Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Riflessioni fra cielo e terra: Aneddoti evangelici e non, e l’umorismo nella Bibbia.

  Ecco le rubriche principali:
■ Scenario biblico
■ Vita di comunità
■ Abbecedario riflessivo
■ Ad acta
■ Dietro il velo
■ Casella postale biblica
■ Variazione delle costanti
■ Puntigli e indovinelli
■ Sapienza da quattro soldi
■ Massime e minime
■ Col senno del poi.

 

È «psicoterapia biblica» in forma di umorismo.

 

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ESERCIZIO DEI PROPRI DIRITTI DINANZI ALLE PREVARICAZIONI ALTRUI? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Esercizio dei propri diritti dinanzi alle prevaricazioni altrui». Diverse persone mi hanno scritto per comunicarmi una vera e propria persecuzione telematica da parte di alcuni individui che, atteggiandosi a strenui difensori della verità (fanno coincidere il proprio pensiero con quello di Dio), hanno una ideologia religiosa massimalista. Tali «santoni» non si limitano a commentare gli scritti altrui, per esprimere il proprio dissenso ma, mancando d’ogni rispetto umano e cristiano, coprono le persone, che essi hanno scelto come loro obiettivo, di fango tale, da farle apparire nei modi più indicibili. Essi prendono anche le foto altrui, senza alcun permesso, e le riproducono in modo infamante. Chiaramente stanno agendo contro la legge e, se citati in giudizio, avrebbero da risarcire molti soldi per danni morali.

     Ho chiesto ai lettori che cosa essi ne pensino della questione e come comportarsi da cristiani biblici in tali casi. Le risposte sono state le più disparate. In ciò sono importanti alcuni fattori. Il primo fattore è l’uso di brani biblici citati fuori contesto, che fanno apparire il cristiani come predestinati a essere martiri inermi e umanamente perdenti; non è un caso che i superbi, poi, approfittino di loro. Se andasse per loro, non ci sarebbero mai stati cristiani impegnati, che hanno lottato per i diritti civili e hanno ottenuto il mutamento sociale, civile e giuridico delle moderne società.

     L’altro aspetto è che la prospettiva cambia del tutto, se a essere pubblicamente infangati sono gli altri o loro stessi; essi si esprimono diversamente, se le loro persone sono disonorate e le loro foto sono violate. Inoltre, pochi si pongono la questione della correità morale: non fermando il male e gli iniqui, non solo si incoraggia i superbi nelle loro crociate denigratoria, ma altri diventano presto le loro vittime e il danno è, infine, dell’Evangelo e della testimonianza.

     Riporto i differenti punti di vista, dividendoli in categorie. Ringrazio tutti per i lettori per i loro consigli e per i loro punti di vista. I molti consiglieri insieme danno spesso un quadro più completo, se essi sono saggi e maturi. Le mie risposte, le mie osservazioni e obiezioni vogliono solo aiutare a completare il quadro, dando stimoli per l’ulteriore riflessione.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

 

1. Sopportare il male e non intentare nulla di legale

2. Agire legalmente solo a certe condizioni

3. Fermare l’incendio fintantoché si è in tempo

4. Altre proposte

5. In tali casi, farei praticamente così

 

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1.  Sopportare il male e non intentare nulla di legale

Simona La Battaglia: Perdona 70 volte sette. La giustizia appartiene a Dio. Fratello, pensa solo a Paolo in prigione senza ragione e come lui ha reagito in modo irreprensibile, chiedendoci di prendere esempio anche da lui come condotta cristiana. {10-01-2012}

     Questo è ciò che lo Spirito mi ha detto! Fino a quando? 70 volte sette, ossia per sempre! Per dare testimonianza. {10-01-2012}

 

Nicola Martella: Il perdono è cosa nobile per il cristiano ed è da dare, quando il trasgressore si ravvede e lo chiede, non quando l’empio continua spavaldo a delinquere. In quest’ultimo caso, Gesù ha dato chiare direttive (Mt 18,15ss), come pure l’apostolo Paolo (1 Cor 5,11ss).

