Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.

 

Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.

 

Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ABBIGLIAMENTO DA SPIAGGIA? PARLIAMONE 1

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo « Abbigliamento da spiaggia». Sull’etica ci sono sempre due atteggiamenti antipodici: il liberalismo e il massimalismo (o legalismo); l’uno è spesso la reazione dell’altro. La sfida all’etica cristiana sta nell’equilibrio, basato sull’esegesi contestuale dei brani biblici di riferimento e su un confronto dialettico con la cultura dominante, in cui si è inseriti. Anche nell’abbigliamento da spiaggia si può capitolare dinanzi al liberalismo (uso dei canoni della moda mondana) o al massimalismo (tutto è peccato), oppure si può cercare quell’equilibrio, che onora Dio, rispetta le chiare direttive della Parola (non le tradizioni), sia di buona testimonianza e di buon gusto.

     Il contrario di una pratica moralmente trasgressiva non è per forza la verità che rende liberi, ma potrebbe essere solo una norma massimalista lontana da una libertà responsabile e matura. Un’etica equilibrata, matura e responsabile è la migliore medicina sia per il liberalismo, sia per il legalismo.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Pietro Zanca

2. Nicola Martella

3. Debora Cipriani

4. Nicola Carlisi

5. Patrizia Miceli

6. Pietro Calenzo

7. Vari e minimi

8. Giovanni M. Caltana

9. Vincenzo Russillo

10. Gianni Siena

11. Anna Maria Maiore

12. Nicola Martella

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Pietro Zanca}

 

1. Purtroppo molta gente si definisce cristiana, ma non comprende ch’è impossibile immaginare Gesù in costume o le sante donne in due pezzi...

     Sappiamo che per le convinzioni di santità e di credenza in quanto Tempio di Dio veniamo giudicati da taluni come bigotti; ma la Bibbia è chiara.

     Dio, tornando, prederebbe una donna o un uomo in costume da mare intento alla tintarella? Pace a tutti! {Radio-Palermo Evangelica; 30-04-2010}

 

2. Vorrei dare un ultimo contributo, dichiarando che la Bibbia non dice di nettare solo il di dentro, ma anche l’esteriore come conseguenza dell’interiore e, quindi, non possiamo parlare solo dei farisei. Cristo e gli Apostoli non erano farisei, ma si attenevano al sano abbigliamento in quanto Tempio di Dio: «Se alcuno guasta il tempio di Dio, Dio guasterà lui; poiché il tempio del Signore è santo, il quale siete voi» (1 Corinzi 3,17). {02-05-2010}

 

 

2. {Nicola Martella}

 

Faccio notare a Pietro Zanca quanto segue. Dapprima rispondo al suo secondo contributo, arrivato in seguito. Che il cristiano debba essere decoroso nel vestiario e negli atteggiamenti, è fuori discussione. La questione dei «Farisei» risponde a una presa di posizione di alcuni lettori (cfr. sotto). Faccio notare che 1 Corinzi 3,17 in questo ambito è fuori luogo, poiché Paolo nel contesto non parla d'abbigliamento né del corpo personale, quando menziona il «tempio di Dio». Paolo intendeva dire: chi guasta la chiesa quale tempio e corporazione collettiva dei credenti («il quale siete voi»), Dio guasterà tale reo. Risponderemo sotto a quanto è ritenuto un «sano abbigliamento» nei differenti contesti.

    Non so se il suo primo contributo sia la maniera di affrontare in modo equilibrato l’etica del nuovo patto e appurare se in ciò «la Bibbia è chiara». Ecco qui di seguito alcune riflessioni in risposta alle asserzioni del mio interlocutore, per mostrare che il nostro diverso abbigliamento dipenda dal contesto.

     ■ È impossibile immaginare Gesù in costume?: Gli faccio presente che Gesù, durante la sua ultima Pasqua, «si levò da tavola, depose le sue vesti, e preso un asciugatoio, se ne cinse. Poi mise dell’acqua nel bacino, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio del quale era cinto» (Gv 13,4s). Praticamente Gesù era qui con le sole brache o con una specie di cintura, fascia legata intorno ai fianchi o perizoma. Chiaramente non avrebbe fatto così presso il tempio.

 

     ■ A ciò si aggiungano i seguenti quadretti narrativi estemporanei.

     Quando Gesù risorto si avvicinò a un gruppo di pescatori, suoi discepoli, dando loro consigli particolari, si legge: «Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “È il Signore!”. E Simon Pietro, udito che era il Signore, si cinse il camiciotto, perché era nudo, e si gettò nel mare» (Gv 21,7). Quindi, i pescatori per lavorare meglio si toglievano i vestiti e rimanevano «nudi» (probabilmente con una specie di perizoma).

