Qui di
seguito discutiamo l’articolo «Sport,
coerenza e testimonianza». Le parti dell’articolo sono
le seguenti: ▪ 1. La questione della credibilità; ▪ 2. Bersagliato chi è
in vista; ▪ 3. La sconfitta è una catastrofe cosmica?; ▪ 4. Perdere
tempo?; ▪ 5. Sport e missione. I primi quattro punti sono d’Irene Bitassi, l’ultimo è di Nicola Martella.
Per non ripetersi, si fa bene a leggere dapprima l’articolo «Calciatori
e fede cristiana» e il
tema connesso. Infatti, l’articolo qui discusso è un
efflusso di tutto ciò.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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1.
{Daniele Guadagnino}
▲ Pace,
Nicola, di seguito ti lascio il mio breve commento in merito
all’articolo. Il calciatore è una professione come un’altra, ma
molto ben retribuita (ovviamente solo a livelli agonistici); e come in
ogni mestiere, si può svolgere in modo onesto o in modo disonesto.
Io, per fare un breve esempio, sono titolare di una attività e come
cristiano sono ben consapevole che se emetto tutte le ricevute fiscali a
ogni cliente pagante, sono un imprenditore onesto è sto dando
testimonianza di cristianità.
Bene, lo stesso è con la professione del calciatore, si può
svolgere in modo «poco cristiano» (falli fatti apposta, imprecazioni,
scorrettezze, imbrogli, ecc.), o si può decidere di dare testimonianza
con il proprio stile «austero», sia dentro che (sopratutto) fuori del
campo da gioco.
Ritengo un fatto importante che questi calciatori cristiani famosi
debbano però
sottomettersi a una guida spirituale pastorale. Infatti, spesso,
sebbene i loro pareri non abbiano reali fondamenti biblici, sono
accolti come veri e propri dogmi dalle masse giovanili cristiane, che li
prendono come esempio, vista la loro popolarità.
In pratica si corre il rischio di un «delirio di onnipotenza»,
cosa che purtroppo non è rara tra chi ha «successo»... {16-08-2010}
2.
{Pietro Calenzo}
▲ Che lo
sport non sia uno strumento del maligno (come annunciano a gran
voce i testimoni di Geova... e purtroppo non soltanto loro), è
chiaramente indicato nelle Scritture dall’apostolo Paolo in 1 Cor
9,24-27, dove egli descrive un parallelo analogico tra le
attività di pugile e di corridore e il suo ministero. Soggettivamente
sono sicuro che mai l’apostolo, avrebbe usato tracciare un parallelismo
tra il suo ministero e un qualcosa, che poteva ledere o non essere
compatibile con la verità dell’Evangelo. Scritturalmente Paolo se ne
differenzia in merito alle finalità, che per l’atleta è
rappresentata da una corona mortale di alloro, mentre per il credente il
trofeo è la vita eterna.
Personalmente non ho letto il libro di testimonianza di Legrottaglie
(che, per quanto mi è dato di sapere, ne avrebbe già scritto un altro),
ma sono sicuro che, constatata la fama del calciatore, potrà essere
senza dubbio utile per il progresso della Parola del Signore. Molti
altri sportivi, sono atleti del Signore, come il tennista M.
Chang, i pugili Holifield e G. Foreman, i calciatori kaka, Chamot,
Cavani, Leon, l’allenatore di calcio Leonardo e altri.
Ricordo pure l’ex primatista mondiale del salto triplo Jonathan
Edwards (battista), che per moltissimi anni si rifiutò di gareggiare
di domenica, poiché in tale giorno preferiva adorare il Signore. Questa
è stata, senza dubbio, una testimonianza molto forte, della quale hanno
parlato tutti i mass-media del mondo, telecronisti italiani, e di ogni
parte del globo.
