1. PREVARICAZIONI DA TRADUZIONI
(Martella Nicola): Le buone traduzioni della Bibbia hanno formato il
linguaggio dei credenti per decenni, se non per secoli. Tuttavia, non sempre i
traduttori hanno avuto luce in tutto ciò, che hanno tradotto. In certi punti i
traduttori sono stati dei «traditori» del testo biblico; in certi aspetti
essi hanno seguito la dottrina prevalente del loro tempo e l’hanno proiettata
nella traduzione. A ciò si aggiunga che non tutte le traduzioni correnti
sono state fatte di sana pianta dai testi nelle lingue originali, ma si sono
appoggiate alla Vulgata e alla traduzioni derivate. Ci sono così traduzioni, che
ricalcano altre, in primis quella di Lutero e la King James. I revisori,
ossia coloro che hanno rivisto le Bibbie nostrane, spesso hanno ricalcato in
tempi recenti proprio tali traduzioni antiche fatte sul «testo ricevuto» (Textus
Receptus), ossia sul testo valido intorno al tempo della Riforma, che non tiene
conto della scoperta dei nuovi manoscritti. Tali revisori si sono occupati più
dell’aggiornare il linguaggio in italiano che di verificare le traduzioni sul
testo originario. In tal modo, ad esempio abbiamo la Bibbia della CEI, che
rispecchia la Vulgata; la «Diodati» rispecchia in gran parte la traduzione di
Lutero. La «Nuova Diodati» rispecchia quella di Lutero (tedesco) e la King James
(inglese).
Tutto ciò è abbastanza evidente in questo tema, che riguarda i luoghi
trascendentali. Le scelte fatte da tali traduttori e revisori hanno
prevaricato perciò la comprensione dell’escatologia. Altri dettagli li
aggiungerò durante il confronto.
Facciamo un po’ di storia. Quando l’AT e il NT vennero tradotti in latino, il
termine
inferus (infero) «inferiore, disotto, sottostante» cercava di
corrispondere al termine ebraico še’ol e a quello greco
hades, che traduceva il primo, i quali intendevano sia la tomba, sia
l’oltretomba, ossia un generico «luogo dei morti», ambedue collocati
sottoterra. Il problema è che «infero» (spesso anche al plurale
«inferi»)venne usato anche per il luogo finale e definitivo, che la Bibbia
chiama «Geenna», «fuoco eterno» o «Stagno di fuoco». Così si venne a tradurre
con «infero/i» sia l’Ades temporaneo, sia lo «Stagno di fuoco» definitivo,
creando molta confusione dottrinale.
Col tempo «infero» venne a significare anche «Inferno»,
ossia il luogo della pena eterna, che attende le anime dei peccatori impenitenti
e dei
malvagi. Non è un caso che Dante nella sua
«Commedia» non consideri l’Ades, ma l’Inferno, collocando in esso vari suoi
contemporanei. Tuttavia, biblicamente parlando, mentre l’Ades oggi è pieno,
l’Inferno (= Stagno di fuoco) è completamente vuoto; infatti, i primi due
inquilini di quest’ultimo saranno il dittatore escatologico (Bestia) e il falso
profeta (Ap 19,20); poi seguirà per terzo il diavolo (Ap 20,10).
2. IL CONFRONTO: Quanto segue è un confronto con Edoardo Piacentini su tali questioni. Tale suo scritto
intendeva essere un contributo all’articolo «Per
Branham l’inferno non è eterno». Esso era per un tema di discussione
troppo specifico; il confronto, che si è generato, mi ha indotto a metterlo qui,
per dargli una risposta adeguata. Già nel passato ne abbiamo parlato insieme su
tale questione. Ora mi è diventato (nuovamente) chiaro da dove provenga una
concezione escatologica leggermente differente (ossia nei dettagli). Per quanto
ho capito dal confronto, le traduzioni da lui usate, hanno esercitato su di lui
un convincimento dottrinale, che poi egli rispecchia nei suoi scritti e, perciò,
nelle sue predicazioni. Come detto, si tratta di dettagli. Questo confronto
serve per mettere a fuoco una terminologia comune e un linguaggio comune
sull’escatologia.
2.1.
