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I tempi
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2.
La volontà
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3.
I fallimenti
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4.
L’aspetto spirituale
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5.
Ulteriori aspetti |
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Sempre più spesso si sente dire che Gesù, nel Getsemani è stato depresso. L’angoscia
(Mt 26,37) e la
tristezza mortale (Mt 26,38) provata in tale occasione viene sempre più
identificata con la depressione. Di sicuro ci sono significative
convergenze: oltre
l’angoscia e la tristezza mortale, si può parlare dello stress
psicologico di chi sa di dover morire
(Lc 9,30s), del conflitto interiore testimoniato dalle parole «non quello
che io voglio, ma quello che tu vuoi» (Mt 26,39) e della solitudine in
cui lo hanno lasciato i suoi discepoli (Mt 26,40.43). Probabilmente, anch’io
ho usato, con le migliori intenzioni un tale concetto, per aiutare e
consolare chi era depresso. Tuttavia, a ben vedere, esistono delle
differenze sostanziali fra la depressione, soprattutto nella sua forma
patologica e l’angoscia provata da Gesù nel Getsemani. Vediamole brevemente.
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1.
I TEMPI:
Si parla di depressione quando sussistono i suoi sintomi per almeno
due o tre settimane. Il tempo gioca un ruolo molto importante nella
definizione della depressione, perché è il perdurare dello stato depressivo che
segna il confine tra uno stato «depressivo normale» e uno stato «depressivo
patologico». Oggi è di moda parlare di depressione, perché si riduce il problema
a quelle «giornate
no», dove la tristezza, l’insonnia, la suscettibilità e la
svogliatezza la fanno da padroni. Tuttavia, la vera depressione è quella dove
questi sintomi durano nel tempo e determinano, in qualche modo, il corso della
nostra esistenza. Nel caso di Gesù, invece, dobbiamo dire che la sua
«depressione» è durata alcune ore soltanto (Mt 26,40), dopo di che ha affrontato
risolutamente il suo destino.
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2.
LA VOLONTÀ:
Uno dei sintomi della depressione è la mancanza di volontà.
L’incapacità di controllare e determinare i propri stati d’animo. L’incapacità
di prendere decisioni. L’incapacità di affrontare le situazioni, anche quelle
più banali, che prima si affrontavano facilmente. Si può definire la depressione
un’affezione della volontà. La volontà non è più padrona di sé stessa. Si è
prigionieri con la porta aperta, incapaci di rialzarsi e uscire verso la
libertà. Nel caso di Gesù, invece, noi vediamo che nel Getsemani, la sua volontà
era estremamente attiva e volitiva. Le sue parole, «non quello che io voglio,
ma quello che tu vuoi» (Mt 26,39), ci mostrano la grande battaglia
spirituale che egli dovette sostenere, non per riattivare la sua volontà
depressa, ma per tenere sotto controllo la sua volontà, che in qualche modo,
voleva sfuggire al suo destino.
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3.
I FALLIMENTI:
Legati alla mancanza di volontà ci sono spesso i fallimenti continui
del depresso che aggravano sempre più il suo senso di disagio e la sua
incapacità di affrontare anche le cose più «elementari». Il Getsemani
rappresenta invece una tappa importantissima della vittoria di Gesù sul
peccato. Non ci sarebbe stata la vittoria della croce senza la vittoria del
Getsemani. Malgrado gli scherni degli scribi (Mt 27,42) e un certo tipo di
filmografia, la vera
tentazione di Gesù non è stata quella di scendere giù di croce, ma
quella di salirvi. E questa battaglia è stata interamente vinta nel Getsemani.