     Marco raccontò in modo probabilmente autobiografico che, nella notte dell’arresto di Gesù, «un certo giovane lo seguiva, avvolto in un [panno] lino sul nudo [corpo]» (Mc 14,51; vv. 51s: «e lo presero, ma egli, lasciando andare il panno lino, se ne fuggì nudo»). Nella notte calda tale ragazzo andava in giro con una specie di lenzuolo sulla pelle.

     Si potrebbe menzionare il sommo sacerdote che doveva deporre le sue vesti presso il santuario, lavarsi nella conca di rame e mettersi i paramenti sacri, per poi svolgere il suo ministero (Lv 16,23s; cfr. Ez 42,14; 44,19); normalmente ciò riguardava soltanto mani e piedi (Es 30,18ss), ma il giorno delle espiazioni ciò riguardava il corpo (Lv 16,24). Ciò avveniva in luogo santo e certamente riparato alla sola presenza di sacerdoti e leviti.

     Si potrebbero addirittura menzionare qualche profeta che, in segno di cordoglio o di protesta, andava in giro «spogliato e nudo» (Mi 1,8), anche per essere di «segno e presagio» (Is 20,2s), ma non penso che si debba imitare i profeti dell’AT, per non essere fraintesi dai nudisti contemporanei.

 

     ■ Viene posta la seguente domanda: «Dio, tornando, prederebbe una donna o un uomo in costume da mare, intento alla tintarella?». Sebbene la mia risposta sarebbe «assolutamente sì» — quantunque io stesso sia allergico al sole — si potrebbe rispondere con una contro-domanda: «Gesù, tornando, prederebbe una donna o un uomo in costume, intento a prendersi la tintarella sul suo terrazzo, lontano da occhi indiscreti?». E che dire se tale persona si trova nella vasca da bagno, sul tavolo di chirurgia o, come Pietro e gli altri apostoli, a pesca, vestito solo con una specie di perizoma?

     In ogni modo, Gesù stesso, parlando del suo avvento, disse tra altre cose: «Io ve lo dico: In quella notte, due saranno in un letto; l’uno sarà preso, e l’altro lasciato» (Lc 17,30.34). La scelta non sarà certo basata sul modo di abbigliarsi o meno per la notte; ognuno ha i suoi gusti.

 

 

3. {Debora Cipriani}

 

Contributo: Si può giudicare, perché c’è l’evidenza, il costume, ma non dimentichiamoci che quando tornerà il Signore, dov’è la nostra mente, i nostri pensieri... Scusatemi, se sono nella vasca da bagno, penso che il Signore non si formalizzi; sono convinta invece che anche sulla spiaggia bisogna dare un buon esempio, un buon costume. Riguardo alla tintarella, anche lì ci sarebbe da ridire… non sono una patita della tintarella, con questo non voglio dire che non m’espongo al sole; come ogni cosa ci vuole equilibrio. Che dire invece, quando si vede un pantalone un po’ giù e le mutande? Non è forse peggio... {01-05-2010}

 

Osservazioni: Ammetto di non aver capito tutto ciò la lettrice ha scritto. Per Dio siamo sempre un libro aperto. Chiaramente il nostro abbigliamento dipende dai diversi contesti, in cui siamo inseriti nei diversi momenti (professione, lavori domestici, hobby, momenti solenni, piscina, camera da letto, ecc.). Giustamente dobbiamo dare il «buon esempio» mediante un abbigliamento costumato e consono al relativo contesto (non ci si sposa in pigiama). In tutto ci vuole giustamente equilibrio, rifuggendo sia dai canoni libertini del mondo, sia dagli estremismi massimalisti. Ciò vale anche per le pance (e non solo) al vento e le mutande in esposizione anche nelle sale di culto; di ciò abbiamo parlato già altrove. {Nicola Martella}

 

 

4. {Nicola Carlisi}

 

Contributo: Se è vero che siamo delle nuove creature, e che quindi le cose vecchie sono passate, dovremmo fare tutto nuovo. La santità non si manifesta principalmente con atti esteriori (quest’era l’atteggiamento dei farisei), ma principalmente con la purità del cuore. Con un cuore puro ci si comporta di conseguenza. Se non vogliamo essere condannati in qualche atto, camminiamo per lo Spirito e sicuramente non sbaglieremo (Rom. 8,14). {01-05-2010}

 

Osservazioni: Concordo molto con il fratello Nicola Carlisi. {Debora Cipriani; 01-05-2010}

 

Osservazioni: È giusto che sia la cura di un cuore puro a influenzare i comportamenti. Chi cammina per lo Spirito, cercherà certamente la guida del Signore nei diversi ambiti dell’etica. D’altra parte, ciò dipende dalla maturità spirituale del singolo. È quindi molto importante l’insegnamento attento ed equilibrato sia in famiglia, sia nella comunità. {Nicola Martella}

 

 

5. {Patrizia Miceli}

 

Sono d’accordissimo su quanto esposto dal fratello Martella, per quanto riguarda il contesto. Per stabilire se un dato capo d’abbigliamento va bene per un cristiano, alcuni fanno, erroneamente a mio parere, il seguente paragone: «Lo metterei per andare al culto?». Se la risposta è no, allora l’abito è da scartare e da non indossare per nessuna ragione.