EDOARDO PIACENTINI: La dimora finale e la condizione degli empi è
chiamata
inferno. La parola greca, tradotta con «inferno» e che descrive tale dimora,
è «geenna», nome dato alla valle di Hinnom. In questo luogo, vicino a
Gerusalemme, i genitori facevano passare i loro figli per il fuoco in sacrificio
a Moloc. A motivo dei crimini, che vi si commisero, della sua profanazione a
opera del re Giosia, forse a causa dei rifiuti, che vi si bruciavano, ogni
giorno e ogni notte, la valle dell’Hinnom divenne simbolo di peccato,
d’afflizione; il suo nome servì per designare un luogo di eterno castigo. E
dalle scene orribili, viste in quella valle e che furono prese a prestito,
nacquero le immagini rappresentanti la geenna dell’altro mondo (Matteo 5,22;
Marco 9,48).
Quando una persona salvata muore, l’anima sua lascia il corpo, per
abitare col Signore nel paradiso (2 Corinzi 5,8). Quando muore una persona
non salvata, l’anima sua va immediatamente all’inferno (Ades),
luogo di fiamme e di tormenti. Dopo la morte, il malvagio rimarrà nel luogo dei
tormenti, fino a quando apparirà il «grande Trono Bianco» che Giovanni
descrive in Apocalisse 20,11-15. Subito dopo il giudizio, i dannati sono
precipitati, insieme alla morte e all’inferno, nel lago di fuoco,
per tutta l’eternità; e questa è la seconda morte.
Come il
cielo è un luogo situato in maniera definita, così l’inferno è un
luogo ben preciso. Esso è un luogo abitato e che si tratti di un luogo,
lo si deduce dalla descrizione dell’Ades, dimora attuale degli empi, dato che da
esso gli empi dovranno essere trasferiti in un altro luogo chiamato «geenna».
È un luogo abitato dagli empi (Apocalisse 21,8); un luogo di prigione e di morte
(Apocalisse 20,14); è un luogo di dolore e di disperazione (Luca 13,28); è un
luogo di tormento e di cosciente angoscia (Apocalisse 20,10); è un luogo di
oscurità e di degradazione (Matteo 25,30; Apocalisse 22,11). Gli abitanti
dell’inferno saranno vari. Essi rappresentano varie forme e vari gradi di
peccato e di malvagità, ma sono tutti malvagi e condannati. Nell’inferno si
troveranno, quindi, gli empi impenitenti, satana e i suoi angeli (Matteo 25,41),
la bestia e il falso profeta (Apocalisse 20,10), i malvagi e gli increduli
(Apocalisse 21,8). Lo stato definitivo dei malvagi, è uno stato di eterna morte,
cioè un’eterna separazione da Dio nel loro peccato.
La seconda morte non significa annientamento totale dell’anima non
rigenerata. Il corpo dell’uomo non salvo, viene a trovarsi, nel lago di fuoco,
nelle condizioni del ricco Epulone: questi soffriva atroci tormenti, ricordava,
desiderava ardentemente una goccia d’acqua, per rinfrescare la sua lingua,
pensava ai suoi cinque fratelli ancora in vita e temeva che andassero a finire
anch’essi nell’inferno dopo la loro morte. Le sofferenze dell’inferno non
sono temporanee, ma eterne, né l’essere del dannato viene distrutto.
I corpi
abitati delle anime perdute, infatti, possono bruciare per anni senza essere
distrutti. Satana, dopo mille anni, raggiungerà la bestia e il falso
profeta nel medesimo lago di fuoco, e troverà dopo tanti anni questi ultimi
ancora lì in quel luogo, dove saranno tormentati giorno e notte nei secoli dei
secoli (Apocalisse 20,10), cioè per sempre.
Se l’uomo è un
essere eterno, deve passare l’eternità in qualche luogo, in qualche modo,
e dato che l’impenitenza del malvagio lo esclude dalla comunione con Dio e dal
condono della pena, la sua punizione deve essere eterna; poiché il peccato del
malvagio diventa in tal modo un peccato eterno, il malvagio diventa un eterno
peccatore. Inoltre, se crediamo che il sacrificio di Cristo Gesù, per liberarci
dalla punizione del peccato, è stato infinito, dobbiamo anche ammettere la
verità di una punizione eterna. L’inferno è pertanto un luogo preparato
per il diavolo e i suoi angeli e diviene la dimora eterna di coloro che
s’identificano con lui.
