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Entriamo in tema
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2.
Morton Smith
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3.
Theodore Jennings
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1.
ENTRIAMO IN TEMA: Nei siti gay viene asserito che Gesù e alcuni suoi apostoli
fossero gay. Questa tesi viene portata avanti da ex-pastori episcopali e
metodisti, i quali inventano eresie e bestemmie, alterando gravemente la verità
annunciata nelle Sacre Scritture. Ecco qui di seguito alcuni esempi. Le seguenti
tesi sono tratte dall’articolo di Matt Johns dal titolo «Was
Jesus Gay?» [Gesù era gay?], apparso nel 2003 su www.365gay.com,
che si vanta d’essere «America’s most read gay news»; cercherete invano tale
pagina su tale opera della 365GayMedia, essendo stata stranamente
rimossa, essa si trova però altrove, ad esempio
qui.
Si afferma che un gruppo crescente degli importanti biblisti crede che Gesù
possa avere avuto almeno una relazione sentimentale con un altro maschio.
Secondo i teologi metodisti Theodore Jennings e Morton Smith, sarebbe una prova
indiscutibile che Gesù fosse almeno bisessuale. Rollan McCleary dell’università
del Queensland (Australia) sostiene d’aver scoperto che almeno tre dei discepoli
di Gesù fossero gay.
Con le loro tesi, tali autori hanno tratto solo sangue dalle rape e venduto mera
aria fritta? C’è qualcosa di vero in tutto ciò? Oppure è il prodotto di menti
ideologicamente sessualizzate in senso omosessuale?
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2.
MORTON SMITH: Il «Vangelo segreto di
Marco», conosciuto anche come «Marco segreto», è il nome dato alla porzione d’un
documento che Morton Smith (1911-1991), famoso e controverso storico della
Chiesa, affermava d’aver scoperta e fotografata nel 1958 durante un viaggio al
convento di Mar Saba, situato presso a Gerusalemme. Fu allora che gli altri
studiosi vennero a conoscenza di tale presunto frammento.
Morton Smith era allora professore vicario di nuova nomina presso Columbia
University in New York. Sulla scia di molte spettacolari scoperte di antichi
manoscritti del Medio Oriente, come i Rotoli del Mar Morto e gli scritti
gnostici di Nag Hammadi alla fine degli anni Quaranta del 20° secolo, Smith
annunciò il suo «Marco segreto» e promise che sarebbe stato rivoluzionario nelle
sue asserzioni. Tale documento presentava quella che sembrava essere
un’importante, sebbene frammentaria, testimonianza delle prime tradizioni
cristiane, gettando esse luce sulle abitudini più intime di Gesù.
Morton Smith si conquistò così allora fama e onori accademici. Egli asserì che
il documento era inserito in un libro del 1646. Tale documento si presentava
come scritto dall’antico teologo Clemente d’Alessandria a un certo Teodoro alla
fine del secondo secolo o all’inizio terzo, che un monaco settecentesco aveva
trascritta a mano. Sulla base delle sue fotografie di tale frammento, ci fu una
serie di specialisti greci che assicurarono l’autenticità dello stesso e che
certificarono il documento come un testo del Settecento, scritto su carta
dell’epoca. Inutile dire che un buon numero di studiosi credé molti anni
all’esistenza di tale presunto «Vangelo Segreto di Marco»: né essi né gli
specialisti greci si presero la briga di verificare l’esistenza dell’originale
nel monastero della Palestina.
Il sedicente «Marco segreto» causò un rivolgimento nella comunità accademica,
essendo che allude a una relazione omosessuale di Gesù, gettando così dubbi
sull’autenticità di parti dell’Evangelo canonico di Marco.
2.1. LE
TESI: Come abbiamo visto, Morton Smith citò il frammento di tale
presunto manoscritto che egli affermò di aver trovato e fotografato nel 1958
nella biblioteca del monastero di Mar Saba vicino a Gerusalemme, che alluderebbe
a una relazione omosessuale che Gesù avrebbe avuto con un giovane resuscitato
dalla morte. Tale frammento darebbe una versione simile a un episodio biblico
che ricorda la resurrezione di Lazzaro. Tale «giovane che Gesù amava», sebbene
posto nella tomba, non era veramente morto, ma solo malato, come si rese conto
chi udì un «gran grido» che procedeva dal sepolcro. Poi si legge che, quando
Gesù intervenne, «il giovane, guardandolo, lo amò e cominciò a implorarlo di
poter stare con lui. E uscendo dalla tomba, andarono a casa del giovane, poiché
questi era ricco. E dopo sei giorni Gesù gli disse cosa doveva fare, e quella
sera il giovane venne da lui, indossando un telo di lino sul corpo nudo. E con
lui rimase quella notte, poiché Gesù gli insegnò i misteri del regno di Dio...».
