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1.
Entriamo in tema
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2. Analisi terminologica |
Prima parte |
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3.
Approfondimenti storico-teologici
▼ 4. Aspetti conclusivi |
Seconda parte |
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Qui prosegue la trattazione, cominciata nella prima parte, dove abbiamo visto gli
«aspetti
terminologici; qui di seguito trattiamo gli «aspetti teologici» dell’unità e dell’unicità di
Dio nell’AT, legati ai termini ’ëchād e jāchîd. |
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3.
APPROFONDIMENTI STORICO-TEOLOGICI
3.1. UN
TERMINE DA NON STRAPAZZARE: Abbiamo visto il vasto spettro del
termine ’ëchād: l’articolo indeterminativo, uno di numero (uno solo),
il primo, unico, unitario, con le stesse caratteristiche, singoli aspetti che
formano una unità, una unità composita (una carne unica, un solo popolo),
l’armonia di singoli nell’unificazione, una [unica] volta, uno qualsiasi, ognuno
o ogni cosa, un singolo, una cosa o una persona particolare o unica nel suo
genere, una sequenza (uno… e uno… e uno), un confronto (uno qui e uno là),
uguale significato, nessuno (non uno), e così via.
Stando così le cose, è sempre il contesto che regna; e l’esegesi
contestuale deve appurare lo specifico significato del termine ’ëchād nel
dato contesto. Questo termine di per sé non è adatto per avvalorare
questioni altamente teologiche, quindi né per dimostrare la Deità quale «unità
composita», né l’uni-personalità di Dio nell’AT. Se si trascura il contesto
storico, culturale, letterario e teologico dei brani specifici, si fanno
soltanto discorsi filosofici, in cui il termine ’ëchād sarà solo un
pretesto.
3.2.
MONOTEISMO CONTRO POLITEISMO: Per capire il clima religioso di
quei tempi, bisogna tener presente che in Egitto, da dove gli Israeliti erano
usciti, c’erano migliaia di dèi; così era anche in Canaan, dove andavano a
risiedere, e in Mesopotamia, da dove la stirpe d’Abramo provenivano.
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Mesopotamia: «Giosuè disse a tutto il popolo: “Così parla l'Eterno, il
Dio d'Israele: I vostri padri, come Terah padre d'Abrahamo e padre di
Nahor, abitarono anticamente di là dal fiume, e servirono ad altri dèi»
(Gs 24,2).
■ Egitto: Dio disse a Mosè: «Ed essi non offriranno più i loro
sacrifici ai demoni, ai quali sono soliti prostituirsi»
(Lv 17,7). «Or dunque temete l'Eterno, e servitelo con integrità e fedeltà;
togliete via gli dèi, ai quali i vostri padri servirono di là dal fiume, e
in Egitto, e servite all'Eterno» (Gs 24,14). Presso il Sinai, Israele non
solo si fece un vitello d’oro a immagine di uno degli dèi d’Egitto, infrangendo
il patto (Es 32,4), ma nel corso della sua storia, Israele tornò ad adorare gli
dèi d’Egitto (cfr. Gr 34,12s; 43,13; 44,8,15; 56,25).
■ Canaan: «I figli d'Israele fecero ciò, che è male agli occhi
dell'Eterno e servirono gli idoli di Baal; abbandonarono l'Eterno, il Dio
dei loro padri, che li aveva fatti uscire dal paese d'Egitto, e andarono dietro
ad altri dèi, fra gli dèi dei popoli che li attorniavano; si
prostrarono davanti a essi e provocarono l'ira dell'Eterno; abbandonarono
l'Eterno e servirono Baal e gli idoli di Astarte»
(Gdc 2,11ss; 1 Sm 8,8; 1 Re 9,9; 1 Re 12,28; 2 Re 17,7ss; 2 Cr 7,22).
L’insistenza di Dio sulla sua unicità, espressa col
termine ’ëchād, deriva dalla teologia
dei Ba`alim «protettori, patroni» e delle Astaroth, le dèe associate. Ognuno dei
migliaia di Ba`al si manifestava solo localmente, esercitava il suo potere su un
particolare aspetto della realtà (p.es. guerra, pace, salute) ed era adorato in
un «alto luogo» o santuario specifico.
