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La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Ecco le parti principali:
■ Il patto, l'etica e il pensiero sabbatico
■ Il sabato nell’Antico Testamento, nel giudaismo, nel Nuovo Testamento e relative questioni odierne
■ L’estensione del sabato: l’anno sabbatico e lo jôbel nella Torà e nella storia
■ L’ideale e le funzioni teologiche risultanti
■ Excursus: Storia del giubileo cattolico
■ Le feste principali in Israele.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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DIRITTO DI CRONACA O COLPEVOLE DIFFAMAZIONE?

 

 di Sebastiana Ellena, ps.

 

Il seguente scritto riguarda una donna cristiana, che ultimamente è stata pesantemente attaccata in Internet da una persona legata a un gruppo massimalista, che è molto virulento e aggressivo contro tutti coloro, che non la pensano come loro. I membri di tale gruppo pretendono di difendere la verità (che fanno coincidere con le loro convinzioni religiose), a costo di tutto: di diffamarle e danneggiare le persone, cosa vietata dalla stessa Parola di Dio, oltre che dalla legge dello Stato.

     L’autrice prende qui posizione riguardo all’articolo «Esercizio dei propri diritti dinanzi alle prevaricazioni altrui» e al connesso tema di discussione»; questo scritto avrebbe dovuto trovare posto in quest’ultimo, ma data la sua lunghezza e specificità, ho preferito metterlo a se stante.

     Dovendosi ella difendere contro uno degli appartenenti a tale gruppo, si è precisamente informata riguardo a ciò che la legge dello Stato intende per diffamazione, diritto di cronaca e di critica, interesse pubblico alla notizia, manifestazione del proprio pensiero, reato d’istigazione all’odio, i danni di diversa natura, la complicità del reato, l’offesa alla religione, il diritto alla privacy e all’immagine e alle pene che ne possono conseguire.

     Ella conclude che «non esiste nessuno diritto di cronaca, quando si attacca un individuo a livello personale sulla sua fede!», diffamandolo e danneggiandone l’immagine pubblicamente. Infine, afferma che un vero cristiano si vede nell’esercizio dei frutti dello Spirito.

     Abbiamo preferito usare per l’autrice uno pseudonimo, proprio perché è attualmente oggetto di tale gruppo massimalista e perché sono stati già avviati passi legali in tale direzione.

     Anche questo scritto vuol essere la base di una discussione seria e matura, senza luoghi comuni e scorciatoie. Concludo con questo pensiero: «Chi confida nella forza delle proprie ragioni, argomenta. Chi non ha sufficienti argomenti, diffama». {Nicola Martella}

 

In primis mi preme sottolineare la gravità penale della diffamazione e poi valuterò il piano cristiano-spirituale, quest’ultimo sempre secondo il mio personale punto di vista. Mi scuso se mi dilungo sull’argomento, ma credo bisogna fare un po’ d’informazione anche a livello giuridico, poiché molti credono che sia una cosa da nulla e, addirittura, nemmeno un reato (penale). Apprezzo molto il commento di Vincenzo Russillo nel tema di discussione summenzionato.

 

 

1.  GLI ASPETTI GIURIDICI: Per diffamazione intendiamo quando si va a toccare quel bene giuridico tutelato, ossia l’onore di un soggetto, che consiste sia nel sentimento e nell’idea che ciascuno ha di se (da un punto di vista soggettivo) sia nel rispetto e la stima, di cui ciascuno gode presso il gruppo sociale (da un punto di vista oggettivo).

     La diffamazione, nel diritto penale italiano, è il delitto previsto dall’ articolo 595 del Codice Penale secondo cui: «Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1032.

     Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2065.

     Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.

     Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o a una sua rappresentanza, o a una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate».

 

La diffamazione via internet è paragonata alla diffamazione a mezzo stampa, molto più grave della semplice diffamazione, dove un individuo si mette a spettegolare e a parlare male di una persona assente in mezzo a un gruppetto di persone.

     Gli elementi, che devono sussistere contemporaneamente perché il delitto si perfezioni sono perciò l’offesa all’onore e al decoro (più precisamente alla reputazione personale) di un soggetto, la comunicazione con più persone e infine, l’assenza della persona offesa (altrimenti si avrebbe la configurazione del delitto d’ingiuria, previsto dall’articolo 494 Codice Penale).

