Qui di seguito
rispondiamo a questioni specifiche nate dall’articolo «Abbigliamento
fra casa e chiesa»
e dal tema di discussione «Abbigliamento
fra casa e chiesa? Parliamone».
Data la specificità delle questioni e i problemi di interpretazione biblica e
d’argomentazione, con cui esse sono state poste, è stato necessario affrontarle
a parte. In tal modo, la risposta risulta essere anche un esempio concreto di
come intendere l’ermeneutica (interpretazione) e praticare l’esegesi
(spiegazione) biblica, per non scadere in una «versettologia indebita» e in
conclusioni di parte basate su un «falso sillogismo».
Un lettore ci ha presentato le seguenti questioni.
Fratello Nicola, pace. Riguardo a questo argomento, mi sono state sollevate
alcune questioni relative, vorrei da te un parere. Tu giustamente hai detto nel
tuo articolo che il credente è sempre alla presenza del Signore.
Alla luce di questo, è giusto che un credente vada al mare? Non è questo
un luogo, dove il corpo (tempio di Dio), è esposto nella sua nudità? Se è
sbagliato mostrare le gambe, quando si è al culto, non lo è anche quando
si va al mare?
Come si giustifica la presenza d’un credente in questi luoghi alla luce di
quanto dice Paolo: «Come già prestaste le vostre membra a
servizio della impurità e della iniquità per commettere l’iniquità, così
prestate ora le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra
santificazione» (Rm 6,19)? «Similmente che le donne s’adornino
d’abito convenevole, con verecondia e modestia» (1 Tm 2,9).
Non è questo un luogo, dove oggi si è esposti alla tentazione? «Fuggite la
fornicazione» (1 Cor 6,18), dice Paolo; e ancora ai giovani «fuggi
gli appetiti giovanili» (2 Tim 2,22). Dio ti benedica. {Antonio
Capasso; 07-11-2009}
Ad aspetti rilevanti di tali questioni rispondiamo qui di seguito. |
Bisogna guardarsi
qui da due estremismi: ▪ 1. Tutto è concesso (liberalismo); ▪ 2. Tutto è peccato
(iper-spiritualismo). Quella biblica è «l’etica
della libertà e della responsabilità».
Sebbene siamo sempre dinanzi a Dio, l’abbigliamento che portiamo è
contestuale, ad esempio: sul posto di lavoro, durante lo sport, a un
matrimonio, durante il tempo libero, in montagna, secondo le stagioni, in
famiglia. È naturale che un uomo, che si fa operare da un medico, non vada in
camera operatoria vestito da sub. Una donna, che va dal ginecologo, non indossa
il suo vestito di matrimonio né si rifiuta di denudarsi.
La questione principale non riguarda quindi i contesti particolari, ma la
vita comune. Nessuno va al museo, in tribunale o in una sala di culto in
pigiama. Un militare non indossa la sua tuta da combattimento con annessi e
connessi, quando porta sua moglie al ristorante. La guida alpina, lo sciatore,
il sub, il paracadutista, il surfista, il ciclista, il nuotatore olimpionico, lo
judoka e così via di solito usano il loro abbigliamento particolare nel contesto
adatto a ciò; nella vita comune si vestono normalmente in modo diverso.
Di là se a uno piaccia o meno andare al mare (a me poco per diversi
motivi), la spiaggia è un contesto particolare. Qui ci si aspetta che la gente
sia in costume, si faccia il bagno e prenda il sole. Altra cosa è quando si
tiene un tale abbigliamento fuori di tale contesto. Le questioni qui da
osservare sono almeno due: ▪ 1. Il modo di vestirsi in spiaggia; ▪ 2. L’uso del
corpo e l’atteggiamento usato.
■
Il modo di vestirsi in spiaggia: Esistono costumi da bagno
costumati e quelli indecenti. In tale contesto i cristiani biblici non
dovrebbero scoprire il loro corpo oltre il necessario, per non diventare oggetto
del desiderio e della concupiscenza altrui. È chiaro che, come detto, tale
abbigliamento è da usare solo ed esclusivamente in tale ristretto contesto.
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L’uso del corpo e l’atteggiamento usato: Oltre al tipo di costume da
bagno, bisogna tener presente l’uso che si fa del corpo in spiaggia.
Alcune donne preferiscono andare in acqua col costume, poi asciugarsi e mettersi
sopra un pantaloncino; oppure mettono un asciugamano o un gonnellino intorno ai
fianchi, quando vanno a passeggiare in spiaggia o giocano. L’altro aspetto
riguarda
l’atteggiamento usato i spiaggia; alcuni si comportano come se fossero a
casa propria e non esistessero gli altri, esponendo impudentemente parti intime
del corpo agli sguardi altrui (sedersi gambe larghe, avere reggiseno slacciato
per prendere il sole sulla schiena, ecc.).