Naturalmente ci sono atleti di minor risonanza mediatica, come il
fratello di Tivoli, che Nicola Martella cita; egli, in ogni occasione
consentita, dona la sua preziosa testimonianza a tutti coloro che il
buon Signore gli pone sulla strada. Lo stesso dicasi anche della sorella
Bitassi, che ha ispirato questo argomento.
Certo è che i credenti, che praticano attività agonistica, in particolar
modo quelli che lo fanno ad alto livello, sono sempre scrutati
maggiormente e maliziosamente, poiché gli atleti che sono del mondo (non
credenti) possono permettersi qualsivoglia intemperanza o atteggiamento
violento. Di diverso tenore sarebbero, invece, i commenti sarcastici
e irriverenti verso quegli atleti cristiani, che si permettessero
d’imitarli, dopo aver fatto pubblica testimonianza della santa fede in
Gesù Cristo. Vi lascio immaginare i
commenti ironici e irripetibili, che sarebbero diretti verso uno sportivo
cristiano, reo di gioco violento, o ingiurie verso l’arbitro o il
direttore di gara. D’altronde lo stesso Signore Gesù ci ricorda: «A
chi più è stato dato, più sarà richiesto». Che questi fratelli
sportivi sappiano sempre spargere il buon odore di Cristo, anche
in questo settore della vita moderna. Benedizioni nel Signore.
{17-08-2010}
3.
{Salvatore Paone}
▲ Ciò
che ritengo importante, è che in ogni cosa, che si fa, sia fatta con
fedeltà a Dio. Ognuno di noi nel suo piccolo (lavoro) dimostri di
essere un nato di nuovo. Come? Esercitando «il frutto dello Spirito».
C’è un vecchio detto napoletano di cui dice: «La paglia vicino al fuoco
si brucia più facilmente», così potrebbe essere per chi esplica un
lavoro come il calciatore; prendiamo tale esempio perché è uno sport
molto seguito. Tale uomo sportivo e sottoposto continuamente a
pressioni sia in campo per i tifosi e sia negli spogliatoi, e con i
media. Ciò implica maggiore pazienza a non cadere nelle provocazioni,
tal volta anche pesanti.
Un credente o meglio un nato di nuovo, che gioca a calcio, non gli viene
sempre considerato un uomo di fede, perché spesso si cade in qualche
trappola, come d’altronde capita anche a noi.
Anche io ho giocato a calcio da ragazzo (ai livelli amatoriali) e mi
rendevo conto che facilmente l’agonismo sportivo si trasformava in una
gara di
insulti e falli.
Ciò non significa che sia giusto o sbagliato fare lo sportivo, perché
anche chi svolge un lavoro diverso come cuoco, cameriere,
giardiniere eccetera potrà egli ritrovarsi in qualche problema e
involontariamente sbagliare o peccare.
Quindi dal mio punto di vista ogni lavoro, sport o hobby, che si fa,
bisogna sempre tenere presente che siamo figli di Dio in una
generazione corrotta e perversa, dobbiamo essere degli astri luminosi e
non dobbiamo mai dimenticarci che siamo il sale della terra e la
luce del mondo, come disse Gesù.
Tuttavia, ognuno di noi è maturo da discernere cosa sia giusto e
non, senza fare sofismi e contese. Paolo disse: «Ognuno esamini se
stesso». {17-08-2010}
4. {Sara
Giusti}
▲ Caro
Nicola, […] Ho letto alcune cose del tuo sito, e mi ha naturalmente
attratto l’attenzione l’articolo «Sport, coerenza e testimonianza» e gli
altri articoli connessi. Ho letto con piacere anche i commenti che sono
stati fatti.
In quanto
moglie di un calciatore cristiano biblico (mi piace molto questa
definizione), vorrei più che altro lasciare una breve testimonianza del
lavoro che stiamo svolgendo, come famiglia e come gruppo degli «ADC,
Atleti di Cristo». Il tutto si può anche ritrovare sul sito
atletidicristo.org, ma la mia vuole essere una testimonianza di vita
vissuta, per poter esternare quello che si vive intimamente come
famiglia cristiana in un ambiente così particolare.
