Il tema «Una
moglie cristiana delusa (1)» ha alimentato un’accesa e appassionata
discussione. Ciò ha reso necessario
continuare il tema con la serie «Una
moglie cristiana delusa (2)» e
con «L’esercizio
dell’autorità», in cui un uomo ha posto
la questione dell’esercizio dell’autorità dal punto di vista del marito.
Ora, un’amica cattolica ha introdotto un’altra questione connessa al tema del
rapporto matrimoniale, ossia quella della contingenza storica e dell’autorità
biblica. Gli scrittori biblici avrebbero scritto nella loro contingenza e le
loro risposte sarebbero ormai superate nella nostra attuale società occidentale.
Il problema degli evangelici sarebbe che non hanno un’autorità centralizzata che
impone ai cristiani un’interpretazione univoca, autorevole e aggiornata ai
tempi…
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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1. {Fiorina
Pistone} ▲
Ciao, Nicola. Ho letto con commozione la e-mail di Irene e i commenti che sono
seguiti. Ho ammirato la lucidità con cui questa donna sa rendersi conto dei
propri problemi personali e matrimoniali, e ho sofferto per il fatto che la sua
fede e la sua buona volontà, anziché aiutarla a costruire un legame solido e
gratificante con il marito, sembrano invece aver funzionato come una specie di
trappola, imprigionandola in una situazione psicologicamente insostenibile. Nelle risposte che sono seguite ho visto molta fede,
umanità, saggezza; però c’è un argomento che non è stato toccato, e io mi chiedo
se è possibile includerlo, tra gli evangelici: quello del condizionamento del
tempo e della cultura negli scrittori sacri. So, da quando frequento il web, che molti sono
diventati evangelici perché la Chiesa Cattolica ha mostrato loro un volto più di
matrigna che di madre; perciò non so se il mio commento, appartenendo io a
questa denominazione cristiana, potrà essere accettato. Ho l’impressione che la
mancanza, nelle Chiese Evangeliche, di una autorità che si propone con la forza
(eccessiva, a volte, lo penso anch’io) della nostra Chiesa Romana, abbia
provocato negli evangelici una specie di inconsapevole «senso di orfananza», che
li porta a dare ad ogni messaggio biblico un valore assoluto, quasi per trovare
un punto fermo che non hanno in altro modo. Ho tra le mani l’ultimo volume della Bibbia della
Famiglia di Gianfranco Ravasi, teologo tra i nostri più conosciuti anche perché
molto fecondo, membro della Pontificia Commissione Biblica: egli dice, a
proposito di Efesini 5,22-24 e di Pietro 3,1, che nelle norme indicate in questi
scritti «si riflette la concezione maschilista della società di allora». Io sono
d’accordo con questa esegesi, che è comune nei nostri teologi. Oggi la società è
diversa: la vita degli uomini e delle donne è cambiata, specialmente la
preparazione e la mentalità di queste ultime, e non è più ammissibile, neanche
per le nostre leggi, che un uomo imponga alla moglie di stargli sottomessa.
Anche gli schiavi (poiché anche agli schiavi Paolo si rivolge) non ci sono più,
e sarebbe proprio inutile che un predicatore dicesse che essi devono stare
sottomessi ai loro padroni. Quello che rimane sempre valido è l’insegnamento
dell’amore reciproco, insegnamento che non ha uguale elevatezza nelle altre
religioni, e che certamente richiede di riconoscere, da parte di ciascuno dei
due coniugi, le esigenze e il ruolo dell’altro, che sono diversi dai suoi,
essendo diverso il genere. Per questo io ritengo che si debba fare spazio anche
alla psicologia. Io sono soltanto un insegnante di materie letterarie in
pensione e ho parlato di mia iniziativa. Amo la Scrittura e amo i siti
evangelici, anche perché la Bibbia vi è oggetto di continuo studio. Io prego sempre per tutte le Chiese cristiane,
specialmente per quella cattolica e per quella evangelica.
2.
{Nicola Martella} ▲
Sono grato per l’occasione, datami da Fiorina, per poter portare un po’ di
«chiarezza biblica» anche in questa questione. Seguo perlopiù la sua
argomentazione. ■ Il vero problema: Il problema di Irene
consiste nel fatto che — per dirla con una metafora — si sono messi insieme un
asino e un bue: la loro diversa natura crea l’incompatibilità. Ella vorrebbe
attenersi al Signore, ma lui fa un uso opportunistico della Parola di Dio,
essendo il suo cuore in convertito. La trappola è questa. Ossia quando un
cristiano biblico e uno pseudo-cristiano si trovano all’interno di un vincolo
matrimoniale impari. Per questo l’apostolo Paolo ingiunse: «Non vi mettete
con gl’infedeli sotto un giogo che non è per voi; perché qual comunanza v’è egli
fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunione fra la luce e le tenebre?»
