) e non per visione (ossia perché vediamo; 2 Cor 5,7).
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4. PERCHÉ
TUTTI QUESTI MISTERI E NON CI MOSTRA IN MODO CHIARO E SEMPLICE COSA E COME È IL
GIUSTO?
■ Dio ha mostrato in modo chiaro e semplice che cosa sia giusto. Lo ha fatto
nella storia, lo ha fatto mandando il suo Figlio, lo ha fatto dandoci la sua
Parola e mandando lo Spirito suo Santo per aprire la mente a chi cerca Dio
secondo sincerità, serietà e verità. Nella parabola di Gesù, i «misteri del
regno» rimangono solo per coloro che non sono una «buona terra» (ossia ricettivi
verso il seme della Parola di Dio).
■ I «misteri» rimangono per coloro che, rifiutando la semplicità dell’Evangelo,
cercano una propria sapienza umana, che è pazzia dinanzi a Dio. Paolo dovette
dire ai Corinzi, che si erano lasciati abbindolare da falsi profeti: «Ma temo
che come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia, così le vostre menti siano
corrotte e sviate dalla semplicità e dalla purità rispetto a Cristo» (2 Cor
11,3). E già nella prima epistola faceva loro notare: «La parola della croce
è pazzia per quelli che periscono; ma per noi che siamo sulla via della
salvezza, è la potenza di Dio; poiché è scritto: “Io farò perire la sapienza dei
savi, e annienterò l’intelligenza degli intelligenti”. Dov’è il savio? Dov’è lo
scriba? Dov’è il disputatore di questo secolo? Dio non ha resa pazza la sapienza
di questo mondo? Poiché, visto che nella sapienza di Dio il mondo non ha
conosciuto Dio con la propria sapienza, è piaciuto a Dio di salvare i credenti
mediante la pazzia della predicazione. Poiché i Giudei chiedono miracoli, e i
Greci cercano sapienza; ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è
scandalo, e per i Gentili, pazzia; ma per quelli i quali son chiamati, tanto
Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio»
(1 Cor 1,18-24).
■ Dio disse già a Israele, dopo averlo riscattato dall’Egitto, avergli dato il
patto e la salvezza: «Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la
benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, affinché tu viva, tu e la
tua progenie, amando l’Eterno, il tuo Dio, ubbidendo alla sua voce e tenendoti
stretto a lui — poiché egli è la tua vita e colui che prolunga i tuoi giorni…»
(Dt 30,19s). Questa offerta si trova in tutta la storia biblica (Dt 30,15s; Gr
21,8; Am 5,13s) e vale ancora oggi (Mt 7,13s). La sapienza poteva dire riguardo
agli insegnamenti divini: «Il precetto è una lampada e l’insegnamento una
luce, e le correzioni della disciplina sono la via della vita per guardarti da…»
(Pr 6,23s). «Nel sentiero della giustizia sta la vita, e nella via ch’essa
traccia non v’è morte» (Pr 12,28; cfr. 15,24).
■ Gesù avvertì e invitò: «Entrate per la porta stretta, poiché larga è la
porta e spaziosa la via che mena alla perdizione, e molti sono quelli che
entrano per essa. Stretta invece è la porta ed angusta la via che mena alla
vita, e pochi sono quelli che la trovano» (Mt 7,13s). «Io sono la via, la
verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6).
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La parabola delle zizzanie (Mt 13)
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URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Parabola_seminatore_S&A.htm
24-02-2007; Aggiornamento: 23-04-2010 |