L’articolo «Pietro
aveva il primato sugli altri apostoli?» ha spinto qualche
lettore a prendere posizione riguardo alle asserzioni che gli autori hanno
fatto. Da uno studio sincero, onesto e corretto della sacra Scrittura risulta
che né Gesù, né gli apostoli, né le chiese del NT conoscevano il primato di un
apostolo particolare sugli altri, né un capo terreno della chiesa, né un
particolare vicario di Cristo. Eppure la curia romana, i chierici e i loro
seguaci affermano e insegnano ben altre cose, partendo dalla loro convenzione
dogmatica accreditata, dal potere clericale acquisito e sviluppato nel tempo e
dalla presunta autorità di poter parlare ex cattedra.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
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1.
{Gian Franco Scarpitta}
▲
Non mandarmi più
queste cavolate e leggi Pesch, «I fondamenti biblici del primato», Edizioni
Queriniana. Anche il sottoscritto ha svolto un lavoro su quest’assunto per
sottolineare che Cristo guida la sua Chiesa legittimamente, attraverso un
ministro visibile suo Vicario. Inoltre le obiezioni che poni non hanno senso:
stando a quello che tu dici (ma spero che non sia il tuo pensiero) Cristo
avrebbe allora smentito anche se stesso,
dicendo «Gli ultimi saranno i primi», visto che lui ha detto «Io sono
la via, la verità e la vita». «Voi mi chiamate maestro e dite bene,
perché lo sono» e qualificandosi come Il Primo e L’Ultimo, l’Alfa e Omega.
La soluzione del problema invece è un altra: qualsiasi ministero, anche
d’autorità, è servizio e donazione ai fratelli: chiunque si fa capo e maestro
non è che servitore di tutti e in questo è chiamato a esercitare su tutti la
carità e la benevolenza più degli altri. Proprio come diceva Gesù. «Io sono
in mezzo a voi come Colui che serve».
Gli ultimi saranno i primi quindi non smentisce la legittima autorità visibile
petrina. {PP. Minimi; 28 maggio 2009}
2.
{Nicola Martella}
▲
Non userò il
predicato «queste cavolate» per qualificare le asserzioni di questo «PP. Minimi»
(francescano, in origine dell'ordine mendicante dei Minimi), come lui ha
osato invece fare nella sua temerarietà di chierico, sebbene da lui mi sarei
aspettato più rispetto e più argomentazione esegetica. Ciò dinanzi a cui mi
trovo è però una versettologia indebita e un falso sillogismo.
Non si capisce che cosa c’entra ciò che Gesù dice dei suoi seguaci con ciò che
Egli afferma di se stesso. Egli non disse
fra noi «gli ultimi saranno i
primi», ma bel altro, riferendosi solo ai discepoli; infatti quando «nacque
poi anche una contesa fra loro per
sapere chi di loro fosse reputato il maggiore», Gesù «disse
loro:
I re delle nazioni le signoreggiano, e quelli che hanno autorità su di esse
sono chiamati benefattori. Ma tra voi
non dev’essere così; anzi, il maggiore fra
voi sia come il minore, e chi governa come colui che serve» (Lc
22,25s). Quindi il principio di Gesù riguardava qui i suoi seguaci e non lui
stesso. Nessuno fra i suoi apostoli avrebbe dovuto avere il primato, proprio per
contrastare il principio insito nella logica politica del mondo. A ciò si
aggiunga che parlando di «maestri», «padri» e «guide» spirituali, ingiunse ai
suoi apostoli in stile anticlericale: «E non vi fate chiamare “Insegnanti”,
perché
uno solo è il vostro insegnante, il
Cristo, ma il maggiore fra voi sia
vostro servitore» (Mt 23,10s).
