Il ritorno degli Ebrei nella terra a loro promessa (1948) è stato certamente un fatto
inaspettato e positivo, sebbene non sia coinciso con l'avvento del Messia; in
certi ambienti era considerato un evento immediatamente precursore della
parusia, sebbene finora le attese incombenti riguardo all'imminente fine dei
tempi, nutrita da certi cristiani di quella generazione, non si siano avverate.
[Per l'approfondimento si veda Nicola Martella (a cura di), Escatologia fra legittimità e abuso.
Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007).] È stato proprio quello il ritorno
escatologico di cui hanno parlato i profeti d'Israele, Gesù e gli apostoli?
Positivo è senz'altro pure il risveglio fra i giudei cristiani. Il
panorama dei rapporti dei cristiani in genere verso Israele e verso il giudaismo
è comunque complesso. Ci sono giudei cristiani filo-sionisti e quelli non
sionisti o addirittura anti-sionisti; i primi affermano che poiché l’intera
Palestina geografica è stata promessa a Israele, gli israeliti avrebbero il
diritto di scacciare tutti gli altri abitanti per ristabilire l’antico stato
d’Israele; gli altri dissentono da ciò, mostrando con la Scrittura che sarà solo
il Messia-Re a ristabilire il suo regno al suo ritorno, mentre ciò che fanno gli
uomini a proprio arbitrio non sussisterà, ma sarà fonte di tanti dissidi proprio
per Israele. I primi coincidono sempre con le decisioni del governo israeliano;
gli altri hanno un atteggiamento vigile, se non addirittura critico,
distinguendo «Israele» (ideale, attuale o profetico) dal suo governo attuale.
Ci sono giudei cristiani filo-talmudici e quelli anti-talmudici; i primi
ritengono che il Talmud sia una fonte eccellente d’ispirazione per la
comprensione dell’AT e per la devozione, i secondi vedono in esso a tratti un
libro blasfemo e ostile a Cristo e al cristianesimo (così, ad esempio, il gruppo
«Ebrei per Gesù»).
Infine ci sono i cristiani gentili che, più o meno influenzati ideologicamente
dai cristiani giudei o da cristiani «amici d’Israele», quindi
giudaizzanti, ritengono che il cristianesimo giudaico sia quello originale e
migliore e che una riforma del cristianesimo (per loro ormai decadente) può
accadere solo giudaizzandolo. Qui non trovano posto solo il variegato mondo
dell’Avventismo storico (19° sec.) e del Sabatismo, ma anche nuove tendenze di
cristiani gentili che intendono connettersi direttamente al giudeo-cristianesimo
e vivere secondo tale mondo d’idee e tale devozione. Questi ultimi, spesso
definiti «sionisti cristiani(zzati)», mandano in giro lettere o
inseriscono testi in riviste cristiane per invogliare i cristiani in genere a
partecipare ai loro frequenti viaggi in Israele, specialmente durante feste
giudaiche particolari, attribuendo a queste ultime non di rado significati
particolari per tutta la cristianità. Che cosa bisogna pensare di tutto ciò?
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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1.
{Matteo Armillotta} ▲
Nota redazionale: Il lettore si riferisce qui a quanto hanno scritto, a
suo tempo, Giovanni Melchionda e Nicola Martella nel seguente tema di discussione:
►
I Giudei hanno rifiutato Gesù. Visto la natura specifica di questo contributo e di quelli che seguono, abbiamo
preferito affrontare qui queste questioni. Ecco, quindi, qui di seguito il
contributo di Matteo Armillotta.
Caro Nicola, condivido pienamente il tuo articolo. Non condivido invece le
affermazioni fatte da Giovanni Melchionda. Non voglio ripetere le tue
argomentazioni, dunque aggiungo solamente un mio pensiero. Qualsiasi giudeo,
sia esso praticante la religione ebraica o no, quando muore, va all’inferno come
tutti gli uomini increduli o religiosi che non hanno accettato la salvezza
gratuita di Cristo. Come cristiani abbiamo l’impegno d’amare moltissimo ogni
ebreo. Il nostro dovere è di parlare loro di Cristo, come fecero i cristiani
delle origini.
Riguardo ai viaggi in Israele ho alcune perplessità; alcuni credenti
evangelici affrontano questi viaggi turistici con lo spirito d’un pellegrinaggio
religioso, come quelli di altre denominazioni. Io penso che i luoghi in cui
Cristo è vissuto non debbano essere considerati alla stregua di reliquie. Egli
ci ha lasciato un monito importantissimo: «Dio è Spirito; e quelli che
l’adorano, bisogna che l’adorino in spirito e verità» (Giovanni 4,24).
Tuttavia, i luoghi biblici hanno un grande fascino e sicuramente un
viaggio in Israele da un punto di vista puramente turistico deve essere
interessantissimo, ma non aggiunge nulla alla nostra fede.
