Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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STATO INTERMEDIO E SONNO DELL’ANIMA 2

 

di Nicola Martella e Argentino Quintavalle

 

La parte in nero è stata scritta da Argentino Quintavalle, quella in rosso rappresenta le obiezioni e le osservazioni fatte nel merito. Il confronto si estrinseca in un cammino che è condensato in diversi articoli.

 

Caro Nicola, sei stato micidiale nelle tue critiche…! Ma sono contento, perché come ti ho detto sin dall’inizio questa è una verità che ancora sto cercando. Credimi se ti dico che in cuor mio ho sempre pensato le stesse cose che mi hai detto tu, ma siccome non riesco a conciliare alcuni brani del Vecchio Testamento con quelli del Nuovo, allora ho ragionato così: «proviamo a vedere se il contrario di quello che credo sia giusto». Mi sono spinto al massimo in questo e mi rimane ancora qualche dubbio. La parola di Dio è una parola di vita e parla poco della condizione dei morti.

Come fai a sostenere per certo che i morti sono coscienti? Quali sono i passi della Scrittura che ti danno sicurezza? Dopotutto Luca 16 (il ricco e Lazzaro) è una storia presa dalla tradizione ebraica; ci sono molte storie del genere nel Talmud. Sei certo che i fatti riportati da Gesù siano reali, e non una storia simile a quella degli alberi di Jotham nel libro dei Giudici? Finora mi hai «picconato», come diceva l’ex presidente della Repubblica Cossiga, ma adesso che hai demolito bisogna che costruisci. Insomma, dimmi come la pensi tu. Shalom... Argentino Quintavalle

 

Caro Argentino, šalôm. Quanto al tema che ti sta a cuore ultimamente, hai letto i vari articoli che ti ho segnalato sul Manuale Teologico dell’Antico Testamento? Quanto a Lc 16, si tratta di una rivelazione di Gesù, non di una semplice storia! Le storie giudaiche del Talmud sono del periodo medioevale, a ciò si aggiunga che è l’autorità che conta, no? La favola di Jotam che c’entra? In tale genere letterario gli alberi sono usati per descrivere gli uomini; ma a tutti diventa chiaro che si tratta di una favola. In Lc 16 Gesù, dando una rivelazione di ciò che gli uomini non vedono, presentò le persone e i luoghi come reali. Approfondisci. Sebbene io abbia affrontato la questione, preferisco esserti d’aiuto in modo mediato, come accompagnatore, coscienza critica e revisore più che presentarti un «tomo» bell’e pronto. Continua, a «picconare» ci penso io. Šalôm... Nicola

 

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Mt 22,32; Lc 23,43; 2 Cor 5,6.8; Fil 1,23. (Di Lc 16,19-31 mi occuperò in seguito)

(1) Mi occuperò di questi versetti nel suddetto ordine. Il primo è «il Dio dei viventi» (Mt 22,32; Mc 12,27; Lc 20,38). In questi brani viene dichiarato che «Dio non è il Dio dei morti, ma dei viventi». Ma si pensa che i «morti» siano «viventi» sotto altra forma. Interpretando in questa maniera, viene ignorato tutto il contesto del discorso, il quale si riferisce alla RISURREZIONE, e non alla morte. Notiamo come questo viene sottolineato in tutti i Vangeli:

 

(i) «vennero da lui i sadducei, i quali dicono che non vi è RISURREZIONE» (Mt 22:23; Mc 12,18; Lc 20,27)

(ii) La questione sollevata dai sadducei era: «alla RISURERZIONE, dunque, di chi dei sette costei sarà moglie?» (Mt 22,28; Mc 12,23; Lc 20,33)

 (iii) La risposta del nostro Signore si occupa esclusivamente di questo argomento, che è la RISURREZIONE. Perciò egli dice:
Mt 22,31 «Quando poi alla RISURREZIONE dei morti…».
Mc 12,26 «Riguardo poi alla RISURREZIONE dei morti».
Lc 20,37s «E che i morti RISUSCITANO, lo ha dichiarato Mosè stesso nel passo del roveto, quando chiama Signore, il Dio di Abrahamo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe. Or egli non è il Dio dei morti ma dei viventi, poiché tutti vivono in lui». -> «vivono» (pres. continuo), non vivranno.

Queste parole sono state dette dal Signore Gesù per dimostrare che «i morti vengono RISUSCITATI». Molti invece pensano che dimostri che i morti sono «vivi» senza essere risorti. -> I morti sono vivi (non vegeti), ma inattivi.