     Non dobbiamo fare della dottrina biblica un umanesimo cristianizzato o una religione dei buoni sentimenti. Gesù disse: «Se si pente, perdonagli» (Lc 17,3). E anche disse: «Non peccar più» (Gv 5,14; 8,11). Gesù insegnò che il «figliol prodigo» fu accolto dal padre, dopo che gli disse: «Ho peccato contro il Cielo e contro te» (Lc 15,21).

     Anche Paolo insegnò che prima viene «la punizione inflittagli dalla maggioranza», che certo crea in lui tristezza di ravvedimento, poi bisogna «perdonarlo e confortarlo» (2 Cor 2.6s).

     Quindi, il perdono si accorda a chi si ravvede e pente e chiede perdono. Scorciatoie in merito creano una «grazia a poco prezzo», che non salva alcuno, e un cristianesimo debole, che non sana né ristabilisce alcuno. Come si vede, quando si è superficiali nella ricerca biblica o si afferma solo una parte della medaglia o la metà della verità, è facile confondere il perdono biblico con il sentimentalismo umanista cristianizzato.

 

Simona La Battaglia: Perdonami, ma non penso proprio sia stato l’esempio di Gesù e di Paolo, né di Dio Padre. Credo devi rivedere ciò, che hai scritto. È scritto: «Perdona i tuoi nemici... perché se perdoni gli amici che vantaggio ne viene?»; Parola di Dio.

     1 Corinzi 13: amare è il più grande atto di ubbidienza, che Lui ci chiede!

     Matteo 5,38-44: «Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle. Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori».

     «Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe» (Discorso della Montagna).

     Sulla croce: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno».

     Essere cristiani è davvero entrare per la porta stretta. Dio ti benedica nell’amore di Gesù. Combattiamo il buon combattimento, affinché possiamo essere trovati pronti, per ricevere la corona della vita!

     1 Cronache 4,10 «Iabes invocò il Dio d’Israele, dicendo: «Benedicimi, ti prego; allarga i miei confini; sia la tua mano con me e, preservami dal male in modo che io non debba soffrire!» E Dio gli concesse quanto aveva chiesto». {11-01-2012}

 

Nicola Martella: Avendo risposto già sopra, accenno solo ad alcuni aspetti; per alcune cose non capito che cosa abbiano a che fare col tema. Come al solito, vengono tolti brani dal loro contesto e associati insieme per la propria tesi, trascurando sia il contesto, sia i brani che affermano altri aspetti.

     Nella Bibbia l’amore non esiste senza verità (cfr. 2 Ts 2,10; 1 Pt 1,22), né pace senza giustizia (Is 32,17; Zc 8,16; Gcm 3,18).

     Matteo 5,38-44 riguardava il comportamento personale dei seguaci di Gesù rispetto ai non-credenti (malvagio, nemici, persecutori) e al fatto che allora esisteva la faida, che consumava le famiglie con la vendetta perenne. Altra cosa è quando si trattava della difesa della verità; allora Gesù non fece sconti a nessuno (cfr. Gesù nel tempio Gv 2,14ss; cfr. contro scribi e farisei Mt 23). Anche Paolo non fu da meno a denunciare nelle sue epistole i falsi operai, che mettevano in pericolo la verità dell’Evangelo (cfr. Gal 1,6-9; 2 Cor 11,3ss.13ss). «Demoliamo i ragionamenti e tutto ciò che si eleva orgogliosamente contro la conoscenza di Dio e facciamo prigioniero ogni pensiero sotto all’ubbidienza a Cristo» (2 Cor 10,4s).

     Si parla nuovamente di perdono, ma si dimentica un’altra volta che esso è legato al ravvedimento, alla confessione della trasgressione e alla riparazione del danno.