Sono stato spinto a scrivere questa mail anche dopo aver letto il trafiletto sul
mensile «Il Cristiano» di maggio 2008, sul viaggio in Israele organizzato da
Giovanni Melchionda; non ho nulla da obiettare sul viaggio in sé, ma il
riferimento alla partecipazione alla Feste delle Capanne, come se si
trattasse d’un adempimento cristiano, non mi trova d’accordo.
Saluti fraterni a te e a tutti quelli che leggeranno la mia mail. {10-06-2008}
2.
{Giovanni Melchionda} ▲
Caro Nicola, ho
visto che sono stato chiamato in causa dal fratello Matteo Armillotta. Lo
ringrazio innanzitutto per darmi l’occasione di qualche chiarimento per lui e
per tutti quelli che non vogliano scandalizzarsi.
Riguardo alla
salvezza dei Giudei siamo tutti d’accordo che la salvezza di tutti gli
uomini e dunque anche dei Giudei è solo in Gesù. Tuttavia in Romani 10,6 e seg.
l’Apostolo Paolo precisa che non tocca a noi dire chi salirà in Cielo e chi
scenderà nell’Abisso (cioè chi si salverà e chi si perderà), mentre al versetto
15 e seg. ci è chiesto d’andare «a testimoniare» perché sono belli i piedi di
quelli che annunciano buone notizie.
Inoltre, in quanto all’andare a Gerusalemme durante le festività in Atti
1,8 dice espressamente che la testimonianza dei credenti deve cominciare da
Gerusalemme, la Giudea e la Samaria. Non so da che cosa lui abbia dedotto che
andiamo a Gerusalemme in pellegrinaggio (la cosa naturalmente è falsa), ma posso
rassicurarlo che la nostra ragione d’andare a Gerusalemme è secondo l’istruzione
di Gesù d’andare prima alle pecore perdute della casa d’Israele e per annunciare
l’imminente ritorno del Signore in gloria e maestà, che non avverrà a Roma o da
qualche altra parte, ma avverrà sul monte degli Ulivi secondo le Scritture.
Quanto alle
festività bibliche, che non costituiscono un obbligo, possiamo dire che
il piano di Dio si è manifestato al tempo da Dio stabilito. Gesù è morto durante
la Pasqua ebraica, lo Spirito è sceso cinquanta giorni dopo a Pentecoste al
tempo in cui Mosè ricevette la Legge da Dio e Gesù ritornerà alla festa delle
Capanne. Ma se questo non bastasse, diciamo che il Signore Gesù stesso si recava
a Gerusalemme durante le tre festività e così ha continuato a fare la chiesa
primitiva dopo l’ascensione del Signore. Dunque è una buona cosa imitare il loro
esempio.
Quanto ai veri adoratori che adorano in spirito e verità, vogliamo solo
ricordare che l’Apostolo Giovanni ci dice che, quando Gesù disse questa frase
alla Samaritana, stava tornando da Gerusalemme durante una delle festività.
Dunque niente pellegrinaggi, ma semplicemente la gioia d’incontrare la chiesa
universale e far festa nella città di Dio.
Caro fratello Armillotta, sei fraternamente invitato e benvenuto alla festa
delle Capanne a Gerusalemme. Shalom…
{18-06-2008}
3.
{Nicola Martella}
▲
Vorrei ricordare in
questa discussione questi aspetti importanti, che bisogna tener presente, se non
si vuole fare ideologia o addirittura demagogia. Qui non rispondo ai due
lettori, ma pongo alcune questioni basilari dal punto di vista storico e
teologico. L’intento è che ognuno possa meditarci sopra.
■ La prassi devozionale di Gesù e degli apostoli, sopra descritta, era
ovvia per loro essendo inseriti nella cultura religiosa dei Giudei. Quindi non
ci si poteva aspettare altro. Tale ovvietà non è però ingiuntiva per il
cristianesimo gentile, la cui legittimità venne sancita ufficialmente solo con
il Concilio di Gerusalemme (At 15).
■ Chiunque prende a norma la cultura religiosa dei primi cristiani (tutti
giudei) sbaglia, poiché essi non avevano ancora abbastanza luce, ma la
rivelazione fu progressiva. Fu Dio che li dovette costringere ad abbandonare
il progetto dell’evangelizzazione mondiale nel senso di una giudaizzazione delle
genti e, non a caso, Dio si servì di Pietro (At 10s; 15,7).
■ Di là del rispetto per la cultura religiosa dei giudei cristiani, in At 15
avvenne una
svolta storica decisiva nei rapporti interni alla chiesa. Per salvare
l’unità in Cristo, allora in grande pericolo, il Concilio di Gerusalemme vide
bene di creare due grandi contenitori culturali: il cristianesimo giudeo e
quello gentile. Le poche norme imposte ai cristiani gentili, oltre alla dottrina
cardine (l’Evangelo = la salvezza per grazia mediante la fede in Gesù quale
Messia), erano quelle strettamente «necessarie» (At 15,28), tutto il resto venne
considerato non ingiuntivo per i cristiani gentili. Anche verso alla fine della
carriera di Paolo, tale decisione storica gli fu ricordata come ingiuntiva dai
conduttori di Gerusalemme (At 21,25).