     Mi è capitato d’affermare che non sono d’accordo con questa forma di paragone, perché se io a casa sto vestita con una vecchia tuta, per fare i lavori domestici, non posso farmi la domanda: «Vestita così, ci andrei al culto?». Certo che no. Come non andrei al mare coi tacchi, come non andrei a una scampagnata in abito da sera o tailleur elegante.

     Sono del parere che tutte queste forzature che si fanno per mortificare la propria persona, vestendo da monaci o non andando al mare (che è una grazia di Dio, soprattutto per chi ce l’ha vicino), non fanno altro che mettere a un livello più basso la grazia di Dio per i meriti di Cristo, facendo invece salire di grado i meriti nostri. Io non vado al mare e quindi sono più bravo e più santo di te che invece ci vai.

     Il male sta nel comportamento e nel decoro che si ha. Se sono al mare, sto in costume; ma il costume deve essere decoroso. Se sono a un matrimonio, il vestito della cerimonia dev’essere decoroso. Se vado a fare la spesa, devo essere decorosa pure lì.

     Posso essere vestita di saio, posso non andare al mare, posso fare tutte le pratiche flagellatrici che esistono al mondo, ma se ho nell’indole di comportarmi in modo indecoroso alla prima occasione... beh, a niente vale che metta il saio o che non mi vada a godere il mare, che me l’ha dato Dio insieme a tutte le altre bellezze naturali.

     Tra l’altro ritengo che mortificare la carne (privandosi per esempio del sole benefico per chi soffre di dolori) in nome d’una sicura santificazione non sia altro che, come cita Colossesi 2,23, una parvenza d’austerità. Se qualcuno vuole infliggersi una punizione, non andando al mare pur avendolo sotto il naso, che si tenga la punizione per sé, senza farne una dottrina né tantomeno motivo di critica verso chi non la pensa in modo uguale.

     Bisogna tenere conto anche del background culturale delle persone. Ad esempio, un nord-europeo non avrà gli stessi usi e costumi d’un centro-africano. Ma il messaggio di Cristo è valido per entrambi.

     Il male non è nel vestito o nel costume da bagno. Il male è negli occhi, anzi nel cuore di chi guarda. È chiaro che si debba avere decenza nel vestire. Il decoro innanzitutto. Ma ciò non significa che io debba indossare obbligatoriamente una gonna lunga fino alle caviglie perché, se la indosso lunga fino al polpaccio, non sono cristiana.

     Ci possiamo coprire all’infinito, mettere anche il burka, se vogliamo, ma se il male è dentro di noi, a niente servirà.

     Vestirsi in modo castigato non sempre è dovuto a timidezza. A volte si possono indossare panni che niente hanno a che vedere con i sentimenti che albergano in noi. Una gonnona lunga e sformata può far di me una brava ragazza nel caso, in cui io non lo fossi? L’abito fa il monaco o siamo noi i monaci? Gli interrogativi sono tanti.

     Un dato di fatto è che essere abbigliati in modo normale (non sempre essere alla moda significa indossare la minigonna, esistono anche le mezze misure), non ti fa stare a disagio fra gli altri. Andare a una festa in frac vestiti da straccioni, ci renderebbe migliori o renderebbe meglio l’idea del cristianesimo?

     Sono dell’opinione che ci si può mascherare dietro un abito casto. Poi è il comportamento, il parlare e l’agire che scoprono se l’abito casto contiene una persona casta e corretta o no. «...Sii esempio ai fedeli in parola, in condotta, in amore, in fede, in purezza» (1 Timoteo 4,12).

     La condotta comprende tutto il tenore di vita, non solo l’abito esterno. Io posso essere vestita col saio, per non far cadere in tentazione nessun occhio, e poi non mi comporto bene; può il modello dell’abito «salvarmi» o rendermi santa e giusta? Anche perché purezza significa castità della vita e nobiltà dei sentimenti e del parlare. Non significa abiti sformati e il dimenticarsi dove si trova il parrucchiere o la spiaggia. {01-05-2010}

 

 

6. {Pietro Calenzo}

 

Contributo: L’argomento in oggetto lungi dall’essere apparentemente poco rilevante, assume, invece, una sua chiara ed esplicita identità, poiché coinvolge tutto il nostro modo d’essere e di proporci in primo luogo a Dio e, di conseguenza, anche a nostri fratelli e al mondo degli increduli. Premesso che il Signore nella sua Parola ci ordina d’assumere, in ogni occasione, canoni che rispondano al decoro e all’ordine, tale prospettiva non può essere risolta con giudizi o pregiudizi che non s’attengano a precisi passi scritturali.

