Qui di seguito discutiamo l’articolo «
Abbigliamento da spiaggia». Sull’etica ci sono sempre due
atteggiamenti antipodici: il liberalismo e il massimalismo (o legalismo); l’uno
è spesso la reazione dell’altro. La sfida all’etica cristiana sta
nell’equilibrio, basato sull’esegesi contestuale dei brani biblici di
riferimento e su un confronto dialettico con la cultura dominante, in cui si è
inseriti. Anche nell’abbigliamento da spiaggia si può capitolare dinanzi
al liberalismo (uso dei canoni della moda mondana) o al massimalismo (tutto è
peccato), oppure si può cercare quell’equilibrio, che onora Dio, rispetta
le chiare direttive della Parola (non le tradizioni), sia di buona testimonianza
e di buon gusto.
Il contrario di una pratica moralmente trasgressiva non è per forza la verità
che rende liberi, ma potrebbe essere solo una norma massimalista lontana da una
libertà responsabile e matura. Un’etica equilibrata, matura e
responsabile è la migliore medicina sia per il liberalismo, sia per il
legalismo.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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1.
{Pietro Zanca}
▲
1. Purtroppo molta gente si definisce cristiana, ma non comprende ch’è
impossibile immaginare
Gesù in costume o le sante donne in due pezzi...
Sappiamo che per le convinzioni di santità e di credenza in quanto Tempio di Dio
veniamo giudicati da taluni come bigotti; ma la Bibbia è chiara.
Dio, tornando, prederebbe una donna o un uomo in costume da mare intento
alla tintarella? Pace a tutti! {Radio-Palermo Evangelica; 30-04-2010}
2.
Vorrei dare un ultimo contributo, dichiarando
che la Bibbia non dice di nettare solo il di dentro, ma anche l’esteriore
come conseguenza dell’interiore e, quindi, non possiamo parlare solo dei
farisei. Cristo e gli Apostoli non erano farisei, ma si attenevano al sano
abbigliamento in quanto Tempio di Dio: «Se alcuno guasta il tempio di
Dio, Dio guasterà lui; poiché il tempio del Signore è santo, il quale siete
voi» (1 Corinzi 3,17). {02-05-2010}
2.
{Nicola Martella}
▲
Faccio notare a Pietro Zanca quanto segue. Dapprima rispondo al suo secondo
contributo, arrivato in seguito. Che il cristiano debba essere decoroso nel
vestiario e negli atteggiamenti, è fuori discussione. La questione dei «Farisei»
risponde a una presa di posizione di alcuni lettori (cfr. sotto). Faccio notare
che
1 Corinzi 3,17 in questo ambito
è fuori luogo, poiché Paolo nel contesto non parla d'abbigliamento né del corpo
personale, quando menziona il «tempio di
Dio». Paolo intendeva dire: chi guasta la chiesa quale tempio e
corporazione collettiva dei credenti («il
quale siete voi»), Dio guasterà tale reo.
Risponderemo sotto a quanto è ritenuto un
«sano abbigliamento» nei differenti contesti.
Non so se il suo primo contributo sia la maniera di affrontare in modo
equilibrato l’etica del nuovo patto e appurare se in ciò «la Bibbia è chiara».
Ecco qui di seguito alcune riflessioni in risposta alle asserzioni del mio
interlocutore, per mostrare che il nostro diverso abbigliamento dipenda dal
contesto.
■ È impossibile immaginare Gesù in costume?: Gli faccio presente che
Gesù, durante la sua ultima Pasqua, «si levò da tavola,
depose le sue vesti, e preso un asciugatoio, se ne cinse. Poi
mise dell’acqua nel bacino, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli e ad
asciugarli con l’asciugatoio del quale era cinto» (Gv 13,4s). Praticamente
Gesù era qui con le sole brache o con una specie di cintura, fascia legata
intorno ai fianchi o perizoma. Chiaramente non avrebbe fatto così presso il
tempio.
■ A ciò si aggiungano i seguenti quadretti narrativi estemporanei.
Quando Gesù risorto si avvicinò a un gruppo di pescatori, suoi discepoli, dando
loro consigli particolari, si legge: «Allora il discepolo che Gesù amava
disse a Pietro: “È il Signore!”. E Simon Pietro, udito che era il Signore,
si cinse il camiciotto, perché era nudo,
e si gettò nel mare» (Gv 21,7). Quindi, i pescatori per lavorare meglio si
toglievano i vestiti e rimanevano «nudi» (probabilmente con una specie di
perizoma).
Marco raccontò in modo probabilmente autobiografico che, nella notte
dell’arresto di Gesù, «un certo giovane lo seguiva, avvolto in un [panno]
lino sul nudo [corpo]» (Mc 14,51; vv. 51s: «e lo presero, ma egli,
lasciando andare il panno lino, se ne fuggì nudo»). Nella notte calda tale
ragazzo andava in giro con una specie di lenzuolo sulla pelle.
