Un lettore ci ha presentato le seguenti questioni.
Fratello in Cristo, pace. Che ne pensi dei tanti calciatori che
dicono di essere convertiti? Secondo te è conciliabile questa
attività con la fede?
Ti faccio presente le mie perplessità. In un programma, Piero Angela
paragonava i nostri stadi agli antichi circhi romani. In alcuni
libri di storia del cristianesimo leggo che i cristiani dei primi
secoli non andavano ai circhi addirittura neanche al teatro.
Può essere conciliabile un lavoro come quello del calciatore, con
l’idolatria che si fa del calcio, con la violenza che spesse volte
esprime, con le scommesse che ruotano intorno a esso? Saluti in
Cristo… {Antonio Capasso; 27 settembre 2009}
Ad
aspetti rilevanti di tali questioni rispondiamo qui di seguito. |
Il
Nuovo Testamento non afferma nulla di specifico riguardo a tali
questioni. Bisogna quindi fare un certo discorso generale, per poi
scendere nei particolari. Premetto che non sono un grande sportivo né ho
un grande interesse per il calcio. D’altra parte, come mi fa piacere che
qualcuno mi saluti per strada perché ha visto segni cristiani alla mia
auto, così mi fa piacere vedere sportivi, politici, gente dello
spettacolo, scienziati, pensatori e così via, che testimoniano di Gesù
Messia.
Gli apostoli non pretesero di legiferare al posto delle autorità né di
stravolgere le culture, in cui il cristianesimo si radicava. Essi
introdussero una certa regolamentazione etica per coloro che
erano diventati cristiani, alfine di rendere più dignitosa la posizione
degli svantaggiati (p.es. schiavi) e più responsabili coloro che avevano
una posizione di forza (padroni). La fede doveva brillare come una luce
e trasformare gli uomini; il resto doveva farlo l’esempio positivo di
una fede in azione.
Gli apostoli avevano occasione per denigrare sia «quelli di casa di
Cesare» (i politici; Fil 4,22), sia gli sportivi, ma non lo fecero.
Ciò non significa che i cristiani andassero in circhi, anfiteatri o
teatri, anche perché erano spesso angariati e perseguitati o preferivano
incontrarsi con i fratelli per pregare ed edificarsi. Notiamo tuttavia
che lo sport fu usato come termine di paragone positivo per la
cristianologia, la dottrina dell’essere cristiano.
■ Paolo ricordò non solo i sacrifici del soldato (2 Tm 2,3), ma
anche quelli dello sportivo, oltre all’impegno, agli allenamenti,
all’autocontrollo e la tenacia di arrivare alla meta: «Non sapete voi
che coloro i quali corrono
nello stadio, corrono ben tutti, ma uno solo ottiene il premio? Correte
in modo da riportarlo. Chiunque fa
l’atleta è temperato in ogni cosa; e quelli lo fanno per ricevere
una corona corruttibile; ma noi, una incorruttibile. Io quindi corro ma
non in modo incerto, lotto al
pugilato, ma non come chi batte l’aria; anzi, tratto duramente il
mio corpo e lo riduco in schiavitù, che talora, dopo aver predicato agli
altri, io stesso non sia riprovato» (1 Cor 9,24-27). Come si vede,
egli pur essendo un fariseo, conosceva molto bene diverse discipline
sportive.
■ Paolo ricordò anche il fatto che bisogna rispettare le regole:
«Se uno lotta come atleta non è coronato, se non ha lottato secondo
le leggi» (2 Tm 2,5).
Lo
sport, qualunque esso sia, può diventare una «religione sostitutiva»
per i tifosi (ma questo può valere anche per altre cose); e alcuni di
loro possono diventare abbastanza violenti (ultrà, hooligan). È
vero anche che alcuni fanno un grande business con le scommesse che
ruotano intorno agli sport. D’altra parte, sarebbe un grande errore
lasciare il mondo dello sport nelle mani dei soli iniqui e malvagi. Ogni
cosa in mano agli iniqui diventa fonte d’iniquità. La presenza di
cristiani biblici e di gente timorata di Dio in tutti i settori della
società sono un deterrente perché il male non trionfi completamente
(cfr. la presenza di Daniele e dei suoi amici alla corte persiana).
