Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Escatologia 1

 

Escatologia

 

 

 

 

Questa opera contiene senz’altro alcune novità. Leggendo i brani escatologici della Bibbia sorgono vari interrogativi, ad esempio i seguenti:
■ I credenti, quando muoiono, vanno in cielo o in paradiso?
■ I morti nell’aldilà sono solo inattivi o anche incoscienti?
■ I bimbi morti dove vanno?
■ Se nessuno sa il giorno e l’ora dell’avvento del Messia, perché diversi cristiani hanno fatto predizioni circostanziate per il loro futuro imminente?
■ Qual è la differenza fra escatologia e utopia?
■ In che cosa si differenzia la speranza biblica dalla speranza secolarizzata di alcuni marxisti?
■ Il «rapimento» precederà o seguirà la tribolazione finale?
■ Quando risusciteranno i credenti dell’AT?
■ Il regno millenario è concreto o solo spirituale?
■ Durante il suo regno futuro col Messia regnerà sono Israele o anche la chiesa?
■ Nella nuova creazione i credenti abiteranno in cielo o sulla nuova terra?
■ Lo stagno di fuoco esisterà per sempre?
■ I morti si riconoscono nell’aldilà?
■ Non sarà noioso vivere nel nuovo mondo?
■ Ci sarà il tempo nel nuovo mondo?
■ Ci sarà il matrimonio nel nuovo mondo?
■ Eccetera...

 

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Escatologia 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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LUOGHI ULTRATERRENI E TRADUZIONI

 

 di Martella Nicola - Edoardo Piacentini

 

 

1.  PREVARICAZIONI DA TRADUZIONI (Martella Nicola): Le buone traduzioni della Bibbia hanno formato il linguaggio dei credenti per decenni, se non per secoli. Tuttavia, non sempre i traduttori hanno avuto luce in tutto ciò, che hanno tradotto. In certi punti i traduttori sono stati dei «traditori» del testo biblico; in certi aspetti essi hanno seguito la dottrina prevalente del loro tempo e l’hanno proiettata nella traduzione. A ciò si aggiunga che non tutte le traduzioni correnti sono state fatte di sana pianta dai testi nelle lingue originali, ma si sono appoggiate alla Vulgata e alla traduzioni derivate. Ci sono così traduzioni, che ricalcano altre, in primis quella di Lutero e la King James. I revisori, ossia coloro che hanno rivisto le Bibbie nostrane, spesso hanno ricalcato in tempi recenti proprio tali traduzioni antiche fatte sul «testo ricevuto» (Textus Receptus), ossia sul testo valido intorno al tempo della Riforma, che non tiene conto della scoperta dei nuovi manoscritti. Tali revisori si sono occupati più dell’aggiornare il linguaggio in italiano che di verificare le traduzioni sul testo originario. In tal modo, ad esempio abbiamo la Bibbia della CEI, che rispecchia la Vulgata; la «Diodati» rispecchia in gran parte la traduzione di Lutero. La «Nuova Diodati» rispecchia quella di Lutero (tedesco) e la King James (inglese).

     Tutto ciò è abbastanza evidente in questo tema, che riguarda i luoghi trascendentali. Le scelte fatte da tali traduttori e revisori hanno prevaricato perciò la comprensione dell’escatologia. Altri dettagli li aggiungerò durante il confronto.

     Facciamo un po’ di storia. Quando l’AT e il NT vennero tradotti in latino, il termine inferus (infero) «inferiore, disotto, sottostante» cercava di corrispondere al termine ebraico še’ol e a quello greco hades, che traduceva il primo, i quali intendevano sia la tomba, sia l’oltretomba, ossia un generico «luogo dei morti», ambedue collocati sottoterra. Il problema è che «infero» (spesso anche al plurale «inferi»)venne usato anche per il luogo finale e definitivo, che la Bibbia chiama «Geenna», «fuoco eterno» o «Stagno di fuoco». Così si venne a tradurre con «infero/i» sia l’Ades temporaneo, sia lo «Stagno di fuoco» definitivo, creando molta confusione dottrinale.

     Col tempo «infero» venne a significare anche «Inferno», ossia il luogo della pena eterna, che attende le anime dei peccatori impenitenti e dei malvagi. Non è un caso che Dante nella sua «Commedia» non consideri l’Ades, ma l’Inferno, collocando in esso vari suoi contemporanei. Tuttavia, biblicamente parlando, mentre l’Ades oggi è pieno, l’Inferno (= Stagno di fuoco) è completamente vuoto; infatti, i primi due inquilini di quest’ultimo saranno il dittatore escatologico (Bestia) e il falso profeta (Ap 19,20); poi seguirà per terzo il diavolo (Ap 20,10).

