Nell’articolo
precedente abbiamo approfondito che cosa sia il consiglio di chiesa, quindi la sua natura e
le sue dinamiche interne. In questo articolo
approfondiamo i possibili conflitti, che possono nascere all’interno del
consiglio di chiesa, come valutarli e affrontarli.
Abbiamo visto che, sebbene il «consiglio di chiesa» sia biblicamente solo un
«consiglio di anziani», nella fase missionaria di un’assemblea, i
missionari possono coinvolgere in esso anche i collaboratori (diaconi,
servitori, ecc.), alfine di prepararli.
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Come abbiamo potuto constatare, i collaboratori non hanno funzioni
decisionali e deliberanti in tale «consiglio», ma solo
di interlocuzione e di consiglio rispetto ai missionari, che fungono anche da
conduttori in tale fase. Qui di seguito trattiamo per lo più tale situazione e
altre simili, in cui sono previsti incontri regolari fra conduttori e
collaboratori.
1. IL
DOVERE DEI COLLABORATORI VERSO I CONDUTTORI: Abbiamo visto che i
collaboratori sono assistenti, coadiutori ed esecutori rispetto ai
conduttori; perciò sono chiamati al secondo posto (Fil 1,1; 1 Tm 3,1.8). Essi
dovevano avere certe qualità umane, morali e spirituali (1 Tm 3,8ss.12s);
per questo, prima di servire, dovevano essere provati, dimostrando di essere
irreprensibili (1 Tm 3,10). Chiaramente dovevano essere un
esempio per gli altri credenti nell’usare «doppio onore» verso i
conduttori (1 Tm 5,7), nella sottomissione e nell’ubbidienza alle guide della
chiesa (Eb 13,17).
In caso contrario, allora come oggi, essi si squalificano e mostrano di
non essere degni di ricoprire tale funzione ministeriale, poiché rappresentano
un pericolo per la stabilità e lo sviluppo dell’opera ecclesiale.
2.
L’ABUSO D’UFFICIO: I collaboratori (diaconi, ecc.)
abusano della loro posizione, quando si atteggiano a «quasi anziani» e
lavorano in contrasto con i conduttori legittimi o ledono la loro fiducia.
Abbiamo visto che il loro compito è quello di assistere i conduttori e di
consigliarli, quando richiesto, ma mai di decidere e deliberare. Dove ciò
avviene, rappresenta un abuso; tale collaboratore si squalifica, è degno di
disciplina e, nei casi più gravi, di essere rimosso da tale incarico.
La cosa singolare è che alcuni collaboratori pensano di poter processare un
conduttore (missionario, pastore, ecc.), basandosi arbitrariamente su
1 Timoteo 5,20s!
Ecco qualche nota esegetica al riguardo. Se si legge bene il contesto, si
prenderà atto che la raccomandazione valeva per il missionario Timoteo verso
gli «anziani» della comunità, non al contrario; essa non valeva
assolutamente per collaboratori verso i conduttori, né per un conduttore verso
un altro, suo collega. Il verso 19 recita: «Tu [Timoteo]
non ricevere accusa contro un anziano».
Il «tu riprendili» si riferiva al missionario Timoteo. Quindi, se proprio
si vuole interpretare correttamente il brano, ognuno deve associarsi
nell’interpretazione e nell’esecuzione all’ingiunzione dell’apostolo: «Tu
[Timoteo]
osservi queste cose senza prevenzione, non
facendo nulla con parzialità»
(v. 21). Questa è l’interpretazione contestuale; le odierne applicazioni non
possono esulare dal contesto originario. Qui si tratta, quindi, della fase
missionaria di una chiesa, in cui il missionario rappresenta ancora
l’autorità superiore nella comunità. Ribadisco che nessun conduttore può trarre
da questo brano l’autorizzazione per procedere contro un suo collega, né tanto
meno possono farlo i collaboratori contro un conduttore.
3.
ALCUNI CASI CONCRETI: Abbiamo visto che, quando una chiesa è
nella fase missionaria, i missionari possono far partecipare i collaboratori al
«consiglio di chiesa», alfine di prepararli a come gestire l’assemblea e ai
compiti futuri. Tuttavia, laddove scavalcano le loro competenze, si rendono
colpevoli. Ecco qui di seguito alcuni casi concreti, quando ciò avviene.