     Ho conosciuto tanti anni fa una comunità nella zona di Cassino di matrice rigorosamente pentecostale ultraconservatrice, dove un piccolo numero di credenti rifiutava qualsiasi contatto con il mondo esterno e con tutte le cosiddette innovazioni tecnologiche, però s’arrogavano il diritto di giudicare l’assemblea della quale ero membro, non lesinando pesanti rimproveri al nostro ministro delle ADI (dunque anch’esso pentecostale). Ciò si ripercuoteva anche nell’approccio dell’abbigliamento e della cura del proprio corpo (rifiuto del fard, di qualsiasi imbellettamento del proprio viso ecc.).

     Le Scritture ci dichiarano che nessuno odia il proprio corpo, anzi lo cura e lo sostiene teneramente, e in questo non c’è alcuna nota di biasimo dell’apostolo Paolo. Il punto essenziale, a mio parere, è che ogni cristiano biblico, che ha il dono da parte del Signore di poter recarsi in luoghi di balneazione, debba e possa farlo. Ovviamente, si deve tenere conto d’altri parametri scritturali, come ad esempio le virtù di Sara, la moglie d’Abrahamo. In quest’accezione, non si parla d’un abbigliamento strictu sensu, quanto d’un meraviglioso abbigliamento spirituale di sottomissione a Dio e alla sua Parola.

     Come ha ben dichiarato la sorella Patrizia, non si può assolutamente pretendere che anziani d’assemblea non tengano nella giusta valutazione lo spazio temporale, il luogo, il posto, l’epoca. Rammento che pochi anni fa un pastore, che apprezzo moltissimo, grondava sudore da ogni poro della pelle poiché s’ostinava a non togliere la giacca, poiché non era a suo parere confacente al suo ruolo di declamatore della santa Parola dal pulpito. Alla fine, rammento che cedette e si tolse la giacca, scusandosi con i fratelli (la sala di culto era praticamente un forno, s’era in estate, e l’assemblea era molto numerosa). A mio avviso, non si deve correre il rischio di fariseizzare, come sono soliti fare i cosiddetti testimoni di Geova, che anche in pieno agosto sembrano tanti bancari stampati con un timbro (con relativa aberrante e soffocante cravatta). Lo stesso vale per i sacerdoti o altre religiose della religione dominante, che in ogni occasione (anche sulla spiaggia) debbono farsi distinguere, allungando le filatterie delle loro iperboliche sottane, spingendosi non oltre che il bagnarsi i piedi sulla battigia. Potrei continuare con le cosiddette pie donne islamiche, ma mi fermo qui.

     Il Signore ci ordina, quale che sia il nostro costume di balneazione, a essere decorosi e sobri sia nel modo di costumarci, sia nella maniera di proporci con fratelli o altri bagnanti. Sono piuttosto da evitarsi quegli atteggiamenti mondani che molti bagnanti assumono, per porre al centro dell’attenzione dei più il proprio corpo e la propria edonistica voglia di piacere e di compiacersi. Evitare posture che possano indurre alla concupiscenza, è doveroso, non dimenticandoci che anche i maschietti (fratelli compresi) debbono conformarsi a tale disposizione spirituale interiore; infatti, se è vero, come è vero, che gli occhi sono fatti per guardare, è altresì vero che alcuni giovani credenti farebbero bene a rammentare che il Signore non ha bisogno di giovani palestrati. Inoltre, chi conserva puro il proprio occhio, preserva sempre una sana testimonianza del Signore Gesù Messia, per se stessi e per coloro che ci sono vicini. Benedizioni in Gesù, il Messia vivente. {01-05-2010}

 

Osservazioni: Concordo pienamente con il fratello Calenzo. Aggiungo, Gesù ha detto: «Se il tuo occhio ti fa peccare, cavalo»; e Paolo aggiunge: «Tutto mi e lecito, ma non tutto mi è utile». Chi è preso da concupiscenza nell’andare al mare, non dovrebbe andarci. Come chi è esposto alla tentazione di voler mostrare il proprio corpo, non dovrebbe andarci. Per il resto «ognuno sia convinto nella propria coscienza», senza giudicare «il domestico altrui».