■ Un Ba`al era considerato un protettore di una certa
città o località, p.es.: Ba`al-Pe`ôr
(Nu 25,3.5; cfr. Os 9,10), abbreviato anche a Pe`ôr
(Nu 31,16; Gs 22,17);
■ Un Ba`al era visto come patrono di una certa cosa,
p.es.: Ba`al-Zebûb
«protettore delle mosche», divinità vaticinante degli Ekroniti (2 Re 1,2s.6.16);
■ Un Ba`al era considerato patrono di un certo
santuario, p.es.: Ba`al-
Ṣefôn
(Es 14,2.9; Nu 33,7), abbreviato anche a
Ṣefôn.
Questo luogo si trovava in Egitto nei pressi del Mar Rosso; il Dio vivente
svergognò proprio tale Ba`al locale, che col suo santuario doveva proprio
esercitare il suo potere sulle acque. Non solo l’Eterno fece aprire le acque, ma
vi subissò dentro anche gli Egiziani, suoi adoratori.
Per capire tale fenomeno dei Ba`alim «protettori,
patroni», su può ricorrere a un parallelo con la venerazione della «Madonna»
(= mia donna). Sebbene essa sia identificata con Maria, nella pratica prende
attributi e mansioni specifiche di luogo in luogo, talché ogni manifestazione è
differente dall’altra e ogni culto di tale «Madonna» locale ha una certa
autonomia e specificità. Si veda, ad esempio, quanto segue: Madonna Assunta,
Madonna del Carmelo, Madonna del Carmine, Madonna del Rosario, Madonna della
cintola, Madonna delle Grazie, Madonna di Bonaria, Madonna di Custonaci, Madonna
di Trapani, Madonna Nera di Carpignano, Madonna Nera di Częstochowa…
A ciò si aggiungano tutti i titoli e feste, a lei attribuiti. La
locuzione «Madonna di…» (della fiducia, della speranza, del divino amore, ecc.)
viene a significare tanto quanto «patrona, protettrice, dispensatrice di…».
Fenomeni del genere ci sono
anche in altre religioni. Si pensi ai tanti Buddha e ai tanti santuari a
lui dedicati, che si differenziano l’uno dall’altro per tradizione, culto, riti
e specificità del Buddha locale.
3.3. UNICITÀ
CONTRO IL POLITEISMO: Era su tale sfondo
culturale e religioso che Mosè pronunciò l’unicità di Jahwè.
■ Difesa del monoteismo: Il testo
ebraico di
Deuteronomio 6,4 recita così nella lettura (JHWH è letto ’adônāj):
«Šema` Jiśerā’el:
’adônāj ’ëlohênû ’adônāj ’ëchād».
«Ascolta, Israele: Jahwè, il nostro ’ëlohîm
(Tremendo, Autorità), [è] un Jahwè solo [’ëchād]»;
oppure: «Ascolta, Israele: Jahwè [è]
il nostro ’ëlohîm,
Jahwè [è] uno solo [’ëchād]».
Dinanzi alla realtà del politeismo, Mosè insegnò che
Jahwè («colui che è qua, che interviene») vuole essere l’unica autorità degli
Israeliti, essendoci un solo Jahwè!
■ Difesa del culto unico: «Chi sacrifica
agli dèi, fuori che a Jahwè soltanto [lebaldô],
sarà bruciato» (Es 22,20 [19]). Ciò
corrisponde alla decisione di Naaman, generale siro: «Il
tuo servo non offrirà più olocausti e sacrifici ad altri dèi, eccetto che a
Jahwè [kî ’im-laJahwè]»
(2 Re 5,17; cfr. 1 Cor 8,4).
