Rendere le lettere di Rosa Rapallo
dei testi letterari, comprensibili a tutti, è sempre una grande
impresa. Lei è irruente e scrive come parla, di getto e impulsiva,
senza peli sulla lingua. Neppure la fredda Svizzera ha temperato il
bollore sanguigno di una siciliana. L’altra impresa è risponderle
con pazienza punto per punto, visto che il suo ragionamento non è
sempre lineare, ma come una pallina in un flipper.
A ragione lei è preoccupata per
tanti cristiani all'acqua di rose e per conduttori di chiesa che,
invece di pasturare il gregge, lo intrattengono con spettacoli e
addirittura con «facezie scurrili». Tutto ciò la fa reagire in senso
esageratamente contrario, come la reazione di un pendolo. Il
problema è che chi ha paura di cadere da una parte del cavallo,
rischia di cadere proprio dall'altra. In tali casi, tenere la barra
della moderazione al centro è una delle imprese più difficili. È più
semplice vedere tutto con uno schema dualista: o tutto bianco o
tutto nero. Tali «capitani» di vascello, per evitare uno scoglio a
dritta dell'imbarcazione (tribordo), rischiano spesso di sfracellare
la loro imbarcazione contro uno scoglio a manca (babordo).
Vogliamo una religione mistica, dei «buoni sentimenti», in cui non
ci sia nulla da piangere, ma neppure nulla da ridere?
Ecco i risultati qui di seguito.
{Nicola Martella} |
1. La tesi
{Rosa Rapallo, ps.}
▲ Pace
Nicola, […] Vado al sodo sull’argomento «blasfemia, umorismo, dottrina».
Bene, mi hai interpellata su tali argomenti. Io non voglio dare del mio,
ma biblicamente do il mio parere. Mi dispiace che t’abbiano assalito
in questa maniera, giustamente ti si poteva scrivere direttamente, è
scritto d’esortarci in
amore non per prevalere sugli altri. Poi che abbiano citato i versi
in Galati 1,8-9 e mandarti all’inferno, questo è troppo!
Nicola la parola c’insegna che di non usare né disonestà ne
buffonerie, né facezie scurrili, che sono cose sconvenienti (Efesini
5,4). «E non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, anzi,
piuttosto arguitele» (v. 11). «Se schernisce gli schernitori, fa
grazia agli umili» (Pr 3,34). «Fino a quando, o scempi, amerete
la scempiaggine? fino a quando gli schernitori prenderanno gusto a
schernire e gli stolti...» (Pr 1,22).
Nicola, tutt’ora i rabbini non toccano con le dita la santa
Bibbia, ma aprono le pagine con una bacchettina, per riverenza alla
Parola del Signore, altro che motti. Francamente non è piaciuta neanche
a me «Come uccido la mia chiesa» e schernire! E quello che scrive
Giovanni Siena non lo condivido neppure (non posso mentire). La
Bibbia non parla di motti, ma bensì di sapienza, di correzione, di
santità assoluta. Oggi vediamo nel campo evangelico mimiche,
barzellette, cruciverba con le parole del Signore come a giocarsela la
parola e tirare a indovinare, calcio... Ma dove stanno andando!? E tutti
fanno lo stesso, e prendono gloria gli uni dagli altri! Glorificano un
Kakà con la squadra di calcio, «i soldati di Cristo»; ma quali
soldati? di chi? Ma l’hanno letta la Bibbia? Non è scritto che chi ama
le cose del mondo, non ama Dio; o pensiamo che la Scrittura lo dica
invano?... La strada di Cristo e stretta e angusta e pochi la
intraprendono, e chi vuol vivere piamente sarà perseguitato; e come?
Dietro la TV? Al mare? Tifando per Kakà e compagnia? E no!
Anche mi è dispiaciuto e mi sono turbata nel leggere per Mosè,
che a lui toccò le tavole di pietra, e a Abramo l’arcobaleno... Nel
principio era la parola, e la parola era Dio, non possiamo storpiarla
come vogliamo, bisogna tremare alla sua divina e santa Parola. Per essa
saremo giudicati, secondo le nostre opere.
