Qui di seguito discutiamo l’articolo «Calciatori
e fede cristiana». È immancabile che su temi
del genere ci sia una varietà di opinioni e che bisogna
differenziare e usare il discernimento. Il calcio può diventare una «religione
sostitutiva» e i calciatori i suoi «idoli».
Ci saranno senz’altro calciatori che si usano della «fede» per il
loro tornaconto. Ci sono pure sportivi professionisti, che hanno come
priorità nella loro vita il timor di Dio, la fede nel Signore Gesù e il
desiderio di essere luce e sale nell’ambiente agonistico. Sebbene non
sia facile sopravvivere in certi ambienti come credenti fedeli alla
Scrittura, d’altra parte questo vale anche per altri settori della
società ed essere una testimonianza vivente per la fede in Cristo
è una grande chance per tale particolare settore, in cui sono coinvolte
tante persone e tanti interessi.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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1. {Vincenzo
Russillo}
▲
Il calcio è lo sport più seguito al mondo Il
calcio è lo sport più seguito al mondo, sicuramente dietro ci sono molte
speculazioni e molti giri d’affari. Mi vien da pensare per esempio
alle cifre astronomiche che vengono pagate ai giocatori. Senz’altro
anche nella pratica del gioco del calcio vi sono tante
scorrettezze: a partire dal doping per finire alle bestemmie in
campo. Per non parlare degli scontri tra frange violente di tifosi.
Certo a voler trovare gli aspetti negativi dello sport più bello del
mondo si può stilare un elenco. Ma di certo ogni cristiano, ovvero ogni
persona rigenerata in Cristo, può essere luce anche giocando a
calcio. Mi vengono in mente tanti esempi dall’ormai celeberrimo Kakà, al
nostrano Nicola Le Grottaglie oppure all’ex-calciatore Ze Maria, che
porta avanti l’evangelizzazione tra i giovani mediante il calcio. I
mass-media danno grande risalto a questi personaggi, non di rado si
sente parlare Le Grottaglie
riguardo alla sua testimonianza, e viene molto spesso incalzato dai
giornalisti con domande sulla sessualità. Di certo appena sentono la
parola castità, lo guardano come un «marziano». Ben vengano queste
iniziative; anche la maglietta con la scritta: «Io appartengo a Gesù»
o all’inglese «I Belong to Jesus» sono piccoli segnali, che però almeno
alimentano il parlare intorno a nostro Signore Gesù. Bisogna
sottolineare che purtroppo tali magliette sono state bandite, per non
creare disturbo alle altre fedi religiose.
Sorvoliamo su questo punto e torniamo al tema centrale. Un giocatore
cristiano può essere luce anche nelle azioni pratiche di gioco.
Ad esempio se la palla è uscita fuori o c’era fallo, userà
fair-play, utilizzando la correttezza. Oppure le bestemmie
che tanto vanno di «moda» in questo ambiente, ma sono ampiamente
combattute da questi sportivi credenti.
Posso portare brevemente la mia esperienza in merito, quando
giocavo a livello agonistico, mi è capitato più volte di fare delle
scorrettezze. Adesso continuo a giocare, giusto per divertimento, con
dei non credenti e purtroppo noto le tante volgarità e un gioco violento
solo per vincere. Più volte mi sono sentito dire: «Tu non dici parolacce
e se la palla è uscita fuori sei pronto ad ammetterlo». Sebbene siano
dei piccoli gesti, essi possono toccare il cuore d’altri giovani.
Il calcio può diventare esso stesso un veicolo d’evangelizzazione,
bisogna giocare non per vincere ma per la gloria di Dio.
Tornando ai calciatori blasonati, io credo che molti giovani ne facciano
degli idoli e tutto ciò è un grave danno (Levitico 17,7). Non
bisogna pendere dalle labbra dei vari sportivi cristiani, bisogna
provare biblicamente anche ciò che loro dicono. Ogni vero discepolo
di Cristo baderà a essere luce in qualunque ambiente lavorativo e
prendendo le distanze dalle pratiche del mondo, come c’esorta Paolo: «Vi
esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i
vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il
vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma siate
trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché
conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita
e perfetta volontà» (Romani 12,1-2). {15-06-2010}
2. {Gianni
Siena}
▲
Sport e fede: un binomio «impossibile»? Non ho
molte parole per rispondere ma, pare, che si esageri a indicare questa
attività come «illecita» a un cristiano.