■ Come mostra Paolo in Romani 14, tali distinzioni culturali erano da
rispettare: i cristiani giudei potevano osservare il «giorno» (l’osservanza dei
tempi nel calendario liturgico giudaico) e le norme alimentari della legge
mosaica; i cristiani gentili avevano il diritto di astenersi da tali regole, per
loro non ingiuntive.
■ Il problema nasceva (e nasce) laddove i cristiani giudei iniziano a
giudaizzare in mezzo a quelli gentili (Gal 2). Oppure dove a giudaizzare
sono gli stessi cristiani gentili, credendo e insegnando così di esercitare un
cristianesimo più originale e migliore. Qui le distorsioni dottrinali e i
conflitti sono programmati (cfr. Gal; Col).
■ Come mostrano alcune epistole del NT, il tentativo di alcuni cristiani giudei
e di gentili giudaizzanti di giudaizzare i costumi devozionali dei
cristiani gentili, era all’ordine del giorno. Infatti Paolo prese veemente
posizione al riguardo, usando toni forti e risoluti contro tali persone, sia i
fautori, sia i destinatari. ● Anno liturgico: «Nessuno dunque vi
giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, o a noviluni o a
sabati, che sono
l’ombra di cose future; ma il corpo
è di Cristo. Nessuno a suo talento vi defraudi del vostro premio per via
d’umiltà e di culto di inviati, affidandosi alle proprie visioni, gonfiato di
nullità dalla mente della sua carne, e non attenendosi al Capo» (Col
2,16-19). «Voi osservate giorni e mesi e stagioni e anni. Io temo, quanto a
voi, d’essermi invano affaticato per voi» (Gal 4,10s). ● Circoncisione:
«Cristo ci ha affrancati perché fossimo liberi; state dunque saldi, e non vi
lasciate di nuovo porre sotto il giogo della schiavitù! Ecco, io, Paolo, vi
dichiaro che, se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà nulla. […] Si
facessero pure anche evirare quelli che vi mettono sottosopra!» (Gal
5,1s.12). «Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da
quei della mutilazione; poiché i
veri circoncisi siamo noi, che
offriamo il nostro culto per mezzo dello Spirito di Dio, che ci gloriamo in
Cristo Gesù, e non ci confidiamo nella carne» (Fil 3,2s, Col 2,11; 3,11).
■ Ancora oggigiorno, chi non terrà presenti questi aspetti storici e teologici,
sarà in pericolo di portare nuovamente fra i cristiani un cattivo lievito e sarà
fautore di dissidi e lotte dottrinali. L’unica a soffrire sarà la
testimonianza, oltre alla credibilità dei cristiani. ● Ecco alcuni versi su cui
meditare, per scongiurare il pericolo di una giudaizzazione del cristianesimo.
Sebbene le intenzioni dei giudaizzanti possono essere buone, i risultati possono
essere drammatici per il regno di Dio. «Un po’ di
lievito fa lievitare tutta la
pasta. Riguardo a voi, io ho questa fiducia nel Signore, che non la penserete
diversamente; ma colui che vi conturba
ne porterà la pena, chiunque egli sia» (Gal 5,9s). «Vi sono molti
sediziosi, ciarlatani e seduttori di menti, specialmente fra
quelli della circoncisione, ai quali bisogna turare la bocca, uomini che
sovvertono le case intere… […] Riprendili perciò severamente, affinché siano
sani nella fede, non dando retta a miti
giudaici né a comandamenti d’uomini
che voltano le spalle alla verità» (Tt 1,10-14).
4.
{Andrea Diprose}
▲
Indubbiamente, la tematica considerata dai
fratelli Armillotta, Melchionda e Martella, è complessa. Essendo, nell’anno
2005, andato in viaggio in Israele assieme a lui, e considerando utili alcune
cose scritte in tempi recenti da lui e dal fratello Claudio Groppi (nostro
compagno di viaggio) nella rivista «Il Cristiano», comprendo le motivazioni del
fratello Giovanni Melchionda, ma comprendo anche quanto possano essere
incomprese alcune sue affermazioni. A tutti i partecipanti a questa discussione
consiglio un libro intitolato «Israele e la Chiesa: Israele nello
sviluppo del pensiero cristiano e la teologia del “dopo olocausto”» del dott.
Rinaldo Diprose (Ph. D.), un libro pubblicato dalle edizioni IBEI (in lingua
italiana) e tradotto in diverse lingue fra cui l’inglese e il tedesco.
{19-06-2008}
5.
{}
▲
6.
{}
▲
7.
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▲
8.
{}
▲
9.
{}
▲
10.
{}
▲
11.
{}
▲
12.
{}
▲
►
Il sionismo cristiano {Nicola Martella} (A)
►
Sionismo cristianizzato? Parliamone {Nicola Martella} (T)
►
Sulla via di un «sionismo cristianizzato»? {Nicola Martella} (A)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Giudei_giudaizzanti_Sh.htm
19-06-2008; Aggiornamento: |