Penso che ricorderai che ti ho parlato di quel pastore e cantautore
siciliano
[N.d.R. nome omesso]. Guardo su Youtube e vedo che fa un po’ delle
buffonate, cantando «Anima mia» dei «Cugini di campagna», sempre per
ridere. Ma in un’altro sito c’è la pagina delle barzellette, tanto per
ridere un po’; infatti racconta di due suore che erano seguite da un
uomo, decidono di separarsi così l’uomo ha seguito solo una; una arriva
al convento e dopo arriva l’altra correndo. La prima suora gli chiese:
«Dimmi cosa e successo?». Rispose l’altra: «Ho alzata la gonna
correndo». «E lui?». «Si è abbassato i pantaloni correndo»
(questo «correndo» l’ho aggiunto io, per completare il senso e
farti capire dove s’arriva).
Te ne dico un’altra, sicuro conosci quell'altro credente siciliano
che invia lettere e-mail a tutti ogni giorno [N.d.R. nome omesso]. Ho
dato una guardatina nei siti che invia (ne ha tanti) e vedo che
pubblicizza film cristiani, filmi di Totò... vari film antichissimi,
sopratutto tramite Youtube, così gli ho scritto se era giusto dare il
sacro col profano, che ha da fare Totò con il Signore? E sì... in un
rigo le cose di Dio, e poi nell’altro le cose del mondo. {28-06-2008}
2. Osservazioni e obiezioni
{Nicola Martella}
▲ Cara
Rosa, shalom. Grazie delle parole iniziali di conforto, fanno sempre
bene. Devo comunque confessarti che dalla lettura del resto della tua
lettera risulta un
quadro contorto
e contraddittorio. Infatti, il tuo non è equilibrato né
sufficientemente riflettuto. Grano e paglia sono mischiati insieme in
modo massimalista. Rischi di fare di tutta l’erba un fascio.
Posso condividere la tua preoccupazione generale verso un
cristianesimo all’acqua di rose; son o preoccupato anche però di un
cristianesimo integralista che non distingue che esiste una scala di
valori, vede tutto in modo dualista: «o bianco o nero». Prendo atto
delle cose che hai detto sul pastore e cantautore siciliano di
nostra conoscenza che — sebbene si presenti volentieri come gran profeta
e guaritore — metta in rete cose così scurrili. In ogni modo, nella
rubrica «Umorismo
religioso» non troverai aneddoto, storiella,
barzelletta o altro che abbia come tema oscenità sessuali; non a caso la
sezione, che ospita tutto ciò, si chiama «Arte
sana». Prendo atto delle cose che hai detto
anche sull'altro credente siciliano di nostra conoscenza ed è vero che,
facendo qualche ricerca veloce in internet, alcuni lo considerano
effettivamente come un gran confusionario. Su ambedue non voglio però
entrare in merito alla questione.
Per il resto, bisogna usare discernimento e bisogna guardarsi dai
facili massimalismi. Non bisogna gettare via il bambino (le cose
positive) con tutta l’acqua sporca (le cose negative). Bisogna
distinguere di caso in caso. Ci sono cose buone e cose meno buone.
Bisogna sempre chiedersi se le cose che ci sono lecite, sono utili,
edificano o ci dominano, come ci insegna Paolo (1 Cor 6,12; 10,23).
Inoltre, egli stesso ha raccomandato quanto segue: «Del rimanente,
fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose
giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di
buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto
dei vostri pensieri» (Ef 4,8). È possibile che sui dettagli di
«tutte queste cose» ci differenzieremo (per questo abbiamo bisogno di
confrontarci e ammonirci a vicenda), ma non dobbiamo confondere la
nostra sensibilità morale soggettiva con la volontà di Dio, se ciò non è
chiaramente indicato nella sacra Scrittura. Il cosiddetto «pari
consentimento» è sempre tra persone che saranno d’accordo sulle cose
centrali e si deferenzieranno sulle cose periferiche.
Inoltre, bisogna sempre tener presente l’intento. Ad esempio, il testo «Come
uccido la mia chiesa locale» (Motti
di spirito, p. 76) è ironia, ossia intende il
contrario di ciò che si dice al fine di stimolare il lettore a cambiare
il suo atteggiamento e la sua azione negativa. Potevo redigere un testo
intitolato: «Come tengo in buona salute la mia chiesa», ma scritto così
fa più effetto, perché è inusuale e porta a confrontarsi. Chi legge (se
abbastanza intelligente), s’accorge che il detto ironico intende lui.