     Il delitto è punibile solo dietro querela della persona offesa, cioè è il diffamato che deve sporgere denuncia per fare valere i propri diritti dinnanzi alla legge.

     Non ha importante se il diffamante dica la verità nel suo scritto, in quanto chi diffama non è tenuto a provare di aver detto la verità, è sempre diffamazione. L’articolo 596 del Codice Penale dice infatti: «Il colpevole dei delitti preveduti dai due articoli precedenti non è ammesso a provare, a sua discolpa, la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa. Tuttavia, quando l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la persona offesa e l’offensore possono, d’accordo prima che sia pronunciata la sentenza irrevocabile, definire a un giuri d’onore il giudizio sulla verità del fatto medesimo. Quando l’offesa consiste nella attribuzione di un fatto determinato, la prova della verità del fatto medesimo è però sempre ammessa a processo penale se:

     1. la persona offesa è un pubblico ufficiale e il fatto a esso attribuito si riferisce all’esercizio delle sue funzioni;

     2. se per il fatto attribuito alla persona offesa è tuttora aperto o s’inizia contro di essa un procedimento penale;

     3. se il querelante domanda formalmente che il giudizio si stenda ad accertare la verità o falsità del fatto a esso attribuito».

 

Come si vede sopra, chi ha diffamato non è ammesso a provare che ciò, che ha affermato sia vero o falso. La diffamazione rimane sempre, vero o falso che sia ciò, che ha scritto.

     Ora c’è da dire che certi individui si appellano al loro diritto di cronaca e di critica. Ma non hanno bene compreso quali siano i requisiti per non cadere nel reato di diffamazione. Vediamoli.

     Il diritto di cronaca e critica per essere accolto, deve soddisfare i seguenti requisiti:

     a) che vi sia un interesse pubblico alla notizia;

     b) che i fatti narrati corrispondano a verità;

     c) che l’esposizione dei fatti sia corretta e serena, secondo il principio della continenza.

     Stando al punto a), se qui parliamo di religione e diffamazione dei ministri di Dio, dei dottori spirituali, ecc., non c’è nessun interesse pubblico alla notizia, in quanto la religione è soggettiva e personale e non interessa tutti. Ad esempio dire che «Tizio è un falso ministro e racconta eresie» non ha l’interesse che ha la notizia del primo ministro e di quel che fa con i soldi presi con le nostre tasse. O anche che un famoso assassino e mafioso sia fuggito di prigione, mettendo a rischio tutta la società. Le notizie d’interesse pubblico sono quelle che dobbiamo sapere e non riguarda un soggetto privato e sconosciuto, a meno che questo non sia pericoloso per la società, non sia un delinquente o assassino.

     Stando al punto b), nel nostro campo, ossia quello dottrinale, dinanzi alla legge non esiste una verità perché, come detto sopra, considera la fede soggettiva e non dimostrabile. E, sempre per la legge, le dottrine e le confessioni religiose sono tante, non si può dimostrare materialmente chi abbia torto o ragione. In più la Bibbia non viene presa affatto in considerazione né dalla legge né dalla società, per provare che una notizia sia d’interesse pubblico.

     Infine l’ultimo punto, c), richiede che i fatti siano corretti e sereni, e si presuppone, senza attacchi personali e offese personali che mirano a rovinare la reputazione di una persona. In questo senso, non è diffamazione nominare una persona in uno scritto, se questo è neutrale e non contiene offese e non mira a rovinare la reputazione personale.

     Come dice questa sentenza: «Alla verità anche putativa, della notizia, si aggiungano sia la sua rilevanza sociale, sia la sua correttezza formale. Infatti, ad esempio, non sarà diffamatorio un servizio televisivo che sia caratterizzato da toni, da modalità espositive e di presentazione visiva assolutamente continenti che non si sono affatto tradotti in «attacchi personali, diretti a colpire su un piano individuale, senza alcuna finalità di pubblico interesse» (Cassazione penale Sezione V 13.04.2006, Mascolo Guida al Diritto 2006; cfr. Sezione V 21.12.2000, Arcomanno; cfr. Sezione V 4.04.2000, Panigutti in CASSAZIONEPENALE 2001, 1204).