Mostra scarsa capacità esegetica, poco rispettosa del contesto, mettere insieme
indebitamente cose che per natura non stanno insieme. Questo è tipico di chi non
è veramente interessato alla verità esegetica, ma a difendere con l’uso
strumentale della Scrittura una tesi preconfezionata per partito preso. Come
abbiamo visto, Gesù distingueva benissimo tra il «fra voi» (riferito agli
apostoli) e se stesso. Proprio perché Gesù era il loro Capo, gli apostoli non
dovevano cercare posizioni di preminenza. Si noti in Matteo 23,8ss la
contrapposizione, che nel contesto riguardava le pretese di scribi e farisei di
essere autorità religiose, padri spirituali e unici insegnanti autorizzati.
Cose da evitare tra gli apostoli |
Motivazioni |
Ma
voi non vi fate chiamare “Rabbi” (= ebr. lett. “mio grande” per “mio
signore”; cfr. monsignore) |
perché uno solo è il vostro
maestro, e voi siete tutti fratelli (v. 8) |
E
non chiamate alcuno sulla terra vostro “Padre” (= intendeva padre
spirituale) |
perché uno solo è il Padre vostro,
quello celeste (v. 9) |
E
non vi fate chiamare “Insegnanti” (= v. 2 «cattedra di Mosè») |
perché uno solo è il vostro
insegnante, il Cristo (v. 10) |
Che poi Gesù, pur
essendo tutto ciò, abbia dato un esempio ai suoi apostoli da seguire, ciò non
sminuisce la dinamica che Gesù impose ai suoi seguaci, anzi la rafforza. Infatti
al «Voi mi chiamate maestro e dite bene, perché lo sono» (Gv 13,13),
precede il lavaggio dei piedi dei discepoli da parte di Gesù e segue questa
spiegazione: «Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, v’ho lavato i
piedi,
anche voi dovete lavare i piedi gli
uni agli altri. Poiché io v’ho dato un esempio, affinché
anche voi facciate come v’ho fatto
io» (vv. 15s). Così facendo, Gesù intendeva quindi contrastare proprio la
tendenza tra i suoi apostoli di avere preminenza e primato sugli altri; il
clericalismo non era proprio nei programmi del Messia.
Per questi motivi, dopo Pentecoste, nessuno degli apostoli ardì più a prendere
una posizione di primato sugli altri apostoli e sulle chiese. Per Pietro stesso
il «sommo Pastore» rimaneva Cristo stesso (1 Pt 5,4) ed egli come «anziano fra
gli anziani» (v. 1) invitava i suoi colleghi conduttori delle chiese a non
esercitare nessuna posizione di potere sul loro rispettivo gregge, presso di
loro, ma di essere per tali credenti «gli esempi del gregge» (vv. 2s).
Gesù non rinunciò ai suoi assoluti — p.es. «Io sono la via, la verità e
la vita» (Gv 14,6) — solo perche aveva insegnato ai suoi apostoli il
principio che «gli ultimi saranno i primi»; infatti egli non aveva detto
«fra noi», ma «fra voi». Perciò non disse: «Non posso essere il Primo né l’Alfa,
perché i primi saranno gli ultimi», ma affermò senza ombra di dubbio: «Io
sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente» (Ap 1,18; 2,8); e anche: «Io sono
l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine» (Ap 22,13). Ossia
egli intendeva dire: «Io sono tutto in modo assoluto».
Come si vede, tutto ciò (ciò che Gesù dichiara d’essere) non inficia proprio per
nulla le sue richieste ai suoi apostoli, anzi li rafforza: «Il maggiore
fra voi
sia vostro servitore» (Mt 23,10s); «il maggiore
fra voi sia come il minore, e chi
governa come colui che serve» (Lc 22,25s). Essendo Gesù il Capo assoluto,
nelle chiese non c’è bisogno di primati.