Mio marito
è figlio di credenti, quindi ha vissuto tutta la sua vita sentendo
parlare di Gesù, e molto giovane ha dato il suo cuore a Lui. Quando è
venuto in Italia a giocare a calcio, era un giovane ragazzo pieno di
entusiasmo e voglia di raggiungere molti obiettivi nel suo lavoro. Poi
ci siamo conosciuti, sposati e alla nascita della nostra prima figlia
tutto è cambiato. Negli anni lui ha vissuto a stretto contatto con i
suoi compagni e immerso in questo mondo, senza fare mai di più che
parlare di Gesù a quei ragazzi, a volte in modo veloce e
superficiale, altre volte in modo approfondito solo con alcuni.
Maturando spiritualmente e ricercando sempre di più la volontà di Dio,
ha capito che la sua venuta in Italia non aveva solo fini lavorativi, ma
ben più alti e profondi. Ha vissuto periodi neri a livello
calcistico, con infortuni gravi e meno gravi ma che si seguivano a
ruota. Anziché deprimersi e scoraggiarsi, ha voluto scoprire qual era la
volontà di Dio. È in quel periodo che ha capito che dovevamo aprire
la nostra casa e fare in modo che i suoi compagni potessero
ascoltare e studiare la Parola di Dio. Abbiamo iniziato così una
cellula, un gruppo di ragazzi, calciatori, che non avevano mai sentito
parlare di Dio... e posso dire che è stata l’esperienza più bella della
nostra vita.
In questo ambiente, dove girano soldi, donne, macchine e tanto
materialismo di ogni genere, abbiamo visto che il vuoto, che
provano questi ragazzi, li fa stare male. Sono magari soli, lontani
dalle loro famiglie, perché fin da giovanissimi lasciano la loro casa
per andare a giocare lontano, se non addirittura all’estero, e hanno
bisogno di un appoggio morale, spirituale
enorme.
Abbiamo visto operare la mano di Dio potentemente, ragazzi che
hanno accettato il Signore, che frequentano una chiesa, che finalmente
hanno pace!
Il gruppo degli ADC ha adesso circa 7-8 cellule sparse per
l’Italia, e siamo contenti che Dio stia benedicendo questa opera.
Essere
calciatori cristiani non è facile, io sono solo la moglie di uno di
loro, ma mio marito mi racconta quello che vive ogni giorno negli
spogliatoi, nel campo, agli allenamenti, e per questi ragazzi ci
vogliono tantissime preghiere e sostegno spirituale.
È triste leggere parole di credenti che dicono che un calciatore quando
si converte dovrebbe lasciare il calcio, perché è bello che Dio li
usi per aiutare queste persone che altrimenti sarebbero difficili da
raggiungere.
Fare il calciatore deve essere però considerato un lavoro come un
altro, bisogna rimanere sobri, davanti a Dio e davanti agli uomini,
e consapevoli che la testimonianza che si dà, vale in tutti gli ambienti
e ambiti.
Spero che questa testimonianza possa essere di aiuto e incoraggiamento,
affinché questo mestiere venga apprezzato soprattutto tra i credenti e
possa essere oggetto di preghiera. Ti ringrazio dell’attenzione; saluti
in Cristo… {26-08-2010}
Nota redazionale: Su mia richiesta, questa lettrice mi ha scritto
che suo marito è
Tomás Guzmán; egli gioca attualmente nel
Piacenza, nella serie B. In rete ci sono sue interviste e filmati.
Sara Giusti ci tiene a precisare quanto segue: «Il problema dei
calciatori è anche il fatto che sono troppo considerati per il loro
nome, e non si guarda invece più in profondità... non viene dato il
giusto valore a chi vive nell'ombra, ma serve il Signore con tutto se
stesso».
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► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/T1-Sport_coeren_testim_Mds.htm
17-08-2010; Aggiornamento: 29-08-2010 |