Gianni Geraci
reagisce qui all’articolo «La
fornicazione omosessuale»
di Veglio Jugovac. Questo testo avrebbe dovuto trovare posto nel tema di
discussione «Omosessualità
è fornicazione? Parliamone»,
ma data la sua lunghezza e complessità abbiamo preferito metterlo extra. Con lui
abbiamo già avuto modo di discutere su questo tema. [►
Per i gay anche Gesù e alcuni apostoli erano tali? Parliamone 2]
Egli come cattolico appartiene al variegato mondo delle «Comunità di base»
(specificatamente al movimento «Noi siamo chiesa») ed è un omosessuale
militante, per di più favorevole alla partecipazione degli omosessuali
d’ispirazione cristiana alla partecipazione al Gay Pride, la kermesse
dell’orgoglio omosessuale. Sebbene non concordiamo in molti degli aspetti delle
reciproche posizioni, abbiamo potuto parlare nel merito con pacatezza, sebbene
egli sia a tratti pungente e caustico. Anche i nostri approcci sono differenti:
per quanto ho capito, egli parte più da una visione umanistica e dalla cultura
odierna e cerca una sintesi tra cristianesimo ed etica corrente. A me interessa
primariamente l’esegesi della Parola di Dio, visto che è essa che giudica le
menti e i cuori e li libera. «La parola di Dio è vivente ed efficace, e più
affilata di qualunque spada a due tagli, e penetra fino alla divisione
dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolle; e giudica i
sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12).
Possiamo comunque essere contenti di poterci parlare con serenità su un tema
così controverso e da Gianni Geraci particolarmente sentito, essendo egli
dichiaratamente «gay inside», come lo definirei. Chiaramente per me tale
posizione è inconciliabile, se intende una pratica omosessuale, con l’essere
«Jesus inside», ossia avente Gesù internamente coabitante. [►
Alternative bibliche al gay inside e al gay pride]
Per la sua posizione a favore del Gay Pride rimando all’articolo «Gay
Pride e gay “cristiani”».
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1. Le tesi
{Gianni Geraci}
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Ormai ho cinquant’anni e debbo confessare d’aver passato una buona parte di
questi cinquant’anni a chiedermi cosa significasse, nella mia vita, fare la
volontà di Dio. Per quel che concerne l’omosessualità ho sempre osservato che
Gesù, nel vangelo, non ne parla mai.
Anche la Bibbia, quando ne parla, ne parla in termini
che difficilmente sono paragonabili alla condizione esistenziale di quanti, come
me, vivono l’omosessualità nel XXI secolo.
Quelle che invece ho trovato nel Vangelo sono delle
parole di ferma condanna per qualunque forma d’ipocrisia. Tra queste forme di
ipocrisia cono convinto che ci sia anche quella dei tanti omosessuali che dicono
di vivere una continenza che, in realtà non cercano. Ho poi scoperto che
qualunque cammino verso la castità, ovvero verso una sessualità vissuta al
servizio della vita e dell’amore, presuppone una maturità affettiva solida, che
non si concilia con l’abitudine, che molti omosessuali credenti hanno, di non
dire la verità su se stessi. E così, a un certo punto, quando le persone mi
chiedevano come potevano conciliare la loro vita di fede con la loro
omosessualità, ho iniziato a proporre un cammino che partiva dalla lotta contro
l’ipocrisia: sarebbe poi stato Dio a far capire a ciascuno i modi concreti in
cui questa conciliazione avrebbe dovuto realizzarsi pienamente. Il gay pride è
appunto uno dei momenti principali di questa lotta contro la propria ipocrisia.
Ecco perché io consiglio sempre agli omosessuali credenti di superare le paure e
di camminare insieme alle tante persone che, come loro, dichiarano pubblicamente
d’essere omosessuali. Si tratta di fare come Gesù, che s’accompagnava a tutti, e
non stava a guardare i commenti che la gente faceva sui suoi compagni di strada.