(2 Cor 6,14). ■ La contingenza degli scrittori sacri: Questo
argomento ha in sé certamente del vero, ma è altresì una trappola e un
pericoloso boomerang. Che gli scrittori del NT abbiano cercato di dare risposte
concrete ai problemi reali del loro tempo, è fuor di dubbio. Che le loro
risposte siano condizionate dalla contingenza e quindi ormai «datate» e
superate, ciò ha in sé il verme del relativismo. Gli scrittori biblici non hanno
cercato di stravolgere le culture, in cui agivano, ma hanno cercato di
regolamentare con la saggezza di Dio ciò che esisteva (poligamia, schiavitù,
rapporto fra padroni e operai eccetera). La cosa principale nel NT era il
messaggio dell’Evangelo (la persona e l’opera di Cristo): esso, mediante
l’azione dello Spirito di Dio, avrebbe illuminato e trasformato gli individui.
Le risposte di Gesù e degli apostoli, sebbene concrete in quelle situazioni
specifiche, sono applicabili direttamente in ogni dove c’è la stessa situazione
(noi occidentali misuriamo tutto il mondo con il nostro metro!) e in modo
analogico in situazioni simili. ■ Il clericalismo: la soluzione?: Chi usa
l’argomento della contingenza storica è per affermare che
non la sacra Scrittura sia l’autorità dei cristiani, ma chi la interpreta:
questo è l’argomento di ogni clericalismo da sempre. Per questo si preferisce
essere sottomessi a uomini fallibili e alle loro interpretazioni mutevoli nel
tempo, invece di fidarsi delle parole del Messia-Re: «Il cielo e la terra
passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Mt 24,35). Di là dalla
radicalizzazione di alcuni evangelici in qualche aspetto della dottrina, è
meglio il confronto franco fra cristiani sulla base della Scrittura che il
diktat di un «clero» (qualunque e dovunque sia, anche tra gli evangelici), che
si pone come unico ermeneuta e gestore della verità, delegando gli altri a una
funzione di «laici». Non a caso gli evangelici credono — oltre all’inerranza
della Parola di Dio — al «sacerdozio universale» di tutti i credenti (1 Pt 2,9),
senza altri mediatori all’infuori del Cristo vivente sul trono di Dio (1 Tm 2,5;
1 Gv 2,1) e dello Spirito Santo presso il credente (Gv 14,16.26; 15,26; 16,13s;
Rm 8,26). Ecco i brani per esteso:
■ «Voi siete una generazione eletta, un sacerdozio
regale, una gente santa, un popolo che Dio s’è acquistato, affinché proclamiate
le virtù di Colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce»
(1 Pt 2,9). ■ «V’è un solo Dio e mediatore fra Dio e gli uomini
— Cristo Gesù uomo» (1 Tm 2,5). «Noi abbiamo un
avvocato presso il Padre, cioè Gesù Cristo, il giusto» (1 Gv 2,1). ■ «…il Padre… vi darà un altro avvocato,
perché stia con voi in perpetuo […] egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà
tutto quello che v’ho detto […] lo Spirito della verità… testimonierà di me. […]
Quando sia venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la
verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi
annunzierà le cose a venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve
l’annunzierà» (Gv 14,16.26; 15,26; 16,13s). «Lo Spirito sovviene alla
nostra debolezza… intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili» (Rm
8,26).
Quanto al «senso di orfananza», Gesù promise: «Non vi lascerò orfani; tornerò
a voi» (Gv 14,18). Poi pose l’accento sull’ubbidienza ai suoi comandamenti
(v. 21) e promise lo Spirito quale avvocato e istruttore (v. 26). ■ A chi credere?: Per quanto affermi l’esegeta
G. Ravasi, pur apprezzabile per altre cose, è pur sempre la sua opinione. Chi fa
da decenni cura pastorale (oltre a essere insegnante ed esegeta), scopre sempre
di nuovo come le ingiunzioni bibliche abbiano un impressionante e meraviglioso
equilibrio, se si osserva tutto il contesto letterario in cui sono poste. Il
verme sta sempre quando gli uomini (semplici credenti o conduttori) isolano
singole asserzioni dall’equilibrio originale e le radicalizzano. Se si considera
Ef 5, si noti che Paolo iniziò ingiungendo di sottoporsi «gli uni agli altri nel
timore di Cristo» (v. 21). Si noti poi che i tre versi in cui alla moglie fu
comandato di essere soggetta al proprio marito (v. 22ss) stanno di fronte a un
lungo brano, in cui viene comandato al marito di amare la moglie. Quando queste
due azioni avvengono insieme nella ricerca di compiacere all’altro coniuge,
avvengono miracoli e guarigione. Poi si osservi il «come Cristo». Per non
addentrarci troppo nell’esegesi, chi può dire che tutto ciò era solo per quei
tempi? Non a caso l’ultimo libro della Bibbia si chiude con un severo
avvertimento per chi toglie e aggiunge, chiunque egli sia o rappresenti!