     La giurisprudenza ha inoltre specificato che per quanto riguarda in particolare la critica politica e sindacale, il limite della continenza verbale sia da intendere in modo più ampio, purché la critica non si risolva in gratuiti attacchi personali.

     La linea di demarcazione, che separa il diritto di ognuno a manifestare il proprio pensiero (caposaldo della Costituzione, art. 21, e della Dichiarazione universale dei diritti umani, art 19) e il reato di diffamazione, è sottile e spesso invisibile (l’accusa di reato di diffamazione può scattare se si comunica a più persone qualcosa riguardante un’altra persona, a prescindere dalla verità del fatto raccontato, art. 595 del C.P.). (Ricordo qui che divulgare l’orientamento religioso di una persona è illegale in quanto rientra nella sfera personale dei dati sensibili).

     La discriminante del diritto di cronaca nasce dalla necessità della comunità a essere informata su ciò, che avviene all’interno del territorio statale: secondo l’art. 1 della Costituzione Italiana infatti: «Il popolo è sovrano» e deve poter ricevere un quadro dettagliato sia di ciò che accade nel Paese, sia delle persone alle quali delega l’esercizio della sovranità della «cosa pubblica» (res publica). In questo caso la funzione della cronaca è quella di raccolta e diffusione delle informazioni.

     I giornalisti durante il loro lavoro, sono tuttavia autorizzati a comunicare al pubblico eventi, situazioni o fatti che rientrano nella sfera intima e privata di una persona nel caso, in cui essa desti l’interesse della collettività. Si pensi al caso di artisti, personaggi dello sport e collegabili a eventi culturali. In tal caso la funzione della cronaca è di mantenere saldo il legame, che unisce la collettività al personaggio in questione.

     Ora noi sappiamo tutti che gli scritti in questione sono stati pubblicati appositamente per rovinare la reputazione delle persone «non famose», sono altamente offensivi e contengono parole con connotazioni negative come «bugiardo, eretico, menzognero, seduttore, ingannatore, falso dottore, falso, pericoloso» e chissà cos’altro, accompagnate dalle foto del diffamato (prese senza il consenso di quest’ultimo, quindi altra violazione della legge), il nome e cognome accompagnati alle espressioni «Allontanatevi da quest’uomo/questa donna» o «Guardatevi da… (nome e cognome)», scritti con il solo intento di rovinare la reputazione e offendere la persona attaccata. Aggiungerei che qui c’è anche il reato d’istigazione all’odio e alla violenza. Eppure c’è qualcuno che ha ancora dei dubbi al riguardo, loro che lo fanno e tanti loro seguaci! Se solo mostrassero i loro scritti e i loro siti a qualche avvocato penalista per avere un suo parere, rabbrividirebbero, perché dietro querela, possono andare in galera e/o pagare un alto risarcimento per danni morali alla persona offesa. Creare articoli con nome e cognome della persona che si vuole diffamare, aggiungere tag di nome e cognome, rinominare spesso la persona con nome e cognome nell’articolo, nominare le foto che rappresentano la persona offesa come «nome e cognome.jpg» (che finiscono sui risultati di ricerca immagini di google), piazzandole nell’articolo diffamatorio, viene fatto con il solo scopo di danneggiare la persona, affinché l’articolo arrivi nei motori di ricerca nelle prime posizioni, quando un qualunque navigatore del web si accinga a digitare il nostro nome e cognome per motivi, che potrebbero essere anche diversi dalla fede: ad esempio vogliono avere notizie su di noi prima di fare un acquisto da noi. Quella persona ha anche una vita lavorativa, una vita sociale, degli amici, dei parenti, o anche un ministero, e tutti questi che non sono interessati alla religione, vengono a conoscenza di questi scritti diffamanti. La persona offesa nella reputazione e nel decoro, potrebbe avere danni sia economici (dovuti al suo lavoro, specialmente se il suo nome è associato con la sua ditta o azienda) sia morali e psicologici (dovuti alla sofferenza arrecatagli dalle pubblicazioni diffamanti) sia alla salute che sociali (la gente lo allontana a causa di quello scritto).

     Chiunque poi, ripubblica nel proprio sito scritti diffamanti altrui, si rende colpevole di complicità del reato.

