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PARTE: ASPETTI CONCLUSIVI
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1.
Considerazioni conclusive
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2.
Postfazione |
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1.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE:
Dopo aver esaminato in dettaglio il
Salmo
22,
possiamo meglio comprendere che quando Gesù gridò «Dio mio, Dio mio, perché
mi hai abbandonato?» (v. 1)
non manifestò soltanto il suo dolore, ma anche la sua speranza.
Nell’esprimere il suo smarrimento con il titolo di un Salmo, infatti, Gesù
richiamò alla memoria e citò l’intero Salmo. E siccome nel Salmo
22 l’iniziale smarrimento sfocia poi in un inno di vittoria, allora
dichiarando a quel modo la sua angoscia, Gesù espresse anche la certezza della
risurrezione.
Gesù aveva davanti a sé persone che conoscevano le Scritture e a quelle persone,
in primo luogo, intendeva rivolgersi; nel dire semplicemente «Dio mio, Dio
mio, perché mi hai abbandonato?», è come se avesse detto loro: «Ecco,
sono giunto a quell’esperienza di cui il re Davide, mio progenitore, ha parlato.
Sarà difficilissima e mi condurrà "nella polvere della morte" (v. 15), ma poi il
Padre mi riscatterà, così che potrò di nuovo gioire e annunciare il suo nome a
voi "miei fratelli" (v. 22)».
Certo, per chi non conosce il Salmo
22
quelle parole esprimono solo smarrimento, ma nel leggere l’Evangelo dobbiamo
sempre tener presente che Gesù svolse il suo compito all’interno del popolo
ebraico, dando solo alla fine l’incarico agli apostoli di parlare a «tutte le
nazioni» (Mt
15,24;
28,19). È normale, perciò, che per comprendere meglio l’Evangelo, si
debbano sviluppare «orecchie ebraiche», cioè avere una dimestichezza con
l’Antico Testamento (dimestichezza che, non a caso, avevano tutti gli
scrittori del Nuovo Testamento).
Prima o poi, in un modo o in un altro, ognuno passa per prove di una certa
amarezza; allora è facile che salga dal nostro animo una tentazione di
insofferenza e di ribellione. Quando esprimiamo questo disagio con parole
nostre, spesso non manifestiamo alcuna speranza, ma quando le prendiamo in
prestito da Mosè, Geremia, Giobbe, Davide e Cristo, allora il lamento contiene
in sé anche la fiducia del riscatto.
Se uno dice, per esempio, che Dio è stato per lui come un orso, rischia la
bestemmia; ma se ci si mettono le virgolette, cioè se si cita un profeta
biblico, allora il senso di quelle parole cambia, perché sono inserite in un
contesto complessivo nel quale c’è anche la fiducia in un riemergere dalle
difficoltà. In
Lamentazioni, per esempio, dopo che il profeta ha detto «Egli è stato per
me come un orso» (3,10),
ci sono altre affermazioni che integrano in modo determinante quella che
altrimenti apparirebbe solo come una protesta; fra l’altro egli dice: «È una
grazia dell’Eterno che non siamo stati interamente distrutti […] Il Signore non
ripudia in perpetuo; ma, se affligge, ha altresì compassione, secondo la
moltitudine della sua benignità; poiché non è volentieri che egli umilia e
affligge i figli degli uomini» (Lam 3,22.31-33).
Chi è preso dall’amarezza è ancor più turbato dal sentirsi salire in cuore
parole aspre, ma quando scopre che anche uomini fedeli a Dio hanno avuto
sentimenti simili, ne trae motivo per riprendere a sperare e risalire la china.
Non è certo facile discernere ogni singolo caso, ma è tragico quando il giusto
nella prova viene considerato come se fosse un malvagio punito. Cristo fu
crocifisso in mezzo a due ladroni e molti purtroppo non videro la differenza fra
lui e chi stava subendo la sua stessa sorte.
Se accusiamo chi vacilla sotto la prova, gettando così altri pesi sulle sue
spalle, potremmo renderci corresponsabili del suo eventuale crollo. All’opposto,
non bisogna giustificare quelli che soffrono per propria diretta responsabilità
e non bisogna confonderli con Giobbe, né tanto meno con Cristo, ma a tutti
dovrebbe comunque andare la nostra simpatia umana. Meglio comunque
presupporre l’innocenza di chi è nella prova e dar credito alle sue parole:
sta a lui, semmai, confessare le sue eventuali mancanze. Noi, anziché
cercare le sue colpe, facciamo bene a riconoscere le nostre; è scritto: «Confessate
dunque i vostri peccati gli uni agli altri» (Gcm 5,16). Il momento della
prova è difficile e delicato, non solo per chi è provato, ma anche per chi ne è
coinvolto indirettamente, è perciò necessario essere prudenti per non rischiare
mosse sbagliate.