L’annichilazionismo, invece, insegna che Dio annienterà gli empi. Questa
teoria si basa su 2 Tessalonicesi 1,9 e altri passi, che dicono che gli empi
saranno distrutti. Ma nell’uso che ne fanno le Scritture, questa parola
non significa annichilimento, ma rovina. D’altronde, se la parola
«distruzione» in questo versetto significasse annichilimento, la parola «eterna»
sarebbe superflua, perché l’annichilimento dura per sempre.
Se analizziamo l’uso biblico delle parole distruzione e perdizione
con riferimento alle anime degli uomini, scopriremo che tali vocaboli non
contengono mai l’accezione di «annichilimento» oppure di «estinzione», ma
piuttosto rendono il concetto di «eterna infelicità, sofferenza e rovina».
Facciamo qualche esempio tratto dalla traduzione Luzzi. «Gli empi periranno
nelle tenebre» (1 Samuele 2,9): il verbo ebraico damàn non
significa tanto «morire, essere ridotto al nulla» quanto piuttosto «tacere,
osservare il silenzio». «Tu mi levi per aria, mi fai portar via dal vento e
mi annienti nella tempesta» (Giobbe 30,22): il verbo ebraico mug
ha il senso di «indebolire, fondere, rammollire» e non di «dissolvere
completamente». «Egli li distruggerà mediante la loro propria malizia»
(Salmo 94,23): il verbo ebraico tsamàt, che viene tradotto
«consumare» nel Salmo 119,139, non contiene l’accezione di «distruggere per
sempre». «Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere
l’anima; temete piuttosto Colui che può far perire l’anima e il corpo nella
Geenna» (Matteo 10,28): è Gesù che parla e usa il verbo greco apòllumi,
che viene sempre adoperato per indicare perdite recuperabili, come le pecore
sperdute della casa d’Israele (Matteo 10,6), la pecora, la dramma e il figlio
prodigo delle relative parabole (Luca 15,6, 9, 24), la pecora persa fra le altre
cento (Matteo 18,12). «Coloro che non conoscono Dio saranno puniti di eterna
distruzione, respinti dalla presenza del Signore» (2 Tessalonicesi 1,9): il
termine greco qui adoperato è òletros e ha il senso di «rovina»,
come può essere confermato da passi come 1 Corinzi 5,5 e 1 Tessalonicesi 5,3.
Va, perciò, sottolineato che una vera e propria distruzione, intesa come «riduzione
al nulla», non può durare per l’eternità, in quanto essa si verifica in
tempi brevi e non ha effetti duraturi: una cosa o una persona fisicamente
distrutta in maniera completa, si dissolve presto e presto se ne perde perfino
il ricordo. Spesso nel Nuovo Testamento troviamo il verbo greco katarghèo,
che letteralmente significa «rendere inefficace, abolire», ma talvolta viene
reso anche con «annientare, distruggere», da intendersi però come «rendere
impotente» o altri verbi analoghi. Almeno in sei brani del Nuovo Testamento
troviamo questo verbo con tali accezioni: in Romani 6,6; 1 Corinzi 2,6; 1
Corinzi 15,24; 1 Corinzi 15,26; 2 Tessalonicesi 2,8 (bisogna, però, considerare
in questo caso che la Bibbia afferma chiaramente che l’Anticristo verrà
tormentato in eterno (Apocalisse 20,10) e, quindi, non potrà essere mai
distrutto o annientato completamente); Ebrei 2,14. In altri brani del Nuovo
Testamento lo stesso verbo katarghèo viene tradotto con «rendere
improduttivo» (p.es. Luca 13,7) oppure «abolire» (p.es. 1 Corinzi 13,7) o ancora
«abbattere» (p.es. Efesini 2,14), a dimostrazione del fatto che tale verbo
contenga essenzialmente l’accezione di «ridurre all’impotenza, rendere
inoperante o inattivo» e non certo quella di «distruggere in modo definitivo e
permanente».