     Più tempo la diffamazione rimane online, più alto sarà il risarcimento economico. Non bisogna provare proprio un bel niente. Non sono i querelanti, che devono provare qualcosa o provare di essere stati diffamati, quando lo scritto è obiettivamente offensivo e contiene termini negativi, che fanno uscire fuori un quadro negativo della persona.

     Un cristiano che vuole fare il suo dovere di evangelizzazione e confutare le dottrine altrui, non ha bisogno d’infangare il nome di una persona, può benissimo far valere il suo diritto di critica, esponendo le dottrine in cui crede e criticando quelle di altri. Tanto per dire, non c’è bisogno di attaccare la persona, può solo citare il sito web, dove ha trovato il materiale da criticare o la confessione di fede di una religione o lo statuto di un’organizzazione religiosa. In questo modo non rovinerà la reputazione della persona, che ha invece diffamato, e nessuno potrà mai querelarlo.

     Se poi a qualcuno non è ancora chiaro quanto in difetto siano quei sedicenti cristiani, che si comportano in questo modo, c’è anche un’altra legge, che riguarda proprio la religione e che tutela le persone e i ministri di Dio offesi a motivo della loro fede:

     Art. 403 Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di persone: «Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. Si applica la multa da euro 2.000 a euro 6.000 a chi offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di un ministro del culto».

     Questo vuol dire che non si può offendere una confessione religiosa pubblicamente mediante l’offesa di una persona. Quelli, che pubblicano articoli, devono sempre tenere ben presente che possono esporre le loro dottrine, fare apologetica e criticare quelle altrui o di altre confessioni, senza mai attaccare e nominare una persona, che fa parte della confessione, che intendono criticare, perché c’è la legge scritta sopra che difende gli offesi a motivo della loro fede.

     Per cui, si può sempre confutare, criticare, ma mai offendere le persone e nominarle.

     Poi, in ultimo, ma non meno importante, c’è il fattore della privacy e del diritto all’immagine. Tante volte queste persone violano il diritto alla privacy del prossimo, riportando screenshot di conversazioni private o di gruppi chiusi e rendendole di dominio pubblico sul web (un comportamento che non ha nemmeno il peggiore incredulo di questa terra!), altre volte «sgamano» gli scrittori di articoli anonimi e divulgano il loro nome e cognome sul web. E se quella persona non vuole fare sapere al mondo che è il proprietario di quel dato sito? E se non vuol far collegare il suo nome e cognome con la sua fede per i suoi buoni motivi? Hanno violato la sua privacy, perché sono in tanti quelli che decidono di scrivere su internet senza firmarsi con nome e cognome, e non può arrivare un pinco pallino qualunque e rendere noto chi è l’autore di un dato articolo o un dato sito. Questo è chiaro. Ognuno di noi ha diritto alla propria privacy e non può essere violata. Quindi qui, danno su danno! Ognuno, a un certo punto, può decidere di essere anonimo o pubblico, rimuovere il materiale, che riguarda lui dal web, quando gli pare e piace, se questo lo danneggia, sta solo alla persona decidere, non ad altri. Ognuno è padrone della sua vita e della propria immagine. Ho letto libri di persone, che hanno scritto di apologetica e che si sono firmate con uno pseudonimo, per proteggere la loro famiglia e la loro privacy. Del tutto lecito. Viviamo in un modo di pazzi, per cui non sarebbe tanto strano che qualcuno, sapendo chi siamo, ci arrivi davanti casa a minacciarci di ammazzarci, se non smettiamo di scrivere contro la loro fede. E di sette ce ne sono tante, che si comportano così e sono ben note in tutto il mondo, ma non possiamo nominarle perché ci metteremmo in pericolo. Poi ci sono certi cristiani che ricevono costantemente minacce e insulti anonimi via e-mail, che dovrebbero fare? Bisogna rivolgersi alle autorità ogni qualvolta ci si sente minacciati, dobbiamo proteggere noi e la nostra famiglia.