Ora, sebbene Romani
6,19 e 1 Timoteo 2,9 siano un monito importante, non credo che bisogna usare
tali brani senza osservare il contesto in cui sono stati enunciati. In caso
contrario si rischia di praticare una versettologia indebita. 1 Timoteo 2,9
parla, a parer mio, della devozione cristiana in genere (1 Tm 2,8 uomini che
pregano; v. 10 «opere buone, come s’addice a donne che fanno professione di
pietà»). Romani 6,19 nel suo contesto (vv. 17-23) parla della vita
dissoluta nel peccato dei pagani, prima della conversione e in contrasto con la
vita di credenti rigenerati (così v. 13). La «debolezza della vostra carne»
all’inizio del verso riguarda tutta la sfera della vita e non solo gli aspetti
sessuali (cfr. 1 Cor 6,9ss).
I credenti che vanno in spiaggia sono esposti alla tentazione, se il loro
occhio è viziato (Lc 11,34ss) e si concentrano su ciò che alimenta la
concupiscenza (Gcm 1,14s). In genere però devono preoccuparsi di non essere
loro stessi la fonte di tutto ciò per gli altri. Quando si va in
spiaggia come famiglia, gruppo giovani o comunità, si è tra persone che hanno un
uguale intento e un comune sentire; altra cosa è quando si è isolati.
Quando si isolano versi (e loro parti) dal contesto, si rischia di creare
indebiti massimalismi. Si noti che l’ingiunzione: «Fuggite la
fornicazione!» (1 Cor 6,18), riguardava l’andare dalle prostitute (vv.
15s). A Corinto il misticismo fuorviante predicato dai «superapostoli», giudei
di stampo gnostico (unti carismaticisti d’allora), aveva sedotto diversi
credenti a credere che, siccome lo spirito era salvo, si poteva usare il corpo
come meglio si credeva, visto che era destinato alla distruzione; Paolo si
oppose con veemenza a tale nefasta ideologia (vv. 15-20). Non credo comunque che
un credente vada in spiaggia per cercare prostitute.
L’ingiunzione a Timoteo: «Fuggi gli appetiti giovanili» (2 Tim
2,22), non intendeva certo essere limitata a un contesto specifico né tanto meno
agli appetiti sessuali. L’apostolo intendeva le «brame tipiche della gioventù» e
ingiungeva a Timoteo di fuggirle, sebbene egli fosse oramai un uomo maturo.
Tradurre «appetiti» è fuorviante, poiché instilla nel lettore solo certe cose,
mentre le «passioni» umane riguardano vari vizi, prestigio, soldi e dominio. Si
faccia una ricerca del termine greco
epithymía per rendersene conto (cfr. Mc 4,19 cupidigie; Gv 8,44 desideri; Rm
1,24; 6,12; 7,7 concupiscenze); Gesù e Paolo lo usarono addirittura
positivamente (Lc 22,15; Fil 1,23). Nella maggior parte dei casi del NT tale
termine è tradotto con «concupiscenza / e» (Gal 5,24; cfr. v. 16 con «desideri
della carne» con Ef 2,3 «concupiscenze carnali»; Ef 4,22 passioni), termine non
limitato agli aspetti sessuali (Gal 5,19ss). Paolo lo mise la tra altre cose
simili: «fornicazione, impurità, lussuria, mala concupiscenza e cupidigia, la
quale è idolatria» (Col 3,5). Si vedano ancora i seguenti brani: 1 Ts 2,17;
4,5; 1 Tm 6,9; 2 Tm 3,6; 4,3; Tt 2,12; 3,3; Gcm 1,4s; 1 Pt 1,14; 2,11; 4,2; 2 Pt
1,4; 2,10.18; 3,3; 1 Gv 2,16s; Gd 1,16; Ap 18,14.
Si noti che nel nostro brano Paolo ingiunse a ritirarsi «dall’iniquità
chiunque nomina il nome del Signore» (v. 19) e suggerì di essere «un vaso
nobile, santificato, atto al servizio del padrone, preparato per ogni opera
buona» (v. 21). La seconda parte del verso 22 — «e procaccia giustizia,
fede, amore, pace con quelli che di cuor puro invocano il Signore» —, se
messa nel contesto di ciò che segue (questioni stolte e stupide, contese; vv.
23-26), mostra che tali «brame giovanili» non si limitavano agli aspetti
sessuali, ma riguardavano altri «desideri»: prevalere, imporsi, prestigio,
rivalsa, contenzione, autoritarismo e così via. A tali brame tipiche della
gioventù (contrapposte a mitezza, disposizione a insegnare con pazienza, a
correggere con dolcezza) non possono certo essere limitati alla spiaggia.
Per l’approfondimento si veda in Nicola Martella,
Sessualità e contesti, Sesso & Affini 1 (Punto°A°Croce, Roma
1998), gli articoli: «Il pudore», pp. 224-233; «Decoro e decenza», pp. 234-242;
«Il problema della nudità», pp. 243-246; «La religione dell’apparenza», pp.
247-253; «L’abbigliamento», pp. 254-265; «Provocazione e seduzione», pp.
266-272. |
►
Abbigliamento da spiaggia? Parliamone 1 {Nicola Martella} (T)
►
Abbigliamento da spiaggia? Parliamone 2 {Nicola Martella} (T)
►
L’etica del corpo e dell’abbigliamento {Irene Bitassi - Nicola Martella} (T/A)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Abbiglia_spiaggia_Mds.htm
19-11-2009; Aggiornamento: 05-05-2010 |