Come si vede dall’indice, questo confronto con Fernando De Angelis si estende
per sei parti. Qui di seguito riportiamo la
prima parte.
1. ENTRIAMO IN TEMA: Fernando De Angelis ha preso posizione sul
mio articolo «È
mai stato stipulato un nuovo patto nell’AT?». Egli mi scriveva: Caro Nicola,
dopo aver ricevuto il link del tuo studio e averlo letto, ho subito pensato di
risponderti dopo qualche giorno, ma non ho potuto fare a meno di coinvolgermi; e
la notte mi ha «portato consiglio»: quello di risponderti subito, cercando di
essere semplice.
In tal modo, Fernando e io abbiamo concordato un dialogo, limitato nel tempo, su
tale argomento. Per non appesantire troppo i lettori, divido le questioni in
blocchi, che costituiscono articoli differenti. Qui di seguito riporto le prime
due questioni.
A Fernando De Angelis mi lega un’amicizia, nata molti anni or sono, che mi portò
a coinvolgerlo nel mio sito «Fede controcorrente», su cui diedi ospitalità a «Proiezioni
Culturali» e al «Dizionario
sull’evoluzione», tuttora esistenti. Poi, egli disse di aver esaurito la sua
carica e rallentò la collaborazione. Intanto, aveva cominciato a
«veterotestamentizzare» il NT e a «neotestamentizzare» l’AT, e ciò ha portato
fra di noi una certa «distanza teologica». La stima sul piano umano non è mai
venuta meno.
2. I PROFETI ERANO PREDICATORI PIÙ CHE SCRITTORI?
2.1. LE TESI (Fernando De Angelis): Noi oggi «leggiamo il
libro» di Geremia e spesso teniamo poco conto che Geremia «predicava» in
pubblico, per essere utile al popolo del suo tempo. Prima di chiedermi cosa vuol
dire «a me» Geremia, allora, mi chiedo cosa capivano i suoi
ascoltatori, nei panni dei quali cerco di mettermi.
Per comprendere Geremia, i suoi ascoltatori non usavano certo la Lettera agli
Ebrei, mentre è certo che conoscessero i profeti precedenti. Siccome il «nuovo
patto di Geremia» riprende un tema già trattato anche da Mosè, Osea e Isaia,
allora ci può essere d’aiuto fare una sintesi della base che Geremia
presupponeva nei suoi ascoltatori.
2.2. OSSERVAZIONI E OBIEZIONI
(Nicola Martella): Chiaramente Geremia e i suoi colleghi erano «proclamatori»
(gr. profẽtai), ossia
annunciavano pubblicamente la parola dell’Eterno. Ed era chiaro che tale parola
di giudizio o di promessa doveva avere a che fare con le persone reali, a cui il
proclamatore parlava, e con i loro discendenti.
Che tali parole potessero essere anche lette, è mostrato proprio dal libro di
Geremia: Dio gli ingiunse di scriverne una prima edizione. «Scrivi
in un libro tutte le parole, che ti ho dette: poiché...» (Gr 30,2ss).
Non sappiamo se si trattava di una prima edizione, visto che anche in seguito
troviamo una tale ingiunzione da parte di Dio, perché Geremia scrivesse
un libro di proclamazioni (Gr 36,1ss). Egli
dettò a Baruk l’intero libro (vv. 4.18), poi gli
dette l’ordine di andare presso il tempio e di leggerlo al popolo (vv.
5s), come poi avvenne (vv. 8.10.15). Quando tale esemplare cadde nelle mani
del re Jojachim, che tagliuzzò il rotolo e lo gettò nel braciere (v. 23).
Fatto sta che Dio ordinò a Geremia di scrivere un’ennesima edizione: «E
dopo che il re ebbe bruciato il rotolo e le parole che Baruk aveva scritte a
dettatura di Geremia, la parola dell’Eterno fu rivolta a Geremia in questi
termini: “Prenditi di nuovo un altro rotolo, e scrivici tutte le parole di
prima, che erano nel primo rotolo, che Joiakim re di Giuda ha bruciato» (Gr
36,27s; cfr. 51,60).