 

 

2.  IL CONFRONTO: Quanto segue è un confronto con Edoardo Piacentini su tali questioni. Tale suo scritto intendeva essere un contributo all’articolo «Per Branham l’inferno non è eterno». Esso era per un tema di discussione troppo specifico; il confronto, che si è generato, mi ha indotto a metterlo qui, per dargli una risposta adeguata. Già nel passato ne abbiamo parlato insieme su tale questione. Ora mi è diventato (nuovamente) chiaro da dove provenga una concezione escatologica leggermente differente (ossia nei dettagli). Per quanto ho capito dal confronto, le traduzioni da lui usate, hanno esercitato su di lui un convincimento dottrinale, che poi egli rispecchia nei suoi scritti e, perciò, nelle sue predicazioni. Come detto, si tratta di dettagli. Questo confronto serve per mettere a fuoco una terminologia comune e un linguaggio comune sull’escatologia.

 

2.1.  EDOARDO PIACENTINI: La dimora finale e la condizione degli empi è chiamata inferno. La parola greca, tradotta con «inferno» e che descrive tale dimora, è «geenna», nome dato alla valle di Hinnom. In questo luogo, vicino a Gerusalemme, i genitori facevano passare i loro figli per il fuoco in sacrificio a Moloc. A motivo dei crimini, che vi si commisero, della sua profanazione a opera del re Giosia, forse a causa dei rifiuti, che vi si bruciavano, ogni giorno e ogni notte, la valle dell’Hinnom divenne simbolo di peccato, d’afflizione; il suo nome servì per designare un luogo di eterno castigo. E dalle scene orribili, viste in quella valle e che furono prese a prestito, nacquero le immagini rappresentanti la geenna dell’altro mondo (Matteo 5,22; Marco 9,48).

     Quando una persona salvata muore, l’anima sua lascia il corpo, per abitare col Signore nel paradiso (2 Corinzi 5,8). Quando muore una persona non salvata, l’anima sua va immediatamente all’inferno (Ades), luogo di fiamme e di tormenti. Dopo la morte, il malvagio rimarrà nel luogo dei tormenti, fino a quando apparirà il «grande Trono Bianco» che Giovanni descrive in Apocalisse 20,11-15. Subito dopo il giudizio, i dannati sono precipitati, insieme alla morte e all’inferno, nel lago di fuoco, per tutta l’eternità; e questa è la seconda morte.

     Come il cielo è un luogo situato in maniera definita, così l’inferno è un luogo ben preciso. Esso è un luogo abitato e che si tratti di un luogo, lo si deduce dalla descrizione dell’Ades, dimora attuale degli empi, dato che da esso gli empi dovranno essere trasferiti in un altro luogo chiamato «geenna». È un luogo abitato dagli empi (Apocalisse 21,8); un luogo di prigione e di morte (Apocalisse 20,14); è un luogo di dolore e di disperazione (Luca 13,28); è un luogo di tormento e di cosciente angoscia (Apocalisse 20,10); è un luogo di oscurità e di degradazione (Matteo 25,30; Apocalisse 22,11). Gli abitanti dell’inferno saranno vari. Essi rappresentano varie forme e vari gradi di peccato e di malvagità, ma sono tutti malvagi e condannati. Nell’inferno si troveranno, quindi, gli empi impenitenti, satana e i suoi angeli (Matteo 25,41), la bestia e il falso profeta (Apocalisse 20,10), i malvagi e gli increduli (Apocalisse 21,8). Lo stato definitivo dei malvagi, è uno stato di eterna morte, cioè un’eterna separazione da Dio nel loro peccato.

     La seconda morte non significa annientamento totale dell’anima non rigenerata. Il corpo dell’uomo non salvo, viene a trovarsi, nel lago di fuoco, nelle condizioni del ricco Epulone: questi soffriva atroci tormenti, ricordava, desiderava ardentemente una goccia d’acqua, per rinfrescare la sua lingua, pensava ai suoi cinque fratelli ancora in vita e temeva che andassero a finire anch’essi nell’inferno dopo la loro morte. Le sofferenze dell’inferno non sono temporanee, ma eterne, né l’essere del dannato viene distrutto.