Mi viene in mente quel conduttore che, quasi, «impose» a un credente di
lasciare la sua attività in una sala cinematografica. Il
poveretto provò a cambiare mestiere (dato che s’era lasciato convincere
sulla «poca» moralità del suo lavoro), esercitando fiducia nella
Provvidenza di Dio. Ma egli, non trovando lavoro alternativo, ritornò
alla sua mansione in sala di proiezione: se dovessimo allontanarci dal
mondo, la scelta sarebbe una grotta nel deserto...
Così è per lo sport: anche lo stadio è un luogo, dove
testimoniare con una vita irreprensibile della fede nel Signore di
tutti. Ovviamente, c’è una «chiamata» e chi scrive non è un
frequentatore di stadi o d’altre realtà connesse: fa sport solo per
necessità salutista e nient’altro. {15-06-2010}
3. {Andrea
Diprose}
▲ A
proposito del’articolo «Calciatori e fede cristiana», debbo dire che il
miglior esempio (sinora) di testimonianza chiara e coerente fra il
grande pubblico della nostra Italia viene data proprio dal fratello
Nicola Le Grottaglie, che abbiamo potuto conoscere personalmente qui
a IBEI. La questione importante non è tanto l’essere calciatore oppure
no, ma la gestione che uno fa della visibilità data dalla propria
posizione di calciatore di serie A. Negli scritti recenti di Nicola Le
Grottaglie, in un libro
pubblicato da Piemme, è evidente il fatto che sua madre è una vera
figlia di Dio e che lui ha preso sul serio gli insegnamenti biblici.
Altri calciatori, soprattutto provenienti da altre nazioni, che si
dicevano evangelici, spesso sono stati molto più nebulosi e meno
chiari nella proclamazione pubblica del Vangelo di quanto lo è stato
sinora Nicola Le Grottaglie. {15-06-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): Il libro in questione è «Cento volte tanto» (Edizioni
Piemme, Milano 2010); per la presentazione, si veda
qui. Si veda anche il
sito di questo calciatore.
4. {Nevila
Gjata}
▲
Condivido pienamente quello che ho letto. Per me è bello e anche molto utile che
ci sia una testimonianza, una luce, un po’ di sale divino in ogni mestiere
onesto. Se l’atteggiamento è giusto davanti a Dio, ogni mestiere (tra quelli
onesti ovviamente) è giusto. Io personalmente adoro vedere quelle magliette con
la scritta «I Belong to Jesus», mentre guardiamo una partita in famiglia o con
gli amici. Mi sento cosi fiera d’avere dei fratelli che, davanti a milioni di
persone, hanno il coraggio di dire che appartengono a Cristo e gli voglio subito
bene come se li conoscessi. Non possiamo giudicare nessuno per il mestiere che
fa, se non sappiamo come lo fa! {15-06-2010}
5. {Salvatore
Paone}
▲ 1.
È molto difficile fare delle considerazioni riguardo a «calciatori
professionisti credenti» Il «mondo calcistico» è decisamente il
più affascinante degli sport, non a caso è lo sport più seguito. Parlo
da calciatore amatoriale e tifoso attuale (d’una squadra che non faccio
il nome... il «Napoli»).
Per me il calciatore credente può vivere la sua fede con la
professione calcistica; ovviamente essere famosi è un’arma a doppio
taglio: molti soldi, successo, gloria possono indurre al cuore umano a
considerare poco la chiamata di fede, sapendo che essi sono elementi o
piaceri che portano alla concupiscenza. Tuttavia mi sento di dire che
non possiamo generalizzare o fare di «tutta un’erba un fascio», visto
che si può rimanere ben collocati nella fede
anche da calciatori.
Nella lettera ai Romani Paolo dice: «Chi accuserà gli eletti di Dio?
Dio giustifica. [Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è
risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? Chi ci separerà
dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la
persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come
sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo
trattati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose noi siamo più
che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti
persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né
avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura
potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore»
(Romani 8,33-39). Se viviamo nell’amore per la verità, in qualsiasi
«campo» ci troveremo, onoreremo il Signore. {16-06-2010}
2. Parlando da calciatore amatoriale, credo che quando si gioca a
calcio, possano accadere, purtroppo e ripeto a malincuore «purtroppo»,
delle divergenze, non solo contro gli avversari ma anche tra i
compagni di squadra. Ad esempio si afferma: «Non hai mantenuto la
posizione, non sei stato sull’uomo, non hai marcato bene»; c’è sempre
quello più esperto che ti riprende, perche
tu faccia meglio, per nervosismo agonistico o per altre ragioni. Capita
di arrabbiarsi, specialmente quando in palio ci sono trofei.