I sadducei possono avere negato molte altre cose, ma l’unica cosa di cui qui si parla è la RISURREZIONE. L’argomento di Cristo era:

1. Le parole di Dio dette al roveto dimostrano la vita per i patriarchi morti.

2. Ma non c’è alcuna vita per i morti senza la risurrezione. -> Non c’è nessuna vita attiva e storica, poiché non sono sulla terra.

3. Quindi essi devono essere RISUSCITATI DALLA MORTE; o «vivere di nuovo» per mezzo di Lui.

Questo argomento ha fatto tacere i sadducei. Poiché se essi sono ora «viventi», e non morti, qual è la differenza tra loro e quelli che sono «nella terra dei viventi»? Poiché questa è l’espressione costantemente usata per la condizione attuale della vita in contrasto con lo stato di morte.

Sal 27,13
«Oh, se non fossi stato certo di vedere la bontà dell’Eterno nella terra dei viventi»

 

Sal 56,13
«Perché tu hai liberato l’anima mia dalla morte e hai preservato i miei piedi da caduta, affinché cammini davanti a DIO nella luce dei viventi»

 

Sal 116,9
«Io camminerò alla presenza dell’Eterno nella terra dei viventi»

 

Sal 142,5
«grido a te, o Eterno, e dico: «Tu sei il mio rifugio, la mia parte nella terra dei viventi»

 

Ger 11,19
«Io ero come un agnello mansueto condotto al macello e non sapevo che ordivano macchinazioni contro di me, dicendo: Distruggiamo l’albero col suo frutto ed eliminiamolo dalla terra dei viventi, affinché il suo nome non sia più ricordato»

 

Ez 26,20
«allora ti farò scendere con quelli che scendono nella fossa, fra il popolo di un tempo, ti farò dimorare nelle profondità della terra, in luoghi desolati dall’antichità, con quelli che scendono nella fossa, perché tu non sia più abitata, ma darò splendore sulla terra dei viventi»

In quest’ultimo brano il contrasto è molto forte, dove Dio parla di far scendere nella fossa ma di mettere la Sua gloria «sulla terra dei viventi».

Il ragionamento di Gesù riguardo la risurrezione è stato così conclusivo che gli scribi che l’hanno ascoltato hanno detto «Maestro, hai detto bene. E non ardirono più fargli alcuna domanda» (Lc 20,39s). -> Pur condividendo le questioni sulla «terra dei viventi» (cfr. Manuale Teologico dell’Antico Testamento), devi distinguere fra l’aspetto ontologico (i morti non sono annullati) e gli aspetti dell’efficienza concreta (i morti non possono fare storia fintantoché non resuscitano). L’apparizione di Mosè alla trasfigurazione mostra l’esistenza reale e concreta del servo di Dio, ma sua coscienza e la sua interazione con Gesù ed Elia, ma la sua incapacità di agire nella storia presente. Lo stesso dicasi di Samuele, quando fu evocato.

* * * * * * *

(2) Lc 23,43: «oggi tu sarai con me in paradiso». Questo può solo voler dire «In verità ti dico oggi, tu sarai con me in paradiso». -> È una cosa insensata e irragionevole (oltre che inutile) che una persona sofferente e moribonda potesse dire a un’altra, se non volesse dire qualcosa di particolare (e speranzoso)!

In primo luogo dobbiamo ricordare che la punteggiatura non è ispirata. È frutto dell’autorità umana. Nei manoscritti greci non c’è. Abbiamo quindi perfetta libertà di criticare o modificare l’uso che l’uomo ha fatto di essa. Il verbo «dire» quando è utilizzato con «oggi», è a volte separato da esso dalla parola oti, oti (questo); ed è talvolta congiunto con esso dall’assenza di oti. Lo Spirito Santo utilizza queste parole con perfetta esattezza, ed è doveroso per noi imparare quello che Egli vuole insegnarci. -> Non mettere in gioco lo Spirito Santo in questioni di opinioni! Oti può esserci o mancarci e può equivalere ai due punti.

Quando Egli mette la parola oti (questo) tra «dire» e «oggi», fa si che «oggi» venga incluso in quello che è stato detto, e lo separa dal verbo «dire»; per esempio Lc 19,9 «Gesù gli disse: oggi la salvezza è entrata in questa (greco oti) casa» [in greco «questa» si trova tra «gli disse» e «oggi”]. -> Non c’entra nulla! Oti è «due punti», «questo» è touto! «Oggi» è qui congiunto con il verbo «entrare» ed è separato dal verbo «dire». Così anche in Lc 4,21 «cominciò a dir loro: Oggi questa (oti) scrittura si è adempita nei vostri orecchi». Di nuovo la presenza di oti (che in greco si trova tra «dire» e «oggi») separa «oggi» da «dire» e lo congiunge con «adempiere». -> È un grave errore: anche qui otì equivale ai due punti e aute è «questa».