Scrivere, ad esempio un testo sugli effetti negativi della droga dal
titolo: «La droga è il mio pastore» sulla falsariga del Salmo 23, fa un
effetto incredibile sui lettori, aprendo loro gli occhi e le menti,
spesso assopite, sulle conseguenze reali; io ho provato a compilarne uno
in tal senso ed esso fa effetto ancora su di me. Oltre a quello che Gesù
disse con ironia dei (e ai Farisei), un caso particolare è quello del
profeta Mikajah disse all’empio re Achab: «E,
come fu giunto dinanzi al re, il re gli disse: «Mikajah, dobbiam noi
andare a far guerra a Ramoth di Galaad, o no?». Quegli rispose: «Và
pure, tu vincerai; l’Eterno la darà nelle mani del re”» (1 Re
22,15). Il re s’accorse subito dell’antifona.
Quanto ai testi di Gianni Siena, io li verifico uno a uno e
scarto quelli in odore di offesa per la fede e la morale; e quelli che
mantengo, li correggo e li adatto, riformulandoli. Quindi non bisogna
usare sospetti e facili giudizi, solo perché i gusti culturali sono
differenti.
L’umorismo religioso è nato fra i giudei come modo per mettere in
risalto le debolezze delle loro varie categorie e come modo per
sopravvivere nelle varie avversità. Umanamente parlando, libero è chi sa
fare autoironia e sa sorridere delle proprie debolezze. Se lo fanno i
giudei, quanto più dovremmo farlo noi stessi, visto che Cristo ci ha
liberati, oltre che dal fardello del peccato e del giudizio,
specialmente dal giogo del nostro io, che si prende troppo sul serio?
Le «buffonerie» e le «facezie scurrili» sono ben altra cosa: è
parlare un linguaggio lascivo e sensuale; non a caso sono nominate
insieme a fornicazione, impurità e oscenità o volgarità (Ef 5,3s).
Appoggiandomi al greco, ti traduco quest’ultimo brano: «Fornicazione
però e ogni impurità o avarizia non siano neppure nominate fra voi, così
come si conviene a dei santi; neanche volgarità né chiacchiere sciocche
né scurrilità, che sono cose sconvenienti, ma piuttosto rendimento di
grazie». Quindi non si fa mai bene a prendere brani fuori contesto e
a riempirli col proprio senso morale o dottrinale. Così non si può dire
che la barzelletta di tale credente da te nominato sia da mettere sullo
stesso piano di quelle presenti sul mio sito, che mai ospiterà cose del
genere. Con l’umorismo presente sul sito vogliamo fotografare le nostre
proprie debolezze e, guardandoci in tale specchio, vogliamo migliorarci:
l’umorismo pulito, l’ironia e l’autoironia, eccetera possono, a volte,
fare di più di tante prediche patetiche e paternalistiche.
Vedi al riguardo quanto ha scritto Gianni Siena in risposta al
cosiddetto «Centro antiblasfemia» alias «Ebrei per Gesù»: «Blasfemia
fra umorismo e dottrina».
Devo dire che mi ha fatto ridere questa tua frase: «Nicola, tutt’ora i
rabbini non toccano con le dita la santa Bibbia, ma aprono le pagine
con una bacchettina, per riverenza alla Parola del Signore, altro che
motti». Essi usano quella, che tu chiami «la bacchettina», per diversi
motivi: ▪ 1) Per non sporcare il testo
col sudore delle mani che fa sbiadire la scrittura (nell’antichità i
manoscritti costavano un patrimonio!); ▪
2) Per timore di contaminare il testo (quindi per un timore mal riposto
che confina con la superstizione); anzi nel Talmud c’è scritto
addirittura il contrario: i testi biblici contaminano le mani di chi li
tocca! Ciò viene dal fatto che la santità come la profanità nella Bibbia
contagiano (Es 29,37; 30,29) e il reo merita la morte (Nu 3,38;
4,15; 18,3; cfr. Lv 16,2); ma ciò non è detto mai dei manoscritti. Senza
che tu l’abbia voluto, hai scritto al riguardo una frase piena
d’ironia: ossia il lettore può pensare al contrario: i giudei non
toccano i testi per non doverli mettere in pratica! (così fanno anche
tanti cristiani che aprono raramente le loro Bibbie). Inoltre i giudei
li mettono fuori uso con le tante e contraddittorie interpretazioni,
oltre che con le loro tradizioni (Mt 15,6; Mc 7,13), e li leggono con un
velo sulla mente, non riconoscendo che Gesù è il Messia promesso! (2 Cor
3,14). Altro che «bacchettina»! A Roma si dice: «A fra’ a che serve!?»,
ossia usare la «bacchettina», se quella parola non ti tocca e non ti
trasforma?