Poiché per Morton Smith Gesù sarebbe stato il capo di una conventicola
esoterica, in cui si sarebbero praticati rituali sessuali (magia rossa), nella
fattispecie omosessuale, in tale manoscritto vedeva la prova di cerimonie
iniziatiche: in esse i misti avrebbero sperimentato una «esperienza
allucinatoria» e avrebbero ottenuto la «libertà dalla Legge» mosaica mediante
una strettissima unione spirituale con Gesù, «completata da un’unione fisica».
È inutile dire che Smith, essendo stato egli stesso un gay, lesse molti altri
brani delle Scritture in senso omosessuale.
2.2. OSSERVAZIONI E OBIEZIONI: Dalle recensioni di vari studiosi
del libro di Stephen C. Carlson, The Gospel Hoax. Morton
Smith’s Invention of Secret Mark (Baylorpress,
Waco [Texas] 2005) [= La truffa del Vangelo. Morton Smith e l’invenzione
del Vangelo Segreto di Marco], si evince il seguente quadro.
Stephen C. Carlson non è uno studioso di scienze religiose, ma un avvocato
specializzato in contraffazioni varie, specialmente di documenti. Egli ha
combinato l’occhio acuto d’un maestro investigatore con l’erudizione d’un
accademico, per raccontare la storia d’una straordinaria truffa letteraria.
Carlson ha studiato le fotografie, che Smith avrebbe fatto di tale documento (stranamente
l’originale in tale monastero intanto era «sparito»). Egli non è stato solo
interessato all’autenticità di «Marco segreto», ma al problema delle truffe
storiche in generale. Il suo compito è stato reso difficile dal fatto che i
documenti di Mar Saba non possono essere assoggettati a un’analisi, poiché non
sono più disponibili; perciò egli è dipeso dalle fotografie fornite da Smith.
Per Carlson però le fotografie sono state più che sufficienti.
Stephen Carlson, dopo aver analizzato la presunta lettera di Clemente
d’Alessandria e il suo riferimento a una versione «segreta» e perduta
dell’Evangelo di Marco, ha concluso che si tratta di una mera dotta costruzione.
Gli argomenti di Carlson sono chiari, stringenti e costruiti su una meticolosa
ricerca. L’opera risulta affascinante, stringente e assolutamente convincente.
Ha applicato tecniche di investigazione forense moderne, non note negli anni
Cinquanta, e ha concluso le sue analisi, affermando che «Marco segreto» è una
truffa perpetuata nel 20° secolo e non ha nulla a che fare col Settecento.
Partendo dalle prove calligrafiche, egli ha imputato inoltre direttamente a
Smith d’essere l’autore della frode. Ciò significa che, utilizzando metodi
storici e linguistici al di sopra d’ogni sospetto, Carlson ha presentato prove
convincenti del fatto che Smith stesso avesse scritto effettivamente il «Marco
segreto».
Egli ha mostrato nei dettagli e con abilità forense come Morton Smith fosse
riuscito, a suo tempo, a imbrogliare sempre più studiosi della Bibbia con il
presunto fatto che avesse scoperto tale frammento, fino ad allora ignoto, d’un
sensazionale primo evangelo cristiano. Carlson ha messo a nudo la truffa
riguardo a tale presunto evangelo e ha smascherato l’autore d’un tale
straordinario falso documento.
Massimo Introvigne asserisce:
«Come hanno scritto recensori del libro di Carlson che insegnano storia del
cristianesimo antico, come Bart D. Ehrman, si crede al Vangelo Segreto di
Marco perché ci si vuole credere: non solo perché è “politicamente corretto”
ritrovare l’omosessualità fra i primi cristiani, ma perché – quand’anche non
fosse valido come prova di iniziazioni omosessuali – dovrebbe provare un punto
centrale (ma falso) dell’esegesi biblica più ostinatamente “progressista”:
l’instabilità della tradizione apostolica e la coesistenza di tradizioni molto
differenti ancora nel secondo secolo se non addirittura nel terzo».
Come abbiamo viso Carlson ha usato i metodi scientifici per dimostrare che il
«Marco segreto» era solo una raffinata truffa creata da Morton Smith. L’analisi
di Carlson pone i trucchi letterari di Smith sulla scia molti altri falsi
storico-letterari.
C’è solo da meravigliarsi che così tanti studiosi siano stati così abbindolati
da lui, senza invece andare a fondo delle cose.
Ricordiamo ancora una volta che per Morton Smith Gesù non era altro che il capo
di un raggruppamento esoterico; in esso si sarebbe entrato con un rituale
segreto d’iniziazione che avrebbe chiaramente compreso elementi omosessuali.