 

P.S.: I credenti pentecostali di Cassino di cui parla Pietro, erano zaccardiani. Sono una frangia estrema, mistico rigorista, del pentecostalesimo italiano. {Antonio Capasso; 01-05-2010}

 

 

7. {Vari e minimi}

 

Massimiliano Monti: Mi trovo in accordo con Pietro e Patrizia. I farisei dovrebbero essere morti. Ma mi rendo conto che hanno solo cambiato nome. Ora si fanno chiamare «cristiani». Puntano il dito e non guardano al cuore. {01-05-2010}

 

Patrizia Miceli: La caratteristica dei farisei è quella di essere bigotti fino al midollo. Pensano che, usando rigore, gli danno i primi posti in Paradiso. Noi altri... ce ne andiamo a prendere il sole a mare, che la stagione già si avvicina. {01-05-2010}

 

Volto di Gennaro: Non andrei mai a Rimini per fare il bagno, preferisco spiagge «deserte». Grazie, Dio ci illumini. {02-05-2010}

 

Nicola Tramontano: Ho letto il tuo articolo sull’abbigliamento da spiaggia, bravo risposta equilibrata! la cosa che mi spaventa (e parecchio) è che ci siano pastori che pensano sia sbagliato andare al mare! M’innervosisce questo atteggiamento che non fa altro che mettere pesi sulle persone! La mia ragazza (tra qualche giorno moglie) ne sa qualcosa, essendo capitata in taluni estremismi da paura... {02-05-2010}

 

Chiesa Cristiana Udine: Caro Nicola, la Chiesa di Udine ti ringrazia per la tua saggezza e per la grande conoscenza che il Signore ti ha donato; noi siamo completamente in sintonia con te. {02-05-2010}

 

Massimo Meglio: Sono d’accordo con quanto dice il fratello Nicola Martella. In ogni cosa ci vuole equilibrio e saggezza e inoltre non c’è bisogno d’andare al mare per essere esposti alle tentazioni... L’importante è vigilare sempre sulla nostra condotta e avere una mente rinnovata e guidata dallo Spirito Santo. Pace. DCBG. {04-05-2010}

 

 

8. {Giovanni M. Caltana}

 

Vivendo nel mondo, a volte capita che ci dimentichiamo della nostra chiamata (io per primo), ci lasciamo trascinare dalle circostanze e dagli altri; la maggioranza composta da non-credenti vive per lo più secondo pratiche e comportamenti assolutamente lontani dalla pietà cristiana (basta una rapida scorsa alla televisione per constatare la caduta verticale del senso del pudore, del semplice buon gusto e del livello minimo d’educazione). Basta appena ricordare la depravazione umana e il fatto che anche i veri discepoli di Gesù dovranno lottare fino alla fine con la loro natura contaminata dal peccato. Siamo in qualche modo costantemente immersi in questa atmosfera, ormai dagli anni ‘60, segnata dall’ideologia dell’edonismo sfrenato e disinibito, della rottura d’ogni tabù (specialmente sessuale), dell’irrisione a tutti i costi di ciò che è percepito come tradizionale. Mi permetto di fare presente solo la (nauseante) martellante campagna «culturale» pro gay - trans - famiglie allargate - famiglie di fatto - «famiglie» d’omosessuali, che si cerca in ogni modo di sdoganare, anche legalmente. Ci troviamo in una continua guerra spirituale e Satana s’aggira sempre come un leone ruggente; voglio citare come esempi le «insidie» (soprattutto per noi giovani) per chi usa Internet e il fatto che, quando siamo andati ad assistere a una partita di calcio con un gruppo della mia chiesa, abbiamo dovuto sentire, praticamente per tutto il tempo, una serie di improperi e bestemmie di tutti i generi. Tempo fa sono incappato, vedendo il programma «le Iene», in un servizio che descriveva una spiaggia in Francia, frequentata per lo più da italiani, che non aveva niente da invidiare a Sodoma e Gomorra. La sera, dopo gli incontri di preghiera in chiesa, quando ritorno a casa vedo sempre ai bordi delle strade le prostitute in cerca di clienti.

     Per chi non è cresciuto in un ambiente evangelico fin da piccolo e magari arriva solo dopo l’adolescenza a conoscere il Signore (è il mio caso e credo proprio che in Italia non sia affatto isolato) è abituato a un (pseudo) cristianesimo (cattolico), molto all’acqua di rose, che è giunto a patti col mondo e cerca d’adeguarsi alla buona a ciò che gli accade intorno per non sembrare troppo bacchettone e puritano, ma si sforza d’apparire alla moda e in linea coi tempi per non essere tagliato fuori. Per la verità questo accade ovunque una chiesa (di qualunque tipo) si sente ed è percepita come influente e dal punto di vista sociologico rappresenta un gruppo molto ampio se non la maggioranza (come gli evangelici in USA).

