Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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   Ecco le singole parti principali:
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DINAMICHE E CONFLITTI NEL CONSIGLIO DI CHIESA?

PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo gli articoli «Consiglio di chiesa 1: Natura e dinamiche» e «Consiglio di chiesa 2: Conflitti interni».  

     Nella prima parte abbiamo mostrato che un «consiglio di chiesa» è per definizione biblica solo un «collegio degli anziani». Sebbene in una fase missionaria i conduttori (missionari) possano coinvolgere i loro collaboratori più maturi per fini propedeutici e di preparazione, ciò non rende tali collaboratori dei «quasi anziani», ma la loro funzione è solo interlocutoria e di consiglio, non decisionale o deliberativa.

 

Nella seconda parte abbiamo mostrato le origini e le cause dei conflitti interni al «consiglio di chiesa» sia nella fase missionaria, sia nella fase successiva. Abbiamo anche mostrato l’analisi biblica di tali fenomeni e le conseguenze di questioni quali l’abuso d’ufficio, l’arbitrio e l’autoritarismo.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Prima parte: Natura e dinamiche 2. Seconda parte: Conflitti interni

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Prima parte: Natura e dinamiche}

 

Danilo Ristagno: È uno studio, al quale è inutile aggiungere qualcosa. Condivido a pieno tutti i punti toccati dal fratello Nicola Martella. A mio avviso, è uno studio ben fatto, che non lascia spazio a inutili opposizioni. {11-05-2015}

 

Michele Granato: Nicola, almeno per questo primo articolo non sono stati volutamente ancora indicati spunti o problematiche, sulle quali poter discutere con un eventuale nostro contributo. Per quanto mi riguarda, aspetto quindi con piacere di leggere anche il tuo secondo articolo, che dà, come promette in premessa, «conflitti interni e valutazioni»; sicuramente potremo valutarne volentieri gli aspetti. {11-05-2015}

 

Nicola Martella: Michele Granato, ti faccio notare che il secondo articolo è uscito da tempo: «Consiglio di chiesa 2: Conflitti interni». Ora, se vorrai, nulla vieta che onori le tue promesse... J

 

Tonino Mele: Condivido quanto dici che un «consiglio di chiesa» dovrebbe essere uno «strumento» nelle mani del collegio degli anziani per aiutarli a svolgere al meglio e con maggior coinvolgimento della chiesa, il loro ruolo, ma non può e non deve prendere il posto della conduzione. {12-05-2015}

 

Nicola Martella: Caro Tonino, qui tu usi «consiglio di chiesa» nell’accezione d’incontro del «collegio degli anziani» con i collaboratori; effettivamente in alcune chiese si possono usare queste locuzioni in tale modo, mentre in altre esse sono equivalenti («consiglio di chiesa» = «collegio degli anziani»). Io stesso ho parlato del fatto che nella fase missionaria di un’opera, il missionario può coinvolgere i collaboratori più maturi ai fini di una preparazione per imparare ad affrontare i problemi dell’assemblea. In ogni modo, una qualsiasi riunione di conduttori e collaboratori (comunque la si vorrà chiamare) non abilita questi ultimi a esercitare voti e veti, a decidere e deliberare, rimanendo la loro funzione esclusivamente interlocutoria e di consiglio. Dove ciò capitasse, rappresenterebbe un palese abuso rispetto alle chiare norme bibliche. Le guide, i «sorveglianti», i titolari, i pasturanti ecc. rimangono sempre e soltanto i conduttori o anziani; in una chiesa in fase missionaria tale funzione è rivestita dai missionari.

 

Guerino De Masi: Sto seguendo con interesse l’argomento. Non tieni conto forse dei casi di «riprensione», che prevedono come ultima istanza la convocazione di tutta chiesa? Forse e probabilmente non per decidere, ma per essere testimoni di un iter giunto al suo triste finale. Scrivo questo perché mi sembra che l’articolo sta appunto per correggere una «prassi», che qualche volta è invocata per le decisioni di chiesa e che, da come hai giustamente evidenziato, spetta agli anziani. Quando ci sono davvero... {12-05-2015}

 

Nicola Martella: Caro Guerino, questo articolo è il primo, in cui affronto la natura di un «consiglio di chiesa»; poi ne seguirà un altro, in cui affronto le problematiche interne, quindi anche il rapporto fra conduttori e assemblea di chiesa.

     Giustamente, l’assemblea di chiesa (quando la chiesa è costituita e non è in una fase iniziale o missionaria) è la massima istanza. Infatti, in una comunità costituita (ossia non più in fase missionaria) è l’assemblea di chiesa a riconoscere o destituire conduttori. Ciò vale, ad esempio, anche quando i conduttori hanno questioni e posizioni inconciliabili fra loro o quando uno di loro prende provvedimenti unilaterali per la chiesa o addirittura contro uno dei conduttori. In tali casi, è l’assemblea di chiesa a dover prendere provvedimenti. Approfondirò tali aspetti nel prossimo articolo.

 

Nicola Martella: Chiaramente l’ecclesiologia delle chiese, che hanno un pastore, modifica un po’ il quadro biblico, che prevede solo «sorveglianti» (episcopi, conduttori, anziani) e «collaboratori» (diaconi, esecutori, coadiutori). In una conduzione monarchica e non collegiale, la figura del «pastore» (nel NT è una funzione, non un titolo) declassa gli altri responsabili (anziani) a suoi collaboratori, mentre i cosiddetti diaconi diventano così collaboratori in cose solo pratiche (sacrestani, manutentori, ecc.). Ma affrontare qui questo tema ci porterebbe troppo lontano. [ Conduzione monocratica o collegiale?; La conduzione, i suoi sistemi e pericoli]

 

 

2. {Seconda parte: Conflitti interni}

 

Rita Fabi: Ho letto tutto quanto e onestamente devo dire che questi descritti nella tua nota, caro Nicola, sono davvero casi gravi; è come se il mondo entrasse nella chiesa con i suoi metodi subdoli, per minarne le basi.