 

Pierluigi Prozzo: Seppur anche io sono stato oggetto di calunnie e bugie sul mio conto e sul mio credo proprio da un famoso gruppetto di autodefinitesi «credenti», mi rimane lo stesso difficile pensare di poter difendere la mia persona e la verità esercitando i miei «diritti» (riconosciuti dallo Stato, in cui vivo), quando poi trovo frasi nella Parola di Dio di questo tipo:

     «...oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a Colui che giudica giustamente».

     «...ingiuriati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; diffamati, esortiamo; siamo diventati, e siamo tuttora, come la spazzatura del mondo, come il rifiuto di tutti».

     «Beati voi, quando v’insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi».

     Dal conto mio sono sicuro che «chi agisce ingiustamente riceverà la retribuzione del torto che avrà fatto, senza che vi siano favoritismi».

     E anche che «gli occhi del Signore sono sui giusti e i suoi orecchi sono attenti alle loro preghiere; ma la faccia del Signore è contro quelli che fanno il male».

     «Chi vi farà del male, se siete zelanti nel bene? Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi!».

     Quindi, ricorrere alle autorità giudiziarie statali per far smettere le prevaricazioni su di me, non farebbe altro che togliermi... beatitudine! {11-01-2012}

 

Nicola Martella: Certo, leggendo così una lista di brani biblici, tolti dal loro contesto e senza citare neppure dove si trovano, si può avere proprio tale impressione. Peccato che si ometta di appurare chi sono i destinatari dei vari brani; a ciò si aggiunga che si tacciano tutti i brani, che contrastano con tale visione.

     Ad esempio, che Gesù non fosse contrario che ci si rivolgesse ai magistrati, riportò l’esempio di quella vedova, che chiese insistentemente a un giudice (addirittura iniquo) di farle giustizia del proprio avversario; se Gesù fosse stato contrario a ciò, non avrebbe riportato proprio tale esempio (Lc 18,2ss). Anche altrove parlò del giudice e diede consigli in merito al caso si fosse in difetto rispetto al proprio avversario (Lc 12,58s). Anche Paolo designò le autorità come «ministri di Dio» (Rm 13). Si veda pure il mio prossimo contributo.

 

Francesco Giordano: «Beati sarete voi, quando v’insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli, poiché così hanno perseguitato i profeti che furono prima di voi» (Mt 5, 11-12).

     Quando capita da parte di «credenti», ricordati che la chiesa è composta da due parti: chiesa «visibile», cioè le persone che ti stanno intorno in chiesa (non è detto che siano tutti credenti), e chiesa «invisibile» cioè i veri credenti, coloro che solo il Signore Gesù Cristo conosce, quindi ricambia sempre con il bene e riceverai la corona della vita, accendendo (come afferma l’apostolo Paolo) dei carboni ardenti sul capo di chi ti fa del male (letteralmente tradotto gli metterai delle pulci in testa che gli faranno pensare sempre a ciò che ha fatto). Dio vi benedica. {12-01-2012}

 

Nicola Martella: Tralascio qui il fatto che carboni accesi (così nell’originale; Pr 25,22; Rm 12,20), sarebbero letteralmente «pulci in testa», una singolare concezione, di cui non c’è traccia letteraria nei testi biblici originali. Torniamo al tema…

     Quindi, permettiamo che i malvagi approfittino della remissività dei credenti, che i falsi maestri continuino nella loro nefasta opera con la nostra omertà. Con la nostra quiescenza contemplativa permettiamo che i crudeli dittatori prendano il potere, e condanniamo tutti coloro che hanno dissentito e hanno pagato nel corso della storia. Con la nostra inerzia reticente permettiamo ai seguaci di Balaam (= ebr. Ba`al `am «dominatore di popolo» e dei Nicolaiti (= gr. «dominatori di popolo») d’intrufolarsi nelle chiese, di prenderne il potere e di dominarle, come hanno fatto i «super-apostoli» a Corinto.

