Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Sesso & affini

Sessualità e contestiSesso & affini 1: Qui è trattata la sessualità nella società e nella Bibbia. Ecco le parti principali:
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Tenerezza e fedeltàSesso & affini 2: Qui sono presentati alcuni consigli per vivere una sessualità matrimoniale felice. Ecco le parti principali:
■ Fra rinuncia e attesa
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■ Il matrimonio
■ Matrimonio e sesso
■ Questioni di sessualità coniugale
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Disturbi e abusiSesso & affini 3: Qui sono trattati i problemi del sesso e le sue deviazioni. Ecco le parti principali:
■ Aspetti della consulenza
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■ Casi ed esempi
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■ Foglio d’analisi

 

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DIVORZIO E MINISTERO

 

 a cura di Nicola Martella

 

Un lettore ha usato l’occasione, offerto dal tema di discussione « Divorzio 2: Interrogativi e tesi a confronto», per porre all’attenzione un soggetto connesso a esso, ossia quello legato al fatto che in molte chiese chi è passato per un’esperienza di divorzio viene escluso dal ministero di conduzione. Il problema del ministero connesso a una situazione di divorzio è alquanto variegato, poiché in altre chiese i divorziati sono esclusi anche dalla predicazione e da ministeri pubblici. In chiese particolarmente rigide il divorzio è visto come un criterio d’esclusione da qualsiasi tipo di ministero nella chiesa.

     Bisogna far notare che alcune persone il divorzio lo hanno subito e altre, al tempo dei fatti, non erano neppure credenti. Ci sono certamente altri casi che non bisogna prendere alla leggera, ad esempio, quando chi ha divorziato, ha agito contro il parere dei conduttori della chiesa e i loro interventi pastorali. Anche qui però bisogna distinguere fra responsabili (chi chiede il divorzio senza «giusta causa») e vittime (chi lo subisce, chi viene abbandonato). In ogni modo, il divorzio è sempre una sconfitta per chi ne è la causa e per chi lo subisce. Nel caso di quest’ultima categoria, però, perché punire una tale persona due volte, escludendolo anche dai ministeri ecclesiali? Parliamone…

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Benito Viapiana

2. Nicola Martella

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1. {Benito Viapiana} ▲

 

     La ragione perché scrivo questa lettera è per sapere quando la chiesa pentecostale penserà d’ordinare pastori coloro, i quali — loro malgrado — sono passati per un’esperienza di divorzio, e se al presente vi è qualche piano di riforma, o nel prossimo futuro.

     Oggi io sono un membro d’una chiesa pentecostale in Canada, e mi trovo anche bene. Sono coinvolto nel servizio domenicale come usciere, aiuto a distribuire la santa cena, e in passato ho anche insegnato nella scuola domenicale a un gruppo d’Italiani. Però non ho mai avuto il privilegio d’operare come pastore perché la chiesa pentecostale non approva coloro che sono divorziati e risposati.

     Il mio caso in breve è il seguente. Io non approvo il divorzio. Però dopo tanti consulti con il nostro sacerdote (allora ero cattolico romano), la mia moglie d’allora decise di divorziare da me. Per questa ragione mi trovai con una figlia e ancora giovane.

     Il sacerdote mi fece ottenere anche l’annullamento del mio matrimonio, cosa che allora mi diede tanta forza. Fu durante questo tempo che venni alla conoscenza del Signore e mi associai a una chiesa pentecostale. Qui moltissime persone m’esortarono a studiare e cosi in ubbidienza al Signore dopo alcuni anni fui ordinato in un istituto biblico cristiano (Canada Christian College). Evidentemente qui approvano che una persona divorziata possa essere ordinata al pastorato.

     Ora io non scrivo perché tengo ad avere una posizione nella chiesa, perché ho 65 anni, ma per sapere se in Italia le cose sono diverse. Leggendo l’articolo sul divorzio fui spinto a scrivere.

     Sono quasi 25 anni che cammino con il Signore, e so che il Signore ha permesso che io fossi ordinato. Ne ho la conferma! Il Signore mi parlò durante il tempo della preghiera; perché prima d’essere ordinato dissi al Signore che, se ciò non fosse stato da parte sua, non l’avrei voluto. Cosi il Signore mi parlò durante quella settimana che fui ordinato.