Ma questo non è il caso di Lc 23:43. Lo Spirito Santo ha qui escluso con attenzione la parola oti (questo). Comunque c’è chi osa leggere il versetto come se Egli non lo avesse escluso e lo legge come se dicesse: «io ti dico che oggi [in questo giorno] tu sarai con me…». Questo significa aggiungere qualcosa alla parola di Dio: la parola «questo». Ma lo Spirito Santo non ha utilizzato questa parola, come invece ha fatto in altri due posti dello stesso Vangelo (Lc 4,21; 19,9). -> Lascia perdere lo Spirito Santo, poiché sei tu che prendi fischi per fiaschi confondendo oti con tuotos!

Lc 23,43 si dovrebbe tradurre in questo modo: «In verità ti dico oggi: tu sarai con me in paradiso». La preghiera è stata esaudita. Essa si riferiva al futuro: «Signore, ricordati di me quando verrai nel tuo regno» (v. 42), poiché quando il Signore verrà nel suo regno, l’unico paradiso che la Scrittura conosce sarà ripristinato. -> Paolo fu rapito in un luogo concreto, nel 3° cielo, il paradiso, che egli vide come esistente! La parola greca paradeisō ricorre nella Septuaginta ventotto volte. Nove volte rappresenta la parola ebraica «Eden» e diciannove volte la parola ebraica Gan (Giardino). La parola ebraica per «Eden» ricorre sedici volte (nella Septuaginta). La parola ebraica per «Giardino» è utilizzata nel senso di Eden tredici volte soltanto in Genesi; e sei volte in altri passi, come per esempio «il giardino di Dio», ecc. (vedi Gen 2; Ne 2,8; Ec 2,5; Cc 4,13.

Da questi fatti apprendiamo e ne notiamo altri:

(i) Vediamo che le tre parole, Paradiso, Eden e Giardino sono utilizzate in maniera intercambiabile; e sempre per l’Eden di Gen 2 o per qualche glorioso giardino la cui bellezza può essere paragonata a quello dell’Eden.

(ii) Non è mai utilizzato con un significato diverso da quello di un luogo terrestre pieno di bellezza e delizie.

(iii) L’«albero della vita» e il fiume dell’«acqua della vita» sono le sue caratteristiche più importanti.

(iv) Lo vediamo descritto in Gen 2

       lo vediamo perduto in Gen 3

       lo vediamo promesso in Ap 2,7

       lo vediamo riguadagnato in Ap 22,1-5.17.17.

 

-> Ciò non esclude che tra i due Testamenti si sia accreditata un uso traslato della parola, come mostra la tradizione ebraica, a cui tu tanto fai riferimento altrove! Vedi così Gehenna da ghe hinnom!

 

C’è anche da notare che la formula «ti dico oggi», era un ben noto idioma ebraico utilizzato per sottolineare la solennità dell’occasione e l’importanza delle parole. Vedere Dt. 4,26.39.40; 6,6; 7,11; 8,1.11.19; 9,3; 10,13; 11,2.8.13.27.28.32; 13,18; 15,5; 19,9; 26,3.17.18; 27,1.4.10; 28,1.13.14.15; 29,12; 30,2.8.11.15.16.18; 32,46. L’espressione, quindi, «ti dico oggi» serve a mettere in risalto il carattere meraviglioso della fede del ladrone sulla croce il quale, nella circostanza in cui si trovava, credeva in Gesù e attendeva il regno che doveva venire, riconoscendo che Gesù Cristo ne era il Re, nonostante in quel giorno egli stesse appeso sulla croce. -> Non convince affatto, poiché fu Gesù che parlò dell’«oggi» e non c’era nulla da evidenziare come nei brani su esposti (stipulazione del patto, proclamazione della legge, decisione morale, giudizio storico, appello al ravvedimento ecc.). Nella tua versione «geovista» del brano, «l’oggi» poteva benissimo mancare, senza togliere alcunché.