     I corpi abitati delle anime perdute, infatti, possono bruciare per anni senza essere distrutti. Satana, dopo mille anni, raggiungerà la bestia e il falso profeta nel medesimo lago di fuoco, e troverà dopo tanti anni questi ultimi ancora lì in quel luogo, dove saranno tormentati giorno e notte nei secoli dei secoli (Apocalisse 20,10), cioè per sempre.

     Se l’uomo è un essere eterno, deve passare l’eternità in qualche luogo, in qualche modo, e dato che l’impenitenza del malvagio lo esclude dalla comunione con Dio e dal condono della pena, la sua punizione deve essere eterna; poiché il peccato del malvagio diventa in tal modo un peccato eterno, il malvagio diventa un eterno peccatore. Inoltre, se crediamo che il sacrificio di Cristo Gesù, per liberarci dalla punizione del peccato, è stato infinito, dobbiamo anche ammettere la verità di una punizione eterna. L’inferno è pertanto un luogo preparato per il diavolo e i suoi angeli e diviene la dimora eterna di coloro che s’identificano con lui.

     L’annichilazionismo, invece, insegna che Dio annienterà gli empi. Questa teoria si basa su 2 Tessalonicesi 1,9 e altri passi, che dicono che gli empi saranno distrutti. Ma nell’uso che ne fanno le Scritture, questa parola non significa annichilimento, ma rovina. D’altronde, se la parola «distruzione» in questo versetto significasse annichilimento, la parola «eterna» sarebbe superflua, perché l’annichilimento dura per sempre.

     Se analizziamo l’uso biblico delle parole distruzione e perdizione con riferimento alle anime degli uomini, scopriremo che tali vocaboli non contengono mai l’accezione di «annichilimento» oppure di «estinzione», ma piuttosto rendono il concetto di «eterna infelicità, sofferenza e rovina». Facciamo qualche esempio tratto dalla traduzione Luzzi. «Gli empi periranno nelle tenebre» (1 Samuele 2,9): il verbo ebraico damàn non significa tanto «morire, essere ridotto al nulla» quanto piuttosto «tacere, osservare il silenzio». «Tu mi levi per aria, mi fai portar via dal vento e mi annienti nella tempesta» (Giobbe 30,22): il verbo ebraico mug ha il senso di «indebolire, fondere, rammollire» e non di «dissolvere completamente». «Egli li distruggerà mediante la loro propria malizia» (Salmo 94,23): il verbo ebraico tsamàt, che viene tradotto «consumare» nel Salmo 119,139, non contiene l’accezione di «distruggere per sempre». «Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto Colui che può far perire l’anima e il corpo nella Geenna» (Matteo 10,28): è Gesù che parla e usa il verbo greco apòllumi, che viene sempre adoperato per indicare perdite recuperabili, come le pecore sperdute della casa d’Israele (Matteo 10,6), la pecora, la dramma e il figlio prodigo delle relative parabole (Luca 15,6, 9, 24), la pecora persa fra le altre cento (Matteo 18,12). «Coloro che non conoscono Dio saranno puniti di eterna distruzione, respinti dalla presenza del Signore» (2 Tessalonicesi 1,9): il termine greco qui adoperato è òletros e ha il senso di «rovina», come può essere confermato da passi come 1 Corinzi 5,5 e 1 Tessalonicesi 5,3.

     Va, perciò, sottolineato che una vera e propria distruzione, intesa come «riduzione al nulla», non può durare per l’eternità, in quanto essa si verifica in tempi brevi e non ha effetti duraturi: una cosa o una persona fisicamente distrutta in maniera completa, si dissolve presto e presto se ne perde perfino il ricordo. Spesso nel Nuovo Testamento troviamo il verbo greco katarghèo, che letteralmente significa «rendere inefficace, abolire», ma talvolta viene reso anche con «annientare, distruggere», da intendersi però come «rendere impotente» o altri verbi analoghi. Almeno in sei brani del Nuovo Testamento troviamo questo verbo con tali accezioni: in Romani 6,6; 1 Corinzi 2,6; 1 Corinzi 15,24; 1 Corinzi 15,26; 2 Tessalonicesi 2,8 (bisogna, però, considerare in questo caso che la Bibbia afferma chiaramente che l’Anticristo verrà tormentato in eterno (Apocalisse 20,10) e, quindi, non potrà essere mai distrutto o annientato completamente); Ebrei 2,14. In altri brani del Nuovo Testamento lo stesso verbo katarghèo viene tradotto con «rendere improduttivo» (p.es. Luca 13,7) oppure «abolire» (p.es. 1 Corinzi 13,7) o ancora «abbattere» (p.es. Efesini 2,14), a dimostrazione del fatto che tale verbo contenga essenzialmente l’accezione di «ridurre all’impotenza, rendere inoperante o inattivo» e non certo quella di «distruggere in modo definitivo e permanente».