L’ingiunzione di Dio a scrivere, per conservarne il ricordo o perché tutti
potessero leggere, si trova riguardo a
Mosè (Es 17,14; 34,1.27; 31,19), ed egli
scrisse in un libro tutte quante le parole di questa
legge (Dt 31,9.24; cfr. Es 24,4; Dt 31,22); il re doveva possedere una
copia dell’intera legge (Dt 17,18). Tali parole potevano essere riprodotte, tra
altre cose, su stipiti e porte (Dt 6,8s; 11,20) o su un monumento (Dt 27,3.8).
Giosuè
riprodusse la legge di Mosè su pietre (Gs 8,32), ossia perché tutti potessero
leggerle su tale monumento. Egli stesso scrisse alcune cose nella legge di Dio
(Gs 24,26).
Anche ai profeti fu ingiunto di scrivere i loro messaggi in rotoli (Is
30,8) o su tavole pubbliche, perché le parole dell’Eterno fossero accessibili al
popolo (Is 8,1; 30,8). Il primo dei profeti,
Samuele, «espose al popolo la legge del regno e la scrisse
in un libro» (1 Sm 10,25). Ad Habakuk fu
ingiunto: «Scrivi la visione, incidila su delle tavole, perché
si possa leggere facilmente» (Hb 2,2).
Quindi, la parola proclamata e la parola scritta (e poi letta) erano una
costante presso Mosè e presso i proclamatori d’Israele. Nel libro dei Re e
delle Cronache vengono citati opere di proclamatori, che oggigiorno non
possediamo più in forma autonoma (1 Cr 29,29; 2 Cr 9,29).
3. GIÀ MOSÈ ANNUNCIA IL «NUOVO PATTO»?
3.1. LE TESI (Fernando De Angelis): Sai bene che la fine del
Deuteronomio (capp. 28-33) costituisce «l’impianto predizionale dell’AT»,
cioè una cornice entro la quale si manterranno i profeti successivi. Sintetizzo
quanto scritto in 30,3-6: «Il tuo Dio farà
ritornare i tuoi dalla schiavitù […] il tuo Dio circonciderà il tuo
cuore e il cuore dei tuoi discendenti». Già Mosè, dunque, collega un’opera
di Dio «nel cuore» (credo concepibile solo come «grazia») con il ritorno da una
schiavitù che Israele si meriterà.
3.2. OSSERVAZIONI E OBIEZIONI (Nicola Martella): Come ben sai, il
termine tecnico «impianto predizionale dell’AT» l’ho coniato io stesso
nelle mie lezioni teologiche e si trova nelle mie opere da lungo tempo, oltre
che nella mia opera «Radici 1-6» (Panorama dell’AT), anche nel
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma
2002): «Impianto predizionale e predizione profetica», p. 184; «Impianto
predizionale», pp. 184s.
Mosè parlò di un grande ritorno, dopo una grande apostasia, un grande
giudizio storico e una grande dispersione. Non disse quando ciò si sarebbe
temporalmente avverato. Questo fu compito dei proclamatori dell’AT, ai
quali Dio rivelò sulla base di tale «impianto predizionale» tasselli nuovi per
il grande puzzle teologico dell’AT. Come Mosè e i proclamatori indicavano, ciò
doveva accadere in tempi escatologici, in connessione dell’avvento di uno
specifico portavoce di Dio, per così dire un nuovo Mosè (Dt 18,15-19), e
un nuovo Davide (Ez 34,23s; 37,24s).
Già Mosè annunciò il «nuovo patto»? In senso stretto no. Infatti, tale
rinnovamento spirituale d’Israele, connesso al ritorno in patria e alla
conversione collettiva, non era visto da Mosè in funzione di una nuova legge
(ogni nuovo patto la necessita, per essere tale; cfr. Eb 8,13), ma del
mettere «in pratica tutti questi comandamenti, che oggi ti do» (Dt
30,8). Il vero «nuovo patto» prevede il superamento del regime legale
precedente, che così viene messo definitivamente in ombra
(Eb 10,1).
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Nov_Patt1_M+P_R12.htm
06-02-2016; Aggiornamento: 07-03-2016 |