     Probabilmente aveva sbagliato Paolo a opporsi con veemenza contro tali santoni giudaici di stampo esoterico (2 Cor 11) o contro gli attivisti giudaisti (Gal 2; Col). Il Signore, che aveva detto al conduttore della chiesa di Efeso: «hai sopportato molte cose a causa del mio nome, e non ti sei stancato», aveva probabilmente sbagliato a dirgli pure: «Io conosco… che non puoi sopportare i malvagi e hai messo alla prova quelli che si chiamano apostoli e non lo sono… Ma tu hai questo [di positivo]: che odi le opere dei Nicolaiti, le quali odio anch’io» (Ap 2,2.6). Eppure Paolo affermò dei giudaisti: «…dei falsi fratelli, introdottisi di soppiatto, …s’erano insinuati fra noi per spiare la libertà, che abbiamo in Cristo Gesù, col fine di ridurci in servitù. Alle imposizioni di costoro noi non cedemmo neppur per un momento, affinché la verità del Vangelo rimanesse ferma tra voi» (Gal 2,4s). E anche dello stesso giudaizzante Pietro disse: «Quando Cefa fu venuto a Antiochia, io gli resistei in faccia perché egli era da condannare» (Gal 2,11).

     Il rischio è che, vedendo nel cristianesimo biblico una religione perdente, alcuni useranno la logica dei gretti Giudei del tempo di Malachia: «Ora, dunque, noi proclamiamo beati i superbi; sì, quelli che operano malvagiamente prosperano; sì, tentano Dio, e scampano!» (Mal 3,15).

 

Antonio Capasso: «Ma io vi dico: non contrastate il malvagio, anzi se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra; e a chi vuol litigare con te e prenderti la tunica, lasciagli anche il mantello... Amate i vostri nemici benedite coloro che vi maledicono fate del bene a quelli che vi odiano e pregate per quelli che vi maltrattano e che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli» (Matt 5,39-45). Lo so, è difficile, ma è la via della croce quella che dobbiamo percorrere. {10-01-2012}

 

Nicola Martella: Questa è una parte della medaglia. Tali versi indicano il rapporto verso i figli del mondo. Gesù ha dato però anche altri insegnamenti, ad esempio come gestire i rapporti fra credenti, in cui uno danneggia l’altro (Mt 18,15ss). E così via; tale varietà si trova anche negli scritti apostolici. Come si vede, non bisogna mai polarizzare le articolate questioni, riducendole a un solo aspetto.

 

Antonio Capasso: Caro Nicola, come hai detto tu nel tuo articolo, Matteo 18 parla di rapporti tra credenti della stessa comunità. Qui ci troviamo davanti a rapporti virtuali tra credenti. Poi, le persone, di cui parli, sono dei disordinati da cui, come dice la Bibbia, bisogna ritirarsi. Oltre a questo, c’è il fatto che si comportano come nemici e non come fratelli, che dissentono da altri fratelli. Non vedo altra via, se non quella suggerita da Gesù in Matteo 5,39-45. {10-01-2012}

 

Nicola Martella: Secondo questa logica, come ho ricordato sopra, la vedova, di cui Gesù parlò, aveva sbagliato a rivolgersi a un giudice per avere ragione del suo avversario (Lc 18,2ss); eppure Gesù presentò ciò come una cosa scontata e legittima. Dio disse mediante il suo profeta: «Se si fa grazia all’empio, egli non impara la giustizia; agisce da perverso nel paese della rettitudine e non considera la maestà del Signore» (Isaia 26,10).