     Nel Nuovo Testamento troviamo molteplici riferimenti a quel luogo reale, in cui le anime degli increduli saranno tormentate eternamente. Le principali espressioni scritturali, che si riferiscono a tale realtà sono: «il pianto e lo stridore di denti» (Matteo 8,12, 13,42,50, 22,13; Luca 13,24-28); «il fuoco eterno» (Matteo 18,8 e 25,41); «il fuoco inestinguibile» (Matteo 3,12; Marco 9,43); è un luogo dove «il verme non muore e il fuoco non si spegne» (Marco 9,48; cfr Isaia 66,24); è un luogo «di tormento giorno e notte, nei secoli dei secoli» (Apocalisse 20,10). In particolare, qui viene usato il verbo greco basanìzo, che significa «tormento in stato cosciente» e giammai «estinzione, annientamento» (così, per esempio, anche in Matteo 8,6 e Marco 5,7). {31-01-2013}

 

2.2.  MARTELLA NICOLA: È un’analisi condivisibile e profonda nel complesso. Un punto di dissonanza è l’identificazione fra «Inferno» e «Ades» nella frase: «Quando muore una persona non salvata, l’anima sua va immediatamente all’inferno (Ades)». Ne abbiamo già parlato altrove. Un altro punto di dissonanza è la descrizione di tale luogo, chiamato qui «inferno (Ades)», mettendo insieme brani, che descrivono l’Ades attuale (cfr. Lc 16,23, non citato direttamente), con quelli, che riguardano il futuro «Stagno di fuoco» (Ap 20,10.14; 21,8) e con quelli, che riguardano il regno messianico in terra (Lc13,28); poi ci sono quelli, che non c’entrano (Mt 25,30 parabola; Ap 22,11 morale). Anche brani, che parlano del «fuoco eterno» (Mt 25,41), del tormento interminabile (Ap 20,10) e della «morte seconda» (Ap 21,8), lasciano con una certa indeterminazione, visto che parlano della condizione finale, ma il mio interlocutore li attribuisce all’«inferno (Ades)». In tal modo, egli attribuisce le stesse cose ora al luogo temporaneo (Ades), ora al luogo eterno (Geenna, Stagno di fuoco). Ciò non va bene e crea alcune confusioni per chi legge.

     Faccio notare che «Paradiso» e «Ades» sono luoghi temporanei, che hanno alcune caratteristiche dei luoghi definitivi («Cielo» e «Stagno di fuoco»). Il Paradiso è un luogo di godimento preventivo in vista della risurrezione, della gloria e della premiazione secondo fedeltà. L’Ades è un luogo di detenzione e pena preventive, in vista del giudizio finale e della condanna secondo le proprie opere. Al contrario, l’Inferno corrisponde a quello, che nella Bibbia è chiamato «Geenna» o «Stagno di fuoco»). Le anime impenitenti e irredente vanno al momento della morte nell’Ades. Al momento del giudizio finale l’Ades verrà gettato nello Stagno di fuoco; ciò mostra che sono due luoghi differenti e l’ultimo, oltre a poter contenere il primo, è quello definitivo ed eterno, mentre l’Ades è solo un «carcere» temporaneo. «E la morte e l’Ades furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda, cioè, lo stagno di fuoco» (Ap 20,14).

 

2.3.  EDOARDO PIACENTINI: Sono d’accordo con te, caro Nicola, inferno e paradiso sono luoghi temporanei, tant’è che ho precisato nel mio intervento che «subito dopo il giudizio, i dannati sono precipitati, insieme alla morte e all’inferno, nel lago di fuoco, per tutta l’eternità; e questa è la seconda morte», e ho anche chiarito che «gli empi dovranno essere trasferiti in un altro luogo chiamato geenna». Per cui a me sembra che siamo d’accordo. {01-02-2013}

 

2.4.  MARTELLA NICOLA: Edoardo Piacentini, scusami se insisto. È una questione di termini: nel linguaggio comune «l’Inferno» è il luogo di pena definitivo e corrisponde, biblicamente parlando, alla «Geenna» e allo «Stagno di fuoco». Secondo la Scrittura, sono l’Ades e il Paradiso a essere luoghi temporanei, rispettivamente di pena e di beatitudine. Se non parliamo una terminologia comune, oltre a creare fraintendimenti fra di noi, non saremo ben capiti dagli altri. Che ne pensi? {01-02-2013}