Io personalmente, quando gioco, cerco di metterci
quell’agonismo che poi in realtà è «cinismo», freddezza, non contro
l’avversario per procurare falli, ma per segnare.
Tornando ai calciatori professionisti, è
ovvio che si possa esultare; quando la squadra conquista un titolo
importante come la Campions Ligue, mondiali, eccetera, sale l’ingaggio
del calciatore nel mercato calcistico.
Tuttavia un credente che pratica il calcio
professionista, deve pure astenersi da sciocche e banali situazioni,
che si vengono a creare, come baciare la coppa, comportarsi in un modo
sconveniente nel campo e negli spogliatoi. Al contrario bisogna essere
di esempio (apprezzo Legrottaglie), bisogna evitare di procurarsi
ammonizioni per cattivi falli (ci sono falli involontari e falli
volontari), sapendo che molti guardano e danno un giudizio negativo,
specialmente se sono opinionisti atei.
Infine, credo che ognuno debba tener in mente
sempre che in campo, per strada, sul posto di lavoro od ovunque ci
troviamo, dobbiamo esercitare il frutto dello Spirito.
{16-06-2010}
6. {Antonio
Capasso}
▲ I
passi biblici sullo sport a mio avviso non hanno niente a che vedere
con l’argomento. Se no dovremmo giustificare la guerra, solo perché
Paolo parla del soldato che va alla guerra. Premesso che la
questione riguarda la coscienza personale, non credi che ci stiamo
spingendo in un cristianesimo senza sequela? Non disse Gesù
lascia ogni cosa e seguimi? Non stiamo propugnando un cristianesimo dove
la grazia non è a caro prezzo, ma a buon prezzo? (Bonhoeffer). «Non
amate il mondo ne le cose che sono nel mondo».
Un calciatore cristiano, che dice di no al mondo del calcio, perché
contrario ai principi cristiani, fa riflettere di più la gente, che
non la testimonianza che si dà in TV, circondato da ballerine mezze
nude. Non credo che ai cristiani primitivi era concesso di gareggiare
negli stadi d’allora. Ripeto la questione riguarda la coscienza
personale. I tempi cambiano, le coscienze s’allargano. {16-06-2010}
7. {Nicola
Martella}
▲ Se
Paolo avesse parlato male dello sport, avremmo usato tali brani
(e come!) per denigrare ogni attività agonistica. Non vedo perché non
dovremmo usare tali brani, che lui usa come illustrazione per la vita
della fede.
Paolo parla della vita del soldato e della disciplina militare;
poteva prendere l’occasione per parlare male della guerra, ma non lo
fece. I soldati, un po’ come i carabinieri oggi, non servivano soltanto
per fare la guerra, ma per mantenere la pace, anche come polizia. Quando
dei soldati vennero a Giovanni Battista, chiedendo che cosa fare, questa
era l’occasione giusta per dire: «Smettere di fare i soldati, poiché ciò
non si addice a chi aspetta il regno di Dio!». Egli disse loro però: «Non
fate estorsioni, né opprimete alcuno con false denunzie e contentatevi
della vostra paga» (Lc 3,14). Questo comunque è un altro tema.
Un
cristianesimo senza sequela non dipende dal mestiere che facciamo, ma si
può essere cristiani impegnati per il proprio Signore e per l’Evangelo
(quindi a caro prezzo), anche svolgendo la propria professione
lavorativa. Paolo affermò che lui e i suoi collaboratori avevano «esortato,
confortato e scongiurato ciascun di voi a condursi in modo degno di Dio»
(1 Ts 2,11s). Non tutte le cose di questo mondo sono riprovevoli di per
sé (Fil 4,8). Se in tutto ciò cercheremo di onorare Dio, dipende da noi.
«Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate
alcun’altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio» (1 Cor 10,31).