■ Un collaboratore, invece di andare privatamente da un conduttore, per chiarire
le cose che lo travagliano, lo
aggredisce verbalmente e gli fa pesanti rimostranze durante l’incontro del
«consiglio di chiesa». Egli travalica così i limiti della sua funzione di
assistente e, atteggiandosi a «quasi anziano», prende un ruolo che non gli
compete.
■ Un collaboratore rende pubbliche tra i membri dell’assemblea questioni
riservate ai soli membri del «consiglio di chiesa».
■ Un collaboratore si lamenta con terze persone
di un conduttore, che non fanno parte della comunità, invece di recarsi da lui
per chiarire le cose.
■ Un collaboratore manda la corrispondenza privata, intercorsa tra lui e
un conduttore, ad altri membri del «consiglio di chiesa» o ad altri credenti
dell’assemblea. Questo è un atto moralmente riprovevole.
■ Un collaboratore si prende gioco di un conduttore, disonorandolo
dinanzi ad altri, per iscritto o per via telematica. Si tratta di un atto
scurrile, con cui egli si siede sul «banco degli
schernitori»
(Sal 1,1) e con cui infrange il precetto del
«doppio onore», con cui dovrebbe trattare un conduttore (missionario, pastore,
ecc.; 1 Tm 5,17); così facendo, tale collaboratore mostra che non è
irreprensibile (1 Tm 3,9s) e, quindi, degno di rivestire tale ruolo.
■ In un gruppo di un social network, dove sono iscritti molti credenti della
stessa comunità, un collaboratore litigando con un membro di chiesa, getta fango
e sospetti su un conduttore, ipotizzando che quest’ultimo stia aizzando
tale credente contro di lui. Questo è un atto indegno per un collaboratore.
■ Due o più collaboratori in concerto o processano uno dei conduttori nel
«consiglio di chiesa» e si ergono a giudice su di lui. La cosa più grave è se
ciò accade col consenso di un altro conduttore (missionario, pastore, anziano,
ecc.). Qui i collaboratori prendono il sopravvento su chi presiede (1 Tm 5,17);
gli assistenti si fanno giudici del sovrintendente (epískopos;
1 Tm 3,2). È un atto di ribellione, moralmente riprovevole e biblicamente degno
di giudizio.
■ Due o più collaboratori si incontrano e in concerto prendono
importanti decisioni di chiesa, senza la presenza di tutti i conduttori e
magari a discapito di uno di loro. Questo significa infrangere i limiti delle
proprie competenze, che la Scrittura prevede. È un atto riprovevole e
squalificante, rappresentando un abuso d’ufficio.
■ Due o più collaboratori si incontrano senza la presenza di tutti i conduttori
e in concerto formulano un verdetto contro uno dei conduttori e gli
impongono delle sanzioni ecclesiali. La cosa più grave è se ciò accade col
consenso di un altro conduttore (missionario, pastore, anziano, ecc.). Questo è
un atto arbitrario, che non spetta ai collaboratori. Prendere decisioni
vincolanti e formulare verdetti, è un’incombenza esclusiva dei conduttori
(missionari, pastori, ecc.) e deve avvenire col chiaro consenso di tutti loro;
inoltre, per questioni importanti o gravi, ci vuole l’avvallo dell’intera
assemblea di chiesa.
■ Uno o più collaboratori comunicano in un gruppo di un social network, a
cui sono iscritti molti membri di chiesa (e altri) il loro verdetto
contro uno dei conduttori e le sanzioni ecclesiali, che essi hanno elaborato. La
cosa più grave è se ciò accade col consenso di un altro conduttore (missionario,
pastore, anziano, ecc.). Questo è un atto moralmente riprovevole, e mostra
l’indegnità spirituale e morale a rivestire il ruolo, che detengono nella
chiesa.
■ Uno o più collaboratori contattano privatamente alcuni membri di
chiesa, per mettere in cattiva luce uno dei conduttori dell’assemblea,
per rivelare loro cose riservate e per giustificare i propri atti contro di lui.