Facciamo bene ad attenerci alle espresse direttive di Gesù, degli apostoli e
dello stesso Pietro, invece di fare salti mortali ideologici, aggiungendo e
togliendo alla Scrittura (Ap 22,18s), andando di là da ciò che è scritto (1 Cor
4,6) e creando confusione col fatto che non si taglia rettamente la «Parola
della Verità» (2 Tm 2,15). E tutto ciò per sostenere con artefici retorici e di
dogmatica partigiana proprio ciò che Gesù intendeva evitare nella sua chiesa: il
clericalismo tipico degli scribi, dei farisei e dei sadducei, della loro
«cattedra di Mosè» e del loro Sinedrio.
3.
{Vincenzo Russillo}
▲
Primato di Pietro e vicario di Cristo?
Il papa per i
cattolici è una figura di prestigio;prima che essere il rappresentate di Dio in
terra (almeno da quanto dicono), è il rappresentate d’un potere ben saldo. Ben
lontano dall’idea di Cristo.
Le questioni affrontate «ex cathedra» dai «successori di Pietro» sono ritenute
infallibili, ma come? Non c’è scritto forse: «Tutti hanno peccato e sono
privi della gloria di Dio» (Romani 3,23); e ancora: «…così la morte è
passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato...» (Romani 5,12).
Tutto ciò non rappresenta fedelmente quel che la Sacra Scrittura ci dice. Lo
stesso dicasi del fatto che in essa non si trova niente al riguardo del primato
del vescovo di Roma sugli altri vescovi. Anzi Pietro condivise il proprio
operato con gli altri apostoli: «Così dunque non siete più né stranieri né
ospiti; ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio. Siete
stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù
stesso la pietra angolare» (Efesini 2,19-20).
La Bibbia, come ci rammenta Paolo, non ha bisogno di somme guide, ma per
verificare se un insegnamento è vero o falso, basta fare riferimento alle
Scritture stesse: «Ma i fratelli subito, di notte, fecero partire Paolo e
Sila per Berea; ed essi, appena giunti, si recarono nella sinagoga dei Giudei.
Or questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica, perché
ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture
per vedere se le cose stavano così».
Orbene, allora Pietro stesso cosa ci dice su un suo possibile primato
sugli altri apostoli? Egli semplicemente risponde così: «Poiché eravate
erranti come pecore, ma ora siete tornati al Pastore e Vescovo delle
vostre anime» (1 Pietro 2,25 [N.d.R. episkopos significa in greco
«sorvegliante, sovrintendente»]). Il nostro sommo vescovo e sacerdote è Gesù: «Egli
invece, poiché rimane in eterno, ha un sacerdozio che non si trasmette»
(Ebrei 7,23-25).
Non vi è alcun altro vicario in terra, se non lo Spirito Santo: «Il
Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, v’insegnerà
ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto» [N.d.R.:
«consolatore» è una trasposizione del greco parakletos «avvocato,
difensore» di chi si rappresenta, quindi anche «vicario»]. Su questo i molti
seguaci del papa e delle false dottrine dovrebbero meditare, così da evitare la
blasfemia di attribuire a un uomo tra gli uomini il titolo di «vicario di
Cristo». Così c’è scritto: «E io pregherò il Padre, e Egli vi darà un altro
Consolatore, perché stia con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il
mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete,
perché dimora con voi, e sarà in voi. Non vi lascerò orfani; tornerò da voi»
(Giovanni 14,16-18). Questo dovrebbe diradare ogni dubbio, evitando di togliere
a Gesù il titolo di Sommo Sacerdote e di conseguenza allo Spirito Santo quello
di Vicario e Paracleto temporaneo in attesa del ritorno di nostro Signore. {30
maggio 2009}
4.