Si potrebbe menzionare il sommo sacerdote che doveva deporre le sue vesti
presso il santuario, lavarsi nella conca di rame e mettersi i paramenti sacri,
per poi svolgere il suo ministero (Lv 16,23s; cfr. Ez 42,14; 44,19); normalmente
ciò riguardava soltanto mani e piedi (Es 30,18ss), ma il giorno delle espiazioni
ciò riguardava il corpo (Lv 16,24). Ciò avveniva in luogo santo e certamente
riparato alla sola presenza di sacerdoti e leviti.
Si potrebbero addirittura menzionare qualche profeta che, in segno di
cordoglio o di protesta, andava in giro «spogliato e nudo» (Mi 1,8),
anche per essere di «segno e presagio» (Is 20,2s), ma non penso che si debba
imitare i profeti dell’AT, per non essere fraintesi dai nudisti contemporanei.
■ Viene posta la seguente domanda: «Dio, tornando, prederebbe una donna o
un uomo in costume da mare, intento alla tintarella?». Sebbene la mia risposta
sarebbe «assolutamente sì» — quantunque io stesso sia allergico al sole — si
potrebbe rispondere con una contro-domanda: «Gesù, tornando, prederebbe
una donna o un uomo in costume, intento a prendersi la tintarella sul suo
terrazzo, lontano da occhi indiscreti?». E che dire se tale persona si trova
nella vasca da bagno, sul tavolo di chirurgia o, come Pietro e gli altri
apostoli, a pesca, vestito solo con una specie di perizoma?
In ogni modo, Gesù stesso, parlando del suo avvento, disse tra altre cose: «Io
ve lo dico: In quella notte, due saranno in un letto; l’uno sarà preso, e
l’altro lasciato» (Lc 17,30.34). La scelta non sarà certo basata sul modo di
abbigliarsi o meno per la notte; ognuno ha i suoi gusti.
3. {Debora Cipriani}
▲
■
Contributo: Si può giudicare, perché c’è l’evidenza, il costume, ma non
dimentichiamoci che quando tornerà il Signore, dov’è la nostra mente, i
nostri pensieri... Scusatemi, se sono nella vasca da bagno, penso che il
Signore non si formalizzi; sono convinta invece che anche sulla spiaggia bisogna
dare un buon esempio, un buon costume. Riguardo alla tintarella, anche lì
ci sarebbe da ridire… non sono una patita della tintarella, con questo non
voglio dire che non m’espongo al sole; come ogni cosa ci vuole equilibrio.
Che dire invece, quando si vede un pantalone un po’ giù e le mutande?
Non è forse peggio... {01-05-2010}
▬
Osservazioni: Ammetto di non aver capito tutto ciò la lettrice ha
scritto. Per Dio siamo sempre un libro aperto. Chiaramente il nostro
abbigliamento dipende dai diversi contesti, in cui siamo inseriti nei
diversi momenti (professione, lavori domestici, hobby, momenti solenni, piscina,
camera da letto, ecc.). Giustamente dobbiamo dare il «buon esempio»
mediante un abbigliamento
costumato e consono al relativo contesto (non ci si sposa in pigiama). In
tutto ci vuole giustamente equilibrio, rifuggendo sia dai canoni
libertini del mondo, sia dagli estremismi massimalisti. Ciò vale anche per le
pance (e non solo) al vento e le mutande in esposizione anche nelle sale di
culto; di ciò abbiamo parlato già altrove. {Nicola Martella}
4. {Nicola Carlisi}
▲
■
Contributo: Se è vero che siamo delle nuove creature, e che quindi le
cose vecchie sono passate, dovremmo fare tutto nuovo. La santità non si
manifesta principalmente con atti esteriori (quest’era l’atteggiamento dei
farisei), ma principalmente con la
purità del cuore. Con un cuore puro ci si comporta di conseguenza. Se non
vogliamo essere condannati in qualche atto, camminiamo per lo Spirito
e sicuramente non sbaglieremo (Rom. 8,14). {01-05-2010}
▬
Osservazioni:
Concordo molto con il fratello Nicola
Carlisi. {Debora Cipriani; 01-05-2010}
▬
Osservazioni:
È giusto che sia la cura di un cuore puro
a influenzare i comportamenti. Chi cammina per lo Spirito, cercherà
certamente la guida del Signore nei diversi ambiti dell’etica. D’altra parte,
ciò dipende dalla maturità spirituale del singolo. È quindi molto importante
l’insegnamento attento ed equilibrato sia in famiglia, sia nella comunità.