     Il campo di battaglia dei costumi (in senso morale primariamente ma non solo, visto l’argomento in esame) è all’ordine del giorno; i temi dell’inizio e del fine vita sollevati dalla genetica e dalla medicina moderna sono l’esempio più lampante. Nel mondo secolarizzato prodotto dall’Illuminismo moderno (antireligioso e razionalista) e quello post-moderno (all’insegna del nichilismo, dell’indifferentismo e del relativismo morale) i veri cristiani, pur non rimpiangendo affatto la situazione precedente, dove spesso il bigottismo regnava accanto all’ipocrisia, devono far sentire la loro voce, con i fatti e coll’esempio serio, costante e intransigente, ben più che con l’influenza politica, come fa in Italia il Vaticano. Non dobbiamo affatto rinchiuderci in un ghetto come gli Amish, ma appare evidente che siamo tornati a situazione per molti aspetti pre-costantiniana, senza che questo necessariamente rappresenti un male, anzi.

     Ci sono occasioni, in cui oggettivamente la testimonianza del cristiano, soprattutto e inevitabilmente per le donne, apparirà mooolto appannata e tra queste rientra sicuramente l’ambito della spiaggia, nonostante tutte le precisazioni anche fondate che si possono addurre. Quotidianamente siamo chiamati a operare delle scelte che devono fare sì che appaia un chiaro discrimine tra noi e gli altri sia riguardo a ciò che professiamo, sia a come ci comportiamo di conseguenza. Ho 28 anni e personalmente sento tutto il peso derivante dalla responsabilità di questo andare contro-corrente. Ovviamente pecco e sbaglio anch’io, ma ricordiamoci che gli occhi del mondo sono puntati insistentemente su di noi. Si cerca ogni occasione, anche pretestuosa, per denigrarci mentre la nostra vita apparirà forzatamente come la migliore «Bibbia vivente» per chi ci sta attorno. Concordo che il contesto è ovviamente fondamentale e che, senza essere legalisti, dobbiamo badare soprattutto ai desideri del nostro cuore, ma temo che, dietro la convinzione che «Dio guarda al cuore» e «che non dobbiamo giudicare», ci sia una tendenza generale, lenta ma costante, verso una certa rilassatezza e un abbassamento dell’asticella dal punto di vista dei requisiti morali. Certo che la Bibbia non dice da nessuna parte che non dobbiamo fumare ma la responsabilità del cristiano deve esercitarsi faticosamente e quotidianamente in ogni occasione anche a costo d’essere etichettato come fondamentalista, deriso o additato come «diverso». Se il sale perde il suo sapore e se la luce, che deve illuminare, resta nascosta, cosa penserà il mondo, come risponderemo al Signore? Non dobbiamo essere «credenti in borghese» o «come agenti segreti» ma alla luce del sole, anche se appare scomodo, anche se alcuni «fratelli» non capiscono, anche quando cominceranno le persecuzioni. {01-05-2010}

 

 

9. {Vincenzo Russillo}

 

Mare: tentazioni al solleone

 

Inizia l’afa e il caldo e mai più che ora un bel bagno rinfrescante è d’attualità. Premetto in via generale che io amo sia il mare che la montagna. Ma soprattutto il bagno asciuga e il relativo abbigliamento danno qualche problema. Ogni qualvolta si parla d’abbigliamento, credo che si faccia un grave torto: ovvero siamo noi uomini a reclamare una sorta di correttezza cercando di portare degli argomenti a «senso unico». È vero che l’uomo a livello ormonale viene stimolato maggiormente ed è facile che si perda in fantasie. La moda del momento impone alle ragazze un bikini piuttosto scollato: a due pezzi e che lascia intravedere le varie forme. Ma si parla ormai anche di micro bikini o costumi alla brasiliana che sono praticamente invisibili. Questa breve «sguardo» sui modelli del momento ci permette di capire che ormai si sta andando oltre ogni limite: e allora qui, sì, che il decoro deve essere il problema per una donna cristiana.

     Ma facciamo un salto nel mondo maschile, non sarebbe lecito chiedersi se il corpo d’un uomo possa essere provocante per una giovane ragazza o donna? Molti indossano un costume «a mutanda» che lascia intravedere un po’ tutto, specialmente se indossato da un uomo prestate e muscoloso lascia facilmente far cadere l’occhio della donna.

