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La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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LA PENA DI MORTE

 

 di Nicola Martella

 

La questione del lettore La risposta

 

Alle domande, poste qui dai lettori, il gestore dei «temi di discussione» non dà subito o direttamente una risposta, ma introduce soltanto delle osservazioni di orientamento. Quest'ultime hanno lo scopo di stuzzicare la curiosità e l'interesse dei lettori e di indurli a partecipare alla discussione con un contributo.

 

 

La questione del lettore  

 

Caro Nicola, vorrei proporti un tema d’attualità tanto dibattuto, ossia la questione della pena di morte. Se ne può discutere come tema, ma vorrei sapere da te, in base a un’analisi biblica, se questa pena può essere sostenuta da un cristiano o meno.

     Molte persone, in nome della cultura cristiana, affermano che la pena di morte deve essere abrogata. Mi domando però, se tale posizione, sia davvero sostenibile biblicamente. L’Antico Testamento parla chiaro. In diversi passi della legge, per certi reati, era comminata la pena di morte. Addirittura per alcuni reati, che oggigiorno, per la nostra «civiltà evoluta» sarebbero a dir poco inaccettabile.

     In Levitico 24,17 è scritto: «Chi toglie la vita ad alcun uomo sarà messo a morte»; in Numeri 35,31 viene ribadito: «Non accetterete alcun prezzo di riscatto per la vita d’un omicida che è condannato a morte, perché dovrà essere messo a morte».

     Nel Nuovo Testamento, Gesù, replicando ai «giustizieri» della donna adultera, colta in flagrante adulterio, salvò quest’ultima dalla morte per lapidazione.

     Durante l’arresto di Gesù, quando Pietro colpì il servo del sommo sacerdote recidendogli l’orecchio, il Signore lo richiamò dicendo che chi mette mano alla spada, perirà di spada. In ogni modo qui si potrebbe anche interpretare che non dovesse opporsi con la violenza.

     Come cristiani, cosa dire al riguardo? Sostenendo che in ogni caso uccidere un altro uomo è sbagliato, a questo punto se vogliamo essere coerenti fino in fondo, non bisogna nemmeno arrogarsi il diritto all’autodifesa fisica, in quanto gli apostoli, da ciò che s’evince, non ne fecero uso durante il loro ministero. Vorrei però essere più provocatorio presentando un esempio estremo (per noi magari, ma non poi così tanto estremo per persone che vivono in altri luoghi del nostro pianeta), se vedessimo qualcuno fare del male a una persona a noi cara, più cara della nostra vita, e l’unico modo per fermare l’aggressore sarebbe quello di togliere la vita a quest’ultimo, cosa faremmo?

     Un criminale che ha premeditato stragi d’innocenti, donne e bambini, non dovrebbe meritare la morte? Certo che meriterebbe di morire un tale individuo!

     In ogni modo però, Dio non prende piacere nella morte dei malvagi! Tuttavia sta scritto da qualche parte che Dio ottenebra i cuori dei malvagi (?).

     Come mai allora, se Dio non vuole la morte dei malvagi, non comminò altri tipi di pena nell’Antico Testamento? Ad esempio, in caso d’adulterio invece della morte, si poteva evirare il colpevole, e poi renderlo schiavo, o detenuto per tutta la vita. Dio però impose la pena di morte per estirpare il male di mezzo al suo popolo. L’omicida invece poteva essere reso storpio per sempre, e magari nella sofferenza avrebbe poi potuto volgere il suo cuore a Dio, ravvedendosi. Dio invece, nella sua infinita onniscienza, impose la pena di morte per gli assassini.

     D’esempi ce ne sono tanti. Biblicamente, le due posizioni (pro e contro) sono apparentemente sostenibili da entrambi i fronti.

     Pena di morte, sì oppure no? Legittima difesa sì oppure no? L’Antico Testamento afferma di sì a entrambi i quesiti. Nel Nuovo si tace, ma sembra che la pratica sostenga il no a entrambe le due questioni. Come districarsi?

 

 

La risposta ▲

 

Nell’AT c’era la teocrazia, ossia la legge religiosa e quella dello Stato erano coincidenti. Il nuovo patto non costituisce una teocrazia, poiché i credenti si trovano attualmente nella dispersione fra le nazioni come Israele durante la cattività in Assiria, in Babilonia e in altri paesi. Per i credenti del nuovo patto le leggi spirituali e le leggi statali non sono coincidenti, ma sebbene siano tutti soggetti agli stessi comandamenti del NT, hanno legislazioni civili e penali differenti a seconda dello Stato di residenza.

 

Per il valore della Legge mosaica per i cristiani, rimando a questo articolo: Nicola Martella, «La questione della legge», Šabbât (Punto°A°Croce, Roma 1999), pp. 51-56. Per individuare che cosa sia «biblico» rimando a: Nicola Martella (a cura di), «Il bianco, il nero e il grigio», Uniti nella verità, come affrontare le diversità (Punto°A°Croce, Roma 2001), pp. 81-92.

 

Finché non viene il Messia e istaurerà il suo regno di giustizia e pace su questa terra c’è poco da sperare che i magistrati e le autorità applichino sempre bene le leggi. In tante parti del mondo non si viene messi a morte perché ci si è macchiati di un omicidio, ma per «delitti di opinione». I dissidenti vengono condannati a morte perché un regime vede in loro un pericolo. Nei paesi islamici teocratici le persone vengono messe a morte perché cambiano religione. La pena capitale viene applicata anche per misfatti che non implicano l’uccisione di qualcuno.

     Se per dare una «giusta» pena a chi ha ucciso con premeditazione mantengo la pena di morte, ma così metto a rischio la vita di tanti innocenti che sono condannati alla gogna per opinioni, religione, disguidi giudiziari o misfatti minori, preferisco che non ci sia la pena di morte e che venga bandita dall’umanità.

     La «legge del taglione» («occhio per occhio, dente per dente») non era pensata — come oggi falsamente si pensa — come carta bianca per la rappresaglia smisurata, ma al contrario come limitazione del danno, nel senso: «non puoi chiedere più di un occhio, se ti è stato pestato un occhio…». Sebbene la legge sia «uguale per tutti», per alcuni (i potenti) è «più uguale» e a farci le spese sono sempre i miseri della terra. La «legge del taglione» intendeva porre un limite alla rappresaglia e alla faida. [► «Occhio per occhio» o «porgi l’altra guancia»?]

     Penso che come cristiani facciamo bene che ci battiamo perché lo Stato applichi una pena giusta e certa. Di là che è bene che una pena ci sia per i misfatti, il messaggio cristiano deve tendere al ravvedimento e al recupero. La pena di morte può togliere questa possibilità. Una lunga detenzione potrebbe portare maggiori chance di affrancamento, specialmente se vi è una pastorale cristiana e biblica nelle carceri.

     Quanto alla legittima difesa, sia la legge mosaica sia le legislazioni correnti la prevedono, ma non dev’essere spropositata rispetto al pericolo e all’offesa reali. Al riguardo giocano molti elementi istintivi che sono dovuti alla particolare situazione (sorpresa, pericolo, istinto di sopravvivenza, protezione dei propri cari, ecc.). Questo può essere un tema a sé.

 

Pena di morte e nuovo patto {Nicola Martella} (D)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Pena_capitale_EnB.htm

17-01-2007; Aggiornamento: 15-02-2008

 

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