{Nicola Martella}
5. {Patrizia Miceli}
▲
Sono d’accordissimo su quanto esposto dal fratello Martella, per quanto riguarda
il contesto. Per stabilire se un dato capo d’abbigliamento va bene per un
cristiano, alcuni fanno, erroneamente a mio parere, il seguente paragone: «Lo
metterei per andare al culto?». Se la risposta è no, allora l’abito è da
scartare e da non indossare per nessuna ragione.
Mi è capitato d’affermare che non sono d’accordo con questa forma di paragone,
perché se io a casa sto vestita con una vecchia tuta, per fare i lavori
domestici, non posso farmi la domanda: «Vestita così, ci andrei al culto?».
Certo che no. Come non andrei al mare coi tacchi, come non andrei a una
scampagnata in abito da sera o tailleur elegante.
Sono del parere che tutte queste forzature che si fanno per mortificare
la propria persona, vestendo da monaci o non andando al mare (che è una grazia
di Dio, soprattutto per chi ce l’ha vicino), non fanno altro che mettere a un
livello più basso la grazia di Dio per i meriti di Cristo, facendo invece salire
di grado i meriti nostri. Io non vado al mare e quindi sono più bravo e
più santo di te che invece ci vai.
Il male
sta nel comportamento e nel decoro che si ha. Se sono al mare, sto in costume;
ma il costume deve essere decoroso. Se sono a un matrimonio, il vestito
della cerimonia dev’essere decoroso. Se vado a fare la spesa, devo essere
decorosa pure lì.
Posso essere vestita di saio, posso non andare al mare, posso fare tutte le
pratiche flagellatrici che esistono al mondo, ma se ho nell’indole di
comportarmi in modo indecoroso alla prima occasione... beh, a niente vale
che metta il saio o che non mi vada a godere il mare, che me l’ha dato Dio
insieme a tutte le altre bellezze naturali.
Tra l’altro ritengo che mortificare la carne (privandosi per esempio del sole
benefico per chi soffre di dolori) in nome d’una sicura santificazione non sia
altro che, come cita Colossesi 2,23, una parvenza d’austerità. Se
qualcuno vuole infliggersi una punizione, non andando al mare pur avendolo sotto
il naso, che si tenga la punizione per sé, senza farne una dottrina
né tantomeno motivo di critica verso chi non la pensa in modo uguale.
Bisogna tenere conto anche del background culturale delle persone. Ad
esempio, un nord-europeo non avrà gli stessi usi e costumi d’un centro-africano.
Ma il messaggio di Cristo è valido per entrambi.
Il male non è nel vestito o nel costume da bagno. Il male è negli occhi,
anzi nel cuore di chi guarda. È chiaro che si debba avere decenza nel vestire.
Il decoro innanzitutto. Ma ciò non significa che io debba indossare
obbligatoriamente una gonna lunga fino alle caviglie perché, se la indosso lunga
fino al polpaccio, non sono cristiana.
Ci possiamo coprire all’infinito, mettere anche il burka, se vogliamo, ma se il
male è dentro di noi, a niente servirà.
Vestirsi in modo castigato non sempre è dovuto a timidezza. A volte si possono
indossare panni che niente hanno a che vedere con i sentimenti che
albergano in noi. Una gonnona lunga e sformata può far di me una brava ragazza
nel caso, in cui io non lo fossi? L’abito fa il monaco o siamo noi i monaci? Gli
interrogativi sono tanti.
Un dato di fatto è che essere abbigliati in modo normale (non sempre
essere alla moda significa indossare la minigonna, esistono anche le mezze
misure), non ti fa stare a disagio fra gli altri. Andare a una festa in frac
vestiti da straccioni, ci renderebbe migliori o renderebbe meglio l’idea del
cristianesimo?
Sono dell’opinione che ci si può mascherare dietro un abito casto. Poi è
il comportamento, il parlare e l’agire che scoprono se l’abito casto contiene
una persona casta e corretta o no. «...Sii esempio ai fedeli in parola, in
condotta, in amore, in fede, in purezza» (1 Timoteo 4,12).
La condotta comprende tutto il tenore di vita, non solo l’abito esterno.
Io posso essere vestita col saio, per non far cadere in tentazione nessun
occhio, e poi non mi comporto bene; può il modello dell’abito «salvarmi» o
rendermi santa e giusta? Anche perché purezza significa castità della
vita e nobiltà dei sentimenti e del parlare. Non significa abiti sformati e il
dimenticarsi dove si trova il parrucchiere o la spiaggia. {01-05-2010}
6. {Pietro Calenzo}
▲
■
Contributo: L’argomento in oggetto lungi dall’essere apparentemente poco
rilevante, assume, invece, una sua chiara ed esplicita identità, poiché
coinvolge tutto il nostro modo d’essere e di proporci in primo luogo a
Dio e, di conseguenza, anche a nostri fratelli e al mondo degli increduli.
