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Articoli come, ad esempio, «Profeti
nel Nuovo Testamento» e «Profeti
del nuovo patto» hanno indotto Massimiliano Monti a formulare
alcune tesi.
A esse risponde Nicola Martella con alcune osservazioni. Sia il lettore stesso
ad approfondire ulteriormente le questioni e a trarre le sue eventuali
conclusioni.
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1. La tesi
{Massimiliano Monti}
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Tutte queste
disquisizioni sul ministero profetico o sui profeti nascono dal fatto che la
parola di Dio ci avverte del fatto che esistono i falsi profeti...
Ma bisogna tener presente che non si può dire la parola «falso» se di contro non
ci mettiamo la parola «vero». Se esiste qualcosa di falso, deve esistere anche
qualcosa di vero.
Questa è l’introduzione.
Entrando nello specifico, è facile puntare il dito contro il profetico, in
quanto è uno dei ministeri dati da Dio più complesso e più articolato di quanto
lo si faccia sembrare oggi giorno.
Detto questo, la Bibbia ci dice chiaramente quali sono i cinque ministeri dati
da Dio e il loro scopo nella chiesa (Efesini
4,1-16).
Ora nella Bibbia vediamo che non solo Agabo viene definito profeta, ma anche
Giuda e Sila. «Giuda e Sila, anch’essi profeti, con molte parole li
esortarono e li fortificarono» (Atti 15,32).
Ora da
questo versetto deduciamo (senza dire come al solito che ho estrapolato un verso
dal suo contesto perché di contesti qui non ce ne sono altri) che lo scopo del
profeta del Nuovo Testamento non è certo quello di rivelare:
a) La venuta
di Cristo (nessuno lo sa quando ritornerà)
b) Eventi di
chissà quale portata, salvo casi molto particolari; invito a leggere il libro di
Rich Joiner, Il ministero profetico.
Lo scopo prevalente del profeta oggi
è quello d’esortare, consolare, fortificare, e in altri ambiti di riprendere.
Poi si
prendano le mie parole per quelle che sono, non pretendo in alcun modo di
cambiare la testa alle persone ma ognuno mediti su quello che sto dicendo.
Detto questo
concludo, dicendo che prima di puntare il dito contro le persone o dire: «Io
sento per lo Spirito questo e quest’altro», facciamo attenzione, non si gioca
con i doni dello Spirito Santo solo perché non sappiamo come s’usano o non
sappiamo manco come agiscono in un ministro di Dio.
Invito a
meditare sul fatto d’essere certi e persuasi di quello che si va dicendo dei
cristiani che amano Dio con il loro cuore, sapendo invece che se sbagliano o non
sono nella volontà di Dio, sarà egli stesso a dirgli, «Giammai ti conobbi».
Perché chi
giudica, sarà giudicato a sua volta e a me pare che di giudizi se ne diano pure
troppi in questo sito. {16-11-2007}
2. Osservazioni e obiezioni
{Nicola Martella}
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Concordo col mio interlocutore che,
se ci sono falsi profeti, ci sono anche veri profeti. Quindi non
si può che concordare con
Efesini 4,1-16 (qui specialmente vv. 11ss).
Anche oggigiorno c’è bisogno di missionari (apostoli), proclamatori ispirati
(profeti), di araldi della buona notizia (evangelisti), di curatori d’anime
(pastori) e di insegnanti autorevoli (dottori).
Il punto
critico mi sembra che sia che cosa siano i profeti nel nuovo patto. La
definizione di profeti del nuovo patto, che ripeto qui, è la seguente: al
tempo degli apostoli, i profeti erano «proclamatori ispirati» che parlavano in
modo estemporaneo e sotto ispirazione, dovuta alla lettura comune dei sacri
Scritti (allora l’AT), con fine di edificare, esortare e consolare la chiesa
locale (1 Cor 14,3ss) con sua applicazione. Sebbene alcuni avessero una
predisposizione maggiore di altri a tale ministero edificatorio, estemporaneo,
ispirato e applicativo (gli insegnanti invece parlavano in modo sistematico),
tutti potevano accedere a tale ministero nella chiesa locale (v. 31),
premesso che avessero veramente qualcosa da dire e ciò fosse veramente una
«rivelazione» (v. 30), ossia un’interpretazione adeguata al testo biblico letto
o una sua applicazione pertinente per la chiesa. Ciò che i «proclamatori
ispirati» affermavano sulla base della Scrittura era altresì oggetto di giudizio
da parte dell’assemblea locale (v. 29). Il tutto doveva accadere «con decoro
e con ordine» (v. 40).
Non voglio
dilungarmi su Agabo, rimandando all’articolo specifico. [►
Agabo]. Quanto a Giuda
Barsabba e Sila si noti il fatto che «anch’essi
erano profeti» (non era un numero chiuso di alcuni specialisti) e che
la loro attività fu descritta con i termini «esortare» e «fortificare» i
credenti, e cioè sulla base della Parola di Dio (At 15,32). Questo è il compito
dei «proclamatori ispirati» nel nuovo patto. A ciò si aggiunga che già nella
lettera della chiesa di Gerusalemme c’era scritto: «Vi abbiamo dunque mandato
Giuda e Sila; anch’essi vi diranno
a voce le medesime cose» (v. 27); quindi il contenuto del loro «parlare
ispirato» si riferiva alle «medesime cose» discusse e decise durante il
concilio interecclesiale.