Paolo diede il seguente consiglio, che si può applicare anche qui: «V’ho
scritto nella mia epistola di non mischiarvi coi fornicatori; non del tutto però coi fornicatori di questo mondo, o con gli
avari e i rapaci, e con gli idolatri; perché altrimenti dovreste
uscire dal mondo. Ma quel che v’ho scritto è di non mischiarvi
con alcuno che, chiamandosi fratello, sia un fornicatore, o un
avaro, o un idolatra, o un oltraggiatore, o un ubriacone, o un rapace;
con un tale non dovete neppure mangiare» (1 Cor 5,9ss).
Non esiste un elenco di mestieri legittimi o proibiti per i
cristiani, se si eccettua tutto ciò che ruota intorno alla prostituzione
maschile e femminile, alla costruzione di idoli, all'usura e a tutto ciò
che è di per sé amorale. Paolo parlò a proposito di categorie amorali
del «tali eravate alcuni, ma siete stati lavati, ma
siete stati santificati, ma siete stati giustificati…» (1 Cor 6,11).
Egli non parlò di mestieri ammessi o proibiti, ma di categorie morali
con cui essi vengono svolti o di implicazioni morali che essi producono
direttamente (vv. 9s). In caso di peccato, qualunque sia il mestiere,
valga, come nell’adulterio, il «Va’ e non peccare più» di Gesù
(Gv 8,11) o «Ricordati dunque dove sei caduto, e ravvediti, e fa’ le
opere di prima» (Ap 2,5).
Non bisogna dimenticare l’aspetto missionario. Paolo ambiva a «predicare
l’Evangelo là dove Cristo non fosse già stato nominato» (Rm
15,20). È deleterio quando la luce si ritira da tutti i settori della
società e i cristiani diventano anacoreti, lasciando il «mondo» in mano
a iniqui e malvagi. L’apostolo conosceva anche persone che
predicavano Cristo per invidia, per concorrenza verso di lui o con
altri pretesti; eppure seppe trovare il lato positivo anche in ciò. «Vero
è che alcuni predicano Cristo anche per
invidia e per contenzione;
ma ce ne sono anche altri che lo predicano di
buon animo. Questi lo fanno per amore, sapendo che sono
incaricato della difesa dell’Evangelo; ma quelli annunziano Cristo con spirito di parte, non sinceramente, credendo causarmi
afflizione nelle mie catene. Che importa? Comunque sia, o per pretesto o
in sincerità, Cristo è annunziato;
e io di questo mi rallegro, e mi rallegrerò ancora» (Fil
1,15-18).
I cristiani hanno una funzione di sale e luce nel mondo,
qualunque mestiere si faccia. Gesù chiamò i suoi seguaci «sale della
terra» e «luce del mondo» (Mt 5,13ss). Il rischio del sale è di
diventare insipido e di non essere più buono a nulla (v. 13).
Chiaramente calciatori, attori e gente dello spettacolo, se cristiani
biblici, sono a rischio; si fa bene ad ammonirli, esortarli e
incoraggiarli continuamente; essi fanno bene ad avere dei consulenti
spirituali personali. Il rischio opposto è però che la luce, invece
di essere posta in alto, venga nascosta, perdendo così la sua funzione
(v. 14ss).
Questioni simili le abbiamo affrontati a proposito della politica e di
politici cristiani. [►
Cristiani in politica?;
►
Per il bene dell’Italia: l’impegno evangelico per la nazione;
►
Politica e cristiani] Abbiamo detto che anche in
questo ambito bisogna avere una chiamata divina e bisogna vedere un
mandato di Dio di essere luce e sale. La stessa cosa vale per gli
sportivi e specialmente per i calciatori. In tutti questi ambiti si fa
bene ad avere, oltre a consulenti spirituali, anche gruppi cristiani
d’interesse riguardo a tale caso specifico (politica, sport) e forum
di confronto, oltre a chiaramente sostenitori morali e in preghiera.
►
Che cosa pensa un atleta quando gareggia {Fausto Gaeta} (A)
►
Calciatori e fede cristiana? Parliamone {Nicola Martella} (T) ►
Sport, coerenza e testimonianza? Parliamone
{Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A1-Calciatori_fede_cristiana_EdF.htm
29-09-2009; Aggiornamento: 17-08-2010 |