     Domenica 24 Novembre 1997, mi disse nella lettura: «Prima che ti formassi nel grembo di tua madre, ti ho conosciuto; prima che tu uscissi dal suo grembo ti ho consacrato e ti ho stabilito profeta delle nazioni» (Geremia 1,4s).

     Lunedì 25 Novembre 1997, sempre durante la preghiera: «Essendo convinto di questo, che colui che ha cominciato un’opera la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù» (Filippesi 1,6).

     Martedì 26 Novembre 1997, in questo giorno dissi: «Signore alla mia età?» Il Signore mi parlò attraverso un programma radio Cristiana WDCX; nella predicazione (gli operai delle diverse ore). Qui il Signore mi fece capire che Lui chiama a ogni età (Matteo 20,1-16)

     Mercoledì 27 Novembre 1997 mattina dissi: «Signore se questo è da parte tua, io sono pronto ad accettarlo». Cosi la sera dello stesso giorno fui ordinato assieme ad altri fratelli nella fede.

     Giovedì 28 Novembre 1997, durante la preghiera ringraziai il Signore per quello che aveva fatto nella mia vita. E pregai di confermarmi che Lui m’aveva ordinato, mandandomi qualcuno che mi invitasse a predicare. La sera stessa un fratello anziano della chiesa pentecostale che frequentavo, mi disse: «Fratello preparati un messaggio per domenica sera». Come vede io ho la conferma che il Signore ha permesso che io fossi stato ordinato. Però la domanda è questa: Perché una persona divorziata non può essere ordinata?

     Un pastore che io conosco, e che voleva approfondire 1 Timoteo 3 andò in Israele e parlò con un rabbino il quale interpretò il brano in questo modo. «In quei giorni, al tempo di Paolo, tantissima gente viveva nella poligamia, per questa ragione Paolo disse a Timoteo che una persona che voleva servire il Signore doveva essere marito d’una sola moglie. Ma se una persona è divorziata e si è risposata quella persona non vive con due mogli ma vive con una sola, perciò non vive nella poligamia come spiega Paolo a Timoteo.

     Ciò che io posso dedurre dalla Scrittura è quanto segue.

     «Se una persona è in Cristo è una nuova creatura, le cose vecchie sono passate» (2 Corinzi 5,17).

     «Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi» (Giovanni 8,36).

     «Quando è lontano il levante dal ponente, tanto ha Egli allontanato le nostre colpe» (Salmo 103,12).

     Ora il mio punto è questo: Se siamo in Cristo Gesù siamo una nuova creatura, le cose vecchie sono passate; siamo stati perdonati fino al punto che Dio non si ricorda nessuna delle nostre trasgressioni. E se Dio non si ricorda dei nostri misfatti, perché gli uomini li hanno sempre a portata di mano? Il divorzio non è un peccato a morte!

     Ripeto io non scrivo perché cerco una posizione di preminenza nella chiesa, però tantissima gente ancora giovane va incontro allo stesso dilemma che ho incontrato io. Perciò se le assemblee pentecostali riesaminassero e approfondissero correttamente 1 Timoteo 3, molte persone che amano servire il Signore potrebbero essere felicemente ordinate.

     Se vuole commentare o anche pubblicare questo mio parere, con la speranza d’esortare altri lo faccia pure.

 

 

2. {Nicola Martella} 

 

Non posso certo parlare a nome delle chiese pentecostali. Personalmente non faccio parte di una di esse. Le chiese pentecostali italiane sono un variegato arcipelago, alcune indipendenti, altre associate in differenti gruppi e movimenti. Alcune sono più congregazionaliste, altre più monocratiche nella conduzione. Esse chiamano il loro conduttore «pastore» e parlano al riguardo di «ordinazione». Altri gruppi più congregazionalisti (p.es. le chiese dei Fratelli parlano di «anziani» ed evitano termini come «ordinazione», forse a causa del contesto religioso maggioritario italiano.

     In genere anche qui in Italia le chiese evangeliche non danno ministero a coloro che sono divorziati e/o risposati.

     «Io non approvo il divorzio», ha detto Benito. E questa è in genere anche la mia posizione, tranne che non sia per «giusta causa», come prevede anche la Scrittura e come confermano anche Gesù per l’eccezione (Mt 5,32; 19,9) e Paolo per casi specifici, specialmente quelli non dovuti alla volontà della parte credente (1 Cor 5,17) e quelli precedenti la conversione (vv. 24.27s). Il divorzio è comunque sempre una sconfitta di tutti i partecipanti. Alcuni il divorzio lo subiscono per le scelte dell’altra parte. Parafrasando un proverbio, qui non si può dire semplicemente: «Chi rompe paga e i cocci sono i suoi».