     In questioni del genere, per non polarizzare le cose, bisogna usare la seguente indicazione sullo studio tematico: «Quando si studia la Bibbia, per comporre il “puzzle della verità” su un certo argomento biblico, bisogna prima tener presente tutte le tessere, specialmente quelle diverse l’una dall’altra» (Nicola Martella). {10-01-2012}

 

Stefano Ferrero: Paolo si appellò a Cesare per denunciare e quindi attaccare dei credenti che insegnavano errori, o per difendersi legalmente, quando venne accusato dai non-credenti? Se un cristiano viene denunciato e messo in prigione, ha certamente il diritto di difendesi con avvocati, ma si tratta di una situazione che non può assolutamente rientrare nelle questioni che stiamo analizzando. Isaia 26,10 è un brano dell’AT e non del NT; e l’empio che fa violenza, è assimilabile al criminale che uccide, rapina, e fa violenze fisiche a innocenti; e certamente chi fa questo va denunciato subito sia esso credente o non credente. Ma anche questo caso non rientra per niente nei casi menzionati. {10-01-2012}

 

Nicola Martella: Che Paolo avesse denunciato pubblicamente gli avversari dell’Evangelo (giudaisti legalisti nella Galazia, giudaisti di stampo mistico-esoterico a Corinto, santoni visionari e massimalisti a Colosse, ecc.), ce ne parlano le sue epistole alle chiese. Non era certo remissivo, quando venivano toccate la sana dottrina e la morale biblica, tanto da lanciare addirittura il suo anatema contro tali persone (Gal 1,8s) e da darle in man di Satana (1 Cor 5,5; 1 Tm 1,20).

     Comunque si voglia leggere le sue vicende, fatto sta che Paolo non rinunciò ai suoi particolari diritti di cittadino romano (non tutti i sudditi dell’impero romano avevano tale privilegio!).

     Non si comprende perché Dio, che ha pronunciato in Isaia 26,10 tali parole, abbia cambiato programma nel NT, visto che non c’è nessuna evidenza che Egli abbia mutato i suoi propositi morali. Inoltre, Romani 13,1ss indica proprio come l’autorità possa legittimamente procedere contro chi esercita il male; perché non dovremmo rivolgerci a lei, visto che è «un ministro di Dio, per infliggere una giusta punizione contro colui, che fa il male»?

     Si afferma che «l’empio, che fa violenza… va denunciato subito sia esso credente o non credente», ma si aggiunge che ciò non rientrerebbe «per niente nei casi menzionati». Di là dai casi menzionati in senso di esempi, se i frutti mostrano l’albero, non dovremmo denunciare l’empio, che fa violenza in nome di Dio, gettando discredito non solo su singoli credenti, ma sulla testimonianza cristiana agli occhi del mondo? La vedova sbagliò a rivolgersi al giudice per ottenere giustizia? Sbagliò Gesù a riportare con ovvietà tale episodio?

 

 

2.  Agire legalmente solo a certe condizioni

Eliseo Paterniti: Conoscendo anch’io personaggi del genere, voglio dare il mio modesto parere.

     Se dobbiamo ragionare secondo le Scritture del Nuovo Testamento o meglio secondo i comandamenti lasciati da Gesù, Egli come Figlio di Dio ha detto di benedire coloro che ci maledicono (Matt. 5,44). L’apostolo Paolo afferma pure di benedire coloro, che ci perseguitano (Romani 12,14). È anche vero che lo stesso Paolo ha preso posizione nei confronti dei Giudei di appellarsi a Cesare (Atti 25,11).

     Certamente come esseri umani a volte la nostra pazienza può arrivare oltre il limite della sopportazione e, quindi, si è «tentati» ad agire secondo i sentimenti umani.

     Per questa ragione personalmente non mi sento di dare un suggerimento categorico su come si dovrebbe agire in casi del genere; perciò la persona coinvolta faccia la sua decisione per come ritiene opportuno, secondo la sua coscienza. Come credente e come uomo non posso dal canto mio né giustificare né criticare una eventuale decisione contro la persona, che continua a offendere.