I brani della Bibbia sui quali ci siamo concentrati tendono a essere trascurati,
ma se Dio ha voluto che fossero riportati nella sua Parola è perché
evidentemente possono essere utili. Il Salmo
23,
dove Davide si sente curato da Dio come una pecora è curata dal suo buon
pastore, è continuamente commentato e applicato al comune credente. Il Salmo
22,
invece, è molto meno analizzato e, quando lo si fa, si applica per lo più a
Cristo. È giusto applicare il Salmo
23 alla nostra vita, ma ciò dovrebbe essere fatto anche col Salmo
22. D’altronde Cristo ha detto che, avendo perseguitato lui,
perseguiteranno anche noi (Gv
15,20);
in certe intolleranti società la persecuzione verso i cristiani è evidente anche
oggi, mentre dove non c’è persecuzione dall’esterno, la chiesa tende a divenire
superficiale e tiepida: è facile, allora, che ci pensi essa stessa a mettere in
atto forme di ostilità verso chi intende il messaggio di Cristo in un modo che
considera troppo radicale.
Davide, Elia, Cristo e i profeti in genere, furono perseguitati più dal popolo
di Dio che dai pagani, perché le persone religiose sopportano poco l’accusa di
superficialità (e meno ancora quella di incoerenza). Chi si lascia guidare da
Dio e intende seguire Gesù fino in fondo, perciò, è difficile che non si imbatta
(prima o poi) negli ostacoli del diavolo e nella persecuzione degli uomini.
Parteciperà allora più da vicino alle sofferenze di Cristo, ma anche alla sua
gloria (1 Pt 4,13; Fil 3,10-11; Rm 6,5); sarà facile che sperimenti il fuoco
della prova di Dio, ma anche la grandezza del suo perdono e della sua forza.
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2. POSTFAZIONE :
C’è voluto qualche «segno» per farmi superare i timori che ho avuti durante le
varie fasi di composizione di questo scritto. Il primo titolo al quale ho
pensato era «Tu sei stato per me come un orso» (Lam
3,10),
ma come potevano essere edificanti delle riflessioni che cominciavano così?
Eppure quella era l’espressione di un profeta e faceva parte della Parola di
Dio; eppure quelle riflessioni mi erano state d’aiuto nella prova che stavo
attraversando, facendomi prendere coscienza di quei pozzi dove a volte possono
precipitare i credenti.
Scrivere o non scrivere? Preso da questo dilemma sono andato a scuola e, sulla
lavagna quasi pulita della nostra sala insegnanti, ho notato nell’angolo la
scritta L’ORSO; sono evidentemente rimasto colpito, ma osservando meglio ho
capito che in realtà avevano scritto CORSO POST DIPLOMA, solo che qualcuno,
ripulendo la lavagna, aveva portato via la punta in alto a sinistra della C,
trasformandola così in una elle con apostrofo (L’).
Coincidenza o no, ho rotto allora gli indugi e ho cominciato a scrivere a mano.
Al culto del giorno successivo un fratello mi ha chiesto di leggere Salmo
22,1 («Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?») e altri
brani a esso collegati, incoraggiandomi indirettamente ad affrontare certi temi.
Le parole iniziali del Salmo
22 sono certamente più equilibrate e più accettabili di Lamentazioni
3,10, così hanno finito per costituire il nuovo titolo, lasciando
il precedente come sottotitolo.
Ho poi digitato al computer il manoscritto, ma avendo sempre timore di farlo
conoscere. È così passata un’altra settimana di dubbi, al termine della quale
c’è stato una altro decisivo segno. Una mattina, entrando in un’altra sala
insegnanti, ho sentito un collega che declamava a un gruppetto: «"Dio mio,
Dio mio, perché mi hai abbandonato?"
Ma ci pensate al significato e alla straordinarietà di quelle parole?» Il
declamatore aveva un’impostazione ideologica non cristiana, sicché quel suo
inaspettato prorompere mi ha colpito ancor più. Naturalmente non sapeva niente
del mio scritto, né aveva fatto caso al mio ingresso, sicché è stato inevitabile
che interpretassi l’episodio come un invito ad accantonare le mie perplessità,
cominciando a far conoscere quanto avevo scritto agli amici più vicini.
È passato un decennio e ora, per la prima volta, quelle riflessioni sono esposte
pubblicamente. Ciascuno le considererà per ciò che gli avranno dato o non dato,
mentre le circostanze particolari che le hanno fatte nascere sono solo dettagli,
ma ho voluto raccontarli perché sono stati per me un dono di Dio.
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Salmo_Fine_Ori.htm
06-04-07; Aggiornamento: 30-06-2010
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