Nel Nuovo Testamento troviamo molteplici riferimenti a quel luogo reale,
in cui le anime degli increduli saranno tormentate eternamente. Le principali
espressioni scritturali, che si riferiscono a tale realtà sono: «il
pianto e lo stridore di denti» (Matteo 8,12, 13,42,50, 22,13; Luca
13,24-28); «il fuoco eterno» (Matteo 18,8 e 25,41); «il fuoco
inestinguibile» (Matteo 3,12; Marco 9,43); è un luogo dove «il verme non
muore e il fuoco non si spegne» (Marco 9,48; cfr Isaia 66,24); è un luogo «di
tormento giorno e notte, nei secoli dei secoli» (Apocalisse 20,10). In
particolare, qui viene usato il verbo greco basanìzo, che
significa «tormento in stato cosciente» e giammai «estinzione, annientamento»
(così, per esempio, anche in Matteo 8,6 e Marco 5,7). {31-01-2013}
2.2.
MARTELLA NICOLA: È un’analisi condivisibile e profonda nel complesso. Un
punto di dissonanza è l’identificazione fra «Inferno» e «Ades» nella
frase: «Quando muore una persona non salvata, l’anima sua va immediatamente
all’inferno (Ades)». Ne abbiamo già parlato altrove. Un altro punto di
dissonanza è la descrizione di tale luogo, chiamato qui «inferno (Ades)»,
mettendo insieme brani, che descrivono l’Ades attuale (cfr. Lc 16,23, non citato
direttamente), con quelli, che riguardano il futuro «Stagno di fuoco» (Ap
20,10.14; 21,8) e con quelli, che riguardano il regno messianico in terra
(Lc13,28); poi ci sono quelli, che non c’entrano (Mt 25,30 parabola; Ap 22,11
morale). Anche brani, che parlano del «fuoco eterno»
(Mt 25,41), del tormento interminabile (Ap
20,10) e della «morte seconda» (Ap 21,8),
lasciano con una certa indeterminazione, visto che parlano della
condizione finale, ma il mio interlocutore li attribuisce all’«inferno
(Ades)». In tal modo, egli attribuisce le stesse cose ora al luogo temporaneo
(Ades), ora al luogo eterno (Geenna, Stagno di fuoco). Ciò non va bene e crea
alcune confusioni per chi legge.
Faccio notare che «Paradiso» e «Ades» sono luoghi temporanei, che hanno
alcune caratteristiche dei luoghi definitivi («Cielo» e «Stagno di fuoco»). Il
Paradiso è un luogo di godimento preventivo in vista della risurrezione,
della gloria e della premiazione secondo fedeltà. L’Ades è un luogo di
detenzione e pena preventive, in vista del giudizio finale e della condanna
secondo le proprie opere. Al contrario, l’Inferno corrisponde a quello, che
nella Bibbia è chiamato «Geenna» o «Stagno di fuoco»). Le anime impenitenti
e irredente vanno al momento della morte nell’Ades. Al momento del giudizio
finale l’Ades verrà gettato nello Stagno di fuoco; ciò mostra che sono due
luoghi differenti e l’ultimo, oltre a poter contenere il primo, è quello
definitivo ed eterno, mentre l’Ades è solo un «carcere» temporaneo. «E la
morte e l’Ades furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda,
cioè, lo stagno di fuoco» (Ap 20,14).
2.3.
EDOARDO PIACENTINI: Sono d’accordo con te, caro Nicola, inferno e
paradiso sono
luoghi temporanei, tant’è che ho precisato nel mio intervento che «subito
dopo il giudizio, i dannati sono precipitati, insieme alla morte e
all’inferno, nel lago di fuoco, per tutta l’eternità; e questa è la seconda
morte», e ho anche chiarito che «gli empi dovranno essere trasferiti in un altro
luogo chiamato geenna». Per cui a me sembra che siamo d’accordo. {01-02-2013}
2.4.
MARTELLA NICOLA: Edoardo Piacentini, scusami se insisto. È una questione
di termini: nel linguaggio comune «l’Inferno» è il luogo di pena
definitivo e corrisponde, biblicamente parlando, alla «Geenna» e allo «Stagno di
fuoco». Secondo la Scrittura, sono l’Ades e il Paradiso a essere luoghi
temporanei, rispettivamente di pena e di beatitudine. Se non parliamo una
terminologia comune, oltre a creare fraintendimenti fra di noi, non saremo
ben capiti dagli altri. Che ne pensi? {01-02-2013}
2.5.
