1. LE QUESTIONI:
Carissimo Nicola, [...] Gentilmente, potresti darmi la spiegazione di 1
Pietro 3,18-20? Ecco le mie domande:
■ Chi sono
gli spiriti ritenuti in carcere?
■ Cosa
s’intende per carcere?
■ Perché
andò a predicare a questi spiriti?
■ Perché
solo a quei spiriti dei giorni di Noè? (e prima?).
■ Quale
applicazione risulta per noi oggi?
[...] {Francesco Pannaccione; 28/11/2012}.
Caro fratello Nicola, [...]. Ho beneficiato molto in passato
della tua conoscenza biblica e ho pensato a te stamattina, quando mi sono
imbattuto in alcuni versi, che mi sono
oscuri. Si tratta della prima lettera di Pietro e precisamente dei versi
3,19-20 e 4,6. Ti sarei molto grato se potessi dirmi, secondo te, cosa
intendeva dirci l’apostolo Pietro con
questi versi. [...] {Lino Cavone; 08/11/2017}
2. ALCUNE RISPOSTE
2.1.
ENTRIAMO IN TEMA: Per
prima cosa traduciamo al meglio tale brano: «Infatti, anche Cristo ha sofferto un volta per i peccati, il giusto per
gli ingiusti, per condurci a Dio; tanto messo a morte secondo la carne quanto
vivificato secondo lo spirito; [18] nel quale andò a predicare anche agli
spiriti ritenuti in carcere, [20] i quali una volta furono ribelli, quando la
longanimità di Dio aspettava, ai giorni di Noè, mentre si preparava l’arca;
nella quale poche, cioè otto anime, furono salvate attraverso l’acqua» (1 Pt
3,18ss).
Certo, questi fratelli non potevano prendere un brano più difficile! È un passo
oscuro, una croce per gli interpreti.
Martin Lutero scrisse su 1 Pietro 3,19: «Questo è uno strano testo e un detto oscuro, così ce n’è uno solo nel Nuovo Testamento, tanto che non so esattamente cosa intenda san Pietro». È una costruzione a «rosario»: ogni parte finale (spirito, arca, acqua,
battesimo) ne introduce un’altra, e questa un’altra ancora, che non sta in
nessuna connessione diretta con la prima; e così via.
Pietro — a differenza di Paolo, che era ellenista — predicava in aramaico o
ebraico, poi un interprete lo traduceva agli astanti. I destinatari
dell’epistola erano Ebrei della diaspora: sebbene parlassero anche greco,
pensavano all’ebraica. L’affinità di pensiero tra l’autore e i destinatari si
basava sul consenso interpretativo all’interno dello stesso contenitore
culturale, il giudaismo storico e quello cristianizzato; essi evidentemente
capivano subito tali cose, che a noi risultano oscure. Inoltre, Pietro era un
pescatore e non un teologo (come Paolo), perciò mancava di una certa sistematica
nel pensiero e nel modo di comporre le frasi. Così, all’ebraica, faceva scorrere
un pensiero in un altro; e ciò risulta un po’ astruso per noi occidentali.
Perciò, il brano 1 Pt 3,18ss è molto oscuro e difficile per noi.
Possono apparirci come dei pensieri costruiti a senso, una specie di canovaccio
per la predicazione, che poi l’oratore avrebbe spiegato e approfondito a voce.
2.2.
UNA PANORAMICA GENERALE:
Per gli Ebrei i morti si trovano in quello, che genericamente si chiama
«soggiorno dei morti». Lo stesso Pietro a Pentecoste ricordò le parole di Davide
circa l’Ades e poi aggiunse che egli «parlò
della risurrezione di Cristo, dicendo che
non sarebbe stato lasciato nell’Ades, e che la sua carne non avrebbe veduto
la corruzione» (At 2,27.31). L’Ades era per gli Ebrei il «soggiorno dei
morti» o še’ol» (ebr. = gr.
hades), inteso concretamente come il
sepolcro e metafisicamente come un luogo trascendentale diverso dal Cielo, dove
c’è il trono di Dio.
Quando Gesù morì, andò nel regno dei morti e precisamente in Paradiso, non in
Cielo, dove sta il santuario celeste e il trono di Dio. Infatti, sulla croce,
Gesù disse al malfattore pentito:
«Io
ti dico in verità, oggi tu sarai con me in paradiso»
(Lc 23,43). Anche dopo la risurrezione, Cristo disse a Maria Maddalena, che non
era ancora salito al Padre (Gv 20,17). Solo appena prima di Pentecoste, Gesù
ascese al cielo (At 1,9; cfr. 1 Tm 3,16; Eb 7,26), per sedersi alla destra del
Padre.
Anche in 1 Pietro 1,18-22 la sequenza
è quella classica (cfr. Rm 8,34; 1 Cor 15,3s; 1 Ts 4,14; Eb 10,12; 12,2): morte
e vivificazione (1 Pt 1,18 Gesù non fu annientato dalla morte), risurrezione (v.