Si tratta di fare come Davide, che per vivere fino in fondo il suo amore per
Dio, si è messo a ballare nudo (lui che era il re) davanti all’Arca. Si tratta
di fare come tutti coloro che scoprono che la volontà di Dio è molto più
importante dei giudizi di quanti confondono il messaggio evangelico con il
perbenismo piccolo borghese. Ma certe cose vanno sperimentate e Nicola Martella,
non essendo mai stato a un Gay Pride, non le può capire. Ecco perché, con la
buona fede che lo contraddistingue, si mette a sparare sentenze su una realtà
che gli sfugge e corre il rischio di dire delle sciocchezze. {15 giugno 2008}
2. Osservazioni e obiezioni
{Nicola Martella}
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Apprezzo come sempre i toni pacati, sebbene a tratti pungenti, di Gianni Geraci,
cattolico delle «Comunità di base» e attivista omosessuale. E questo rispetto ad
altre missive di membri delle stesse Comunità e del movimento «Noi siamo chiesa»
(NSC), i quali me ne hanno dette di tutti i colori, addirittura dipingendomi
come un «diavolo», pur reclamando l’amore per Gesù e di Gesù; ad esempio, devo
pensare a Paola (nickname paulinera) di NSC_ER e ad altri dello stesso gruppo. È
proprio vero che coloro che cercano tolleranza per sé, sono spesso i più
intransigenti e aggressivi. Con qualche eccezione, quelli più veementi li ho
trovato proprio tra coloro che, essendo gay, affermano d’essere pure cristiani.
Torniamo al più mite Gianni. Analizzo la sua lettera
passo per passo.
■ Quanto a Gesù, che non avrebbe mai parlato
dell’omosessualità, egli come rabbino non doveva far altro che portare la giusta
interpretazione della Torà. E questa era molto esplicita in merito. A quel tempo
l’omosessualità non costituiva argomento di dibattito, poiché tale costume
rappresentava un tale abominio nel giudaismo che i responsabili di ciò venivano
lapidati. Al tempo dei Maccabei già l’esposizione della nudità in pubblico,
durante i giochi ginnici imposti da Antioco Epifane,
fece traboccare il vaso e innescò la rivolta. Quindi nessun alibi. La pratica
omosessuale era considerata fornicazione. Gesù disse in merito: «Dal cuore
vengono pensieri malvagi, omicidi, adulteri, fornicazioni, furti, false testimonianze, diffamazioni.
Queste sono le cose che contaminano l’uomo» (Mt 15,19s); Mc 7,20ss è anche
più esplicito. Gesù considerava
qualsiasi tipo di fornicazione, quindi anche la pratica omosessuale, una
contaminazione della persona.
■ Sminuire la Bibbia per accreditare la propria
esperienza di persona del 21° secolo, non è una buona manovra. Le cose che
dissero Gesù, gli apostoli e Paolo, le affermarono in un ambiente minoritario,
qual era quello giudaico e quello cristiano, mentre nell’ellenismo la pratica
omosessuale era ovvia e accettata in tutte le sue sfumature. Ossia a quel tempo
affermare certe cose rendeva ancor meno amabili. Si noti che il primo Concilio,
quello di Gerusalemme, impose tra altre poche cose che i cristiani gentili si
astenessero proprio dalla fornicazione per poter avere comunione con i cristiani
giudei (Atti 15,20.29). Dopo anni e anni, ciò fu ricordato come un atto
ufficiale (Atti 21,25).
