Come si vede dall’indice, questo confronto con Fernando De Angelis si estende
per sei parti. Qui di seguito riportiamo la
seconda parte. 1. LE TESI (Fernando De Angelis): In
Romani 9,25, Paolo cita Osea (un profeta che viene prima di Isaia), dove è
scritto che Dio chiamerà suo popolo quello, che non lo era. Tu
certamente non ci caschi, ma quasi tutti pensano che Osea si stia riferendo ai
Gentili. Paolo però scrive «a persone che hanno conoscenza della legge»
(7,1) e le sue perciò sono «evocazioni», più che «citazioni», come quando fra
noi evangelici parliamo di «nuova nascita», richiamando alla memoria tutto il
contesto di Giovanni 3. Il «non popolo di Dio», di cui parla Osea, è Israele,
che però poi ridiventa «popolo di Dio» (Osea 1,8-10). Israele è visto da Osea come una
moglie infedele, che se n’è andata a vivere con un suo amante. Dio reagisce
ripudiandola; ma poi non sopporta l’abbandono e allora progetta di distruggere i
doni, che le ha fatto l’amante. Poi afferma: «La condurrò nel deserto e
parlerò al suo cuore […] tu mi chiamerai “Marito mio” […] ti fidanzerò a me per
l’eternità» (Osea 2,8-23). Osea profetizzò nel regno di Samaria,
poco prima della sua distruzione ad opera degli Assiri, che comporterà la
fine del precedente rapporto fra Dio con il suo popolo. Dio, poi, non si
limiterà a «riprendere in casa» la sua sposa adultera, ma ricomincerà una
relazione nuova a partire dal corteggiamento, da un nuovo fidanzamento e da
una rinnovata sintonia coniugale.
2. OSSERVAZIONI E OBIEZIONI (Nicola
Martella): Osea agì nel «regno del nord» (Israele o Efraim), parallelamente ad
Amos, nell’8° secolo a.C.
2.1. EFRAIM QUALE (NON) POPOLO MIO:
Bisogna stare attenti alle semplificazioni, per far quadrare il cerchio.
Dio affermò di ripudiare tale popolo, che lo aveva ripudiato, e di volerlo
disperdere fra tutte le nazioni. Israele (o Efraim), che in passato era stato
oggetto di divina compassione o Ruchāmāh, sarebbe diventato
Lo’-Ruchāmāh
«senza [ottenere] compassione» (Os 1,6), mentre tale compassione avrebbe
riguardato solo Giuda (v. 7). Israele (o Efraim), che in passato era
stato chiamato `ammî «popolo mio», dopo la dispersione sarebbe
stato titolato Lo’-`ammî «non popolo mio» (v. 9). Faccio notare che i
versi 10s non esistono nel testo ebraico della «Biblia Hebraica Stuttgartensia»,
da me consultata; quindi il bilancio è solo negativo. Secondo l’aggiunta, che si
trova solo in alcuni manoscritti, nel futuro tale appellativo verrà tolto ed
essi saranno chiamati «figli del Dio vivente». Quando sarebbe avvenuto tutto
ciò? Quando «i figli di Giuda e i figli d’Israele si raduneranno insieme
e si daranno un unico capo e marceranno fuori dal paese» (v. 11). Quindi, tale mutamento ci sarebbe
stato solo quando ci sarebbe stata una piena unità politica, che da due stati
indipendenti avrebbero dato luogo a una sola nazione, con a capo un solo re, e
formando un solo esercito. Questa evenienza non si realizzò mai al tempo
dell’AT, essendo la Giudea (in Efraim furono deportate popolazioni pagane)
una provincia prima persiana, poi greca, poi siriana e poi romana. A dire il
vero, non si realizzò neppure ai tempi del NT, poiché quando il Re venne
a istaurare il regno, i Giudei lo rifiutarono (Mt 23,37ss; Gv 1,11), ed esso fu
tolto loro (Mt 11,43), almeno fino al riconoscimento pubblico come nazione di
Gesù quale loro «Unto a Re» (cfr. Mt 21,9 con 23,39; cfr. Mc 11,10 «il regno
di Davide nostro padre») e, quindi, fino all’avvento escatologico del
Messia.