Lungi dall’essere perciò una versione perduta della storia di Gesù, il «Marco
segreto» è stato smascherato come un grande falso letterario. Forse Morton Smith
credeva di ridersela nella sua tomba, ma ora ciò lo farà rigirare senza pace e
con grande vergogna.
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3.
THEODORE JENNINGS
3.1. LE
TESI: Theodore Jennings, professore al Seminario Teologico della Chiesa
Metodista a Chicago e autore del libro «L’uomo che Gesù amava», afferma in
quest’ultimo il riferimento nell’Evangelo secondo Giovanni circa «il discepolo
che Gesù amava» sarebbe stato realmente un riferimento al compagno gay di Gesù.
Jennings inoltre, giocando sul termine greco pais «ragazzo» (in latino
puer), sostiene che il servo del centurione guarito da Gesù (Mt 8,5-13; Lc
7,1-10), sarebbe stato molto più che il «servo», ma il compagno gay del
centurione; afferma inoltre che Gesù non avesse affatto criticato il loro
rapporto (cfr. lo scritto «L’uomo
che Gesù amava» di
Gianni De Martino e
l’accusa di falso storico da parte di
Franco Fedullo, presidente della
Caritas salernitana).
3.2.
OSSERVAZIONI E OBIEZIONI
■ Il discepolo che Gesù amava: Dietro a questa espressione, Giovanni
nascose la sua identità per non citare il suo proprio nome. Chi vede in tale
espressione un’allusione a un rapporto omosessuale, mostra ignoranza su alcuni
fatti importanti oppure li rimuove volutamente per amor di ideologia.
■ 1) Giovanni era il discepolo più giovane e per questo era particolarmente
protetto da Gesù e da Pietro (Gv 21,20s).
■ 2) L’espressione «discepolo che Gesù amava» fu usata da Giovanni solo dopo la
risurrezione di Gesù (Gv 20,2; 21,7.20).
■ 3) Nell’espressione mathētēs hón efílei Iēsous
non ricorre il verbo eráō «amo appassionatamente, sono innamorato,
invaghito» (da cui érōs «amore, passione, trasporto, desiderio, voglia,
brama ardente») o éramai «amo ardentemente, bramo» (da cui éros
«amore, passione, desiderio, brama»), ma filéō «amo, voglio bene, ho
caro, accolgo con affetto, tratto amorevolmente, prendo cura, assisto» (da cui
filía «amicizia, relazioni amichevoli, affezione»), che è proprio opposto
a eráō «amo passionalmente». Si noti che nello stesso capitolo in cui
tale espressione ricorre due volte (Gv 21,7.20), Gesù risorto chiese per due
volte a Simon Pietro: «Mi hai tu caro [più di questi]?» (vv. 15ss
agapâs me [pléon toutōn])
e una volta «Mi vuoi bene?» (v. 17 fileis me). Pietro rispose per
tre volte: «Tu sai che io ti voglio bene» (sy oidas hóti filō se),
usando perciò il su nominato verbo filéō. Questo verbo non ha nessuna
connotazione sessuale o erotica ed esprime il voler bene, l’amicizia e la cura
di uno verso l’altro. Nel caso specifico denotava la cura e l’assistenza di Gesù
verso il più giovane dei discepoli.
■ 4) Solo una mentalità ideologicamente sessualizzata può vedere nel NT tali
cose turpi nel rapporto fra Gesù e il suo prossimo. In Gv 11,5 si legge che «Gesù
amava Marta e sua sorella e Lazzaro»; qui il verbo è agapáō «ho
caro». Similmente Giovanni parlò di sé come uno dei discepoli, «quello a cui
Gesù voleva bene» (Gv 13,23 hón ēgápa Iēsous). Appeso sulla croce,
Gesù vide sua madre insieme al «discepolo che egli aveva caro» (Gv 19,26
mathētēn hon ēgápa) e affidò l’una alla cura dell’altro.
Per l’approfondimento si veda in
Nicola Martella,
Sessualità e
contesti, Sesso & Affini 1 (Punto°A°Croce, Roma
1998), l’articolo «Gesù e la sessualità», pp. 146-149; cfr. qui anche «La
sessualità nel NT», pp. 150-156. |
■ Il servo del centurione (Mt 8,6; Lc 7,2): Che il servo fosse l’amante
del centurione, è un invenzione moderna dei movimenti gay. Il termine greco
pais è molto ricorrente nel NT e in esso non ha mai un significato
omosessuale. Tale termine significa, secondo i casi, figlio, fanciullo,
giovanotto, ragazzo; servo, schiavo, garzone, fattorino, «ragazzo». L’ignoranza
storica fa qui un brutto effetto. Presso gli antichi, un figlio era un pais
«figlio biologico, servo» (e veniva trattato come servo), e diventava un
hyiós «figlio giuridico» solo con l’atto di adozione, che in tal modo lo
rendeva erede; non tutti i «figli biologici» erano adottati come «figli
giuridici» o eredi.