Seguire il Signore è un atteggiamento della mente, come pure amare
il mondo. Se volgiamo farci guidare, Egli sarà capace di farci capire
individualmente quale sia l’ambito in cui Egli voglia essere onorato da
noi. Ricordo le parole coraggiose di Mardocheo, rivolte all’indecisa
regina Ester in quel tempo cruciale: «…e chi sa se non sei pervenuta
ad esser regina appunto per un tempo come questo?» (Est 4,14). Lei
si decise a prendersi le sue responsabilità. Parimenti, coloro che erano
della «casa di Cesare» (Fil 4,22), non smisero esserlo, ma cercarono di
portare la luce anche in tale ambito.
Non sono sicuro che il calcio sia di per sécontrario ai
principi cristiani; né sono sicuro che un calciatore cristiano, che
smette esserlo, sia di maggiore testimonianza per il mondo di
quanto faccia, se rimane. Queste sono soltanto opinioni personali di
tale lettore. Penso che non si possa generalizzare così. Tutto dipende
dalla chiamata del Signore e dall’effettiva consacrazione
del singolo giocatore cristiano al Signore. Se queste condizioni sono
vere, allora valga la seguente valutazione, che s’addice qui, perché
riguarda opinioni diverse: «Chi sei tu che giudichi il domestico
altrui? Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone; ma
egli sarà tenuto in piè, perché il Signore è potente da farlo stare in
piè» (Rm 14,4).
Conosco poco il mondo del calcio e dello sport in genere. Ho sentito e
letto di belle testimonianze di sportivi consacrati e coerenti con la
fede, che sono (stati) luce e sale in tale ambiente. Tale mondo non fa
per me, ma non posso escludere che Dio abbia dato una
chiamata a un altro. Il mio collega missionario, Fausto
Gaeta, è membro di un’associazione sportiva a Tivoli e corre
regolarmente, vincendo anche premi. Egli è una grande testimonianza in
tale ambiente. Mi ha detto che, prima della gara, pregano insieme. Anche
prima di mangiare insieme, gli chiedono di pregare, e in altre occasioni
gli permettono pure di dare un pensiero biblico.
Noi stessi potremmo non immaginarci come gestire la chiamata e una fede
coerente in un ambiente come lo sport; ciò non dovrebbe escludere che
altri siano in grado di farlo. Lo Spirito del Signore distribuisce i
suoi doni e talenti come piace a Lui.
8. {Pietro
Calenzo}
▲ Vi
sono molti sportivi credenti, a cominciare da Leandro, ex
allenatore, al pugile campione del mondo George Foreman. Personalmente
non penso che ci sia nulla di non scritturale. A mio avviso destano
qualche perplessità alcuni stratosferici ingaggi, che essi a volte
richiedono, e le ammonizioni o le espulsioni, in cui talvolta incorrono
da parte degli arbitri, per evidenti comportamenti antisportivi o per
proteste nei confronti degli arbitri. Tali comportamenti, se sono
perpetrati da credenti, (anche quando baciano i trofei vinti), mi
lasciano un po’ da pensare. Ma nulla di dogmatico, solo qualche pensiero
espresso ad alta voce. Benedizioni. {16-06-2010}
9. {Fortuna
Fico}
▲ Avere
queste testimonianze di fede nel mondo dello spettacolo, dello
sport, e di personaggi pubblici, è molto importante, perché hanno una
platea molto ampia, verso la quale rivolgersi; e di conseguenza, il
messaggio di fede e di amore lanciato, viene recepito da una moltitudine
di persone! Grazie, fratello! {16-06-2010}
10. {Antonietta
Tardio}
▲ La
verità è sempre quella biblica... Per qualsiasi mestiere noi facciamo
sulla terra, forziamoci di tenere alta la Parola di Vita, di essere sale
e luce, di vivere nel mondo, ma non essere del mondo, avendo la
consapevolezza di trovarci nel posto, in cui il messaggio di salvezza
per Cristo dev’essere annunciato, in un luogo che forse, senza di te,
non si sarebbe potuto raggiungere! In Cristo, siamo più che vincitori!!!
{17-06-2010}
11. {Eliseo
Bassotto}
▲ Pace.
Il mio pensiero è che è importante distinguere lo «spirito agonistico»
(spirito combattivo), al quale Paolo faceva riferimento, dallo spirito
agonistico tipico e proprio della competizione
sportiva (gara, lotta, contesa: competizioni politiche, elettorali; una
c. sportiva; entrare, essere in c. con qualcuno).