{Nicola Martella}
▲
Il lettore del
contributo precedente ha accennato alla presunta infallibilità papale. A tale
proposito è utile ricordare che l’attuale papa Ratzinger ha abolito il Limbo,
il luogo in cui sarebbero andati i bambini morti senza il battesimo. Tale
dottrina è stata istituita da molti secoli da un altro papa, si trova nella
«[Divina] Commedia» di Dante Alighieri, è stata presente per secoli nei
catechismi di ogni tipo, è stata difesa dai dogmatici cattolici a spada tratta
con pseudo argomentazioni bibliche. E ora, dove andranno le povere anime dei
bimbi che non hanno ricevuto tale rito sacramentale, visto che Ratzinger per
decreto ha abolito tale luogo? A questo punto sorge il dubbio: è stato
infallibile l’attuale papa o lo sono stati quelli precedenti?
Permettetemi un po' lieve satira. Forse Dante Alighieri sarà ora molto
offeso di questo cambiamento, perché così la sua opera perde di qualità e
d’autorità. Penso che lui e gli altri «infallibili» papi, sostenitori del Limbo,
avranno presto da regolare pesantemente un conto in sospeso con l’attuale
papa, anche lui «infallibile», appena s’incontreranno nell'aldilà, per aver
abolito improvvisamente le loro certezze dogmatiche. A tale incontro certo ci
sarà la questione di chi sarà più «infallibile» dell’altro; ma visto il numero
dei papi pro-Limbo, al posto di Ratzinger, comincerei a fare un po’ di
bodybuilding, di pugilato o di qualche arte marziale, poiché «l’infallibilità»
da sola potrebbe non bastare.
5.
{Raffaele Minimi}
▲
Prego e leggi.
Certamente le tue capacità esegetiche, ti faranno trovare, ciò che noi al sud
chiamiamo «a’ pezza a culore», che piegherà il testo a ciò che affermi.
Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, quando si fu manifestato ai
discepoli ed essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di
Giovanni, m’ami tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che
t’amo». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo: «Simone di
Giovanni, m’ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che t’amo». Gli
disse: «Pasci le mie pecorelle». Gli disse per la terza volta: «Simone di
Giovanni, m’ami?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse:
M’ami?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che t’amo». Gli rispose
Gesù: «Pasci le mie pecorelle. In verità, in verità ti dico: quando eri più
giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai
vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove
tu non vuoi». Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe
glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi» [Gv 21,15.19, N.d.R.].
Nonostante avesse proclamato che non avrebbe mai abbandonato il Signore, anche
se tutti gli altri lo avessero fatto, Pietro lo aveva rinnegato per ben tre
volte, come, del resto, Gesù gli aveva profetizzato. Non per questo il Risorto
tolse a Pietro la vocazione di supremo pastore della Chiesa! Forse il Signore
volle solo che altrettante volte, quante lo aveva rinnegato, manifestasse il suo
amore, anzi, confermasse che lo amava «più degli altri». Dunque, d’Amore totale
e assoluto, Amore che è Carità! Le interrogazioni successive sembrano essere
«decrescenti», quanto alla natura e intensità dell’Amore richiesto a Pietro, un
Amore naturale e di amicizia. L’inverso di quanto potevamo attenderci!
All’ultima ripetizione della domanda d’Amore Pietro appare confuso e addolorato.
Praticamente ammette d’amare Gesù quanto «umanamente» sa e può, ma desidera
disperatamente d’amare Gesù. E il Signore lo conferma nella sua vocazione di
capo della Chiesa, facendogli capire che da solo non potrà fare nulla e che solo
alla fine lo amerà veramente d’Amore di Carità, dando la sua vita per Cristo.
Eppure nei secoli ci sono stati, e ancora ci sono, molti i quali negano che Gesù
Cristo abbia voluto fondare la Chiesa e abbia voluto affidarla a Pietro.
6.
