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Il lettore prende qui posizione riguardo a vari contributi presenti nella
sezione «Etica:
Matrimonio». In tal modo, egli riprende una
discussione già trattata, ma che necessita di essere ulteriormente approfondita. |
1. Le tesi
{Bartolomeo o Ciociola}
▲
Caro fratello
Nicola, mi chiamo Bartolo. Ho letto sul tuo sito i vari interventi
sull’argomento: «Divorzio e rimatrimonio» e ne sono rimasto contento perché
finalmente l’argomento non è più tabù. Premetto che mi sono separato quasi venti
anni fa, mentre ero ancora nel mondo; sono divorziato da credente, non potendo
più aggiustare la mia posizione precedente, e mi sono risposato, dopo dodici
anni di conversione, con una sorella «nel Signore».
A volte non dichiaro il mio stato civile solo perché alcuni fratelli pensano che
le mie convinzioni in merito siano conseguenza della mia posizione, ma ho
cominciato a interessarmi dell’argomento, certamente con molta umiltà di
conoscenza, già dal 1992.
Ma torniamo all’argomento che mi spinge a scrivervi. Molto è stato detto sul
brano eccettuativo di Mt 5,32 e 19,9; un’eccezione che non riporta Mc 10,11,
l’altro brano che tratta l’argomento e che prenderò in considerazione.
Il fratello Miscioscia (e con lui tanti altri stimati fratelli) asserisce che
Matteo ha scritto il suo Evangelo indirizzandolo ai Giudei ancora sotto la legge
di Mosè, ai quali Gesù stava spiegando la corretta applicazione della norma sul
«ripudio». Aggiunge ancora: «Io credo che sia un po’ debole usare Mt capp. 5 e
19 per sostenere tale regola “eccezionale”. Essi sono l’unico appiglio che
esprime con chiarezza il concetto del divorzio, perché in tutto il Nuovo
Testamento non c’è nessun sostegno a questa regola».
Il colmo è stato, quando ho letto (scusate se non ricordo il nome del fratello)
che probabilmente «l’eccezione» poteva essere un’aggiunta d’uno zelante copista.
Io so che: «Tutta la Scrittura è divinamente ispirata…» (2 Tm 3,16) anche
quando l’insegnamento mi viene da un solo verso, se questo non lascia dubbi.
Voglio far notare a questi fratelli, forse con un po’ d’ingenuità da parte mia,
che la differenza tra Matteo e Marco sta solo nella domanda che i Farisei
pongono a Gesù.
■ Marco 10,2: «E i Farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: “È
lecito al marito ripudiare la moglie?”».
■ Matteo 19,3: «Dei Farisei gli s’avvicinarono per metterlo alla prova,
dicendo: “È lecito mandare via la propria moglie per un motivo
qualsiasi?”».
Mi sembra chiaro
che nel caso di Mc 10,2 Gesù ha solo risposto a una domanda molto esplicita: se
si poteva ripudiare la moglie. Non ha motivo di fare eccezioni, poiché nel
pensiero di Dio non c’è il divorzio (Mt 19,6). Nell’Evangelo di Matteo, invece,
chiedono se si può mandare via la propria moglie per «un motivo qualsiasi»,
ed è a questa precisazione che Gesù deve specificare che non si può ripudiare la
propria moglie per qualsiasi motivo ma solo in un caso, «per fornicazione».
È la famosa eccezione, di cui la Bibbia ne è piena e che tu Nicola lo fai spesso
notare. Rammento che l’adulterio era punito con la lapidazione (Lv 20,10; cfr.
Dt 22,22). Gesù voleva, con questo gesto, togliere la morte per lapidazione
(cfr. Gv 8,3-11), il ripudio troppo facile (Dt 24,1; Ml 2,14-16), sostituendolo
con l’amore e il perdono, senza per questo evitare una giusta punizione al
coniuge che persiste in adulterio, rompendo così quel vincolo del matrimonio che
Dio stesso aveva istituito in Gn 2,24.
Per quanto riguarda il termine «fornicazione», anche qui le interpretazioni sono
tante, a volte forzate e a volte un po’, fatemi passare il termine, fantasiose.
Sempre in riferimento allo scritto del fratello Miscioscia, ma riportato anche
nel libro del fratello Billy Standridge «Pensi al Divorzio?»; nel
capitolo 11
leggo: «Perché non si parla d’adulterio, ma di fornicazione? La risposta
d’uno studioso è che il termine divorzio, era per i giudei non ancora sposati,
ma fidanzati, come Giuseppe e Maria, i genitori di Gesù (all’inizio della storia
dei vangeli), altrimenti si parlerebbe in Mt 5 e 19 d’adulterio, con la relativa
condanna. I promessi sposi per i giudei erano come sposati, anche se non ancora
s’univano andando a vivere insieme».
Da 1 Cor 6,9 e Eb 13,4 capisco che fornicazione e adulterio hanno due diversi
significati. Forse solo delle sfaccettature ma diventano significativi nel
contesto in cui si trovano. In greco credo più incisivi. Il vocabolario
Zingarelli dà questo significato dei due termini:
■
Adulterio: Violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale.
■
Fornicazione: Illecita relazione sessuale.