Quando, alla fine di tale vicenda, Gesù dice ai suoi discepoli: «Basta! L’ora
è venuta: ecco, il Figlio dell’uomo è consegnato nelle mani dei peccatori»
(Mc 14,41), egli mostra di avere vinto pienamente questa battaglia. Gli
avvenimenti successivi dell’arresto, del processo e della crocifissione
confermano questa lettura. Ed è interessante che nel discorso di pentecoste,
Pietro colleghi quest’essere dato nelle mani di iniqui al determinato
consiglio e alla prescienza di Dio (At 2,23). Nel Getsemani si è combattuta
una battaglia «cosmica», il cui esito poteva avere serie ripercussioni sulla
vittoria della croce e sull’intero programma della salvezza (ma dico questo con
molto tremore e senza sapere quello che veramente dico). Fatto sta
che Gesù non ha fallito sulla croce perché non ha
fallito nel Getsemani.
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4.
L’ASPETTO SPIRITUALE:
Malgrado gli effetti psicologici che può aver generato l’esperienza
del Getsemani, non possiamo in alcun modo ridurre la portata spirituale di
quest’esperienza (il Figlio unigenito del Padre, che sa di venire abbandonato da
Lui). Questa è stata una vera e propria battaglia spirituale, che trascende la
nostra comune esperienza e di cui non abbiamo elementi per poterla definire
ulteriormente. La vicenda del Getsemani rimane unica e non può essere
interamente omologata a nessun’altra esperienza umana, neppure alla
depressione.
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5.
ULTERIORI ASPETTI:
Si può aggiungere ancora che quella sera Gesù aveva mangiato, mentre,
uno dei sintomi della depressione può essere l’inappetenza. In
quell’occasione Gesù pregò intensamente, il che mostra una forte concentrazione
e vita spirituale, il che di solito manca al depresso. La solitudine di
Gesù era reale, perché era stato lasciato solo a pregare dai suoi discepoli più
fidati e stava per esser
abbandonato da tutti i suoi discepoli e dal Padre, mentre il
senso di solitudine che ha il depresso è molto spesso immaginario.
Tutto questo non toglie niente all’umanità di Gesù
e alla meravigliosa verità, secondo cui «non
abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre
debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza
commettere peccato» (Eb 4,15). In realtà non sappiamo se Gesù sia
mai stato veramente depresso. Non credo che la depressione sia sempre un
peccato, per cui, non vedo per quale motivo, anche Gesù non possa aver fatto
una tale esperienza. Tuttavia, non ci viene detto. Ci viene detto soltanto
che Gesù ha provato
per poche ore e senza che questo inficiasse la sua volontà più di
tanto, alcuni sintomi del depresso odierno: «la tristezza mortale», «l’angoscia»,
il conflitto interiore e il senso di abbandono. Al di la delle convergenze,
bisogna però tener ben presente le differenze per non sminuire la grande
portata soteriologica e spirituale del Getsemani. Del resto, sarebbe assurdo
pensare che, per poter simpatizzare con noi, Gesù debba aver
esperimentato tutte le esperienze umane, e subito tutte le
nostre tentazioni. Gesù può
pienamente simpatizzare con il depresso anche nel caso che non fosse mai
stato depresso. Infine, se la Scrittura
non afferma che Gesù è stato depresso, pur affermando che egli può
simpatizzare con noi, vuol dire che la prima cosa è irrilevante ai
fini della seconda.
Per l’approfondimento cfr. Nicola Martella, «Gesù Cristo negli Evangeli: 2. Aspetti personali»,
E voi, chi dite ch’io sia?,
Offensiva intorno a Gesù 2 (Punto°A°Croce, Roma 2000), pp. 27-33. ● Cfr. Nicola Martella, «Gesù
nella cinematografia», Chi dice la gente che io sia?,
Offensiva intorno a Gesù 1
(Punto°A°Croce, Roma 2000), pp. 36-54. |
►
Depressione e fede {Nicola Martella} (T)
►
Cause e cura della depressione {Egle Paolucci} (A)
►
Può un cristiano essere depresso? {Tonino Mele} (A)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Gesu_depresso_OiG.htm
2006; Aggiornamento: 30-06-2010 |