■ Che cosa è cambiato?: Noi occidentali pensiamo
d’essere l’ombelico del mondo. Vediamo tutto e tutti con la nostra lente
razionalistica. Certo molte cose sono cambiate anche da noi in meglio, dal punto
di vista sociale. Ma sono cambiati gli uomini? Le coppie sono più stabili? La
società è più ferma (p.es. dal punto di vista sociale)? I fatti di cronaca non
sembrano dare ragione al fatto che gli uomini siano veramente cambiati.
Le ingiunzioni della Scrittura sono più sagge e avvedute degli arbitri degli
uomini che vogliono vivere come pare loro e alla cui fine c’è il disastro. ■ Che cos’è la libertà?: Una predicazione
biblica è sempre equilibrata e, come fa Paolo, riguarda di pari tempo mariti e
mogli, padroni e operai. Paolo afferma addirittura che per chi è stato liberato
da Cristo, i legami sociali si relativizzano in vista dell’avvento del Messia-Re
e del suo regno (1 Cor 7,22; Gal 3,28; Col 3,11). Chi è stato liberato da Cristo
può non curarsi dei legami sociali in cui si trova, nel momento che si converte,
ma può certamente avvalersi dell’opportunità di uscire da quelli coercitivi
quali sono quelli della schiavitù (1 Cor 7,21). La schiavitù è stata abolita dai
cristiani biblici come altre coercizioni simili! Ciò non è scontato fino a oggi
in altre religioni. ■ Solo e tutto «amore»?: Il messaggio dell’amore
di Dio per gli uomini e dell’amore del cristiano per il suo simile, è una delle
maggiori caratteristiche del cristianesimo biblico. Esso riguarda anche mariti
(Ef 5,25; Col 3,19 senza inasprimento) e mogli (Tt 2,4). La Bibbia rimarca però
anche il rispetto delle mogli verso i mariti (Ef 5,33 è così che bisogna
interpretare la sottomissione dei v. 21ss!). La tendenza negativa del marito può
essere quella di trattare sua moglie come un «collega», non badando alla sua
natura femminile. La tendenza negativa della moglie può essere quella di
mettersi in piena concorrenza col marito, frustrandolo nella sua funzione
naturale di conduttore e protettore. A ciò si aggiunga che l’amore, quanto nobile esso sia,
non può avvenire a spese della verità e della giustizia (produrrebbe solo
vittime!), né al contrario s’intende (produrrebbe solo carnefici!). Per questo
Paolo parlò di coloro che «hanno aperto il cuore all’amore della
verità per esser salvati» (2 Ts 2,10). Egli esortò a proseguire «verità
in carità» per crescere in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo (Ef
4,15). Anche Pietro mostrò che i credenti possono purificare le loro anime (=
vite, persone) «con l’ubbidienza alla verità» e ciò permette di «arrivare a un
amor fraterno non finto» e ad amarsi «l’un l’altro di cuore, intensamente» (1 Pt
1,22). Ciò vale anche per il matrimonio! È così che ha agito e agisce anche Dio
(2 Gv 1,3). Quanto alla giustizia, Paolo ingiunse di
coniugarla, tra altre cose, con l’amore (1 Tm 6,11; 2 Tm 2,22). Sebbene l’amore
aiuta a sopportare le ingiustizie, nei rapporti quotidiani è difficile amare
quando si è trattati alla lunga in modo ingiusto! L’amore del prossimo (unito
all’amore per la verità) spinge a chiarire i rapporti e a purificarli (Mt 5,14;
18,15).
Per approfondire molti degli argomenti, rimandiamo a Nicola Martella,
Generi e ruoli
(Punto°A°Croce, Roma 1996), specialmente nella prima parte agli articoli «Il
maggiore sia servo di tutti», pp. 171ss; «Autorità e sottomissione nel
matrimonio cristiano», pp. 189ss. Si consultino anche gli articoli che parlano
della pari dignità dei due generi e della loro differenziazione nell’AT e nel
NT. ▪ Si veda pure la sezione «Il matrimonio» (pp. 100-162) in Nicola Martella,
Tenerezza e fedeltà,
Sesso & Affini 2 (Punto°A°Croce, Roma 1998), specialmente
l’articolo «Matrimonio e patto», pp. 118ss. |
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► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/T1-Contingenza_autorita_MT_AT.htm
2007; Aggiornamento: 06-10-2009
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