SECONDA PARTE: SCHEMA STORICO ALTERNATIVO
2/3 L’ABRAMISMO DI GRECIA E ROMA
La polis greca non era un aggregato razziale, ma di tipo culturale e
tutti potevano teoricamente divenirne cittadini (le barriere erano
determinate da scelte di opportunità politica, non da presupposti di
principio). Non c’era poi un attaccamento morboso al luogo, come dimostra la
tendenza a costituire colonie altrove. L’apertura alla storia non è ben
evidente in Grecia, dove sembra essere più rilevante una visione ciclica del
tempo; c’è però da dire che è un greco (Erodoto, 5° sec. a.C.) a essere
considerato come padre della storia.
Roma sorge sul modello della polis greca e
si tende a sorvolare che in essa c’è poco di autoctono (a parte il pur
importantissimo elemento linguistico). Infatti sorge su un porto fluviale
fenicio ai margini del territorio dei latini e, come in tutti i porti, la
composizione etnica diviene variegata e tende a disporsi «a mosaico». A Roma
è poi certamente rilevante, agli inizi, l’influenza dei vicini etruschi, che
costituivano la popolazione più progredita della Penisola e che fornirono a
Roma almeno alcuni dei loro primi re (come i Tarquini). Si discute se gli
etruschi, da un punto di vista etnico, fossero autoctoni o no, ma è
accertato che la loro cultura derivava dal Mediterraneo orientale
pre-greco. Anche Roma vede le sue radici in quell’area, pensandosi come
discendente dell’eroe troiano Enea. Non procediamo oltre su questa strada, perché ci
porterebbe ad affrontare problematiche complesse, ci basta constatare che
anche in Roma ritroviamo chiaramente le due caratteristiche abramiche
già viste nel mondo greco (cittadinanza su base politico-culturale e non
razziale, concezione dello spazio senza limiti). Il senso storico che in
Grecia abbiamo visto cominciare ad affiorare, in Roma si fa più robusto ed è
permeato da un senso della «missione di Roma nel mondo» che troverà poi nel
cristianesimo un modo nuovo di esprimersi. Anche in Roma, comunque, senso
storico e visione ciclica del tempo coesistevano.
C’è un’altra caratteristica di Roma che la fa
essere «ponte» fra l’Oriente e l’Occidente: lo spirito di tolleranza verso i
popoli vinti, che venivano poi
avvinti dalla mano tesa e dalla benevolenza del vincitore; ciò collega
Roma con l’Impero persiano, del quale è interessante quel che ne dice la
Bibbia. Anziché chiamare «mio servo» un appartenente al popolo d’Israele,
Dio chiama così proprio l’imperatore pagano che dominava sul suo popolo,
cioè il persiano Ciro! È scritto che Dio disse: «Io sono il Signore che
ha fatte tutte le cose […] Io dico a Ciro: “Egli è il mio pastore”. Egli
adempirà tutta la mia volontà» (Is 44,24.28). Ciro operò quando c’era
già la dispersione di Israele fra le nazioni e, attraverso lui, Dio fece
vedere che desiderava dalle autorità politiche, non che concedessero
privilegi al suo popolo, ma che non lo opprimessero e che gli dessero
libertà.
Sul piano storico, comunque, è noto come l’Impero
persiano si fondi su basi innovative rispetto a quelle degli imperi
precedenti, perché non cerca di distruggere e svilire i popoli vinti, ma di
salvaguardarne l’identità e il culto. L’Impero romano esalterà questo
principio e lo diffonderà, operando come tutti quelli che hanno fatto
progredire la storia: cioè non ponendosi con un atteggiamento di superbia
verso il passato, ma cercando di comprendere e rielaborare il fondamento
delle civiltà precedenti. In tal modo ha contribuito con un proprio anello a
quella «catena di civiltà» che può definirsi mediterranea, perché è
intorno a questo mare che è nata e si è sviluppata. In essa rientra
certamente anche la cultura inglese, mentre gli Stati Uniti sono nati e
stanno proseguendo su un percorso in parte contrapposto all’Europa (dalla
quale comunque derivano i loro fondamenti).
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/Proiezioni/304j-Stor_creaz23_R56.htm
02-05-2007; Aggiornamento: 05-01-2008
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