A questo punto, a me appare chiara come il sole, l’incompatibilità
d’una simile «disciplina», sia a livello professionale che per
«passatempo» (perdita di tempo, fra l’altro «competendo» con il
prossimo), con l’insieme dell’insegnamento del Cristo.
L’insegnamento del Cristo è fondamentalmente il «dare», il cedere, non
il «prevalere», sebbene sia semplicemente «per gioco», il che fra
l’altro, sarebbe solamente un’aggravante in più.
Il fine d’una qualunque «competizione» è di stabilire chi è «il primo»,
il «maggiore», il più bravo ed eccellente nella propria disciplina;
questo sia professionalmente che nel cortile di casa, dove a guadagnarci
non è il conto in banca, né il sostentamento della famiglia, ma «l’amor
proprio», la soddisfazione personale dell’aver «vinto», aver sostenuto
«vittoriosamente» una
competizione con il proprio prossimo.
E se io vinco, lo faccio ai danni di chi perde; io ricevo
«l’onore», e l’altro il «disonore», in maniera più o meno evidente. Poco
importa infatti se ne parla tutto il quartiere, oppure i giornali di
mezzo mondo, il risultato è lo stesso: S’innalza e si dà gloria al
vincitore, e il perdente viene spesso messo nel ridicolo, sotto gli
occhi di tutti.
Questa è competizione! E il perdente, se continua così, si
ritroverà senza lavoro, senza conto in banca, e senza pane per i propri
figli. E nel «cortile di casa», il perdente, camminerà a capo chino,
subendosi magari i «fischi» di tutti, inasprendosi dentro, il che gli
darà la «forza» per «rifarsi» alla prossima competizione.
Mi chiedo dunque cosa ci sia d’onesto, di puro, d’onorevole, di
vero, d’amabile in tutto questo, dov’è una «qualche virtù» o una
«qualche lode», se non quella degli uomini, a discapito fra l’altro del
proprio prossimo.
Non entro chiaramente nel merito dei «giocatori» convertiti, non
sta a me giudicare, ma essi sono amati e lodati da tutti, cristiani e
non, sono «acclamati» da tutti, cristiani e non, a motivo della loro
professionalità (vincere le competizioni) spesso sia dai non
credenti che dai credenti.
I «credenti» in più, attribuiscono loro una qualche «virtù» extra,
ed ecco che tutti li vogliono e tutti li cercano, e le loro agende sono
piene d’inviti e appuntamento in lungo e in largo per tutto il
territorio, per «testimoniare» della loro fede, ecc.
Non appena un VIP si converte, ecco che comincia la «macchineria»
della popolarità, e tutti ne vogliono un pezzo, e di quel «bambino»
nato di nuovo (dando per certo che lo sia), viene trasformato di botto
in un «ministro» di Dio, del quale Dio s’usa «potentemente» per la
testimonianza. Ed ecco che spuntano i libri come i funghi, si diventa
«testimonial», insomma si è VIP anche nel regno di Dio, già
«appena nati». Quanto mi dispiace, per questi «nuovi nati»,
sinceramente... non hanno nemmeno il tempo di mettere i dentini, che già
sono considerati e chiamati «ministri di Dio» per la sua opera.
E sono incoraggiati fra l’altro, a continuare tranquillamente a
competere con il proprio prossimo, magari argomentando con il
discorso di Paolo sullo spirito agonistico. Paolo prendeva solamente
esempio dallo sport, facendo appunto leva sullo «spirito combattivo»
dello sportivo, ben sapendo però che il «nemico» del cristiano non è il
suo prossimo, e il combattimento è per ottenere la corona della vita,
non gli applausi d’una platea, sia nel cortile di casa che in
mondovisione.
E il pensiero mi riporta a Giovanni, e alle parole di Gesù: Il
mondo vi ha odiati! Ma di quest’odio, io non ne trovo traccia, né
nel cortile di casa, né nei salotti televisivi (in mondovisione). Che
Gesù abbia preso un abbaglio? Scusate se mi sono dilungato. Pace.
{18-06-2010}
12. {Nicola
Martella}
▲
Sebbene io non pratichi nessuno sport né sia appassionato di alcun
sport, tanto meno di calcio, devo ammettere che il discorso di
quest'ultimo lettore è alquanto
massimalista. Si prende dal testo biblico soltanto ciò che fa
comodo, per far quadrare il cerchio della propria ideologia radicale.
