1. ENTRIAMO IN TEMA: Questo
articolo è un approfondimento del tema «Dubbi
su brani di escatologia e antropologia? Parliamone», in cui abbiamo
discusso un
articolo, in cui parlavo specialmente dell’anima quale persona nei brani
strutturali.
La
questione è data dal fatto che chi segue una concezione tripartita (o
tricotomica) dell’uomo, faccia riferimento specialmente a brani come 1
Tessalonicesi 5,23 ed Ebrei 4,12. Partendo da tali versi, si crede di essere
legittimati a credere che l’uomo sia composto di tre «sostanze» o parti
differenti. Al riguardo si creano singolari associazioni di idee di natura
illustrativa: si fa riferimento al tre come cosiddetto numero perfetto e
si fanno anche paralleli con la Deità in tre persone. Si afferma che l’uomo per
essere immagine di Dio, debba necessariamente essere trino; questo è però
un falso sillogismo, senza alcun fondamento biblico. Mosè, autore della Genesi,
e tutti i credenti dell’AT conoscevano l’Eterno come un Dio unico; inoltre,
l’uomo costituisce una unità ed è a somiglianza di Dio anche con due sole
sostanze.
2. DICOTOMIA E TRICOTOMIA:
In questo luogo useremo i termini «dicotomia» e «tricotomia». Applicati
all’antropologia (o dottrina dell’uomo), essi significano rispettivamente
bipartizione e tripartizione, ossia la suddivisione dell’uomo rispettivamente in
due o tre distinte entità o parti.
■ Dicotomia: L’uomo, quale «anima vivente», sarebbe composto di un corpo
personale e di uno spirito personale. Alla morte «l’essere vivente» viene
disgregato: il corpo ritorna alla terra e lo spirito va nell’aldilà in
attesa della risurrezione e del giudizio finale.
■
Tricotomia: L’uomo avrebbe tre parti distinte: corpo, anima e spirito. Qui
si fa riferimento ai brani, in cui tutti e tre questi termini compaiono insieme;
come abbiamo visto, si fanno anche paralleli con la Trinità. Alla morte
il corpo ritorna alla terra, mentre la destinazione di anima e spirito dipende
dalla differente dottrina, che si segue. Per gli uni l’anima va insieme al corpo
e «dorme» nella tomba (visione materialista), mentre lo spirito va nell’aldilà;
per gli altri anima e spirito vanno nell’aldilà (visione spiritualista); per
altri ancora l’essere non solo viene disgregato alla morte, ma viene annullato
(visione nichilista), per poi venire ricreato alla risurrezione; e così via.
3. BRANI STRUTTURALI E FUNZIONALI:
Ammetto che la diatriba antropologica fra dicotomia e tricotomia non è di
facile soluzione, se si rimane sul terreno della filosofia dottrinale. Tuttavia,
la questione risulterà di facile soluzione se si incede sul terreno dell’esegesi
contestuale rigorosa, dove si capirà di dover adottare la seguente precisa
distinzione.
■ Brani strutturali: Sono soltanto quelli, in cui l’uomo viene
aggregato
quale «anima vivente» (cfr. Gn 2,7), disgregato alla morte (cfr. Ec 12,9
Riv.) o riaggregato alla risurrezione (cfr. Rm 8,11; 1 Cor 15.35.42ss).
■ Brani funzionali: Sono quelli, in cui l’uomo viene descritto nelle sue
funzioni psicofisiche (viscere, ossa, anima, carne), mentali (cuore, spirito),
morali (cuore, reni) e spirituali (spirito). Al riguardo gli Ebrei, invece di
coniare
termini tecnici precisi (alla occidentale), descrivono le funzioni
dell’essere (alla orientale) e spesso lo fanno con un accumulo di termini
differenti, spesso sinonimi fra loro. Se si osservano brani simili, ci si
accorgerà che, per parlare della stessa cosa, in uno ci sono più termini e in un
altro meno o differenti. Per gli antichi Ebrei la realtà non può essere sondata
e dichiarata con precisione oggettiva e manualistica (approccio
occidentale), poiché essa sfugge all’uomo e solo Dio può affermare qualcosa di
certo; ma essa può solo essere descritta così come essa appare nel tempo
a tanti e nel presente ai singoli (approccio orientale). Quindi, la totalità di
una cosa viene descritta con un accumulo di aspetti differenti, che non sono
parti diverse, ma aspetti dissimili, sebbene coincidenti. Si notino le
differenze tra i seguenti versi.