2.2. IL
RIMATRIMONIO DI DIO CON EFRAIM: Si noti che questo proclamatore non
parlò a tutto l’antico Israele, ma solo a Efraim, il regno del nord. In Osea 2
troviamo dapprima il ripudio di un marito verso una moglie adultera,
ossia l’annullamento del patto da parte di Dio verso l’idolatra e abominevole
Israele (o Efraim; vv. 1s). Poi, vengono descritte le sanzioni (vv.
3s.6.9-13), dichiarate le motivazioni (v. 5), espresso l’intento di ritornare al
primo marito (v. 7) e l’ingratitudine della moglie fedifraga (v. 8). Poi, Dio
parlò di un tempo simile all’esodo, in cui attrarrà Israele (o Efraim)
nel deserto, per portare tale moglie infedele alla ragione e per poi restituirle
quanto Egli le tolse (vv. 14s). Ella riconoscerà in Lui il suo legittimo
marito, ossia il Dio del patto; ed Egli la fidanzerà in perpetuo con
sé su una base di legittimità e clemenza (vv. 19s). Sarà un tempo di
pacificazione con la natura e sul piano politico, che darà loro sicurezza
(v. 18). Sarà un tempo di grande abbondanza e benedizione (vv. 21s). Israele
stesso sarà seminato come un seme nella Terra promessa e sarà oggetto della
compassione divina (ruchāmāh);
all’interno del ristabilimento del patto, il «non popolo mio» (lo’-`ammî)
sarà chiamato «popolo mio!» (`ammî);
ed Efraim gli risponderà: «Mio Dio!» (’ëlohāj
lett. «mio tremendo [= autorità]; v. 23).
Bisogna ammettere con sincerità che
una tale epoca non c’è mai stata al tempo dell’AT. Quanto Zerubabele
tornò in patria con appena 50.000 persone (536 a.C.), solo il territorio
dell’antico regno di Giuda era rimasto disabitato. L’antico regno del nord era
occupato da popolazioni pagane, che gli Assiri avevano portato lì subito dopo il
722 a.C. Quindi, oltre al fatto che la stragrande maggioranza degli Israeliti (o
Efraimiti) erano rimasti nella diaspora (= disseminazione fra le nazioni), non
era possibile seminarli nella loro antica terra. Inoltre, mancava la
pacificazione con la natura, e l’epoca paradisiaca di giustizia e pace per il
riunificato regno, di cui ci parla anche Isaia (Is 11,6-16). Giuda era una
provincia di un impero straniero e tale rimase perlopiù nei secoli. Tale epoca
non avvenne neppure al tempo del NT, poiché i Giudei avevano rifiutato il
Messia-Re e il regno.
Tale epoca verrà inaugurata dal Signore Gesù all’inizio del suo regno
millenniale. Paolo parlò dei credenti del nuovo patto come una casta vergine,
che egli aveva fidanzato a un unico sposo, Cristo (2 Cor 11,2). Non a caso
l’atto che lo precederà l’inizio del regno escatologico verrà chiamato «nozze
dell’Agnello» (Ap 19,6ss); i santi (credenti dell’AT e del NT) sono chiamati la
«sua sposa» (vv. 7s) e, in seguito, «la sposa, la moglie dell’Agnello» (Ap 21,9;
cfr. v. 2; 22,17). Fino a quel tempo, le dodici tribù possono solo sperano di
vedere il compimento della promessa fatta da Dio ai padri d’Israele (At 26,7),
visto che fin lì non era ancora avvenuto.
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Infatti, al tempo di Giacomo, le dodici
tribù erano ancora nella dispersione (Gcm 1,1; cfr. 1 Pt 1,1).
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Nov_Patt2_Os_R34.htm
12-02-2016; Aggiornamento: 07-03-2016 |