Paolo ebbe molto a che fare con la città di Corinto,
in cui la pratica dell’omosessualità in tutte le sue forme era scontata. Egli
impose ai cristiani del luogo di separarsi da chiunque che, chiamandosi
fratello, fosse un fornicatore (1 Cor 5,11). Egli li mise in guardia che «gli
ingiusti non erediteranno il regno di Dio» e tra di loro ci mise anche
«fornicatori, gli idolatri, gli adulteri, gli effeminati, i sodomiti» (1 Cor
6,9), ribadendo pure che
«il corpo però non è per la fornicazione, ma è per il Signore, e il Signore è
per il corpo» (v. 13). Infine, ingiunse: «Fuggite la fornicazione. Ogni
altro peccato che l’uomo commetta è fuori del corpo; ma il fornicatore pecca
contro il proprio corpo» (v. 18). Paolo temeva di dover piangere al suo
arrivo in Corinto riguardo a «molti di quelli che hanno per in precedenza
peccato e non si sono ravveduti della impurità, della fornicazione e della
dissolutezza a cui si erano dati» (2 Cor 12,21).
Anche ad altre chiese locali, che si trovavano in un
ambiente in cui era scontata la pratica della fornicazione in tutte le maniere
possibili, compresa quella omosessuale, Paolo scrisse ponendo precisi paletti
morali. L’apostolo, scrivendo ai Galati, mise in cima alle opere della
carne proprio «fornicazione, impurità, dissolutezza» (Gal 5,19).
Scrivendo la lettera circolare, chiamata agli
Efesini, Egli ribadì che, «come si conviene a dei santi, né fornicazione,
né alcuna impurità, né avarizia, sia
neppure nominata
fra voi», solo poi fece seguire il resto (Ef 5,3), poiché «nessun
fornicatore o impuro, o avaro (che è un idolatra), ha eredità nel regno
di Cristo e di Dio» (v. 5). Anche ai
Colossesi ingiunse di mortificare le membra terrene, elencando subito «fornicazione,
impurità, lussuria, mala concupiscenza e cupidigia» e ricordando che ciò è
degno dell’ira divina, che a praticare ciò sono i «figli della disubbidienza» e
che ciò appartiene al retaggio del passato: «In quelle camminaste un tempo
anche voi, quando vivevate in esse» (Col 3,5ss). Anche ai Tessalonicesi
scrisse: «Questa è la
volontà di Dio: che vi
santifichiate, che v’asteniate dalla fornicazione, che ciascun di voi sappia
possedere il proprio corpo in santità e onore, non dandosi a passioni di
concupiscenza
come fanno i pagani
i quali non conoscono Dio» (1 Ts 4,3ss).
Istruendo il suo collaboratori Timoteo, Paolo
ricordò che la legge mosaica è buona ed è fatta, tra l’altro, «per i
fornicatori, per i sodomiti» (1 Tm 1,8ss). L’autore dell’epistola agli Ebrei
ricordò che «Dio giudicherà i fornicatori e gli adulteri» (Eb 13,4),
ossia chiunque contamini il letto coniugale, il solo legittimo, in una qualsiasi
maniera. Giuda, ricordando Sodoma e Gomorra, ribadì che tali città «essendosi
abbandonate alla
fornicazione nella stessa maniera di costoro ed essendo andate dietro
a vizi contro natura, sono poste come un esempio, portando la pena d’un
fuoco eterno» (Gd 1,7). Nell’Apocalisse
si parla spesso di fornicazione come causa del giudizio escatologico,
specialmente in connessione con l’abominevole cultura finale, chiamata
«Babilonia la grande» (Ap 14,8; 17,2.4s; 18,3.9; 19,2). I fornicatori
impenitenti finiranno nello stagno di fuoco (Ap 21,8) e verranno esclusi dalla
città di Dio (22,15).
Quindi non c’è nessun alibi per i fornicatori di
qualunque tipo e di qualunque tempo.
■ Il discorso dell’ipocrisia è comprensibile.