EDOARDO PIACENTINI: Il fraintendimento tra di noi nasce dal fatto che i
traduttori della Bibbia hanno sempre usato i due termini, Ades (o Sceol) e
Inferno, come sinonimi. Sceol è una parola di origine ebraica, tradotta
in italiano principalmente con «soggiorno dei morti», mentre Ades è una
parola di origine greca, tradotta anch’essa con «soggiorno dei morti» o lasciata
nel suo termine originale «Ades». Infernus / Inferus, invece, è una
parola di origine latina, traducibile in «ciò che giace di sotto», presente
nelle Bibbie in lingua latina al posto dei due termini sopra citati, ma a volte
anche in quelle in italiano, come sostitutivo di «Ades». Ad esempio, in Luca
16,23 leggiamo: «E, essendo tra i tormenti nell’inferno, alzò gli
occhi e vide da lontano Abrahamo e Lazzaro nel suo seno» (Nuova Diodati).
Anche in Giuda 1,6 leggiamo: «Egli ha pure rinchiuso nelle tenebre
dell’inferno con catene eterne, per il giudizio del gran giorno, gli angeli
che non conservarono il loro primiero stato ma che lasciarono la loro propria
dimora» (Nuova Diodati). E in Apocalisse 20,14 leggiamo: «E la morte e
l’inferno furono gettati nello stagno del fuoco. Questa è la morte seconda»
(Diodati).
Per tale motivo, io ho sempre considerato l’inferno come sinonimo di ades,
e non di geenna, e ti assicuro che non sono il solo, anzi, devo dirti la verità,
è la prima volta che mi capita di leggere un’opinione diversa. Comunque,
lungi da me l’intenzione di polemizzare su questo argomento, ritengo che sia
stato necessario questo chiarimento sull’uso dei termini, ma è importante
soprattutto credere nella stessa dottrina. {01-02-2013}
2.6.
MARTELLA NICOLA: Vedo come traduzioni poco precise nella designazione
dei luoghi escatologici, trascendentali e ultraterreni abbiano creato molti
equivoci. Scelte fatte da traduttori e revisori molti secoli fa (Vulgata,
Lutero, Kink James, Diodati) o pochi decenni or sono (CEI, Nuova Diodati) hanno
influenzato, nel tempo, la concezione dottrinale di quei conduttori di
chiesa e credenti, che non hanno saputo accedere al testo greco o non si sono
posti il problema. Ciò che essi hanno, poi, scritto di escatologia su tali basi
cognitive, hanno influenzato altri, creando un consenso su basi incerte
ed equivoche. Rimando al prossimo punto per dettagli.
3. ANALISI E COMPARAZIONE DI ALCUNE
TRADUZIONI
(Martella Nicola): Martin Lutero ha molti meriti, fra cui aver tradotto
la Bibbia in lingua volgare tedesca, perché le masse potessero accedervi.
Tuttavia, egli si trovava ancora molto nelle convenzioni dottrinali, provenienti
dal Medioevo. Inoltre, si appoggiò alquanto sulla Vulgata. Ci vollero secoli di
confronto dottrinale ed esegetico per capire l’escatologia biblica e l’uso dei
termini dei testi originali.
Giovanni Diodati seguì, per molti aspetti,
l’esempio di Lutero. I credenti italiani per secoli furono grati a lui per la
sua traduzione, sebbene in dettagli come questi difettasse. Tuttavia,
Giovanni Diodati ha creato alcuni equivoci
riguardo all’escatologia e ai luoghi trascendentali riguardo a Luca 16,23
(inferno), ad Apocalisse 20,14 (inferno); qui egli è stato condizionato dalla
Vulgata e da Lutero.
Per far capire le discrepanze di alcune traduzioni, ho dovuto fare una vasta
analisi terminologica, versione per versione, riguardo ai brani critici. La
riporto qui di seguito.
■ Vulgata: Essa ha «inferus» per il greco hades in Ap 6,8;
Ap 20,13s; «infernus» (per Ades) in Mt
11,23; Lc 10,15; Lc 16,22s; At 2,27.31; Ap 1,18.
Inoltre ha «infernus» in At 2,24 «doloribus inferni» invece di «angosce
della morte»; così pure in Fil 2,10 «caelestium
et terrestrium et infernorum» invece di «nei
cieli, sulla terra, e sotto terra»; così anche in 2 Pt 2,4 rudentibus
inferni (corde infernali; + tartarum).