 

2.5.  EDOARDO PIACENTINI: Il fraintendimento tra di noi nasce dal fatto che i traduttori della Bibbia hanno sempre usato i due termini, Ades (o Sceol) e Inferno, come sinonimi. Sceol è una parola di origine ebraica, tradotta in italiano principalmente con «soggiorno dei morti», mentre Ades è una parola di origine greca, tradotta anch’essa con «soggiorno dei morti» o lasciata nel suo termine originale «Ades». Infernus / Inferus, invece, è una parola di origine latina, traducibile in «ciò che giace di sotto», presente nelle Bibbie in lingua latina al posto dei due termini sopra citati, ma a volte anche in quelle in italiano, come sostitutivo di «Ades». Ad esempio, in Luca 16,23 leggiamo: «E, essendo tra i tormenti nell’inferno, alzò gli occhi e vide da lontano Abrahamo e Lazzaro nel suo seno» (Nuova Diodati). Anche in Giuda 1,6 leggiamo: «Egli ha pure rinchiuso nelle tenebre dell’inferno con catene eterne, per il giudizio del gran giorno, gli angeli che non conservarono il loro primiero stato ma che lasciarono la loro propria dimora» (Nuova Diodati). E in Apocalisse 20,14 leggiamo: «E la morte e l’inferno furono gettati nello stagno del fuoco. Questa è la morte seconda» (Diodati).

     Per tale motivo, io ho sempre considerato l’inferno come sinonimo di ades, e non di geenna, e ti assicuro che non sono il solo, anzi, devo dirti la verità, è la prima volta che mi capita di leggere un’opinione diversa. Comunque, lungi da me l’intenzione di polemizzare su questo argomento, ritengo che sia stato necessario questo chiarimento sull’uso dei termini, ma è importante soprattutto credere nella stessa dottrina. {01-02-2013}

 

2.6.  MARTELLA NICOLA: Vedo come traduzioni poco precise nella designazione dei luoghi escatologici, trascendentali e ultraterreni abbiano creato molti equivoci. Scelte fatte da traduttori e revisori molti secoli fa (Vulgata, Lutero, Kink James, Diodati) o pochi decenni or sono (CEI, Nuova Diodati) hanno influenzato, nel tempo, la concezione dottrinale di quei conduttori di chiesa e credenti, che non hanno saputo accedere al testo greco o non si sono posti il problema. Ciò che essi hanno, poi, scritto di escatologia su tali basi cognitive, hanno influenzato altri, creando un consenso su basi incerte ed equivoche. Rimando al prossimo punto per dettagli.

 

 

3.  ANALISI E COMPARAZIONE DI ALCUNE TRADUZIONI (Martella Nicola): Martin Lutero ha molti meriti, fra cui aver tradotto la Bibbia in lingua volgare tedesca, perché le masse potessero accedervi. Tuttavia, egli si trovava ancora molto nelle convenzioni dottrinali, provenienti dal Medioevo. Inoltre, si appoggiò alquanto sulla Vulgata. Ci vollero secoli di confronto dottrinale ed esegetico per capire l’escatologia biblica e l’uso dei termini dei testi originali.

     Giovanni Diodati seguì, per molti aspetti, l’esempio di Lutero. I credenti italiani per secoli furono grati a lui per la sua traduzione, sebbene in dettagli come questi difettasse. Tuttavia, Giovanni Diodati ha creato alcuni equivoci riguardo all’escatologia e ai luoghi trascendentali riguardo a Luca 16,23 (inferno), ad Apocalisse 20,14 (inferno); qui egli è stato condizionato dalla Vulgata e da Lutero.

     Per far capire le discrepanze di alcune traduzioni, ho dovuto fare una vasta analisi terminologica, versione per versione, riguardo ai brani critici. La riporto qui di seguito.

 

     ■ Vulgata: Essa ha «inferus» per il greco hades in Ap 6,8; Ap 20,13s; «infernus» (per Ades) in Mt 11,23; Lc 10,15; Lc 16,22s; At 2,27.31; Ap 1,18. Inoltre ha «infernus» in At 2,24 «doloribus inferni» invece di «angosce della morte»; così pure in Fil 2,10 «caelestium et terrestrium et infernorum» invece di «nei cieli, sulla terra, e sotto terra»; così anche in 2 Pt 2,4 rudentibus inferni (corde infernali; + tartarum).