Premesso che il Signore nella sua Parola ci ordina d’assumere, in ogni
occasione, canoni che rispondano al decoro e all’ordine, tale prospettiva
non può essere risolta con giudizi o pregiudizi che non s’attengano a
precisi passi scritturali.
Ho conosciuto tanti anni fa una comunità nella zona di Cassino di matrice
rigorosamente pentecostale ultraconservatrice, dove un piccolo numero di
credenti rifiutava qualsiasi contatto con il mondo esterno e con tutte le
cosiddette innovazioni tecnologiche, però s’arrogavano il diritto di giudicare
l’assemblea della quale ero membro, non lesinando pesanti rimproveri al nostro
ministro delle ADI (dunque anch’esso pentecostale). Ciò si ripercuoteva anche
nell’approccio dell’abbigliamento e della cura del proprio corpo (rifiuto del
fard, di qualsiasi imbellettamento del proprio viso ecc.).
Le Scritture ci dichiarano che nessuno odia il proprio corpo, anzi lo
cura e lo sostiene teneramente, e in questo non c’è alcuna nota di biasimo
dell’apostolo Paolo. Il punto essenziale, a mio parere, è che ogni cristiano
biblico, che ha il dono da parte del Signore di poter recarsi in luoghi di
balneazione, debba e possa farlo. Ovviamente, si deve tenere conto d’altri
parametri scritturali, come ad esempio le virtù di Sara, la moglie d’Abrahamo.
In quest’accezione, non si parla d’un abbigliamento strictu sensu, quanto
d’un meraviglioso abbigliamento spirituale di sottomissione a Dio e alla sua
Parola.
Come ha ben dichiarato la sorella Patrizia, non si può assolutamente pretendere
che anziani d’assemblea non tengano nella giusta valutazione lo spazio
temporale, il luogo, il posto, l’epoca. Rammento che pochi anni fa un pastore,
che apprezzo moltissimo, grondava sudore da ogni poro della pelle poiché
s’ostinava a non togliere la giacca, poiché non era a suo parere
confacente al suo ruolo di declamatore della santa Parola dal pulpito. Alla
fine, rammento che cedette e si tolse la giacca, scusandosi con i fratelli (la
sala di culto era praticamente un forno, s’era in estate, e l’assemblea era
molto numerosa). A mio avviso, non si deve correre il rischio di fariseizzare,
come sono soliti fare i cosiddetti testimoni di Geova, che anche in pieno
agosto sembrano tanti bancari stampati con un timbro (con relativa aberrante e
soffocante cravatta). Lo stesso vale per i
sacerdoti o altre religiose della religione dominante, che in ogni
occasione (anche sulla spiaggia) debbono farsi distinguere, allungando le
filatterie delle loro iperboliche sottane, spingendosi non oltre che il bagnarsi
i piedi sulla battigia. Potrei continuare con le cosiddette pie
donne islamiche, ma mi fermo qui.
Il Signore ci ordina, quale che sia il nostro costume di balneazione, a essere
decorosi e sobri sia nel modo di costumarci, sia nella maniera di proporci
con fratelli o altri bagnanti. Sono piuttosto da evitarsi quegli
atteggiamenti mondani che molti bagnanti assumono, per porre al centro
dell’attenzione dei più il proprio corpo e la propria edonistica voglia di
piacere e di compiacersi. Evitare posture che possano indurre alla
concupiscenza, è doveroso, non dimenticandoci che anche i maschietti (fratelli
compresi) debbono conformarsi a tale disposizione spirituale interiore; infatti,
se è vero, come è vero, che gli occhi sono fatti per guardare, è altresì vero
che alcuni giovani credenti farebbero bene a rammentare che il Signore non ha
bisogno di giovani palestrati. Inoltre, chi conserva puro il proprio occhio,
preserva sempre una sana testimonianza del Signore Gesù Messia, per se stessi e
per coloro che ci sono vicini. Benedizioni in Gesù, il Messia vivente.
{01-05-2010}
▬
Osservazioni: Concordo pienamente con il fratello Calenzo.
Aggiungo, Gesù ha detto: «Se il tuo
occhio ti fa peccare, cavalo»; e Paolo aggiunge: «Tutto mi e
lecito, ma non tutto mi è utile». Chi è preso da concupiscenza
nell’andare al mare, non dovrebbe andarci. Come chi è esposto alla tentazione di
voler mostrare il proprio corpo, non dovrebbe andarci. Per il resto «ognuno
sia convinto nella propria coscienza», senza giudicare «il domestico
altrui».
P.S.: I credenti pentecostali di Cassino di cui parla Pietro, erano zaccardiani.
Sono una frangia estrema, mistico rigorista, del pentecostalesimo italiano.
{Antonio Capasso; 01-05-2010}
7.
{Vari e minimi}
▲
■ Massimiliano Monti: Mi trovo in accordo con Pietro e Patrizia. I farisei
dovrebbero essere morti. Ma mi rendo conto che hanno solo cambiato nome. Ora si
fanno chiamare «cristiani». Puntano il dito e non guardano al cuore.