Faccio presente che Paolo non parlò soltanto dello «spirito agonistico»,
ma della competizione, visto che scrisse: «Non sapete voi che
coloro i quali corrono nello stadio, corrono ben tutti, ma
uno solo ottiene il premio?
Correte in modo da riportarlo» (1 Cor 9,24). Inoltre tale
apostolo aveva l’occasione di parlare contro la competizione sportiva,
ma non lo fece, ma anzi la usò come paragone per la vita e il servizio
dei cristiani.
Tale lettore presenta il competere nel gioco come il male
assoluto. Stiamo parlando di un gioco o di una guerra mondiale?
Eccellere in qualcosa viene visto di mal’occhio, poiché ciò
creerebbe complessi di inferiorità negli altri. Hanno avuto torto allora
gli scrittori dell’AT, quando parlavano di Davide
quale eroe sopra Goliat (1 Sm 17), dei successi di Davide e di come era
ben voluto dal popolo (1 Sm 18,7; 29,5), per non parlare della lista
degli eroi di Davide (1 Cr 11,20ss). Secondo tale logica non dovrebbe
esserci neppure la liste degli eroi della fede (Eb 11), poiché
altri si sentirebbero danneggiati e perdenti, non arrivando a tale
«assicella». Si vede che l’autore di tale epistola la pensava
diversamente e avesse messo scrupoli «pietistici», visto che affermò: «Anche
noi, dunque, poiché siamo circondati da un così
gran nuvolo di testimoni, deposto ogni peso e il peccato che così
facilmente ci avvolge,
corriamo con perseveranza l’arringo che ci sta dinanzi,
riguardando a Gesù, precursore e perfetto esempio di fede…» (Eb
12,1s). Come si può notare già da questo brano, nella Bibbia eccellere è
visto come una cosa positiva, così anche porsi come
esempio e modello positivo a cui gli altri possano protendersi (cfr.
Tt 2,7; 1 Pt 5,3).
Si drammatizza, come se perdere una competizione sportiva fosse
la catastrofe della vita, che metterà sul lastrico il perdente una volta
per tutte e creerà una tale vergogna, da cui costui non si riprenderà
mai più, ma andrà vagando da «appestato», consumandosi come una candela.
Stiamo parlando di sport o di un crac finanziario?
Giocare magari a pallone, a calcio balilla o ad altro sembra che sia il
peccato originale stesso. Qui si fa demagogia. Si comunica una
visione massimalista della vita, un cristianesimo monacale con vocazione
da martirio, una visione di mondo che vede il male anche laddove non
c’è, e che getta via il bambino pur di disfarsi dell’acqua sporca.
Tale modo di fare avrebbe probabilmente proibito a Cana di fare una
festa di matrimonio (Gv 2), poiché avrebbe fatto sentire male coloro che
non potevano trovare un partner o non se lo potevano permettere
economicamente parlando. Avrebbe impedito ai fanciulli di giocare
per strada al gioco «chi piange e chi ride» (Lc 7,32), poiché qualcuno
di loro avrebbe perso o avuto il ruolo peggiore. Bisogna proibire di
giocare a «guardie e ladri», poiché quelli che fanno i «ladri»
potrebbero subire un grave trauma esistenziale?
Si ritiene che un VIP convertito sia così sprovveduto che si farà
strumentalizzare dai benpensanti. Che questo pericolo ci sia, è
plausibile; ma presentare tutto in modo così drammatico, è esagerato.
Da come parla questo lettore, sembra che viva da anacoreta in uno
sperduto deserto o in una comunità amish, dove tutto è proibito. Oppure,
può darsi che abbia rinunciato a tutto (carriera, lavoro, patrimonio,
matrimonio), per possedere soltanto quanto ha addosso, per fare il
predicatore itinerante, per stare continuamente nelle piazze a sfidare i
suoi contemporanei con discorsi ammonitivi. Forse questo lettore si
sente l’uomo più odiato al mondo; perciò crede di potersi
permettere di misurare la genuinità degli altri cristiani con l’indice
di odio che essi hanno dal mondo. Forse crede di poter dire loro: «Se
non siete odiati, non siete veramente cristiani!». Bisognerebbe
conoscere meglio la vita di questo lettore, per appurare se le cose
stanno così.
►
Sport, coerenza e testimonianza? Parliamone {Nicola Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/T1-Calciatori_fede_cristiana_Mds.htm
15-06-2010; Aggiornamento: 17-08-2010 |