21) e successiva ascesa al
cielo, alla destra di Dio (vv. 22). Ciò, che sta in mezzo è un «excursus» su ciò che avvenne tra la
morte e la risurrezione e come ciò era connesso ad eventi simili: Noè e la sua
famiglia furono salvati attraverso l’acqua (v. 20) e i credenti sono immersi in
Cristo e salvati mediante la sua risurrezione (v. 21), di cui il battesimo in
acqua è una metafora.
Quindi, Gesù andò per tre giorni nel
regno dei morti; qui comunicò la
buona notizia della sua vittoria probabilmente a coloro, che già avevano creduto
in vita. Si noti che Pietro parlò del fatto che Gesù nello spirito «andò a predicare anche agli
spiriti ritenuti in carcere, i
quali un tempo furono ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava, ai giorni di
Noè, mentre si preparava l’arca» (1 Pt 3,19). L’avverbio «anche» non esclude
gli altri morti; successivamente si espresse più genericamente: «L’Evangelo
è stato annunziato anche ai morti»,
ossia oltre che ai vivi.
Perché questo fosse successo, ce ne dà una spiegazione Paolo. Una cosa è
l’infrazione, altra cosa è l’imputazione della colpa. Ad esempio, un minore o un
minorato mentale
può commettere un crimine, ma non può essergli
imputato al fine di condannarlo e incarcerarlo. Qualcuno può
commettere un fatto detestabile ma, mancando una legge in merito, non può essere
imputato per tale crimine morale. Similmente, Dio ha deciso di non imputare
tutti i crimini commessi prima dell’avvento della Legge mosaica. Da Adamo in poi
il peccato ha toccato ogni uomo, cosicché tutti hanno peccato (Rm 5,12);
tuttavia, «fino
alla legge, il peccato era nel mondo; ma il peccato
non è imputato quando non c'è legge» (v. 13).
2.2.
ULTERIORI APPROFONDIMENTI:
Sebbene il concetto generale sia chiaro, rispondo ora, qui di seguito, alle
specifiche domande di Francesco Pannaccione.
■
Chi sono gli spiriti ritenuti in carcere: Fintantoché gli uomini
vivono sono «anime» (= esseri viventi, persone; cfr. v. 20). Dopo la morte sono
«spiriti» (cfr. Eb 12,23 «spiriti dei
giusti resi perfetti»).
■
Cosa s’intende per carcere: S’intende l’Ades. Infatti leggiamo: «I
legami della še’ol mi avevano attorniato, i lacci della morte mi avevano
sorpreso» (2 Sm 22,6). La morte (Sal 18,4; 107,14; At 2,4), la tomba e l’Ades
(Sal 116,3) erano visti come lacci, catene e prigione.
■
Perché andò a predicare a questi spiriti: Qui il verbo in questione
è kēryssō «annunciare, fare l’araldo,
proclamare». Non sappiamo se si trattava della predicazione dell’Evangelo o
dell’annuncio della sua morte (comunicazione). Come abbiamo visto sopra, non
essendoci ancora la Legge mosaica a quel tempo,
Dio non imputò agli uomini le loro iniquità personali (Rm 5,13; come
avviene anche oggigiorno per i bambini e i minorati mentali); ora Cristo aveva
anche provveduto all’espiazione del loro peccato (natura peccaminosa). Ciò
significò evidentemente l’annuncio della liberazione dall’Ades, per far accedere
tali carcerati nel Paradiso. Con ciò si accorda il seguente brano: «Per
questo è detto: Salito in alto, egli ha condotto prigioniera la prigionia e ha
dato dei doni agli uomini» (Ef 4,8).
■
Perché solo a quei spiriti dei giorni di Noè (e prima?): Non
sappiamo del tutto perché Pietro parlò solo del tempo di Noè. Paolo parlò fino
all’arrivo della Legge (Rm 5,13). Probabilmente Pietro aveva in mente il
parallelo fra la cesura al tempo di Noè e quella alla fine dei tempi (cfr. 2 Pt
2,5; 3,6s.10). Come ho mostrato sopra, l’avverbio «anche» non esclude gli altri, vissuti prima dell’avvento della Legge
mosaica.
■
Quale applicazione per noi oggi?: Come Noè e la sua famiglia presero
il loro rifugio nell’arca (v. 20), così gli uomini devono prendere il loro
rifugio in Cristo, in cui bisogna essere spiritualmente immersi (v. 21).
Per l’approfondimento si vedano anche i seguenti scritti:
►
Efesini 4,8 e la logica inversa a Salmo 68,18 {Nicola Martella} (D)
►
Efesini 4,8 nel suo contesto? Parliamone {Nicola Martella} (T)
http://untoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Pred_morti_Esc.htm
15/11/2017; Aggiornamento:
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