Si noti
comunque che nel NT nessuno fu chiamato specificamente come «profeta
con nome», ad esempio qui «profeta Giuda» o «profeta Sila»
(cfr. invece «apostolo Paolo»). Di Giuda Barsabba non sappiamo più nulla.
Dopo la separazione fra Paolo e Barnaba, Sila entrò a far parte della
squadra missionaria di Paolo e fu un suo fedele collaboratore in terra di
missione (At 15,40; 16,19.25.29; 17,4s.10.14s; 18,5). Paolo lo chiamò col nome
latino Silvano e lo ricordò come un predicatore di Gesù Cristo (2 Cor 1,19),
come uno dei coautori delle epistole ai Tessalonicesi (1 Ts 1,1; 2 Ts 1,1).
Anche Pietro chiamò Silvano fratello fedele e stimato, di cui si è servito per
scrivere la sua prima epistola (1 Pt 5,12).
Quanto al
compito del profeta
del NT concordo col mio interlocutore che egli non aveva da predire la venuta di
Cristo né eventi fuori del comune. E concordo con lui anche quando definisce
l’obiettivo del profeta oggi così: «quello d’esortare, consolare, fortificare e,
in altri ambiti, di riprendere»; aggiungerei soltanto: sulla base della Parola
di Dio (2 Tm 3,16). Se si studiano le epistole pastorali, ci si accorgerà che
ciò corrispondeva al compito ingiunto da Paolo ai suoi collaboratori
missionari (Timoteo e Tito) e previsto anche per i conduttori di
chiesa (1 Tm 3; Tt 1,9; cfr. 1 Pt 5,2).
Concordo con
io mio interlocutore che sia deleterio «puntare il dito contro le persone o
dire: “Io sento per lo Spirito questo e quest’altro”», solo perché si ritiene
d’essere «profeta». Chi fa così, veramente «gioca con i doni dello Spirito
Santo», e di ciò bisognerà rendere conto a Dio. Infatti, un vero «proclamatore
ispirato», si basa esclusivamente sulla Parola di Dio e non sulle proprie
sensazioni.
È
interessante notare che il «Giammai ti conobbi», ricordato dal mio
interlocutore, sarà usato da Gesù proprio contro coloro che riterranno di
appartenergli soltanto perché hanno fatto nel suo nome opere particolari: «Molti
mi diranno in quel giorno: “Signore, Signore, non abbiamo noi
profetizzato in nome tuo, e in nome
tuo cacciato demoni, e fatte in
nome tuo molte opere potenti?”.
23E allora dichiarerò loro:
“Io non vi conobbi mai; dipartitevi
da me, voi tutti operatori d’iniquità”»
(Mt 7,22s).
Quanto al «chi
giudica, sarà giudicato», ricordato dal mio interlocutore, non bisogna
confondere il piano personale (cui questa parola si addice) da quello
ministeriale ed ecclesiale. «Quanto a me, assente di persona ma presente in
spirito,
ho già giudicato, come se fossi
presente, colui che ha perpetrato un tale atto.
4Nel nome del Signor Gesù, essendo
insieme adunati voi e lo spirito mio, con la potestà del Signor nostro Gesù,
5ho
deciso che quel tale sia dato in
man di Satana, a perdizione della carne, affinché lo spirito sia salvo
nel giorno del Signor Gesù» (1 Cor 5,3ss). «Infatti, ho io forse da
giudicar quelli di fuori? Non giudicate
voi quelli di dentro? Quelli di fuori li giudica Dio.
Togliete il malvagio di mezzo a voi
stessi» (1 Cor 5,12; cfr. 6,1-7).
Confondere
tali piani d’azione, è fatale per le chiese, poiché fa diventare pericolosamente
tolleranti verso errori dottrinali e false dottrine. Chi non capisce
l’importanza dell’apologetica
o difesa della verità, allora arriverà a giudizi gratuiti sul mio sito. La
maggior parte degli scritti del NT hanno un carattere apologetico. Tali erano le
opere degli scrittori dei primi secoli. [►
L’importanza dell’apologetica;
►
A ognuno la sua «missione possibile»]
Senza una corretta apologetica si rischia di ingrassare agnelli nelle chiese per
destinarli ai lupi famelici (Mt 7,15 «vengono a voi»; At 20,29s «fra
voi stessi»).
«Le armi della nostra guerra non sono carnali, ma potenti nel cospetto di Dio
a
distruggere le fortezze; 5poiché
distruggiamo i ragionamenti ed ogni
altezza che si eleva contro alla conoscenza di Dio, e facciamo
prigioniero ogni pensiero traendolo all’ubbidienza di Cristo»
(2 Cor 10,4s).
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Profeti_compito_GeR.htm
21-11-2007; Aggiornamento:
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