Si può essere d’accordo su un certo cristianesimo all’acqua di rose,
senza vigore e imborghesito, dedito al materialismo, al lusso e al
godimento. Quanto a Kakà, sebbene ognuno di noi ha gusti
personali sul modo di agire, non mi sento di essere così drastica come
te. Se egli onora Dio con la sua testimonianza, il Signore lo premierà;
se egli lo disonora dinanzi agli uomini con la sua condotta, né avrà il
danno quanto al premio (1 Cor 3; Lc 12,8). Farò sentire la mia protesta
solo nel caso in cui lui o altri propagheranno false dottrine. Per il
resto, Dio ha una via con tutti i suoi figli. Quanto a noi valga questa
raccomandazione di Paolo riguardo alla diversa percezione culturale
delle cose: «Chi sei tu che giudichi il domestico altrui? Se sta in
piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone; ma egli sarà tenuto
in piè, perché il Signore è potente da farlo stare in piè» (Rm
14,4). Inoltre «chi si pensa di stare ritto, guardi di non cadere»
(1 Cor 10,12).
Quanto al tuo turbamento per Mosè e Abramo, hai preso fischi per
fiaschi (è forse nella tua indole frettolosa?): a
Mosè toccarono le tavole di pietra (Es 24,12), l’arcobaleno
toccò però a Noè (Gn 9,13), non ad Abramo, mentre a quest’ultimo
toccò il patto della circoncisione (Gn 17), cosa oggettivamente più
fastidiosa. Questi sono i segni del rispettivo patto, dato loro da
Dio stesso, e sono scritti nella Bibbia; e è stato gettato perciò fango
su nessuno, ma si è messo solo tutto in un modo divertente; a ciò si
aggiunga che tale modo pulito di fare l’umorismo può essere didattico,
facendo ricordare ai credenti fatti e persone: qui i segni del patto e i
relativi destinatari.
Forse alcuni di noi cristiani hanno un senso morale un po’
mistico o perbenista più che cristiano. Infatti, non ti dico che cosa
c’è nell’originale di certi eufemismi presenti nelle nostre traduzioni
della Bibbia, ad esempio: «ho messo nelle tue braccia le donne del tuo signore» (2 Sm 12,8; è Dio che
parla!); «abito lordato» (Is 64,6); «spazzatura» (Fil
3,8). I profeti, quando si trattò di difendere la verità, non andarono
per il sottile né usarono accomodanti eufemismi; ti risparmio i
dettagli. Lo stesso Paolo affermò dei giudaizzanti che pretendevano la
circoncisione dei Gentili: «Si facessero pur anche evirare quelli che
vi mettono sottosopra!» (Gal 5,12). Non è lo stesso Paolo che
scrisse Ef 5,3s? Il problema, come si vede, è
probabilmente nostro, ossia a causa del nostro perbenismo, retaggio
dell’ascetismo e dell’integralismo dualista della religiosità dominante.
I profeti e gli apostoli sapevano ben distinguere un linguaggio tecnico,
sebbene nudo e crudo, da buffonerie lascive e facezie scurrili. Siamo
noi che vogliamo una «religione dei buoni sentimenti» e debole di
contenuti e di vigore.
Ti mando un saluto e
l’augurio d’essere più «moderata» sulle cose opinabili (gusti personali,
cultura, convinzioni soggettive, ecc.) e «intransigente» sulle cose
centrali della fede (l’Evangelo, ossia la persona e l’opera di Gesù
Messia). Shalom...
Per l’approfondimento si veda Nicola Martella, «Scenario biblico»,
Motti di spirito (Punto°A°Croce, Roma 1995), pp.
7-14. Sui luoghi comuni a tinte fosche sulla devozione attuale e su
quella futura nel nuovo mondo di Dio si vedano le risposte nella
sezione «Il cielo è diverso» in Nicola Martella (a cura di),
Escatologia fra legittimità e abuso.
Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007), pp. 350-372. |
►
Blasfemia fra umorismo e dottrina
{Gianni Siena}
(A)
►
Blasfemia o dualismo? 1:
Il reperto biblico {Nicola Martella}
►
Blasfemia o dualismo? 2: Il
dualismo integralista
{Nicola Martella}
►
Blasfemia o dualismo? Parliamone
{Nicola Martella} (T)
►
Centro antiblasfemia alias Ebrei per Gesù
{Nicola Martella - A.
Quintavalle} (A)
►
Devozione senza umorismo? Parliamone
{Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A1-Religione_sentimenti_umor_Mds.htm
29-06-2008; Aggiornamento: |