     Per quello che constato nella biografia personale di Benito, egli il divorzio lo ha subito e i fatti sono avvenuti prima della conversione. Il suo caso è più semplice di altri, visto che il patto coniugale è stato rotto dalla volontà altrui e i fatti risalgono a prima di aver conosciuto il Signore Gesù in modo personale quale Signore e Salvatore. Altra cosa è quando è il divorzio avviene dopo la conversione ed è causata dalla parte credente che poi aspira alla conduzione.

     Quanto a 1 Tm 3, io concordo completamente col fatto che «marito di una sola moglie» sia da intendere nel contesto storico e culturale d’allora nel senso che «non abbia più di una moglie contemporaneamente», «non sia poligamo». Alcuni parlano di una «poligamia successiva», applicandola a chi divorzia e si risposa; ma questa idea è priva di fondamento storico e culturale nella Bibbia ed è nato solo nella mente degli occidentali. La poligamia nell’antichità e nella Bibbia era sempre intesa come matrimonio contemporaneo con più mogli.

     È strano che brani come 2 Cor 5,17 si applichino a tutti i tipi di peccati commessi prima della conversione, compresi adulteri, omicidi, pedofili, effeminati e quant’altri, ma si ritiene di dover fare una differenza per chi ha rovinato il suo matrimonio o, addirittura, è stato vittima di un coniuge che lo ha abbandonato e si è unito a un’altra persona.

     Di là da come chiamare la consacrazione al Signore a un ministero (consacrazione, ordinazione, riconoscimento, approvazione) e come chiamare il ruolo che si riveste (conduttore, anziano, pastore), Dio ci accetta così come siamo nel momento della conversione e, anticipando in noi la nuova creazione futura mediante l’inserimento in Cristo (2 Cor 5,17), ci dà una nuova chance senza alcuna limitazione e prevaricazione. Quanto grave è stato il nostro peccato, quanto buia la nostra condotta e quanto profondo il nostro fallimento prima della conversione — fornicatori, idolatri, adulteri, effeminati, sodomiti, ladri, avari, ubriachi, oltraggiatori, rapaci (1 Cor 6,9s) — vale sempre e comunque questo principio: «E tali eravate alcuni; ma siete stati lavati, ma siete stati santificati, ma siete stati giustificati nel nome del Signor Gesù Cristo, e mediante lo Spirito del nostro Dio» (v. 11).

     Quando si pretende di voler essere «più giusti di Dio» e imporre una moralità dovuta al proprio sentimento religioso-culturale, retaggio del contesto culturale maggioritario del passato, si impedisce l’opera di Dio e si provocano tante e profonde ferite in chi è passato dalle tenebre alla luce (At 26,18; 1 Pt 2,9) e gli si impedisce di servire il Signore con gioia e secondo i carismi ricevuti (Ef 3,7; 1 Pt 4,10s).

     Secondo tale logica manichea o puritana (ma i Puritani erano meglio in tanti aspetti), l’apostolo Paolo non sarebbe potuto mai diventare un ministro di Gesù Cristo, a causa del suo passato oscuro, che egli ammise con chiarezza, essendo stato un accanito persecutore dei santi. Pietro neppure, essendo stato uno che aveva rinnegato Cristo, ma Gesù stesso lo riabilitò. Nessuno avrebbe dato a Giovanni Marco un’altra chance nel ministero, dopo aver abbandonato il campo di missione. E così via.

     La Scrittura pretende che chi viene insediato in un ministero sia «irreprensibile» attualmente nella sua condotta da cristiano. Non si richiede una «fedina penale» impeccabile per la vita precedente alla conversione. Spesso, al contrario, chi ha conosciuto con mano le profonde miserie della vita e ha vissuto grandi fallimenti, sa essere misericordioso verso il prossimo, sa come aiutarlo e ristabilirlo.

 

 

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Per l’approfondimento della tematica, consiglio di leggere nel mio libro Tenerezza e fedeltà, (Punto°A°Croce, Roma 1998), l'articolo «Divorzio e seconde nozze», pp. 138-151; a ciò si aggiungano gli articoli connessi sul matrimonio.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Divorzio_ministero_S&A.htm

07-03-2007; Aggiornamento: 25-04-2007

 

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