     In ultimo voglio solo dire che se eventualmente deve essere fatta la decisione di agire legalmente contro il «molestatore», se la molestia è attinente a lesioni morali, certamente la legge farà il suo percosso. Se la lesione è solo di carattere spirituale, la legge si terrà estranea a un’eventuale azione legale. Quindi, non conoscendo il problema nei suoi dettagli, pur conoscendo persone del genere, che causano tali problemi, mi astengo dal dare altri consigli in merito alla tua richiesta. Shalom. {10-01-2012}

 

 

3.  Fermare l’incendio fintantoché si è in tempo

Fortuna Fico: La penso esattamente come te, perdonare sì, ma quando si sfocia in un reato, allora la cosa va denunciata, altrimenti si diventa complici! Complimenti come al solito, fratello, molto diretto ed esaustivo! Dio ti benedica! {10-01-2012}

 

Franco Sellan: Il tuo articolo mi da piena conferma su quello da tempo avevo già riscontrato, in quanto io stesso mi sono trovato in una situazione del genere. Purtroppo ho dovuto riscontrare, proprio da parte di chi insegna la Parola, di questa errata convinzione, secondo cui sarebbe assolutamente vietato, anticristiano e perciò un peccato, il pretendere i propri diritti di fronte alla legge, costringendoti a ritirarti e lasciare piena libertà a chi invece aveva commesso un reato, chiamandosi addirittura fratelli. {11-01-2012}

 

Alessio Rando: Capisco quello che sta vivendo tale credente, ma non tema, si ricordi ciò, che Gesù disse nel Sermone sul Monte: «Beati coloro che sono affamati e assetati di giustizia, perché essi saranno saziati» (Mt 5,6).

     È stato violato il diritto all’immagine e alla privacy di qualcuno. Io, se fossi in lui, denuncerei il reo anche per le calunnie!

     Se io fossi in tale credente, denuncerei subito personaggi del genere, che sono da fermare. Ad esempio, insegnano che non bisogna prendere le medicine, in quanto sarebbe una mancanza di fiducia in Dio! Bisogna fermare il «delirio» di personaggi del genere! {10-01-2012}

 

Salvatore Paone: Conosco molto bene persone del genere, a cui ci si riferisce nell’articolo. Umanamente parlando, «forse» si avrebbe già dovuto reagire in maniera legale, ma non solo per l’immagine (con copyright), ma per i continui attacchi. {11-01-2012}

 

Sonia Ronzani: Questo argomento è molto interessante, molto spesso mi sono chiesta se un credente deve sempre subire senza reagire. Penso che, come hai detto, stare sempre zitti in alcune circostanze, ci rende colpevoli; in questo caso si lasciano circolare liberamente false dottrine, che fuorviano le persone semplici dalla Verità. Non sono in grado da dare un consiglio in merito; però penso che se tale credente si avvale della giustizia, oltre a tutelare se stesso, farà del bene anche a chi con semplicità viene attratto da tali persone. Pregherò il Signore che guidi tale credente nella direzione giusta. Dico a lui: Sii forte non temere e non ti scoraggiare. Pace. {12-01-2012}

Gianni Siena: Ho capito perfettamente di «chi» parla il fratello Nicola in terza persona... Sono dell’idea che, se si può sopportare una situazione, è sempre meglio che citare chiunque in tribunale, anche un sedicente cristiano. Ma c’è un limite a tutto, anche la pazienza dei santi può lasciare via libera a una lecita richiesta di «risarcimento».

     Ripeto, non mi piacciono le cause civili e penali, essere litigiosi non è nel DNA spirituale dei credenti, ma chiedere rispetto per la propria persona, quale estrema risorsa, rende lecito quel che normalmente può essere sconsigliabile.

     Va da se che i «guru»(= grassatori unti rapinatori unici) non sanno cosa sia l’onestà e il dialogo fraterno da posizioni, talvolta, distanti e (perché «no»?) inconciliabili: noi evangelici siamo divisi su tante cose, ma uniti nel solo vero Dio e Vita eterna (Gesù). Ci accapigliamo per motivi di dottrina e di prassi, ma ci vogliamo bene... alla fine dei conti.