     Ancora sulla privacy… Il «giornalista» deve quindi sottostare alle norme che tutelano la privacy e la riservatezza dei dati di ogni persona, disciplinati dal decreto legge n. 196 del 2003. L’interessato deve essere preventivamente informato, anche solo oralmente, tramite un’informativa che riporta il trattamento che verrà compiuto sui suoi dati e gli scopi dello stesso; naturalmente egli potrà opporsi oppure fornire il proprio consenso che, tuttavia, non è obbligatorio in casi che adempiono a un obbligo di legge, come per esempio il diritto di cronaca.

     In ogni caso basta pensare a «Striscia la Notizia»: oscurano sempre il viso di quelli che beccano a compiere un reato, eppure compiono un reato! Non c’entra se quelli hanno la propria immagine pubblica sul sito web o nel loro negozio, non è mai possibile rendere pubblica la foto o l’immagine di una persona senza il suo consenso.

     Ma tutto questo suddetto riguarda la cronaca, il giornalismo, fatti d’interesse pubblico, non le dottrine religiose; e la religione rientra nella sfera personale e intima di una persona. La fede o l’orientamento politico fanno parte della sfera personale di una persona.

     Da Wikipedia, «Diritto di cronaca: Dati sensibili»: «Se il trattamento riguarda i “dati sensibili”, ovvero i dati che rientrano nella sfera più intima (salute, orientamento politico, religioso, filosofico, vita sessuale) è necessaria l’autorizzazione del Garante o, in casi più delicati, la notifica al Garante. La mancata informativa può essere punita tramite una sanzione amministrativa».

 

 

2.  IL MIO PUNTO DI VISTA CRISTIANO: Abbiamo visto che non esiste nessuno diritto di cronaca, quando si attacca un individuo a livello personale sulla sua fede! Sul piano spirituale e cristiano che dire di questa cosa? Chi non rispetta la legge civile non rispetta nemmeno Dio. Chi non ama il suo prossimo e non lo tollera e si comporta in maniera riprovevole, non merita nemmeno l’appellativo di «cristiano». Quando nel giorno del giudizio diranno: «Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demoni e fatto in nome tuo molte opere potenti?», Lui gli risponderà: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Allora dichiarerò loro: “Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!”».

     Non c’è posto per gli ipocriti nel regno di Dio. Gesù ha dato un comandamento: «Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri» (Giovanni 13,34).

     E non si vedono i frutti dello Spirito, perché le persone che impiegano il loro tempo per danneggiare il prossimo, creando sette, divisioni, inimicizie, contese (Galati 5,20), credendo di fare il volere di Dio, sono nell’errore è più totale. Dio è amore, non odio!

     Quando si è fatto di tutto per dialogare con questi sedicenti cristiani, quando si è chiesto loro di togliere i propri dati dagli articoli incriminati, di rimuovere le nostre foto, e loro non lo hanno fatto, perpetrando nella cattiveria e nella voglia di danneggiarci, quando poi non ci considerano «fratelli» definendoci con appellativi come corrotti, falsi dottori che portano gli altri sulla cattiva via, facendo capire chiaramente che non siamo salvati perché siamo nell’errore, dovremmo mai preoccuparci di portare i cosiddetti «fratelli» in tribunale? Bisogna chiedersi: sono davvero fratelli quelli, che agiscono in questa maniera, quando loro per primi non ci reputano fratelli?

     Loro potranno dire, difendendosi: «Ma noi facciamo il volere di Dio, smascherando le false dottrine»; e noi diciamo: «Ciò che per voi sono false dottrine, sono giuste per noi, e viceversa, ciò che per voi sono giuste dottrine sono false per noi». Chi ha ragione? Difficile dirlo dal di fuori. Ma noi non passiamo il nostro tempo a sparlare male e diffamare Tizio e Caio, noi siamo a posto con la coscienza, con Dio e con la legge. Voi no. Ciò che possiamo guardare sono i frutti dello Spirito, chi tra noi ce li ha e chi no. Quello è il test per vedere se un cristiano può ritenersi tale. Se non conosce l’amore, non conosce nemmeno Cristo.

     Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo; contro queste cose non c’è legge (Galati 5,22-23).

     Della Bibbia non vanno presi solo i versi che ci fanno comodo per giustificare i nostri comportamenti, della Scrittura dobbiamo considerare tutti i comandamenti e tutto il contesto!

     Tante benedizioni a tutti.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A2-Cronaca_diffama_Sh.htm

18-01-2012; Aggiornamento: 19-01-2012

 

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