{01-05-2010}
■
Patrizia Miceli: La caratteristica dei farisei è quella di essere bigotti
fino al midollo. Pensano che, usando rigore, gli danno i primi posti in
Paradiso. Noi altri... ce ne andiamo a prendere il sole a mare, che la stagione
già si avvicina. {01-05-2010}
■
Volto di Gennaro: Non andrei mai a Rimini per fare il bagno, preferisco
spiagge «deserte». Grazie, Dio ci illumini. {02-05-2010}
■
Nicola Tramontano: Ho letto il tuo articolo sull’abbigliamento da spiaggia,
bravo risposta equilibrata! la cosa che mi spaventa (e parecchio) è che ci siano
pastori che pensano sia sbagliato andare al mare! M’innervosisce questo
atteggiamento che non fa altro che mettere pesi sulle persone! La mia ragazza
(tra qualche giorno moglie) ne sa qualcosa, essendo capitata in taluni
estremismi da paura... {02-05-2010}
■
Chiesa Cristiana Udine: Caro Nicola, la Chiesa di Udine ti ringrazia per la
tua saggezza e per la grande conoscenza che il Signore ti ha donato; noi siamo
completamente in sintonia con te. {02-05-2010}
■ Massimo Meglio: Sono d’accordo con quanto dice il fratello Nicola
Martella. In ogni cosa ci vuole equilibrio e saggezza e inoltre non c’è bisogno
d’andare al mare per essere esposti alle tentazioni... L’importante è vigilare
sempre sulla nostra condotta e avere una mente rinnovata e guidata dallo Spirito
Santo. Pace. DCBG. {04-05-2010}
8. {Giovanni
M. Caltana}
▲
Vivendo nel mondo, a volte capita che ci dimentichiamo della nostra chiamata (io
per primo), ci lasciamo trascinare dalle circostanze e dagli altri; la
maggioranza composta da non-credenti vive per lo più secondo pratiche e
comportamenti assolutamente lontani dalla pietà cristiana (basta una rapida
scorsa alla televisione per constatare la caduta verticale del senso del pudore,
del semplice buon gusto e del livello minimo d’educazione). Basta appena
ricordare la depravazione umana e il fatto che anche i veri discepoli di
Gesù dovranno lottare fino alla fine con la loro natura contaminata dal peccato.
Siamo in qualche modo costantemente immersi in questa atmosfera, ormai dagli
anni ‘60, segnata dall’ideologia dell’edonismo sfrenato e disinibito,
della rottura d’ogni tabù (specialmente sessuale), dell’irrisione a tutti i
costi di ciò che è percepito come tradizionale. Mi permetto di fare presente
solo la (nauseante) martellante campagna «culturale» pro gay - trans -
famiglie allargate - famiglie di fatto - «famiglie» d’omosessuali, che si cerca
in ogni modo di sdoganare, anche legalmente. Ci troviamo in una continua guerra
spirituale e Satana s’aggira sempre come un leone ruggente; voglio citare come
esempi le «insidie» (soprattutto per noi giovani) per chi usa Internet e
il fatto che, quando siamo andati ad assistere a una partita di calcio con un
gruppo della mia chiesa, abbiamo dovuto sentire, praticamente per tutto il
tempo, una serie di improperi e bestemmie
di tutti i generi. Tempo fa sono incappato, vedendo il programma «le Iene», in
un servizio che descriveva una spiaggia in Francia, frequentata per lo
più da italiani, che non aveva niente da invidiare a Sodoma e Gomorra. La sera,
dopo gli incontri di preghiera in chiesa, quando ritorno a casa vedo sempre ai
bordi delle strade le prostitute in cerca di clienti.
Per chi non è cresciuto in un ambiente evangelico fin da piccolo e magari arriva
solo dopo l’adolescenza a conoscere il Signore (è il mio caso e credo proprio
che in Italia non sia affatto isolato) è abituato a un (pseudo)
cristianesimo (cattolico), molto all’acqua di rose, che è giunto a
patti col mondo e cerca d’adeguarsi alla buona a ciò che gli accade intorno per
non sembrare troppo bacchettone e puritano, ma si sforza d’apparire alla moda e
in linea coi tempi per non essere tagliato fuori. Per la verità questo accade
ovunque una chiesa (di qualunque tipo) si sente ed è percepita come influente e
dal punto di vista sociologico rappresenta un gruppo molto ampio se non la
maggioranza (come gli evangelici in USA).
