Anche a rischio di far crollare qualche mito, dobbiamo rispondere a questa
domanda come segue: Purtroppo è possibile che un cristiano sincero, che ha fatto
sul serio con il Signore, possa cadere nella depressione.
Il dott. Hyder, uno psichiatra cristiano
francese, ha così descritto questo fenomeno: «Benché non abbiamo molta voglia di
riconoscerlo, la depressione può attentare anche i credenti, come i non
credenti... il cristiano sofferente di depressione è molto più oppresso del non
cristiano. Il suo triste umore gli dà l’impressione di essere separato non solo
dai suoi simili, ma anche da Dio. Egli dubita della sicurezza della sua
salvezza. Egli si domanda se è realmente un vero credente! I suoi peccati sono
stati realmente perdonati? Egli studia le Scritture e fa esattamente il
contrario di quel che potrà aiutarlo a uscirne. Egli si pente, confessa la sua
colpa, si riprende, ma continua a sentirsi depresso. Più passa il tempo in
preghiera, più egli concentra i suoi pensieri su sé stesso, sui suoi sentimenti
e sui propri problemi. Egli diviene egoista nella preghiera...» (da «La nostra
salute mentale»)
Nell’Antico Testamento, possiamo trovare vari
personaggi che avevano consacrato la loro vita a Dio e che Dio aveva usato, che
parlano con il linguaggio tipico di chi è depresso e hanno atteggiamenti tipici
di chi si trova nella depressione, ad esempio: l’autocommiserazione e il
desiderio di farla finita. Tra questi possiamo citare: Giobbe (3,1,3s.6.10s);
Mosè (Nu 11,10-15); Elia (1 Re 19,4.10); Giona (4,1.3); Geremia (15,10.17s);
Davide (Sal 13,1ss; 38,1-14; 42,3.5s.9ss; ecc.).
Anche Martin Lutero, il grande riformatore
tedesco, cadeva in profondi stati depressivi, talché la moglie lo ammoniva
dicendo che Dio non era morto.
La storia della chiesa cristiana ci tramanda che anche
grandi uomini di Dio del passato, grandi pionieri dell’Evangelo e grandi
missionari, furono vittime della depressione. Fra questi ricordiamo: Davide
Braynerd, Hudson Taylor e Adoniram Judson.
Davide Brainerd è stato forse il più grande
missionario fra i pellerossa, gli indiani d’America, eppure spesso nei suoi
diari si può leggere dei suoi insuccessi e dei suoi frequenti stati di
malinconia e depressione. Eppure Dio lo usò parecchio. La stessa cosa si può
dire di
Hudson Taylor, fondatore della missione per l’interno della Cina. Grande fu
la sua fede, il suo impegno e il suo zelo, eppure anche questo grande
missionario, così dicono gli storici, era soggetto a «frequenti depressioni e
finì i suoi giorni «isolato in Svizzera con un forte esaurimento fisico e
mentale», curato da sua moglie Jennie (da «Verso le estremità della terra», p.
205)
Forse l’esempio più emblematico, però, anche se più
bello per come è andata a finire, è quello di Adoniram Judson, eroico
missionario nella Birmania. Così racconta la sua esperienza la storica Ruth
Tucker: «La reazione immediata di Judson alla morte di Nancy (sua moglie) fu
quella di affogare il suo dolore nel lavoro. Per più di un anno egli mantenne un
ritmo frenetico nel lavoro di traduzione e nell’evangelizzazione, ma il suo
cuore vagava altrove. Nel suo intimo covavano dolore e sensi di colpa, da cui
aveva bisogno di essere liberato. Egli non riusciva a perdonarsi di non essere
stato al fianco di Nancy nel momento in cui aveva avuto maggior bisogno di lui.
Il dolore stravolgente che provava non diminuiva, anzi sembrava intensificarsi.
Con l’aumentare della depressione egli cominciò a rendere meno anche nel lavoro.
Cominciò a ritirarsi, passando lunghi periodi di meditazione, evitando qualsiasi
contatto con gli altri. Evitava persino di mangiare con gli altri missionari
nella casa della missione. Infine, quasi due anni dopo la morte di Nancy, tagliò
i ponti con la società e si ritirò nella giungla, costruendosi una capanna e
vivendo come un eremita. Arrivò persino a scavarsi una fossa dove vegliò per
giorni e giorni riempiendo la sua mente di pensieri morbosi sulla morte. Una
desolazione spirituale lo invase: “Dio è per me il Grande sconosciuto. Credo in
Lui ma non lo trovo”. Fortunatamente il suo squilibrio mentale non fu
definitivo. Non ci furono psichiatri, non ci furono psicoanalisti e non ci fu
nessuna terapia di gruppo. Ci fu invece una valanga di amore e di preghiere da
parte dei suoi colleghi e dei credenti indigeni. Inoltre, la sua fede, ben
fondata, resistette anche nei momenti di dubbio più profondo. Lentamente venne
fuori dalla paralisi a cui la depressione lo aveva costretto e uscendone,
acquisì una rinnovata profondità spirituale che rese più incisivo il suo
ministero. Cominciò a viaggiare per la Birmania, aiutando altri missionari nei
loro avamposti. Ovunque andasse suscitava la stessa reazione: folle di persone
alla ricerca della verità, conversioni e segni di crescita spirituale. Egli
avvertiva un rinnovato spirito di interessamento in tutta la lunghezza e
larghezza del paese».
Ecco, ciò che Dio può fare anche in un cristiano che è
stato depresso: Egli può rinnovarlo daccapo e renderlo più utile di prima. Forse
è per questo che il salmista Davide, che pur conobbe la depressione, in
un suo salmo dice: «È stato un bene per me l’afflizione subita, perché
imparassi i tuoi statuti» (Sal 119,71). E l’apostolo Paolo
altresì poté dire: «Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù
Cristo, il Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola
in ogni nostra afflizione, affinché mediante la consolazione con la quale siamo
noi stessi da Dio consolati, possiamo consolare quelli che si trovano in
qualunque afflizione» (2 Cor 1,3s).
Non c’è dunque alcun motivo per non riconoscere che
anche noi, pur essendo cristiani, possiamo passare nella valle della
disperazione, dove stentiamo a rialzarci. Purtroppo il problema che il credente
spesso si fa, è che in tale condizione di malinconia e di abbattimento non è più
una testimonianza per il suo Signore e Salvatore Gesù Cristo, agli occhi del
mondo. E questo è veramente, per il cristiano sincero un tormento, un qualcosa
di cui si vergogna profondamente, e vorrebbe mille volte morire pur di non
disonorare il suo Dio. La questione però, è che, quando cade nella depressione,
difficilmente si può rialzare dall’oggi al domani, per cui tanto vale
riconoscere e accettare il suo stato, come qualcosa che comunque Dio può
risanare e sfruttare per la sua gloria, come abbiamo visto è stato il caso di
Adoniram Judson. Dio è potente ed Egli può fare infinitamente al di là di ciò
che immaginiamo e pensiamo.
Per l’approfondimento della depressione cfr. Nicola Martella, «I disturbi psichici e le loro cause»,
Entrare nella breccia(Punto°A°Croce, Roma 1996), pp. 141-161. Cfr. qui anche «Psicologia e cura
d’anime», pp. 162-178. |
►
Depressione e fede {Nicola Martella} (T)
►
Cause e cura della depressione {Egle Paolucci} (A)
►
Gesù è mai caduto in depressione? {Tonino Mele} (A)
URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A2-Cristiano_depresso_EnB.htm
26-04-2007; Aggiornamento: 06-04-2010
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