{Nicola Martella}
▲
Vedo che Raffaele
Minimi non ha letto il mio articolo, ma ha semplicemente attaccato qui quanto
già aveva da parte. Non sono neppure sicuro che tale testo sia il suo, poiché
altre volte mi ha mandato testi altrui, senza indicare l’autore e, solo dopo una
mia richiesta, mi ha spiegato di chi fosse. Nell’introdurre tale testo, parte
poi subito attribuendo a me un falso intento di mistificazione del testo biblico
che suggerisce, prima ancora che ha letto il mio contributo. Ciò non è leale e
onesto e, quindi, non gli fa onore. Non mi aspettavo questo da lui, ossia da un
uomo che si nasconde dietro a tanti pseudonimi e che, da cattolico
tradizionalista (p.es. seguace del concilio di Trento, della Controriforma,
nemico del Concilio Vaticano II, amico di Marcel François Lefebvre e dei suoi
accoliti, ostile ai Giudei e a Israele...), sospetta addirittura dei cattolici
più progressisti e li bacchetta quando e dove può. [►
Raffaele Minimi: l'uomo dai mille volti?] Per
intervenire nella discussione, doveva leggere prima l’articolo e gli
interventi altrui e poi doveva entrare nel merito della discussione e non
parlare a prescindere da ciò che è stato già detto. Così non si vuole discutere,
ma indottrinare soltanto, e ciò è una mancanza di sensibilità e di rispetto
verso gli altri.
In ogni modo, non c’è nessun nesso esegetico fra la riabilitazione
personale d’un uomo fallito, qual era allora Pietro, e un suo fantomatico
primato sugli altri apostoli (essi non erano né pecore né agnelli di Pietro, ma
suoi commilitoni!) e sulla chiesa; il contesto non lo attesta. La tesi proposta
non è esegesi contestuale (spiegazione partendo dal contesto reale e per
quello che è realmente), ma eisegesi dogmatica (proiezione nel testo di
questioni ideologiche che con esso non c’entrano). Quello qui presentato era un
caso di cura pastorale privata fra Gesù e Pietro (egli, a differenza
degli altri dieci apostoli, aveva rinnegato Gesù!), e non l’instaurazione
pubblica in un ufficio di preminenza dinanzi al cospetto degli altri apostoli e
sopra di loro. Non esiste un tale solenne momento d’investitura pubblica. Tutto
il resto del NT e le stesse parole delle due epistole pietrine non corroborano
tale tesi d’un primato. Di ciò ho parlato abbastanza nell’articolo e sopra
nell’attuale tema di discussione; evito quindi di ripetermi. Inoltre come poteva
Gesù nominare Pietro a suo successore e vicario in terra, visto che Cristo, «perché
dimora in eterno, ha un sacerdozio che non si trasmette»? (Eb 7,24).
Tale tesi del primato del vescovo di Roma è nata molti secoli dopo dalla
necessità di dare una mano di vernice pseudo biblica al cesaropapismo,
che intanto s’era affermato per contingenza politica.
Si spera che presto verrà un papa coraggioso che farà fare a tale presunta
dottrina la stessa fine del Limbo, anch’esso un dogma non presente nella
Bibbia, ma canonizzato da un papa «infallibile» e difeso per secoli e secoli da
altri papi «infallibili» e dai loro catechismi mediante argomenti pseudo
biblici... finché poi non venne Ratzinger e per decreto lo abolì. (Poveri bimbi,
chissà che fine avranno fatto ora, non avendo più un tale luogo!) Che tale papa
sia stato più «infallibile» dei suoi predecessori? Quando verrà un altro papa,
altrettanto «infallibile», che abolirà anche tale pseudo primato, per ritornare
a essere
semplicemente un «vescovo di Roma»
senza altre pretese? Che giorno mirabile per la verità, per l’esegesi biblica e
per la cristianità!
Come recita un proverbio tedesco, «Speriamo in meglio, ma prepariamoci al
peggio». Un papa che rinunci al suo potere temporale e al suo presunto
primato per amore della verità biblica? È meglio non farsi illusioni, visto che
il potere ha trasformato addirittura una persona come Ratzinger, che nel passato
da
semplice teologo scriveva ben altro sul papa
e sull’ubbidienza che si deve soprattutto alla propria coscienza. Come recita un
proverbio nostrano: «Il lupo cambia il pelo, ma non il vizio».