Perciò in Mt 8,6 poteva trattarsi teoricamente sia del «figlio biologico» del
centurione, sia di un suo giovane servo, se Lc 7,2 non avesse precisato che si
trattava di uno schiavo (doulos; v. 7 pais; v. 10 doulos):
«Ora un certo schiavo di un centurione, che egli apprezzava, era malato e
stava per morire». Qui tale servo era éntimos
«apprezzato, onorato»; non c’era quindi nessuna connotazione sessuale.
Gesù accredito a tale centurione una fede fuori del comune, dicendo: «Io vi
dico in verità che in nessuno, in Israele, ho trovato siffatta fede» (Mt
8,10; Lc 7,9). E proprio lui sarebbe stato omosessuale? Gesù che spesse volte
intuì il tipo di persone e i loro pensieri (Mt 9,4; 12,25; Lc 6,8; 9,47; 24,38),
non doveva sapere chi gli stata a fronte e che si trattava di una persona che
agiva contro la Legge mosaica? E poi, come avrebbero fatto gli anziani dei
Giudei, che ben conoscevano la Legge, a intercedere insistentemente per un
centurione omosessuale (Lc 7,3ss), visto che ciò era per loro un abominio?
Gesù stesso venne chiamato pais «figlio biologico, servo», oltre che a
hyiós «figlio giuridico». Gesù fu chiamato
pais «fanciullo, ragazzo» quando aveva 12 anni ed era salito alla festa a
Gerusalemme (Lc 2,43 Iēsous ho pais). In Mt 12,18 venne ricordata una
predizione, in cui Dio chiamò il Messia pais «servitore». Nel libro degli
Atti Pietro menzionò il fatto che Dio ha glorificato e risuscitato il «suo
Servitore Gesù» (3,13 tòn paidá autou Iēsouv; 3,26 tòn paidá autou)
e che gli avversari si sono radunati contro il «tuo santo Servitore Gesù» (4,27
tòn hághion paidá sou Iēsouv; similmente nel v. 30 in genitivo).
I bambini dai due anni in giù che Erode fece uccidere furono così chiamati (Mt
2,16). In seguito Erode parlò ai suoi servitori (Mt 14,2). Il termine fu usato
anche per un fanciullo demonizzato (Mt 17,18), per una fanciulla morta (Lc
8,51.54) e per i fanciulli che osannavano Gesù (Mt 21,15). Anche Israele fu
chiamato pais «servitore» di Dio (Lc 1,54), come pure Davide (v. 69; At
4,25). In Lc 12,45 con questo termine furono chiamati i servi e le serve
sottoposti a uno schiavo (doulos) nella funzione di economo. Nella
parabola del figlio perduto, suo fratello chiamò uno dei servitori per chiedere
che cosa stesse succedendo (Lc 15,26). Il figlio infermo di un ufficiale fu
chiamato sia hyiós «figlio giuridico» (Gv 4,46s.50.53), sia pais
«figlio biologico, servo» (v. 51; nel v. 49 ricorre anche una forma diminutiva
paidíon «bambino»). Il giovinetto Eutico (At 20,9 neanías) venne
chiamato pure pais «ragazzo» nel v. 12. Poi, nel resto del NT non ricorre
più tale termine.
Come si vede nel NT pais non ha mai una connotazione sessuale; tali
concezioni anacronistiche sono solo costruzioni di menti ideologicamente
sessualizzate in senso gay.
■ Per l’approfondimento si veda Nicola Martella,
Chi dice la gente che io sia?,
Offensiva intorno a Gesù
1 (Punto°A°Croce, Roma 2000). ■ Nicola Martella,
Disturbi e abusi, Sesso &
Affini 3 (Punto°A°Croce, Roma 1998): «L’omosessualità», pp.
157-171; «L’omosessualità e la Bibbia», pp. 172-184; «L’amicizia fra uomini»,
pp. 185-193. |
Per la seconda parte dell'articolo si veda: ►
I gay dicono che anche Gesù e alcuni apostoli fossero tali 2
►
Per i gay anche Gesù e alcuni apostoli erano tali? Parliamone 1
{Nicola Martella} (T)
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Per i gay anche Gesù e alcuni apostoli erano tali? Parliamone 2
{Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Gesu_postoli_gay1_OiG.htm
01-04-2008; Aggiornamento: 03-04-2008
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