Questo atto rappresenta una rottura della fiducia, riposta dal conduttore nel
collaboratore, della lealtà e dell’irreprensibilità, che gli si richiede, e
quindi squalifica tale persona rispetto alla funzione, che doveva svolgere.
4.
VALUTAZIONE BIBLICA DI TALI CASI
■ Atti arbitrari di collaboratori: Abbiamo visto che il «consiglio di
chiesa» è nella Bibbia un «consiglio di anziani» soltanto. Ai
collaboratori (diaconi, ecc.) non è biblicamente permesso di mettere sotto
accusa e giudizio un conduttore (missionario, pastore, anziano, ecc.). Dove ciò
avviene, tutti i loro atti ecclesiali sono arbitrari e nulli dinanzi al
Signore; inoltre si tratta di ribellione al Signore e al suo ordinamento.
Dove avvengono cose del genere, sopra descritte, tali collaboratori agiscono in
modo moralmente riprovevole, sono biblicamente colpevoli, si sono arrogati una
funzione, che non spetta loro, e si pongono sotto il giudizio di Dio. Tale modo
di fare è paragonabile alla ribellione di Kore, Datan, Abiram e altri
contro Mosè e Aaronne (Nu 16,1ss; Gd 1,11),
cosa che Dio punì pesantemente (Nu 16,31ss).
Chi si conduce come un calunniatore, diffamando uno dei conduttori agli
occhi degli altri, siano membri di chiesa o altri credenti, si comporta in pieno
contrasto con la sacra Scrittura (Lv 19,16; Pr
10,18), non mostra di essere un «uomo dabbene» (Mt
12,34-37) e dimostra di essere indegno di continuare a rivestire il ruolo
di collaboratore, mancando anche della qualità dell’irreprensibilità.
Parimenti tali collaboratori mostrano di non essere degni di rivestire la
funzione ministeriale di collaboratori dei conduttori, e dovrebbero essere messi
sotto la disciplina di chiesa; tale sanzione varia, secondo i casi, dal
rimprovero pubblico dinanzi alla chiesa, al fatto che gli venga disconosciuta la
funzione di collaboratore e fino all’allontanamento dalla chiesa locale.
■ Atti arbitrari di un conduttore contro un altro: Laddove un conduttore
(anziano, missionario, pastore, ecc.) si coalizzasse con dei collaboratori
ribelli, esprimendo verdetti ufficiali e sanzioni su un altro conduttore, essi
tutti si comporterebbero in modo colpevole; inoltre tali loro delibere sarebbero
arbitrarie e nulle
dinanzi al Signore. Infatti, un conduttore non può fare una cosa del genere
contro un suo collega, poiché riveste così il ruolo di parte in causa e
parimenti di giudice. Qualcosa di simile avvenne a Mosè per mano di Aaronne e
di Maria, che lo screditarono dinanzi al popolo (Nu
12,1ss); anche qui ci fu la sanzione divina.
Un conduttore non può neppure costringere un suo collega a dimettersi o
ad abbandonare la chiesa, arrogando solo per sé il diritto a condurla o
addirittura la proprietà della chiesa locale. Egli non ne ha l’autorità biblica;
e dove ciò avvenisse, si tratterebbe di colpevole autoritarismo (cfr. Diotrefe).
La massima istanza, che può decidere fra un conduttore e l’altro è è
l’assemblea di chiesa. [►
L’ultima istanza nell’assemblea locale]
Dove però un conduttore ha agito in modo biblicamente e moralmente arbitrario
contro un altro conduttore, ventilando di essere il padrone della chiesa e
l’unica autorità in essa, egli ha infranto il rapporto di fiducia e di lealtà,
mostra di rivestire indegnamente tale funzione ministeriale, si è reso colpevole
e, a ragion di cose, oltre a ravvedersi e a riparare quanto ha infranto,
dovrebbe rimettersi al giudizio dell’assemblea di chiesa e, per motivi di
coscienza, dovrebbe ritirarsi dal suo ruolo.
►
Dinamiche e conflitti nel consiglio di chiesa? Parliamone {Nicola Martella}
(T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Cdc2_confl_Avv.htm
22-04-2015; Aggiornamento: 28-07-2015 |