Il campo di battaglia dei costumi (in senso morale primariamente ma non
solo, visto l’argomento in esame) è all’ordine del giorno; i temi dell’inizio e
del fine vita sollevati dalla genetica e dalla medicina moderna sono l’esempio
più lampante. Nel mondo secolarizzato prodotto dall’Illuminismo moderno
(antireligioso e razionalista) e quello post-moderno (all’insegna del
nichilismo, dell’indifferentismo e del relativismo morale) i veri cristiani, pur
non rimpiangendo affatto la situazione precedente, dove spesso il bigottismo
regnava accanto all’ipocrisia, devono far sentire la loro voce, con i
fatti e coll’esempio serio, costante e intransigente, ben più che con
l’influenza politica, come fa in Italia il Vaticano. Non dobbiamo affatto
rinchiuderci in un ghetto come gli Amish, ma appare evidente che siamo tornati a
situazione per molti aspetti pre-costantiniana, senza che questo necessariamente
rappresenti un male, anzi.
Ci sono occasioni, in cui oggettivamente la testimonianza del cristiano,
soprattutto e inevitabilmente per le donne, apparirà mooolto appannata e tra
queste rientra sicuramente l’ambito della spiaggia, nonostante tutte le
precisazioni anche fondate che si possono addurre. Quotidianamente siamo
chiamati a operare delle scelte che devono fare sì che appaia un chiaro
discrimine tra noi e gli altri sia riguardo a ciò che professiamo, sia a
come ci comportiamo di conseguenza. Ho 28 anni e personalmente sento tutto il
peso derivante dalla responsabilità di questo andare contro-corrente. Ovviamente
pecco e sbaglio anch’io, ma ricordiamoci che gli occhi del mondo sono puntati
insistentemente su di noi. Si cerca ogni occasione, anche pretestuosa, per
denigrarci mentre la nostra vita apparirà forzatamente come la migliore «Bibbia
vivente» per chi ci sta attorno. Concordo che il
contesto è ovviamente fondamentale e che, senza essere legalisti,
dobbiamo badare soprattutto ai desideri del nostro cuore, ma temo che, dietro la
convinzione che «Dio guarda al cuore» e «che non dobbiamo giudicare», ci sia una
tendenza generale, lenta ma costante, verso una certa
rilassatezza e un abbassamento dell’asticella dal punto di vista dei
requisiti morali. Certo che la Bibbia non dice da nessuna parte che non dobbiamo
fumare ma la responsabilità del cristiano deve esercitarsi faticosamente e
quotidianamente in ogni occasione anche a costo d’essere etichettato come
fondamentalista, deriso o additato come «diverso». Se il
sale perde il suo sapore e se la luce, che deve illuminare, resta
nascosta, cosa penserà il mondo, come risponderemo al Signore? Non dobbiamo
essere «credenti in borghese» o «come agenti segreti» ma alla luce del sole,
anche se appare scomodo, anche se alcuni «fratelli» non capiscono, anche quando
cominceranno le persecuzioni. {01-05-2010}
9.
{Vincenzo Russillo}
▲
Mare: tentazioni al solleone
Inizia l’afa e il caldo e mai più che ora un bel bagno rinfrescante è
d’attualità. Premetto in via generale che io amo sia il mare che la montagna. Ma
soprattutto il bagno asciuga e il relativo abbigliamento danno qualche problema.
Ogni qualvolta si parla d’abbigliamento, credo che si faccia un grave torto:
ovvero siamo noi uomini a reclamare una sorta di correttezza cercando di portare
degli argomenti a «senso unico». È vero che l’uomo a livello ormonale
viene stimolato maggiormente ed è facile che si perda in fantasie. La moda
del momento impone alle ragazze un bikini piuttosto scollato: a due pezzi
e che lascia intravedere le varie forme. Ma si parla ormai anche di micro bikini
o costumi alla brasiliana che sono praticamente invisibili. Questa breve
«sguardo» sui modelli del momento ci permette di capire che ormai si sta andando
oltre ogni limite: e allora qui, sì, che il decoro deve essere il problema
per una donna cristiana.
Ma facciamo un salto nel mondo maschile, non sarebbe lecito chiedersi se il
corpo d’un uomo possa essere provocante per una giovane ragazza o donna?
Molti indossano un costume «a mutanda» che lascia intravedere un po’ tutto,
specialmente se indossato da un uomo prestate e muscoloso lascia facilmente far
cadere l’occhio della donna.
Si potrebbe quindi fare un discorso comune sia per il mondo maschile che
femminile: dove ci si può spingere? Io credo che bisogna mantenere la
giusta «livella» (1 Timoteo 2,9-10): esaminando il nostro modo di vestire
non secondo i canoni imposti dalla società, ma mantenendo «pulite» le nostre
intenzioni. In questo metro di giudizio è facile cadere in
estremismi diventando «puritani» o cadendo in facili trasgressioni. Giovanni
ingiunse così: «Perché tutto ciò che è nel mondo, la
concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della
vita non è dal Padre, ma è dal mondo» (1 Giovanni 2,15-16). Gli
occhi spesso sono attratti da un oggetto che infiammano i desideri e portano
il soggetto a desiderare con tutto se stessi ciò che sta davanti. Quando un uomo
o una donna si recano ad acquistare il costume da bagno, invece di dire: «Questo
mi sta bene!», debbono porsi la seguente domanda: «È decoroso indossare
tale bikini o costume? Provoco negli altri eccessivo turbamento mostrando le mie
forme?». Da cristiani dobbiamo cercare di dare l’esempio e mostrarci santi in
qualunque situazione; e sicuramente chi è tentato, deve mantenere a freno i
propri istinti. {01-05-2010}
10.