     Si potrebbe quindi fare un discorso comune sia per il mondo maschile che femminile: dove ci si può spingere? Io credo che bisogna mantenere la giusta «livella» (1 Timoteo 2,9-10): esaminando il nostro modo di vestire non secondo i canoni imposti dalla società, ma mantenendo «pulite» le nostre intenzioni. In questo metro di giudizio è facile cadere in estremismi diventando «puritani» o cadendo in facili trasgressioni. Giovanni ingiunse così: «Perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita non è dal Padre, ma è dal mondo» (1 Giovanni 2,15-16). Gli occhi spesso sono attratti da un oggetto che infiammano i desideri e portano il soggetto a desiderare con tutto se stessi ciò che sta davanti. Quando un uomo o una donna si recano ad acquistare il costume da bagno, invece di dire: «Questo mi sta bene!», debbono porsi la seguente domanda: «È decoroso indossare tale bikini o costume? Provoco negli altri eccessivo turbamento mostrando le mie forme?». Da cristiani dobbiamo cercare di dare l’esempio e mostrarci santi in qualunque situazione; e sicuramente chi è tentato, deve mantenere a freno i propri istinti. {01-05-2010}

 

 

10. {Gianni Siena}

 

È giusto che un credente vada al mare? Cosa c’è di male?! Mia moglie ricorda che un suo zio sgridava lei e i suoi fratelli perché volevano andare al mare a farsi il bagno. Secondo la «moralità» di costui, solo le persone «poco serie» andavano al mare per «spogliarsi»... come i primi turisti del nord o dell’estero, molti anni fa.

     Una volta, il nostro pastore ci predicò qualcosa come «non andate al mare insieme, specialmente i giovani», elencando una serie di pericoli che, a suo dire, incombevano su certe combriccole.

     Io ricordo, invece, che al mare ci andavamo: tutto il gruppo giovanile, con o senza responsabili; i casi più eclatanti di giovani, che poi si sono rovinati spiritualmente o hanno fatto una cattiva riuscita, non hanno mai avuto una salda relazione con il gruppo.

     Ritengo che, scansando ogni genere di tentazione e provocazione al peccato, ogni cosa sia (di per sé) pura per i puri: anche andare al mare.

     Abbiamo ereditato dai padri un appartamento al mare e, da anni, è fonte di riposo e benedizione per quanti invitiamo a trascorrervi qualche settimana con noi. L’abbigliamento è informale, varia secondo la sensibilità generazionale, dai costumi anni ‘50 con il gonnellino ai due pezzi che comunque non invitano a pensieri poco casti. Gli uomini vestiamo con pantaloncini e canottiere tipiche del periodo estivo... facendo attenzione a non esporci. Con il tempo ci s’abitua e la familiarità aiuta a guardare gli amici cristiani per quelli che sono: fratelli e sorelle in Cristo. Il pudore è presente ma senza rendere impacciati i rapporti personali e sociali... «familiarità», «confidenza» ma senza trasformare la libertà in un’occasione per la carne.

     Dove s’insiste troppo sui pericoli della concupiscenza, si «aizza» la tentazione a commettere il peccato. In un albergo, costruito a strapiombo su un costone roccioso, lambito dalle acque d’un lago, c’era un singolare divieto: «Vietato pescare», ossia dalle finestre aperte sul lago! Inutile dire che molti clienti facevano esattamente la cosa vietata; un cameriere suggerì al padrone di togliere quei cartelli... Avvenne il miracolo: in poco tempo nessuno ebbe più l’idea di pescare in quel modo.

     Ai credenti andrebbe solo raccomandato d’essere di buona testimonianza e glorificare Cristo con il loro corpo dovunque. Voglio raccontare un episodio personale. Ero un giovane di 21 anni, nel 1976, ed ero nel mirino dei colleghi a motivo della testimonianza e del conseguente comportamento. Essi, specialmente i più anziani, s’aspettavano che agissi verso le donne come un frate di clausura, insinuando chissà quali pensieri da parte mia. Quando veniva una segretaria dagli uffici di reparto, i più anziani abbassavano la testa alzando lo sguardo nel parlare con lei. Al contrario io (e gli altri coetanei) guardavamo in faccia e parlavamo con una controllata naturalezza. Uno degli operai più anziani mi prese un giorno da parte e mi disse: «Mister, tu racconti delle balle... dici di disprezzare il genere femminile, ma poi parli con le ragazze». Risposi: «Io non ho mai detto di disprezzare il gentil sesso, “parlare” con una ragazza, salutarsi quando ci s’incontra negli ambienti di lavoro non è una trasgressione. Le donne non mi sono indifferenti ma i miei “contatti” sono limitati alle normali occasioni d’incontro nell’ambito lavorativo... sarebbe questo il «peccato» che mi rimproveri?!» Personalmente ho sempre avuto rispetto per questa generazione che conobbe gli orrori della seconda guerra mondiale e fu vittima di un’educazione condizionata da moralismo e pregiudizi verso il sesso.

     La fornicazione è un rischio concreto in ogni ambito sociale, anche nei gruppi cristiani, ma abbiamo l’antidoto: la Parola di Dio. Essa ci mette in guardia dai pericoli dell’immoralità e ci esorta a relazionarci in modo cristiano e pacifico.