     Con costoro, in apparenza inflessibili e rigidi, non c’è possibilità di dialogo, hanno sempre ragione, anche quando non sanno come giustificare i loro insegnamenti.

     Coloro, che pongono loro domande, alle quali non sanno rispondere, diventano i bersagli delle loro invettive... al punto di volerli distruggere moralmente: non si può rimanere indifferenti alle loro false accuse!

     Charles Taze Russell era talmente sfacciato da accusare la cristianità tutta, ma un pastore battista cominciò a contrattaccare le sue tesi mostrandolo per quel che era: un incompetente. Russell lo citò in giudizio e chiese un risarcimento. L’avvocato, che rappresentava il pastore, ottenne da Russell, sotto giuramento (!), l’ammissione che egli non conosceva la materia (= dottrina biblica, ottenuta dai testi originali della Bibbia), su cui sprecava fiumi d’inchiostro e cianciava senza ritegno.

     Se questa è la situazione del nostro amico servitore del Signore, dopo aver valutato attentamente la situazione, il «semaforo» dovrebbe diventare «verde»! {10-01-2012}

 

Gaetano Nunnari: Anche Paolo, si appellò ai suoi diritti di cittadino romano. Quindi, sono convinto che denunciare certi personaggi, non solo non sia sbagliato, ma un dovere. Chi insegna a non prendere le medicine e cose del genere, è affetto da deliri maniacali, quindi affetto da una seria malattia mentale. Chi circuisce i suoi seguaci con tali insegnamenti, è da fermare. Concordo poi pienamente con Antonio Capasso nel dire che questi non sono credenti nel senso di fratelli, e da tali persone ci si deve ritirare. {10-01-2012}

 

 

4.  Altre proposte

Guerino De Masi: Tutto questo è davvero triste. Purtroppo è una realtà che tale credente sta vivendo sulla sua pelle da tempo. Capisco dunque il perché la sua pazienza sembra esaurirsi. Una denuncia al «Garante» sarebbe opportuna e onesta, ma si sa benissimo che costoro faranno la parte delle vittime e inveiranno ancora di più. A meno che la sentenza non li costringerà con la forza del potere interdicendoli e multandoli. Ma in questo modo, giustizia sarà data e non si dovrà aspettarsi altro dal Signore! Se fosse possibile applicare Isaia 26,10 agli empi (e sappiamo bene quanti sono...), perché imparino la giustizia, nelle piazze dovremmo predicare altro e non il Vangelo. Non potendo seguire la trafila indicata dalla Scrittura (Matteo 18,15), tenendo conto che da tempo costoro perpetrano le calunnie e gli attacchi, incuranti delle ammonizioni del Signore — quello che invece intravedo come possibilità biblica è che si possa benissimo «metterli in man di Satana» (1 Cor 5,5; 1 Tim 1,20), affinché imparino a non bestemmiare, per la perdizione della carne, ma per la salvezza dello spirito, se costoro hanno davvero creduto. Concludendo, a mio modestissimo parere, sconsiglio la denuncia legale e chiedere l’intervento divino, che è ben più giusto e severo. Non vorrei stare nei loro panni. Un fraterno abbraccio. {10-01-2012}

 

Nicola Martella: Applicando tale logica alla vedova, di cui parlò Gesù, poiché ella si era rivolta a un giudice (per di più iniquo!) per ottenere giustizia verso il suo avversario prevaricatore (una vedova, essendo senza copertura parentale, era esposta all’arbitrio altrui), e la ottenne infine, ella non poteva aspettarsi altro dal Signore. Lo stesso si può dire di Paolo, che si riferì al suo diritto di cittadino romano per non subire una tortura, e si appellò a Cesare per non finire in mano ai Giudei. Interpolando ciò con Romani 13,1ss, non ci viene in mente che la giustizia divina si palesi proprio nelle decisioni giuste dell’autorità, che è chiamata «ministro di Dio»? Come ho mostrato altrove, la giustizia legale era l’alternativa legittima alla giustizia propria.