{Gianni Siena}
▲
È giusto che un credente vada al mare?
Cosa c’è di male?! Mia moglie ricorda che un suo zio sgridava lei
e i suoi fratelli perché volevano andare al mare a farsi il bagno. Secondo la
«moralità» di costui, solo le persone «poco serie» andavano al mare per
«spogliarsi»... come i primi turisti del nord o dell’estero, molti anni fa.
Una volta, il nostro
pastore ci predicò qualcosa come «non andate al mare insieme, specialmente i
giovani», elencando una serie di pericoli che, a suo dire, incombevano su certe
combriccole.
Io ricordo, invece, che al
mare ci andavamo: tutto il gruppo giovanile, con o senza responsabili; i casi
più eclatanti di giovani, che poi si sono rovinati spiritualmente o hanno fatto
una cattiva riuscita, non hanno mai avuto una salda relazione con il gruppo.
Ritengo che, scansando ogni
genere di tentazione e provocazione al peccato, ogni cosa sia (di per sé)
pura per i puri: anche andare al mare.
Abbiamo ereditato dai padri
un
appartamento al mare e, da anni, è fonte di riposo e benedizione per quanti
invitiamo a trascorrervi qualche settimana con noi. L’abbigliamento è informale,
varia secondo la sensibilità generazionale, dai costumi anni ‘50 con il
gonnellino ai due pezzi che comunque non invitano a pensieri poco casti. Gli
uomini vestiamo con pantaloncini e canottiere tipiche del periodo estivo...
facendo attenzione a non esporci. Con il tempo ci s’abitua e la familiarità
aiuta a guardare gli amici cristiani per quelli che sono:
fratelli e sorelle in Cristo. Il pudore è presente ma senza rendere impacciati i
rapporti personali e sociali... «familiarità», «confidenza» ma senza trasformare
la libertà in un’occasione per la carne.
Dove s’insiste troppo sui
pericoli della
concupiscenza, si «aizza» la tentazione a commettere il peccato. In un
albergo, costruito a strapiombo su un costone roccioso, lambito dalle acque d’un
lago, c’era un singolare divieto: «Vietato pescare», ossia dalle finestre
aperte sul lago! Inutile dire che molti clienti facevano esattamente la cosa
vietata; un cameriere suggerì al padrone di togliere quei cartelli... Avvenne il
miracolo: in poco tempo nessuno ebbe più l’idea di pescare in quel modo.
Ai credenti andrebbe solo
raccomandato d’essere di buona testimonianza e glorificare Cristo con il
loro corpo dovunque. Voglio raccontare un episodio personale. Ero un
giovane di 21 anni, nel 1976, ed ero nel mirino dei colleghi a motivo della
testimonianza e del conseguente comportamento. Essi, specialmente i più anziani,
s’aspettavano che agissi verso le donne come un frate di clausura, insinuando
chissà quali pensieri da parte mia. Quando veniva una segretaria dagli uffici di
reparto, i più anziani abbassavano la testa alzando lo sguardo nel parlare con
lei. Al contrario io (e gli altri coetanei) guardavamo in faccia e parlavamo con
una controllata naturalezza. Uno degli operai più anziani mi prese un giorno da
parte e mi disse: «Mister, tu racconti delle balle... dici di disprezzare il
genere femminile, ma poi parli con le ragazze». Risposi: «Io non ho mai detto di
disprezzare il gentil sesso, “parlare” con una ragazza, salutarsi quando ci
s’incontra negli ambienti di lavoro non è una trasgressione. Le donne non mi
sono indifferenti ma i miei “contatti” sono limitati alle normali occasioni
d’incontro nell’ambito lavorativo... sarebbe questo il «peccato» che mi
rimproveri?!» Personalmente ho sempre avuto rispetto per questa generazione che
conobbe gli orrori della seconda guerra mondiale e fu vittima di un’educazione
condizionata da moralismo e pregiudizi verso il sesso.
La fornicazione è un
rischio concreto in ogni ambito sociale, anche nei gruppi cristiani, ma abbiamo
l’antidoto: la Parola di Dio. Essa ci mette in guardia dai pericoli
dell’immoralità e ci esorta a relazionarci in modo cristiano e pacifico.