Tuttavia a chi intendeva seguire Gesù, egli non diceva solo di deporre
l’ipocrisia. Cristo offriva un «giogo» che bisognava accattare e di cui
bisognava caricarsi. Esso era leggero per chi intendeva ubbidirgli, ma pur
sempre un giogo (Mt 11,29s). Egli avvertiva che la porta verso la vita
era stretta e il sentiero angusto (Mt 7,13s); l’alternativa era
«l’autostrada» verso la perdizione. Quindi egli tolse ai suoi seguaci ogni alibi
di una facile morale, e li mise in guardia contro i «falsi profeti» e la loro
ipocrisia, affermando che «ogni albero buono fa frutti buoni; ma l’albero
cattivo fa frutti cattivi» (vv. 17s). Gesù non venne a proporre una
spiritualità dei buoni sentimenti, secondo cui l’importante è amare. Egli
richiedeva una scelta radicale rispetto a tutte le altre persone,
comprese quelle di famiglia, ribadendo: «Chi non prende la sua croce e non
vien dietro a me, non è degno di me» (Mt 10,37s); allora già solo nominare
la «croce» creava brividi e angoscia, visto lo spettacolo terrificante che c’era
spesso in tanti villaggi. Aggiungeva anche che la via dell’autodeterminazione e
dell’autorealizzazione avrebbe portato alla disfatta, ma solo chi avrebbe fatto
sul serio con Lui, avrebbe trovato la vita (v. 39). Perciò ribadì nuovamente ai
suoi discepoli: «Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso e prenda
la sua croce e mi segua» (Mt 16,24s; Lc 9,23 ogni giorno).
Anche riguardo all’etica sessuale non faceva
sconti. Nei casi in cui la sessualità sta in contrasto con la legge mosaica e
con la volontà di Dio, Gesù ingiunse la via dell’astensione a causa del regno di
Dio: «Ed egli disse loro: “Non tutti comprendono questa parola, ma [quelli]
ai quali è dato. Infatti vi sono dei castrati che sono nati così dal seno della
madre; e vi sono dei castrati che sono stati castrati dagli uomini, e vi sono
dei castrati che si sono castrati da sé a causa del regno dei cieli. Chi può
comprendere, comprenda» (Mt 11,19s greco).
Quindi Gesù non lasciò nessun alibi: o si era
fornicatori o suoi seguaci.
■ È quindi giusto non essere ipocriti con se stessi.
Tuttavia il momento della verità non deve portare a un «evangelo a poco prezzo»,
secondo cui si possa essere seguaci di Cristo ed esercenti di una pratica
omosessuale. Il gay pride è una commistione fra Cristo e Beliar, come può
essere mai un momento terapeutico e di santificazione? Qualcosa di simile
succedeva già a Corinto, perciò Paolo diceva loro: «Non vi mettete con gli
infedeli sotto un
giogo che non è per voi. Infatti qual
comunanza v’è fra la giustizia e
l’iniquità? O quale
comunione fra la luce e le tenebre?
E quale
armonia fra Cristo e Beliar? O che
v’è di
comune tra il fedele e l’infedele?
E quale
accordo fra il tempio di Dio e gli
idoli? Poiché noi siamo il tempio del Dio vivente, come disse Dio: “Io abiterò
in mezzo a loro e camminerò fra loro; e sarò loro Dio, ed essi saranno mio
popolo. Perciò uscite
di mezzo a loro e
separatevene, dice il Signore, e
non toccate
nulla d’immondo; e io v’accoglierò, e vi sarò per Padre e voi mi sarete per
figli e per figlie, dice il Signore onnipotente”. Poiché dunque abbiamo queste
promesse, diletti, purifichiamoci d’ogni contaminazione di carne e di spirito,
compiendo la nostra santificazione nel timor di Dio» (2 Cor 6,14-7,1).
Come si vede la via biblica è quella della
santificazione nel timore di Dio, che si esprime ubbidendo ai suoi comandamenti!