 

* * * * * * *

(3) Il terzo passaggio, 2 Cor 5,6.8: «partire dal corpo e andare ad abitare con il Signore» era il desiderio ispirato dell’Apostolo, che può essere realizzato solo alla risurrezione. -> Ma alla risurrezione ci sarà il corpo! Perché volerne partire? La risurrezione (e non la morte) è l’argomento del contesto. Le parole «partire dal corpo e abitare col Signore», sono in genere citate erroneamente, come se si dicesse che quando siamo assenti dal corpo siamo alla presenza del Signore. Ma non è questo ciò che è scritto. -> I morti in Cristo non sono alla presenza di Dio nel cielo, poiché sono impuri, in quanto morti, ma sono appunto nel paradiso, dove il Signore Gesù Cristo, essendo uomo risuscitato, può avervi accesso! Molte parole vengono deliberatamente omesse dal contesto quando ci si esprime così. L’omissione di queste parole determina un significato diverso e mette il verso fuori dall’armonia del contesto, l’oggetto del quale è quello di mostrare che non possiamo «abitare con il Signore» se non con l’essere rivestiti del corpo di RISURREZIONE. -> Ma, come detto alla risurrezione non si abbandona il corpo, ma sono i corpi a resuscitare!

Potremmo, usando lo stesso metodo, citare le parole: «Dio non c’è» e non citare «Lo stolto ha detto in cuor suo» (Sal 53,1), o dire «non ne berrete il vino» e tralasciare «avete piantato vigne deliziose» (Am 5,11).

Queste citazioni parziali sono corrette in quanto prese dal testo biblico, ma che dire del contesto? Cosa significa essere «nel corpo» (nei vv. 6.8) è spiegato nel v. 4: «in questa tenda», che nel v. 1 è chiamata «la nostra abitazione terrena»; e «abitare con il Signore» è spiegato nel v. 2: «essere rivestiti della nostra abitazione celeste». L’Apostolo da una parte dice chiaramente che non desiderava morire: «non desideriamo già di essere spogliati» (v. 4): e d’altra parte, egli non dice semplicemente «abbiamo molto più caro di partire» (v. 4), ma «desiderando di essere rivestiti» (v. 2). È vero che qualche anno dopo egli dirà che «morire è guadagno», ma le circostanze erano molto diverse perché era in prigione. -> Quando si è ottenuto una nuova tenda, perché volerla lasciare per essere col Signore?

 

*  * * * * * *

(4) Questo ci porta al desiderio di Paolo espresso in Fil 1,23. Il desiderio dell’Apostolo non era di «partire» da se stesso con la morte; ma il suo desiderio era il ritorno di Cristo; il verbo reso «partire» è usato nel Nuovo Testamento solo in Lc 12,36, dove è reso «ritorno”: «quando RITORNA dalle nozze». Non possiamo non chiederci onestamente, «perché non è stato tradotto nello stesso modo in Fil 1,23”?

La preposizione ana ana (di nuovo), quando è combinata con il verbo luw lyō (sciogliere), significa sciogliere tornando di nuovo indietro al punto di partenza originale, e non partire per un nuovo posto; da cui, analuw analyō significa sciogliere indietro o ritornare, e così è reso nell’unico altro posto dove ricorre nel Nuovo Testamento, Lc 12,36 «quando RITORNA dalle nozze». NON significa partire, nel senso di muoversi dal posto dove uno è, ma ritornare al posto che uno ha lasciato. Il sostantivo analusij analysis ricorre in 2 Tim 4,6, e ha lo stesso significato, ritorno, cioè il corpo ritorna alla polvere originaria e lo spirito ritorna a Dio che l’ha dato. Il verbo non ricorre nella traduzione greca dei libri del Vecchio Testamento, ma ricorre nei libri apocrifi che, sebbene di nessuna autorità dottrinale, sono molto importanti per l’uso ed il significato delle parole. In questi libri, la parola significa sempre ritornare, ed è generalmente tradotta così. -> Analuo significa «sciogliere», quindi «disfare, distruggere ecc.»; poiché si scioglieva la gomena, prese a significare «lasciare gli ormeggi, levare l’ancora, partire, dipartire nel senso di morire». Non significa mai ritornare! Dove è stato tradotto così nel NT è pura interpretazione.

Ma c’è un altro fatto in merito a Fil 1,23. Il verbo partire in italiano, ricorre varie volte nel Nuovo Testamento, ed è utilizzato come traduzione di diverse parole greche. Ma solo questo verbo analyo ricorre due volte ed è tradotto «partire» solo una volta; nell’altro caso è tradotto «ritorno» (-> è sbagliato), ed in particolare si riferisce al ritorno del Signore dal cielo (-> partenza per il cielo!). Dobbiamo anche osservare che non è il semplice infinito del verbo ritornare. È una combinazione di tre parole: la preposizione eij eis (a), e l’articolo determinativo to to (il), con l’aoristo conclusivo analusai analysai (ritornare; -> partire!); in modo che il verbo deve essere tradotto come un sostantivo - «avendo il desiderio del RITORNO» (-> della dipartenza); cioè di Cristo (-> ???), come in Lc 12,36. Queste parole devono essere interpretate dal contesto dal quale risulta chiaro che l’argomento dell’apostolo è che il vangelo possa progredire (v. 12); e che Cristo possa essere magnificato (v. 20). Per questo scopo non gli importava se viveva o moriva; perciò dice: «Per me infatti il vivere [è] Cristo, e il morire guadagno. Ma non so se il vivere nella carne [sia] per me un lavoro fruttuoso, né [posso dire] che cosa dovrei scegliere, perché SONO STRETTO da due [lati: cioè vivere o morire; vedi vv. 20.21]: avendo il desiderio del RITORNO (-> della partenza!) e di essere con Cristo, che è cosa di gran lunga migliore».  -> Vedi il parallelismo!