■ Martin Lutero: Egli tradusse (tra il 1522 e il 1534) con «Hölle»
(Inferno) e «höllisch» (infernale) i seguenti
termini: per Geenna in Mt 5,22.29s;
10,28; 18,8s; 23,15.33; Mc 9,43.45.47; Lc 12,5; Gcm 3,6;
per Ades in Mt 11,23; 16,18;
Lc 10,15; 16,23; Ap
1,8; 6,8; 20,13s; tradusse così anche «morte» in 1 Cor 15,55; aggiunge
«Hölle» (Inferno) anche a 2 Pt 2,4 traducendo
il pt. aor att. di tartaróō «inabissare, gettare nell’abisso» con
«hat sie mit Ketten der Finsternis zur Hölle verstoßen
und übergeben» (li ha respinti e consegnati con catene di tenebre
all’inferno). Come si vede, anche Lutero è incoerente
e, perciò, inattendibile in questi aspetti.
■
Giovanni Diodati
(1607): Egli riprodusse
con «inferno» il termine Ades
(come Lutero) nei seguenti brani: Mt 11,23; 16,18; Lc 10,15; Lc 16,23;
come Lutero e la King James, contiene
«inferno» anche in Ap 1,8; 6,8; 20,13s, dove in greco
c’è hades.
■ King James (1611): Essa tradusse con «hell»
(Inferno) i seguenti termini: per
Geenna in Mt 5,22.29s; 18,9; 10,28; 23,15.33; Mc 9,43.45.47; Lc 12,5; Gcm
3,6; per Ades
in Mt 11,23; 16,18; Lc 10,15; 16,23; At
2,27.31; Ap 1,8; 6,8; 20,13s; aggiunse «hell»
anche a 2 Pt 2,4 traducendo il pt. aor att. di tartaróō «inabissare,
gettare nell’abisso» con «cast them down to hell».
Come si vede, essa non è coerente, né affidabile in ciò.
■ Nuova Diodati: Anche questa traduzione brindisina ha creato molti
equivoci riguardo all’escatologia e ai luoghi trascendentali; e non è l’unico
soggetto, dove ciò accade. I suoi «traduttori» (o meglio revisori, visto che da
nessuna parte sono menzionati i traduttori dall’ebraico e dal greco) si sono
appoggiati troppo su Lutero e specialmente sulla King James, oltre che su
Diodati. Essi hanno riprodotto con «inferno» il termine
Ades (come Lutero) nei seguenti brani: Mt 11,23; 16,18; Lc 10,15; Lc
16,23; per morte
(come Lutero) in 1 Cor 15,55; aggiungono anche in
Gd 1,6 nell’espressione «nelle tenebre dell’inferno
con catene eterne», senza pari in nessuna traduzione! Tale ultimo brano
recita letteralmente «ha
tenuti in catene eterne, sotto le tenebre».
■ CEI: Anche la Bibbia della CEI è ambigua, traducendo «inferi» e
«inferno» in brani, in cui il greco ha hades; essa dipende troppo dalla
Vulgata. Ecco i riferimenti di «inferi» per
Ades:
Mt 11,23; 16,18; Lc 10,15; At 2,27.31; Ap 1,18; 20,13s. Ecco i
riferimenti di «inferno» per Ades:
Lc 16,23; 2 Pt 3,4 abissi tenebrosi
dell’inferno; Ap 6,8.
La Riveduta, la
Nuova Riveduta e la tedesca Elberfelder sono più coerenti col testo
biblico greco e creano meno ambiguità. In ogni modo, dobbiamo attenerci al testo
greco e non alle traduzioni italiane. La versione di Brindisi (Nuova Diodati) è
troppo simile alla Bibbia King James e a quella di Lutero, da cui proviene, e i
revisori farebbero bene a emendarla sul testo greco.
A questo punto, non mi resta che ringraziare Edoardo Piacentini e lasciare ai
lettori di trarre le debite conclusioni, lasciando loro di approfondire le questioni anche con l’articolo
«L’aldilà
e i suoi luoghi».
Una discussione e
una valutazione delle diverse traduzioni in italiano si trova qui:
►
Traduzioni della Bibbia fra competenze e metodo {Eliseo Paterniti - Nicola Martella} (T/A)
►
Traduzioni, parafrasi, vestimenti e tradimenti {Nicola Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Ultraterr_traduz_Esc.htm
04-02-2013; Aggiornamento: |