Ora, in base a
quanto sopra io capisco che «adulterio» è ristretto solo al campo coniugale,
mentre «fornicazione» è molto più ampio, abbracciando un numero ampio d’illeciti
sessuali. Degli esempi li troviamo nella Parola: Lv 18,22 (cfr. 20,13; Rm 1,26s)
il rapporto tra gay o lesbiche credo meglio definirlo fornicazione e non
adulterio; lo stesso dicasi in Lv 18,23 (cfr. 20,16) con l’accoppiamento con
animali. Di libertinaggio sessuale il mondo ne è sempre stato pieno, e non
pensiamo che la cosa sia finita, anzi va sempre più a peggiorare. Sono azioni
che nulla hanno a che fare con l’adulterio. Per questo Gesù ha preferito usare
fornicazione e non adulterio, lo stesso termine che Paolo usa in 1 Cor 5,1
volendo significare l’incesto.
In più Matteo fa notare che quando il marito manda via la moglie, se non per
fornicazione, e ne sposa un’altra, pecca di adulterio, che è una
violazione alla fedeltà
coniugale.
Faccio ancora notare ai fratelli che l’intero contesto di Mt e Mc è fondato su
marito e moglie. Gesù stesso sempre nei due brani di Mt e Mc fa riferimento a Gn
2,24 e alla legge di Mosè di Dt 24, nei quali è palese il contesto matrimoniale
e non di fidanzamento. È la moglie che viene mandata via perché abita col
marito, mentre la fidanzata si lascia perché ancora a casa dei genitori.
E poi, l’argomento che tratta del fidanzato che trovava la propria promessa
sposa non più vergine, è ampliamento trattato in Dt 22.
Un’ulteriore conferma la danno i discepoli, quando rispondono a Gesù che a
queste condizioni non conveniva sposarsi (Mt 19,10). Certo che per loro
suonavano strane e forti quelle parole. Abituati a mandare via la moglie anche
per un banale motivo (Dt 24,1) e ad avere più mogli, il Maestro stava dicendo
loro che da ora in poi le cose cambiavano («ma io vi dico…»): una sola
moglie e la si poteva mandare via solo in caso di fornicazione.
Riguardo a Mt 19,12, Gesù sa bene che difficilmente l’uomo può stare senza la
donna (Gn 2,18), ma può farlo solo chi è in grado d’accettarlo; e Paolo dichiara
che il suo stare senza moglie è un «dono» (1 Cor 7,7; cfr. v. 2).
Mi piacerebbe aggiungere il mio pensiero anche su 1 Cor 7, e anche sugli
apprezzamenti che alcuni «fratelli» fanno su noi divorziati, quando parlano
dell’argomento. Forse in altra occasione, se il Signore lo permetterà.
2. Alcune osservazioni
{Nicola Martella}
▲
Tranne qualche
dettaglio, che bisogna approfondire maggiormente, ritengo che l’impianto
generale è abbastanza congruo al contesto letterario, storico e culturale dei
testi trattati. Qui di seguito mi limito solo a poche cose.
Ad esempio, sebbene io sia contro la poligamia, per correttezza non si
può trarre dalle parole di Gesù un comandamento esplicito a favore della
monogamia. Le motivazioni etiche per rifiutare la poligamia sono ben altre. Al
riguardo rimando all’articolo «Poligamia»
nel Dizionario biblico.
Si noti in
Dt 22 che una donna promessa sposa e che aveva rapporti prematrimoniali
consensuali con un altro uomo, non veniva semplicemente ripudiata, ma messa a
morte. Quindi Gesù non poteva riferirsi a tale caso, poiché in caso di rapporti
matrimoniali c’era poco da mandar via: l’esecuzione della condanna capitale,
rendeva il coniuge di fatto socialmente libero. Giuseppe, infatti, messo dinanzi
all’evidenza di un gravidanza di Maria, la volle lasciare di nascosto per
evitarle la pubblica infamia e una probabile tragica morte (Mt 1,19).
In Dt 24
la locuzione «nudità di una parola / cosa»
si riferiva a una moglie con un linguaggio o atteggiamenti licenziosi, sebbene
ciò non arrivasse alla prostituzione o all’adulterio. La stessa locuzione fu
riportata da Gesù in Mt 5,32 come logos porneias «parola / cosa di
fornicazione» e si riferiva alle stesse cose. Alcuni manoscritti riportano la
stessa locuzione anche in Mt 19,9, dove logos porneias fu abbreviato
tecnicamente perlopiù come porneia. Il campo semantico di porneia
era vasto e andava da lussuria a fornicazione e a prostituzione, designando
anche i rapporti illeciti (p.es. fra consanguinei).
In corrispondenza con Dt 24, in Mt 5,32 e 19,9 c’è da aspettarsi il
significato generico di «lussuria, scostumatezza morale», senza però arrivare a
rapporti illeciti, visto che in caso di prostituzione e di adulterio era
comminata la pena di morte nel giudaismo al tempo del NT (cfr. Gv 8).
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Per mettere a
fuoco la problematica generale, rimandiamo ai seguenti contributi:
►
Credente divorziato e penitente {Nicola Martella} (D)
►
Divorzio 1: Atto estremo per uscire da un labirinto? {Nicola Martella} (T)
►
Divorzio 2: Interrogativi e tesi a confronto {Nicola Martella} (T)
►
Divorzio e ministero {Nicola Martella} (T)
►
Divorzio e nuove nozze in Luca 16,18 {Argentino Quintavalle} (A)
►
Divorzio e seconde nozze {Nicola Martella} (D)
Per l’approfondimento della tematica, consiglio di leggere nel mio libro
Tenerezza e fedeltà, (Punto°A°Croce, Roma 1998), l'articolo «Divorzio e seconde
nozze», pp. 138-151; a ciò si aggiungano gli articoli connessi sul matrimonio. |
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A2-Divorzio_motivi_S&A.htm
27-12-2007; Aggiornamento:
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