     Per dire: «…nelle piazze dovremmo predicare altro e non il Vangelo», si ammette che oggigiorno si predica la medicina, senza parlare della malattia; si afferma: «Cristo è la risposta», senza far capire quale sia la domanda. Chiaramente, non capendo quale sia il pericolo, ciò rende anche il rimedio debole e non trascurato. I profeti, Giovanni Battista, Gesù, gli apostoli e gli altri uomini di Dio mettevano a nudo prima il peccato, per poi, alla domanda: «Fratelli, che dobbiamo fare?», indicavano la soluzione di Dio.

     Per mettere «in man di Satana» (1 Cor 5,5; 1 Tim 1,20) coloro, che «perpetrano le calunnie e gli attacchi, incuranti delle ammonizioni del Signore», vedremo di attrezzarci! Ha qualcuno le precise istruzioni riguardo a come fare nel dettaglio? ☺

 

 

5.  In tali casi, farei praticamente così

Vincenzo Russillo: Ho riflettuto spesso se fosse utile adire all’autorità giudiziaria contro questi fomenta-popolo e santoni, perché magari avrebbero sfruttato la cosa a loro favore, dicendo: «Vedete non hanno più argomenti e ora mi denunciano…». Nella mia formazione di giurista mi hanno insegnato che la libertà di un individuo finisce, quando inizia quella dell’altro. In una società civile è importante tenere conto del principio romano del neminem laedere [N.d.R.: Neminem laedit qui suo iure utitur «Chi esercita un proprio diritto non fa male a nessuno».] In poche parole qui non si tratta di botta e risposta su pensieri di natura dottrinale che possono anche divergere. Ma questi santoni e accoliti per mezzo internet usano termini che vanno a toccare la sfera personale e le conseguenze a livello penale sono pesanti, tanto che i reati di questo genere sono ascrivibili al reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa con pene pecuniarie non certo risibili. Senza tener conto di uso improprio d’immagini.

     Prescindendo da un caso particolare, personalmente agirei in questo modo:

     ■ Scrivo a Tizio con l’intento che tolga ogni frase offensiva nei miei confronti.

     ■ Se Tizio si ostina e magari rincara la dose, a quel punto gli si dà un ultimatum, dicendo chiaramente che sta violando la legge.

     ■ Se non vuole intendere, a quel punto si procede facendo valere i propri diritti.

 

Gesù ci ha detto che dovremmo risolvere tra di noi i problemi interpersonali (Matteo 18,15-17). Ma quando un santone o presunto tale usa un mezzo pubblico per denigrare un servo di Cristo, a mio parere è opportuno che ne risponda penalmente e un giorno possa darne conto a Dio.

     A questo aggiungo però delle domande:

     ■ Quanto questo può pesare sulla testimonianza?

     ■ È vero che Paolo fece valere la cittadinanza romana, ma per salvare la propria vita e arrivare a Roma allo scopo di presentare l’Evangelo. Allo stesso tempo, qual è il limite di sopportazione o, meglio, se non si procede, non si diventa complici?

 

Voglio concludere dicendo che internet è sicuramente un mezzo di straordinaria potenza, ma sono importanti due principi da seguire:

     ■ Bisogna evitare critiche poco costruttive e attacchi diretti che potrebbero umiliare pubblicamente le proprie «vittime». Il rischio è quello di scatenare un botta e risposta dalle conseguenze imprevedibili

     ■ Attaccare qualcuno pubblicamente potrebbe, oltre che rovinare la relazione con il diretto interessato, danneggiare anche la propria reputazione. {11-01-2012}

 

Diritto di cronaca o colpevole diffamazione? {Sebastiana Ellena, ps.} (A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Diritti_prevarica_Mds.htm

12-01-2012; Aggiornamento: 19-01-2012

 

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