Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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3. Cultura biblica

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Spiegazione delle rubriche

 

 

Carismaticismo e occultismo a confronto
   Ecco le parti principali:
■ Alcune basi del carismaticismo
■ Problemi del carismaticismo
■ Carismaticismo ed esoterismo
■ Carismaticismo e dottrine
■ Fatti, casi ed eventi
■ Casi di cura d’anime

 

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PROPOSTA DI STORIA CREAZIONISTA

 

 di Fernando De Angelis

 

 

PRIMA PARTE: ALCUNI ASPETTI PRELIMINARI

 

1/7 I CREAZIONISTI E LA STORIA

 

Come leader, fra quelli della Mayflower emerse presto William Bradford, come gli altri attaccato alla Bibbia, ma che amava particolarmente la cultura e si era portato dietro anche autori dell’altra «sponda» (come Tito Livio e Guicciardini, per esempio).

     Le grandi università americane sono nate come scuole per pastori, è perciò evidente che negli Stati Uniti non c’è assolutamente un atteggiamento anticulturale di principio; però la cultura che più interessa è quella scientifica e in qualche modo collegata col fare, mentre la storia i puritani preferiscono più farla che studiarla. Dire per esempio in una discussione «è storia!», è come dire «è acqua passata, non vale più la pena discuterne». Insomma, nessun pregiudizio di principio, ma per i Padri pellegrini la storia riguardava quel vecchio mondo che aveva impedito loro di vivere in pace: era perciò un mondo da dimenticare, non da ricordare, e contro il quale bisognava costruirne uno nuovo.

     Un film western classico con John Wayne può far capire la psicologia americana più di tanti discorsi e di tanti libri: un vero uomo deve essere un uomo di principi, perché alla fine chi è corretto prevale sui malvagi, ma è necessario saper usar bene pugni e pistola. In quei film le persone colte (avvocati, medici e altro), o non ci sono, o sono codardi, o comunque incapaci di affrontare la realtà. Quelli che in Europa vengono detti intellettuali, negli USA vengono con ironia chiamati teste d’uovo.

     Insomma, venendo a ciò che ci interessa, non esiste un modo creazionista di vedere la storia che possa essere confrontato con quello evoluzionista: è come se fossero su due piani diversi e l’uno ignora l’altro. Un essere umano non può fare a meno di avere una sua idea sul passato e sul futuro, perciò anche il «creazionista medio americano» ha alcune idee sulla Storia, però se l’è costruita non sui libri, ma sul Libro (cioè la Bibbia).

     Per il born again, cioè per l’americano che è nato di nuovo, quando ha accettato personalmente Cristo, al centro della storia c’è la crocifissione di Gesù, della quale sono responsabili tutti gli uomini, perché tutti siamo peccatori. Alcuni peccatori, però, sono come quel ladrone pentito che fu crocifisso accanto a Gesù e che gli disse: «Ricordati di me quando sarai venuto nel tuo regno» (Lc 23,43); cioè aspettano il ritorno fisico di Gesù, che potrebbe avvenire da un momento all’altro (è diffusamente venduta, negli Stati Uniti, la serie di libri che immaginano cosa succederà quando Gesù tornerà e come ci si deve preparare all’incontro). Il fine della storia, insomma, coincide con la fine della storia, cioè col giudizio su un mondo che continua a rifiutare Gesù.

     Paradossalmente, però, quel fanatismo impedisce i fanatismi: se l’ordine perfetto ci sarà solo al ritorno di Gesù, allora ogni totalitarismo è ingiustificato e ogni pretesa di soluzione radicale dei problemi è un’illusione. Ecco allora la radice teologica di quel caratteristico pragmatismo anglosassone che cerca le possibili e concrete soluzioni ai problemi, senza la pretesa di instaurare un ordine perfetto (come invece volevano fare i nazisti, i comunisti e, ora, Bin Laden).

     C’è un altro aspetto teologico sul quale è necessario soffermarsi. Il cristianesimo europeo, compreso quello protestante, si è storicamente considerato come «il nuovo e vero Israele»; perciò le promesse che Dio aveva fatte a Israele come nazione (p.es., possesso di Gerusalemme e della Palestina) vanno adesso applicate alla chiesa. Negli ultimi decenni c’è stata una progressiva revisione di questa posizione e il papa è andato nella sinagoga di Roma chiamando gli Ebrei «fratelli maggiori», ma non è facile eliminare un millennio e mezzo di storia, nella quale per gli Ebrei si desiderava solo che si convertissero tutti e che ne cessasse l’esistenza in quanto tali.

     Con la separazione fra le religioni e lo Stato operata da Roger Williams, i cristiani americani hanno cominciato a cessare dal considerarsi una nazione e si è andata affermando l’idea che le promesse di Dio a Israele andavano prese alla lettera e applicate… a Israele. Avendo rinunciato definitivamente alle dimensioni politiche del Regno di Dio, c’era necessità di collocare ora quelle dimensioni non solo in un altro tempo, ma anche in un altro popolo. Si accusano gli USA di agire in Medio Oriente in base ai loro interessi petroliferi e indubbiamente ogni governo americano è molto interessato a quei flussi. Chi afferma questo, però, in genere non riflette che il sostegno americano a Israele è un ostacolo alle relazioni con i paesi musulmani ricchissimi di petrolio; non può nemmeno spiegare perché pressoché tutta la società americana si schiera automaticamente e costantemente a difesa del diritto di Israele a esistere, indipendentemente dal partito che prevale e dal Presidente in carica. La visione di un futuro Stato di Israele, il cristianesimo americano l’ha avuta prima che sorgesse il sionismo ebraico: il vederne la realizzazione ne ha solo confermato ed esteso la convinzione.

     Un certo laicismo razionalista (che per certi aspetti apprezziamo) ha supposto e sperato in un mondo «ripulito» dalla religione; non è qui la sede per controbattere e ci limitiamo a rilevare che il «post-cristianesimo» ha prodotto leader come Hitler e Stalin. In ogni caso, dopo Bin Laden e l’11 settembre 2001, dopo l’emergere del «religioso» Gorge W. Bush, i temi teologici sono tornati alla ribalta. Qualcuno in Europa spera che il prossimo Presidente USA sia meno religioso, più europeo insomma, e la speranza è realista. È indice di superficialità, però, attribuire le scelte di una nazione (specie se democratica) soprattutto alle particolarità del suo capo e vorrà pur dire qualcosa se il popolo americano ha deciso concordemente di incidere sul dollaro, cioè sul loro simbolo più toccato, la famosa espressione «In Dio noi crediamo» («In God we trust»). Piuttosto che cercare di ignorare il tipo di fede delle persone, crediamo sia meglio conoscerla.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/Proiezioni/304g-Stor_creaz17_Car.htm

02-05-2007; Aggiornamento: 05-01-2008

 

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