■ L’unico luogo di culto: L’unicità di Jahwè richiedeva, anche per
evitare la ricaduta nel politeismo, la demolizione di tutti i luoghi di culto
abominevoli e che ci fosse un unico luogo di culto, ossia il «luogo che
Jahwè, il vostro Dio, avrà scelto… per mettervi il suo nome» (Dt
12,3-7.14.18; 15,20; 16,2.6s.11.15; 17,10; Dt 26,2). «Allora
ti guarderai bene dall’offrire i tuoi olocausti in qualunque luogo vedrai; ma
offrirai i tuoi olocausti nel luogo, che Jahwè
avrà scelto in una delle tue tribù; e qui
farai tutto quello che ti comando» (Dt 12,11.13s; 14,23; Lv 17,3s;
cfr. Gs 22,29; 2 Cr 7,12; Esd 6,3). Sennacherib fece
ricordare dinanzi alle mura di Gerusalemme che il re Ezechia aveva soppresso gli
alti luoghi e gli altari spuri innalzati a Jahwè e che egli aveva
comandato: «Voi adorerete dinanzi a un unico [’ëchād] altare e su
quello offrirete profumi» (2 Cr 32,12).
■ La futura adorazione: «E Jahwè sarà re di tutta la terra; in quel
giorno Jahwè sarà uno [’ëchād], e il suo nome [sarà] uno [’ëchād]» (Zc
14,17). Qui si parla del futuro regno di Jahwè, quando tutte le nazioni saranno
sconfitte (v. 12ss) e verranno a «prostrarsi dinanzi
al Re, a Jahwè
degli eserciti» (v. 16). Quindi qui viene espresso il fatto che il Dio
della storia (Jahwè Ṣeba’ôth)
estenderà il suo regno mondialmente, spazzerà via tutti i suoi avversari e
istaurerà un solo culto in terra, ossia quello alla sua persona (in ebraico
«nome» sta per «persona»). Allora ci sarà solo Jahwè come unico Dio e solo Lui
sarà adorato. Tutti ciò si avvererà nel regno messianico, quando Gesù
Cristo regnerà su tutta la terra!
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4.
ASPETTI CONCLUSIVI: Sebbene sia, a questo punto, quasi inutile rispondere alle
domande d’ingresso del lettore, vi accenno soltanto.
■ 1. Abbiamo visto che il termine ’ëchād ha uno spettro semantico molto
vasto. Esso può indicare anche una unita composita, ma solo laddove le
cose o le persone unite sono esplicitamente più di una (sola carne, solo popolo,
ecc.).
■ 2. Tra
’ëchād e jāchîd non c’è alcuna concorrenza riguardo alla
natura di Dio, semplicemente perché il raro termine jāchîd non è mai
riferito direttamente a Jahwè.
■ 3. Il termine ’ëlohîm è un plurale (sg. ’ëlôach),
ma indica una pluralità di soggetti soltanto, quando ha verbi, soggetti,
aggettivi, pronomi, apposizioni e nomi del predicato e indica soggetti
differenti (diversi dèi, autorità, ecc.). Nel caso di Jahwè, il plurale ’ëlohîm
è usato perlopiù con verbi, soggetti, aggettivi, pronomi, apposizioni e nomi del
predicato al singolare e indica un solo soggetto; qui esprime un «plurale
della qualità» non della quantità. Anche altri nomi di Dio hanno la forma
plurale o una variazione (p.es. ’adônāj è una variazione di
’ādôn «signore» o di ’adonî «mio signore»). Per fare il superlativo
in ebraico si usa la forma, ad esempio, «re dei re» per l’imperatore; oppure si
usa il plurale di una parola per innalzarne la qualità.
Per l’approfondimento si veda in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma
2002), l’articolo «Tremendo (Dio) [’ëlohîm]», pp. 363ss.
Riguardo a ’ëlohîm in Genesi 1,1ss si veda Nicola
Martella, Esegesi delle origini,
Le Origini 2 (Punto°A°Croce, Roma 2006), pp. 13ss; riguardo al plurale
«facciamo» in Genesi 1,26, si vedano le pp. 72ss (plurale della
deliberazione). Per un ulteriore approfondimento si veda in Nicola Martella, Temi delle origini.
Le Origini 1 (Punto°A°Croce, Roma 2006), l’articolo «Dio nella Genesi», pp.
15-24. [►
Questioni intorno Elohim e Jahwè; ►
Elohim e Trinità]
■ 4. il termine ebraico jāchîd non indica mai una unità assoluta
riferita a Jahwè, poiché esso non è mai usato direttamente in connessione con
lui, né in Deuteronomio 6,4, né altrove in tutto l’AT.
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Dio_uno_unic2_Sh.htm
23-02-2012; Aggiornamento: 08-03-2012 |