7.
{Germano Zannoni}
▲
Caro Nicola,
giustamente Pietro non è la pietra, ma il sasso. «Ed egli disse loro: “E voi,
chi dite che io sia?”. Simon Pietro rispose: “Tu sei il Cristo, il Figlio del
Dio vivente”. Gesù, replicando, disse: “Tu sei beato, Simone, figlio di Giona,
perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è
nei cieli. E anch’io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la
mia chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere”» (Matteo
16,15-18).
Dopo aver analizzato tale testo nella lingua originale, mi sembra di poter
vedere che Gesù chiama Simone con l’appellativo di «Pietro» (dal greco petros
«sasso»), mentre la «pietra» (petra in greco è una roccia) è il concetto
che Pietro ha detto poco prima, cioè: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio
vivente». In conclusione: Gesù è la pietra, mentre Pietro è un sasso. Questo
a ulteriore prova di quello che tu hai scritto. L’apostolo veniva chiamato
Petros in greco, in latino fu adattato a Petrus, anziché tradurlo Saxum; di
conseguenza anche in Italiano è stato adattato a Pietro anziché tradurlo Sasso.
Credo che anche questo modo di tradurre il gioco di parole da parte dei
sostenitori del sedicente primato di Pietro sia stato (ab)usato solo per trovare
una conferma (inesistente). Grazie per l’attenzione un saluto fraterno {30
maggio 2009}.
8.
{Nicola Martella}
▲
Nel contributo
precedente ho modificato in certi punti «tradotto» (p.es. Petrus) in «adattato
a» (p.es. Pietro); poiché questa è la realtà dei fatti, e un gioco di parole si
può intendere solo se si traduce, non quando si adattano i termini chiave,
lasciandoli invariati. In greco petra è la roccia nativa, che è attaccata
al suolo e da esso si erge (si pensi all’imponente città di Petra, scavata nella
roccia); il termine greco petros (e quello corrispondente aramaico Kefas)
intende, invece, un «sasso» di varia grandezza (ciottolo, pietra, sasso, masso),
la cui peculiarità maggiore è di essere distinguibile dalla roccia nativa e
trasportabile.
Questa confusione terminologica, da cui si è sviluppata poi quella dottrinale,
che sia stata intenzionale o meno traducendo il testo greco in latino per la
prima volta, proviene dall’equivoco di adattare i termini nell’altra lingua,
invece di tradurli secondo il senso originario.
Tali equivoci testuali si hanno anche per altri termini che in italiano
(passando per il latino) sono stati semplicemente adattati e non tradotti,
creando equivoci in certi brani o viziandone la comprensione. Tali termini sono
ad esempio:
anghelos «inviato», apostolos «mandato, incaricato», profetes
«proclamatore» (e profeteia «proclamazione»), euanghelistes
«annunciatore, messaggero» (e euanghelion «[buon] annuncio»). In certi
brani, traducendo anghelos con angelo, invece che con «inviato», si porta
a credere che si tratti di esseri celesti, invece che di uomini. Gli altri
termini ecclesiologici hanno portato a grandi abusi nel corso della storia delle
chiese, spaccando perciò i fronti fra probabilisti (spesso abusanti) e
cessazionisti (reattivi ai primi). Questo è però tutto un altro tema. Buona
ricerca.
9.
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10.
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11.
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12.
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►
Pietro e la Chiesa di Roma
{Flavio Barbiero - Nicola Martella} (A)
►
Il potere delle chiavi: La remissione dei peccati nel Catechismo cattolico e
nella Bibbia
{Alfredo Terino}
(A)
►
L’arroganza della chiesa di Roma
{Nicola Martella} (A)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Pietro_primato_apostol_Avv.htm
29-05-2009; Aggiornamento: 11-06-2009
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