Dobbiamo guardarci anche
dagli eccessi moralisti del passato. Gesù stesso non aveva nessuna remora
a parlare in pubblico con una donna, mentre i farisei e i rabbini già avevano
reso «norma» il divieto ancora in uso: un rabbino non parla con nessuna donna
che non sia sua moglie. {01-05-2010}
11. {Anna Maria Maiore}
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Ciao, Nicola, cerco anch’io di dire la mia sull’argomento che riguarda il modo
di vestire in spiaggia. Sinceramente non credo che Gesù si formalizzi
troppo riguardo al nostro abbigliamento in spiaggia, al culto, per strada, in
casa ecc. ecc.
Gesù non ha i nostri pensieri e valuta le nostre intenzioni e quindi
dobbiamo chiederci
noi che intenzioni abbiamo quando ci vestiamo in un certo modo. Penso
spesso che il Signore ci vede anche nudi e quindi non è un suo problema, ma
siamo noi solo che dobbiamo adottare un modo di vestire che faccia vedere
agli altri che persone siamo. Andremo mai da una persona importante in costume
da bagno? Ognuno, se vuole, può capire quale abbigliamento usare per dire
quello che vogliamo. Scusa se ho detto qualcosa di «superficiale», ma ho voluto
dire la mia solo per collaborare a far capire le varie posizioni. Ciao, Dio ti
benedica. {02-05-2010}
12. {Nicola Martella}
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Rispondo qui specialmente ad Anna Maria Maiore. La vita delle chiese si svolgeva
nel primo secolo nelle case; perciò si parla di «chiese in casa». Il decoro
è legato a una certa cultura in un certo tempo e in dato luogo; ciò vale anche
per il decoro cristiano. Per ogni contesto (spiaggia, culto, strada, casa, posto
di lavoro) viene sviluppato nel tempo un canone accettabile per il decoro, e
questo vale sia per la società in genere, sia specialmente fra i cristiani. Ci
sono perciò aspetti fissi (specialmente alcuni principi guida tratti
dalla Scrittura) e variabili basati sulla cultura; questo è visibile dal
fatto che cristiani fedeli alla Bibbia della stessa denominazione hanno una
percezione differente del decoro.
È vero che il Signore valuta le nostre intenzioni; il fatto però che il
NT dà alcune direttive generali sul decoro e la purezza dei costumi, ciò mostra
che anche la
forma è importante. Ad esempio, i profeti criticavano le donne giudaiche
dedite ad aumentare il loro sexy appeal mediante una laboriosa toeletta e
ricca bigiotteria (Is 3,16-24).
La legge comandava che i sacerdoti portassero delle brache di lino «per
coprire la carne della loro nudità» (= le parti intime) e che esse
andassero «dai fianchi fino alle cosce» (Es 28,42; cfr. Es 39,28; Lv
6,10; 16,4; Ez 44,18). Lo scopo era di tipo pratico affinché durante le
operazioni sacrificali e rituali, non si desse spettacolo con le proprie nudità.
«E non salirai al mio altare neppure per gradini, affinché la tua nudità non
si scopra nei suoi riguardi» (Lv 20,26). Quindi, mostrare la propria nudità
nel culto era fuori luogo; ciò dovrebbe fa pensare quanti mostrano le loro
«grazie» durante i culti al Signore, ovunque essi avvengano. Anche qui tale
precetto era contestuale: fuori del perimetro sacro potevano anche non
portare le brache sotto le vesti, ma durante il servizio sacro dovevano averle.
È vero che dovremmo essere responsabili da noi stessi, purtroppo non
tutti lo sono; per questo troviamo nel NT delle direttive riguardo al decoro e
alla purità dei costumi. Per questo anche i conduttori di chiesa dovrebbero dare
l’insegnamento opportuno per la cultura e il luogo in cui si trovano. Con
«verità in amore» bisogna aprire gli occhi dei disavveduti, che non pensano di
provocare con la pancia scoperta, o con l’intera schiena nuda o con le mutande
(o altro) che traspare da pantaloni calati. La mia esperienza è che tali
persone, con cui ho parlato, durante il mio ministero di conduttore, non se ne
rendevano conto. Lo stesso dicasi dell’abbigliamento e dagli atteggiamenti
da usare in spiaggia; anche qui è necessario il confronto e l’istruzione
per formare le coscienze. Che cos’è un costume da bagno costumato? Che
cosa fare per non alimentare la concupiscenza in chi ci guarda? Quali posture
evitare? Come possiamo onorare Dio anche in spiaggia? Poi, chi vorrà peccare con
i propri occhi viziati, lo farà in chiesa, per strada o in spiaggia.
Continua:
►
Abbigliamento da spiaggia? Parliamone 2 {Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Abbiglia_spiaggia_UnV.htm
02-05-2010; Aggiornamento: 08-05-2010
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