Per santificarsi, bisogna separarsi dal male e dalle sue fonti. Nella vita di un
cristiano vero ci dev’essere un prima e un poi rispetto alla conversione a
Cristo. Paolo disse ai Corinzi: «E tali eravate alcuni», ricordando tra
altri fornicatori, adulteri, effeminati e sodomiti, che erano esclusi dal regno
di Dio (1 Cor 6,9ss), poi però c’è un cambiamento radicale: «Ma siete stati
lavati, ma siete stati santificati, ma siete stati giustificati nel nome del
Signor Gesù Cristo, e mediante lo Spirito del Dio nostro» (v. 11). Chi non
ragiona così, è un falso cristiano, ha solo un’etichetta senza contenuto.
■ È vero che Gesù s’accompagnava a tutti, ma per
dire loro: «Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 4,17), e
«Neppure io ti condanno; va’ e non peccar più» (Gv 8,11). Quanto alla
volontà di Dio, essa è espressa chiaramente nella sua Parola. Quindi non ci son
o alibi al riguardo. Paolo ingiungeva che i Corinzi imparassero «a praticare
il “non oltre quel che è scritto”» (1 Cor 4,6). Ed esortava Timoteo così: «Studiati
di presentare te stesso approvato dinanzi a Dio: operaio che non abbia a essere
confuso, che tagli rettamente la parola della verità» (2 Tm 2,15). Chi
aggiunge o toglie, lo fa a danno della propria anima (Ap 22,18s).
■ Poi arriviamo alla «teologia dell’esperienza»
e al «tu non puoi capire». Strana logica. Come abbiamo visto, Dio ci dice: «Uscite
di mezzo a loro e
separatevene, dice il Signore, e
non toccate
nulla d’immondo; e io v’accoglierò, e vi sarò per Padre e voi mi sarete per
figli e per figlie, dice il Signore onnipotente» (2 Cor 6,17s) — e Gianni
Geraci viene con la diagnosi: «Nicola Martella, non essendo mai stato a un Gay
Pride, non le può capire». Le ingiunzioni e le promesse divine mi sono più care!
■ Egli scrive con garbo, ma alla fine deve pur sparare
qualche
bordata ( «sparare sentenze», «rischio di dire delle sciocchezze»). Un po’
debole come conclusione e tipica di chi non ha argomenti migliori. Chi come me
ha fatto per decenni cura pastorale, ha visto abbastanza macerie esistenziali.
Ho visto gente liberata e sanata da Dio, poiché si è sottomessa alla sua Parola;
e ho visto altra gente che avendo rigettato la buona coscienza, «hanno
naufragato quanto alla fede» (1 Tm 1,19). Un giorno, dinanzi al trono di
Dio, non varranno le «sciocchezze» che altri ci attribuiscono di dire né le
opinioni personali, ma se abbiamo accettato Cristo come personale Salvatore e
Signore e se, avendo preso il suo giogo, abbiamo messo in pratica la sua Parola.
Concludo con una parabola di Gesù molto significativa
riguardo all'approccio alla realtà e alla verità e che induce a fare una scelta
come costruire e su che cosa farlo: «Perciò chiunque ode queste mie parole e
le mette in pratica sarà paragonato a un uomo avveduto che ha edificata la sua
casa
sopra la roccia. E la pioggia è
caduta, e sono venuti i torrenti, e i venti hanno soffiato e hanno investito
quella casa; ma essa
non è caduta, perché era fondata
sulla roccia.
E chiunque ode queste mie parole e non le mette in
pratica sarà paragonato a un uomo stolto che ha edificata la sua casa
sulla rena. E la pioggia è caduta, e sono venuti i torrenti, e i venti
hanno soffiato e hanno fatto impeto contro quella casa; ed
essa è caduta e la sua rovina è stata
grande» (Mt 7,24-27).
Per l’approfondimento si veda in
Nicola Martella,
Disturbi e abusi,
Sesso & Affini 3 (Punto°A°Croce, Roma 1998), gli articoli: «L’omosessualità»,
pp. 157-171; «Omosessualità e Bibbia», pp. 172-184; «L’amicizia fra uomini», pp.
185-193. |
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Omosex_fornica_GeR.htm
17-06-2008; Aggiornamento:
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