     A me viene in mente che anche il codice penale descrive l’abuso di ufficio come un reato «L’abuso d’ufficio, disciplinato dall’art. 323 c.p., si verifica quando un Pubblico Ufficiale o un incaricato di Pubblico servizio, approfittando della posizione rivestita, procura, volontariamente, a sé o ad altri, un ingiusto vantaggio patrimoniale, oppure arreca ad altri un danno ingiusto». Nei casi trattati dalla nota di certo il collaboratore con il suo comportamento arreca ad altri un danno ingiusto. Direi addirittura che in questo caso si può parlare di usurpazione, in quanto nei casi descritti s’invadano funzioni, che in modo assoluto non si possono esercitare.

     In effetti ho visto che il termine greco diákonos significa «colui che serve a tavola»; per cui certamente il suo ruolo è di servire e di essere di ausilio per i conduttori, non certo di prendere iniziative personali o assumere atteggiamenti come quelli descritti.

     Il collaboratore è chi collabora, chi partecipa attivamente a un lavoro comune. Deriva da «collaborare», composto da cum «con, insieme» e laborare «lavorare». Lavorare insieme. Il verbo dice inoltre che questo lavorare comporta questo: l’adesione al lavoro, l’intenzione di aiutare gli altri, non certo di creare danno.

     I diaconi sono funzionari della chiesa, chiamati a coadiuvare i sovrintendenti in cose delicate e sacre; perciò bisogna che posseggano anch’essi le qualità e le virtù descritte. Anzitutto, essi devono essere persone con questi prerequisiti: rispettabili per carattere, onorevoli, non doppi in parole, che non dicano oggi sì, domani no, all’uno una cosa e all’altro il contrario; che mantengano quello che promettono. I diaconi essendo chiamati a venire a contatto con molti fratelli, devono essere leali, se vogliono conservare la fiducia della chiesa. Chi non è fedele nelle piccole cose, non lo sarà nelle grandi. Onestamente, se dovessi esprimere un’opinione, direi che in questo caso agirei come in un esercito, dove se un collaboratore sbaglia, creando gravi conseguenze, viene retrocesso al ruolo più inferiore, che esiste e deve ricominciare nel suo cammino militare da zero. Ogni chiesa particolare è una casa di Dio, come lo è, nella sua grande unità spirituale la chiesa nel suo insieme; ed essendo Dio un Dio di ordine, di santità, di verità e di amore, tutto nella sua casa deve uniformarsi allo Spirito del Signore della casa, altrimenti si perde la conformità con il Signore. {18-05-2015}

 

Ivaldo Indomiti: Ho letto con immenso piacere la tua esposizione. Non solo la condivido, ma mi complimento per lo spessore spirituale, che contiene. L’analisi, che hai fatta, caro Nicola, è purtroppo reale più di quanto si possa immaginare. Le linee guida, che hai tracciato, le trovo ineccepibili. Se i conduttori delle chiese ascolteranno questi consigli, è certo che il progresso spirituale avrà campo libero, e la chiesa stessa ne trarrà beneficio alla gloria di Dio. {19-05-2015}

 

Michele Granato: In effetti, quello che hai scritto ricalca quanto riportato nel NT. Anche se sento non di correggere un errore, ma semmai di evidenziare solo un probabile «sbilanciamento» delle problematiche interne verso la parte dei collaboratori («diaconi») più che da parte dei conduttori pastorali («episcopi - presbiteri»). Tale «sbilanciamento», se cosi posso definirlo, è probabilmente dovuto e motivato giustamente da esperienze vissute da vicino?

     Comunque sia, non voglio soffermarmi tanto sull’aspetto esegetico di alcune affermazioni rimarcate dell’articolo, se non soltanto il ricordare, cosa già accennata, che in alcuni rari casi anche gli apostoli possono essere disciplinati o ripresi, seppur nel giusto modo, a causa di un palese abuso di potere o d’incoerenza dottrinale, come nel caso di Pietro apostolo ripreso pubblicamente da Paolo da Tarso.

     Quindi al di là del fatto, del tutto scontato, che il modello biblico del governo della chiesa vada sempre ricercato, colto, compreso, rispettato e praticato il più fedele possibile al modello neotestamentario, mi preme però anche sottolineare che il modello biblico del collegio degli anziani di per sé, come con altri modelli differenti di governo ecclesiastico, non garantisce di per sé obbligatoriamente sempre e ovunque il buon funzionamento etico di un tale collegio di chiesa, se poi non si realizzano una sana e genuina purezza di cuore, che ci preserva da tutte le problematiche elencate nell’articolo. Quindi, molte volte si può assistere anche a uno «sbilanciamento» di propositi, quando ci si sofferma nel proposito di ricercare più la forma di governo di chiesa che il contenuto etico, che un tale governo di chiesa debba proporsi di mantenere.

     Quindi, senza retorica, non dimentichiamoci che se la forma è importante, la sostanza lo è ancor di più; perciò, il contenuto (un cuore puro e timoroso di Dio e della Sua Parola) vale più del contenitore (ogni modello o forma di governo di chiesa, che si voglia adottare)! {05-06-2015}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Cdc_D+C_EdF.htm

03-06-2015; Aggiornamento: 28-07-2015

 

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