 L’arresto di Paolo era «risultato ad un più grande avanzamento dell’evangelo» (v. 12). La sua morte avrebbe potuto produrre un frutto ancora più abbondante della sua opera; poiché i fratelli erano il frutto del suo lavoro (v. 11; 4,17; Rm 1,13). Cristo sarebbe stato magnificato nel suo corpo, sia che Paolo vivesse o morisse. Egli non sapeva cosa scegliere tra queste tre cose: Vivere sarebbe stata cosa buona: avrebbe potuto continuare a predicare Cristo. Morire sarebbe stato migliore; perché la predicazione di Cristo sarebbe stata moltiplicata, giudicando dal risultato del suo arresto. -> Non convince; ma afferma: «essere con Cristo». Ma c’era una terza cosa, di gran lunga migliore di tutte, ed era il ritorno di Cristo, che egli desiderava ardentemente. -> Non parla di tale ritorno, è qui la tua proiezione. Egli parla di partire per essere con Cristo; il tutto è riferito al suo presente!

Chi non è d’accordo deve dimostrare le proprie opinioni. Non basta dire di non credere a queste interpretazioni, ma bisogna dimostrare con la Bibbia le proprie conclusioni. Ho esaminato quattro passi biblici che sembrano essere contrastanti con il Vecchio Testamento. Entrambi non possono essere veri. Dobbiamo credere ai passi del Vecchio Testamento, oppure dimostrare che ammettono altre interpretazioni. Le interpretazioni che ho dato dei passi del Nuovo Testamento, mostrano che non c’è contraddizione tra i brani del Vecchio e del Nuovo Testamento. -> Sig!

 

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Caro Argentino, quanto al tema da te inviatomi, ti consiglio di fare l’esegeta e non «l’avvocato» di questi o di quegli (tanto meno del diavolo). Stai cercando di combattere delle esagerazioni, ma tu stesso ne fai delle altre. Questo è il tipico modello di una sovrastruttura ideologica o dottrinale che si oppone a un’altra: un modello che io personalmente ho dismesso da tempo, poiché si combattono sempre esagerazioni, facendone altre di altro segno. La via maestra è l’esegesi biblica stringente, corretta, coerente...

   Ti ho fatto delle osservazioni, a tratti «dure». Voglio farti un discorso sull’approccio dogmatico e su quello esegetico. Devi stare a tento, poiché se parti dall’apologetica, anche tu risulterai ideologicamente «spostato». Alla fine avrai ragione all’interno della tua sovrastruttura ideologica, ma ciò non significa che hai colto la verità nel segno. Quando si cerca la verità di una cosa di per sé, sia quella che sia e costi quel che costi, è probabile che la si trovi: allora essa non solo libererà, ma trasformerà chi la trova. Le ideologie e le sovrastrutture dottrinali possono costituire delle dorate prigioni mentali: esse richiedono che ci si schieri (pro o contro) e umiliano la verità, pretendendo di ridurla alla logicità del proprio sistema dogmatico. Proiettando poi le proprie convinzioni nella Scrittura (eisegesi), la si stravolge a propria immagine e consumo.

   L’esegesi è un approccio umile dinanzi al testo, come fa il minatore che scava. Egli non arriva a conclusioni affrettate, sapendo che la realtà (anche esegetica) è più grande di ciò che può capire (al momento). L’esegesi accetta correzione (i sistemi ideologici no). L’esegesi differenzia: autore, tempo, sviluppo della rivelazione, destinatari, tipo di letteratura; la sovrastruttura ideologica non lo fa, poiché pressa le tanti testimonianze bibliche in uno schema preconfezionato, snaturando la Scrittura stessa a serva delle ideologie, assoggettandola alle proprie convinzioni...

Ti saluto come fratello in Cristo. Dio ti faccia prosperare... Nicola

 

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07-04-2007; Aggiornamento: 23-03-2009

 

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