     Dobbiamo guardarci anche dagli eccessi moralisti del passato. Gesù stesso non aveva nessuna remora a parlare in pubblico con una donna, mentre i farisei e i rabbini già avevano reso «norma» il divieto ancora in uso: un rabbino non parla con nessuna donna che non sia sua moglie. {01-05-2010}

 

 

11. {Anna Maria Maiore}

 

Ciao, Nicola, cerco anch’io di dire la mia sull’argomento che riguarda il modo di vestire in spiaggia. Sinceramente non credo che Gesù si formalizzi troppo riguardo al nostro abbigliamento in spiaggia, al culto, per strada, in casa ecc. ecc.

     Gesù non ha i nostri pensieri e valuta le nostre intenzioni e quindi dobbiamo chiederci noi che intenzioni abbiamo quando ci vestiamo in un certo modo. Penso spesso che il Signore ci vede anche nudi e quindi non è un suo problema, ma siamo noi solo che dobbiamo adottare un modo di vestire che faccia vedere agli altri che persone siamo. Andremo mai da una persona importante in costume da bagno? Ognuno, se vuole, può capire quale abbigliamento usare per dire quello che vogliamo. Scusa se ho detto qualcosa di «superficiale», ma ho voluto dire la mia solo per collaborare a far capire le varie posizioni. Ciao, Dio ti benedica. {02-05-2010}

 

 

12. {Nicola Martella}

 

Rispondo qui specialmente ad Anna Maria Maiore. La vita delle chiese si svolgeva nel primo secolo nelle case; perciò si parla di «chiese in casa». Il decoro è legato a una certa cultura in un certo tempo e in dato luogo; ciò vale anche per il decoro cristiano. Per ogni contesto (spiaggia, culto, strada, casa, posto di lavoro) viene sviluppato nel tempo un canone accettabile per il decoro, e questo vale sia per la società in genere, sia specialmente fra i cristiani. Ci sono perciò aspetti fissi (specialmente alcuni principi guida tratti dalla Scrittura) e variabili basati sulla cultura; questo è visibile dal fatto che cristiani fedeli alla Bibbia della stessa denominazione hanno una percezione differente del decoro.

     È vero che il Signore valuta le nostre intenzioni; il fatto però che il NT dà alcune direttive generali sul decoro e la purezza dei costumi, ciò mostra che anche la forma è importante. Ad esempio, i profeti criticavano le donne giudaiche dedite ad aumentare il loro sexy appeal mediante una laboriosa toeletta e ricca bigiotteria (Is 3,16-24).

     La legge comandava che i sacerdoti portassero delle brache di lino «per coprire la carne della loro nudità» (= le parti intime) e che esse andassero «dai fianchi fino alle cosce» (Es 28,42; cfr. Es 39,28; Lv 6,10; 16,4; Ez 44,18). Lo scopo era di tipo pratico affinché durante le operazioni sacrificali e rituali, non si desse spettacolo con le proprie nudità. «E non salirai al mio altare neppure per gradini, affinché la tua nudità non si scopra nei suoi riguardi» (Lv 20,26). Quindi, mostrare la propria nudità nel culto era fuori luogo; ciò dovrebbe fa pensare quanti mostrano le loro «grazie» durante i culti al Signore, ovunque essi avvengano. Anche qui tale precetto era contestuale: fuori del perimetro sacro potevano anche non portare le brache sotto le vesti, ma durante il servizio sacro dovevano averle.

     È vero che dovremmo essere responsabili da noi stessi, purtroppo non tutti lo sono; per questo troviamo nel NT delle direttive riguardo al decoro e alla purità dei costumi. Per questo anche i conduttori di chiesa dovrebbero dare l’insegnamento opportuno per la cultura e il luogo in cui si trovano. Con «verità in amore» bisogna aprire gli occhi dei disavveduti, che non pensano di provocare con la pancia scoperta, o con l’intera schiena nuda o con le mutande (o altro) che traspare da pantaloni calati. La mia esperienza è che tali persone, con cui ho parlato, durante il mio ministero di conduttore, non se ne rendevano conto. Lo stesso dicasi dell’abbigliamento e dagli atteggiamenti da usare in spiaggia; anche qui è necessario il confronto e l’istruzione per formare le coscienze. Che cos’è un costume da bagno costumato? Che cosa fare per non alimentare la concupiscenza in chi ci guarda? Quali posture evitare? Come possiamo onorare Dio anche in spiaggia? Poi, chi vorrà peccare con i propri occhi viziati, lo farà in chiesa, per strada o in spiaggia.

 

Continua: ► Abbigliamento da spiaggia? Parliamone 2 {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Abbiglia_spiaggia_UnV.htm

02-05-2010; Aggiornamento: 08-05-2010

 

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