 

     ■ Martin Lutero: Egli tradusse (tra il 1522 e il 1534) con «Hölle» (Inferno) e «höllisch» (infernale) i seguenti termini: per Geenna in Mt 5,22.29s; 10,28; 18,8s; 23,15.33; Mc 9,43.45.47; Lc 12,5; Gcm 3,6; per Ades in Mt 11,23; 16,18; Lc 10,15; 16,23; Ap 1,8; 6,8; 20,13s; tradusse così anche «morte» in 1 Cor 15,55; aggiunge «Hölle» (Inferno) anche a 2 Pt 2,4 traducendo il pt. aor att. di tartaróō «inabissare, gettare nell’abisso» con «hat sie mit Ketten der Finsternis zur Hölle verstoßen und übergeben» (li ha respinti e consegnati con catene di tenebre all’inferno). Come si vede, anche Lutero è incoerente e, perciò, inattendibile in questi aspetti.

 

     ■ Giovanni Diodati (1607): Egli riprodusse con «inferno» il termine Ades (come Lutero) nei seguenti brani: Mt 11,23; 16,18; Lc 10,15; Lc 16,23; come Lutero e la King James, contiene «inferno» anche in Ap 1,8; 6,8; 20,13s, dove in greco c’è hades.

 

     ■ King James (1611): Essa tradusse con «hell» (Inferno) i seguenti termini: per Geenna in Mt 5,22.29s; 18,9; 10,28; 23,15.33; Mc 9,43.45.47; Lc 12,5; Gcm 3,6; per Ades in Mt 11,23; 16,18; Lc 10,15; 16,23; At 2,27.31; Ap 1,8; 6,8; 20,13s; aggiunse «hell» anche a 2 Pt 2,4 traducendo il pt. aor att. di tartaróō «inabissare, gettare nell’abisso» con «cast them down to hell». Come si vede, essa non è coerente, né affidabile in ciò.

 

     ■ Nuova Diodati: Anche questa traduzione brindisina ha creato molti equivoci riguardo all’escatologia e ai luoghi trascendentali; e non è l’unico soggetto, dove ciò accade. I suoi «traduttori» (o meglio revisori, visto che da nessuna parte sono menzionati i traduttori dall’ebraico e dal greco) si sono appoggiati troppo su Lutero e specialmente sulla King James, oltre che su Diodati. Essi hanno riprodotto con «inferno» il termine Ades (come Lutero) nei seguenti brani: Mt 11,23; 16,18; Lc 10,15; Lc 16,23; per morte (come Lutero) in 1 Cor 15,55; aggiungono anche in Gd 1,6 nell’espressione «nelle tenebre dell’inferno con catene eterne», senza pari in nessuna traduzione! Tale ultimo brano recita letteralmente «ha tenuti in catene eterne, sotto le tenebre».

 

     ■ CEI: Anche la Bibbia della CEI è ambigua, traducendo «inferi» e «inferno» in brani, in cui il greco ha hades; essa dipende troppo dalla Vulgata. Ecco i riferimenti di «inferi» per Ades: Mt 11,23; 16,18; Lc 10,15; At 2,27.31; Ap 1,18; 20,13s. Ecco i riferimenti di «inferno» per Ades: Lc 16,23; 2 Pt 3,4 abissi tenebrosi dell’inferno; Ap 6,8.

 

La Riveduta, la Nuova Riveduta e la tedesca Elberfelder sono più coerenti col testo biblico greco e creano meno ambiguità. In ogni modo, dobbiamo attenerci al testo greco e non alle traduzioni italiane. La versione di Brindisi (Nuova Diodati) è troppo simile alla Bibbia King James e a quella di Lutero, da cui proviene, e i revisori farebbero bene a emendarla sul testo greco.

     A questo punto, non mi resta che ringraziare Edoardo Piacentini e lasciare ai lettori di trarre le debite conclusioni, lasciando loro di approfondire le questioni anche con l’articolo «L’aldilà e i suoi luoghi».

 

Una discussione e una valutazione delle diverse traduzioni in italiano si trova qui:

Traduzioni della Bibbia fra competenze e metodo {Eliseo Paterniti - Nicola Martella} (T/A)

Traduzioni, parafrasi, vestimenti e tradimenti {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Ultraterr_traduz_Esc.htm

04-02-2013; Aggiornamento:

 

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