PRIMA PARTE: ALCUNI ASPETTI PRELIMINARI
1/7 I CREAZIONISTI E LA STORIA
Come leader, fra quelli della Mayflower emerse presto William Bradford, come
gli altri attaccato alla Bibbia, ma che amava particolarmente la cultura e
si era portato dietro anche autori dell’altra «sponda» (come Tito Livio e
Guicciardini, per esempio).
Le grandi università americane sono nate come
scuole per pastori, è perciò evidente che negli Stati Uniti non c’è
assolutamente un atteggiamento anticulturale di principio; però la cultura
che più interessa è quella scientifica e in qualche modo collegata col fare,
mentre la storia i puritani preferiscono più farla che studiarla.
Dire per esempio in una discussione «è storia!», è come dire «è acqua
passata, non vale più la pena discuterne». Insomma, nessun pregiudizio di
principio, ma per i Padri pellegrini la storia riguardava quel vecchio
mondo che aveva impedito loro di vivere in pace: era perciò un mondo da
dimenticare, non da ricordare, e contro il quale bisognava costruirne uno
nuovo.
Un film western classico con John Wayne può far
capire la psicologia americana più di tanti discorsi e di tanti libri: un
vero uomo deve essere un uomo di principi, perché alla fine chi è corretto
prevale sui malvagi, ma è necessario saper usar bene pugni e pistola. In
quei film le persone colte (avvocati, medici e altro), o non ci sono, o sono
codardi, o comunque incapaci di affrontare la realtà. Quelli che in Europa
vengono detti intellettuali, negli USA vengono con ironia chiamati
teste d’uovo.
Insomma, venendo a ciò che ci interessa, non esiste
un modo creazionista di vedere la storia che possa essere confrontato con
quello evoluzionista: è come se fossero su due piani diversi e l’uno ignora
l’altro. Un essere umano non può fare a meno di avere una sua idea sul
passato e sul futuro, perciò anche il «creazionista medio americano» ha
alcune idee sulla Storia, però se l’è costruita non sui libri, ma sul
Libro
(cioè la Bibbia).
Per il born again, cioè per l’americano che
è nato di nuovo, quando ha accettato personalmente Cristo, al centro
della storia c’è la crocifissione di Gesù, della quale sono responsabili
tutti gli uomini, perché tutti siamo peccatori. Alcuni peccatori, però, sono
come quel ladrone pentito che fu crocifisso accanto a Gesù e che gli disse:
«Ricordati di me quando sarai venuto nel tuo regno» (Lc 23,43); cioè
aspettano il ritorno fisico di Gesù, che potrebbe avvenire da un momento
all’altro (è diffusamente venduta, negli Stati Uniti, la serie di libri che
immaginano cosa succederà quando Gesù tornerà e come ci si deve preparare
all’incontro). Il fine della storia, insomma, coincide con la fine
della storia, cioè col giudizio su un mondo che continua a rifiutare Gesù.
Paradossalmente, però, quel fanatismo impedisce
i fanatismi: se l’ordine perfetto ci sarà solo al ritorno di Gesù,
allora ogni totalitarismo è ingiustificato e ogni pretesa di soluzione
radicale dei problemi è un’illusione. Ecco allora la radice teologica di
quel caratteristico pragmatismo anglosassone
che cerca le possibili e concrete soluzioni ai problemi, senza la pretesa di
instaurare un ordine perfetto
(come invece volevano fare i nazisti, i comunisti e, ora, Bin Laden).
C’è un altro aspetto teologico sul quale è
necessario soffermarsi. Il cristianesimo europeo, compreso quello
protestante, si è storicamente considerato come «il nuovo e vero Israele»;
perciò le promesse che Dio aveva fatte a Israele come nazione (p.es.,
possesso di Gerusalemme e della Palestina) vanno adesso applicate alla
chiesa. Negli ultimi decenni c’è stata una progressiva revisione di questa
posizione e il papa è andato nella sinagoga di Roma chiamando gli Ebrei
«fratelli maggiori», ma non è facile eliminare un millennio e mezzo di
storia, nella quale per gli Ebrei si desiderava solo che si convertissero
tutti e che ne cessasse l’esistenza in quanto tali.
Con la separazione fra le religioni e lo Stato
operata da Roger Williams, i cristiani americani hanno cominciato a cessare
dal considerarsi una nazione e si è andata affermando l’idea che le promesse
di Dio a Israele andavano prese alla lettera e applicate… a Israele. Avendo
rinunciato definitivamente alle dimensioni politiche del Regno di
Dio, c’era necessità di collocare ora quelle dimensioni non solo in un altro
tempo, ma anche in un altro popolo. Si accusano gli USA di agire in Medio
Oriente in base ai loro interessi petroliferi e indubbiamente ogni governo
americano è molto interessato a quei flussi. Chi afferma questo, però, in
genere non riflette che il sostegno americano a Israele è un ostacolo alle
relazioni con i paesi musulmani ricchissimi di petrolio; non può nemmeno
spiegare perché pressoché tutta la società americana si schiera
automaticamente e costantemente a difesa del diritto di Israele a
esistere, indipendentemente dal partito che prevale e dal Presidente in
carica. La visione di un futuro Stato di Israele, il cristianesimo americano
l’ha avuta prima che sorgesse il sionismo ebraico: il vederne la
realizzazione ne ha solo confermato ed esteso la convinzione.
Un certo laicismo razionalista (che per certi
aspetti apprezziamo) ha supposto e sperato in un mondo «ripulito» dalla
religione; non è qui la sede per controbattere e ci limitiamo a rilevare che
il «post-cristianesimo» ha prodotto leader come Hitler e Stalin. In ogni
caso, dopo Bin Laden e l’11 settembre 2001, dopo l’emergere del «religioso»
Gorge W. Bush, i temi teologici sono tornati alla ribalta. Qualcuno in
Europa spera che il prossimo Presidente USA sia meno religioso, più
europeo insomma, e la speranza è realista. È indice di superficialità,
però, attribuire le scelte di una nazione (specie se democratica)
soprattutto alle particolarità del suo capo e vorrà pur dire qualcosa se il
popolo americano ha deciso concordemente di incidere sul dollaro, cioè sul
loro simbolo più toccato, la famosa espressione «In Dio noi crediamo» («In
God we trust»). Piuttosto che cercare di ignorare il tipo di fede delle
persone, crediamo sia meglio conoscerla.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/Proiezioni/304g-Stor_creaz17_Car.htm
02-05-2007; Aggiornamento: 05-01-2008
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