● «Tu amerai dunque l’Eterno, il tuo Dio, con tutto il cuore, con
tutta
l’anima tua e con tutte le tue forze» (Dt 6,5). I termini stanno,
in senso funzionale, rispettivamente per sede dei pensieri, dei sentimenti e del
vigore fisico.
● «Ama il Signore, Dio tuo, con tutto il tuo cuore e con tutta
l’anima
tua e con tutta la mente tua» (Mt 22,37; Mc 12,30 + «con tutta la
forza tua» = Lc 10,27). Ciò è avvenuto a causa della variazione
culturale: «cuore» era per gli Ebrei la mente, per i greci la sede dei
sentimenti o animo.
4. ATTENZIONE AI BRANI NON STRUTTURALI:
Valgono come «brani strutturali» soltanto quelli specifici, come detto sopra.
Brani come 1 Tessalonicesi 5,23 ed Ebrei 4,12 non parlano né della formazione
dell’uomo, né della sua disgregazione, ma guardano l’essere unico da punti di
vista differenti quanto alle sue funzioni.
■ In 1 Tessalonicesi 5,23 Paolo parlava di santificazione, non di
anatomia antropologica, ingiungendo che «l’intero essere vostro…
sia conservato irreprensibile». La sua menzione di «spirito, anima e
corpo» non era intesa in senso strutturale (parti precise dell’essere), ma
di suoi aspetti funzionali: mente e pensieri (spirito), sensazioni e sentimenti
(anima) e fisicità (corpo). Tali sostantivi potevano essere accompagnati da
altri o al posto potevano essercene altri, e nulla cambiava, visto che l’ebreo
Paolo intendeva parlare di santificazione e irreprensibilità. Si tratta quindi
di un brano funzionale.
Ecco alcuni esempi simili. «Perciò il mio cuore si rallegra e il mio
interiore
[ebr. kabôd “fegato”] festeggia; anche la mia carne dimorerà al sicuro,
[10] poiché tu non abbandonerai l’anima mia [ebr. nëfëš] nella še’ol, ne
permetterai che il tuo devoto veda la fossa» (Sal 16,9s; nel v. 10 «anima» è
l’intera persona, di cui si riportano aspetti differenti nel v. 9). Anche nel
seguente brano «cuore» sta per spirito e «carne» per corpo: «L’anima
mia langue e viene meno, bramando i cortili dell’Eterno; il mio cuore e
la mia carne mandano grida di gioia al Dio vivente» (Sal 84,2; qui
nel parallelismo «anima» è l’intera persona, che poi viene specificata in un
aspetto interiore [cuore] e uno esteriore [carne]).
■ In Ebrei 4,12 l’autore non intendeva parlare di anatomia antropologica,
ma dell’efficacia della vivente parola di Dio. Egli, paragonandola a una
spada a due tagli, che arriva a dividere giunture e midolle, l’applicò «alla
divisione dell’anima e dello spirito», nel senso che essa
giudica i «sentimenti» (= anima) e i «pensieri del cuore» (=
spirito). Si tratta quindi di un brano funzionale.
Per
l’approfondimento si vedano in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma
2002), i seguenti articoli: «Anima
[nëfëš]», p. 85; «Antropologia 1: specie e genere», pp. 86s;
«Antropologia 2: globalità dell’essere», pp. 87s; «Antropologia 3: componenti
principali», pp. 89s; «Antropologia 4: funzioni principali», pp. 90ss.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Uomo_componenti_EdF.htm
14-10-2011; Aggiornamento: |