Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Manuale Teologico dell’AT

 

Calvinismo

 

 

 

 

Dopo una introduzione alle problematiche della teologia dell’AT, segue il dizionario teologico dell’AT.

   Ecco le parti principali dell’introduzione alla teologia dell’AT:
■ Il compito e l’oggetto della Teologia dell’AT
■ Le posizioni teologiche più ricorrenti
■ I patti e gli altri approcci
■ Contro l’appiattimento storico e teologico dell’AT.

 

Al dizionario teologico dell’AT sono acclusi un registro delle voci e un registro ragionato delle stesse detto «percorsi teologici».

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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QUANTO È LIBERO IL «LIBERO ARBITRIO»?

 

 di Nicola Martella

 

La questione del lettore

La risposta

 

 

La questione del lettore  

 

Ho molto apprezzato i tuoi contributi al tema della Teologia Riformata, con particolare riferimento alla dottrina della predestinazione. Ti dico questo, non solo perché condivido ciò che tu hai scritto, ma anche perché mi ha aiutato a comprendere meglio alcuni passi della Scrittura a me un po’ ostici.

     Un dubbio però mi è venuto, leggendo tutti i tuoi contributi. All’inizio di questa discussione, in uno dei tuoi scambi con Gaetano Nunnari scrivevi: «Ti faccio presente che non sono arminiano né un sostenitore a oltranza del libero arbitrio (tanto meno del contrario): queste sono categorie filosofico-dottrinali che non mi toccano e non m’interessano…». I tuoi contributi hanno però espresso una chiara presa di posizione contro la dottrina calvinista della predestinazione, tanto che chiunque li leggesse, credo che affermerebbe una tua adesione «di fatto» alla posizione arminiana. Capisco la tua avversione alle etichette, per cui preferisci non averne nessuna, però dai tuoi contributi appare abbastanza chiaro un tuo sostegno alla libertà individuale di scegliere di credere in Cristo, o meno. Avendo messo bene in chiaro la tua avversione all’ideologia calvinista sulla predestinazione, potresti chiarire quali aspetti non condividi nell’ideologia arminiana? Cosa intendi quando sostieni di non essere un sostenitore a oltranza del libero arbitrio? {Nicola Berretta; 19-09-07}

 

Sovrastrutture dottrinali e teologia riformata 1 {Nicola Martella}

Sovrastrutture dottrinali e teologia riformata 2 {Nicola Martella}

La predestinazione dell’individuo, figlia d’una cultura umanistica {Nicola Berretta}

 

 

La risposta ▲

 

Sgombriamo il campo

     Quando si comprano le «azioni» di una sovrastruttura filosofica-dottrinale, si aderisce di fatto all’intero paradigma che essa rappresenta. Io sono allergico agli «ismi» (ideologie dogmatiche), qualunque essi siano; preferisco la «teologia biblica» risultante dall’esegesi accurata e rigorosa.

     Come ho già avuto modo di chiarire, le filosofie dogmatiche nascono in un certo momento storico in contrapposizione ad altre vigenti. Per contrastare le esagerazioni dogmatiche altrui, nel giuoco dialettico si evidenziano (volenti o nolenti) posizioni antitetiche. Perciò può succedere che il cavaliere, per paura di cadere dal cavallo a destra, cade a manca. La polemica accesa fa sì che ci si rifuggi in posizione diametralmente polari a quelle del proprio avversario dogmatico.

     Solo una corretta e rigorosa esegesi permette di formulare una «Teologia Biblica», legata al metodo storico-grammaticale (quindi non alla filosofia atemporale e atopica dei dogmatici), permette di uscire da tali giuochi ideologici e di riconoscere la verità così come è stata trasmessa. È evidente che chi si accosta esegeticamente alla Scrittura, riconoscerà che il cuore della «Teologia Biblica» sono i patti di Dio, ingiunti agli uomini durante la storia. In questi ultimi la sovranità di Dio e la libertà degli uomini sono evidenti e scontate, poiché Dio chiama i suoi partner nell’alleanza (Gn 12) e fa loro solenne promesse all’interno della stipula (Gn 15), ma chiede loro anche di prendere su di sé il giogo, l’impegno all’ubbidienza e all’etica del patto (Gn 17; 26,5).

     Chi non si muove all’interno della logica dogmatica (ma di quella della «Teologia Biblica»), non possiede solo una grande libertà da sistemi e paradigmi dogmatici, ma può apprezzare la «misura di verità» che esiste in ognuno di loro. Allora non solo può avversare certi contenuti sia del calvinismo sia dell’arminianesimo, ma ne può apprezzare altri. Se si vuole, sebbene io stesso sia allergico a tali etichette, mi senso «calvinista» quanto alla dottrina della salvezza (la rigenerazione vera o nascita dall’alto non si può annullare) e dissento con l’arminiana perdita della salvezza. D’altro canto, devo evidenziare — con Arminio (sono costretto dalla teologia dei patti) e contro Calvino — l’esistenza di un «libero arbitrio» che permette agli uomini di accettare o rifiutare la grazia di Dio (Gv 3,36). Ma come detto tale «giuoco delle etichette» mi fa stare a disagio e m’infastidisce, poiché a ogni passo c’è il rischio di essere incompreso e di essere pigiato in uno «schema dottrinale» preconfezionato. Preferisco ragionare subito secondo le categorie della «Teologia esegetica».

 

Per l'approfondimento si veda in Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), i seguenti articoli: «I patti e gli altri approcci», pp. 31-53 (un confronto fra la teologia dei patti, quella del patto unico e quella delle dispensazioni); «Sistemi teologici», pp. 332ss (sintesi parziale dell’articolo precedente); «Teologia biblica e dogmatica: confronti», pp. 252s (i due approcci alla Scrittura a confronto); «Teologia biblica» (approccio esegetico), pp. 353s; «Teologia del patto e l’AT», pp. 354ss (analisi della teologia del patto unico del calvinismo); «Teologia dogmatica», pp. 356s (approccio dottrinale).

 

Il «libero arbitrio» esiste

     Questa è l’esperienza che facciamo ognuno di noi nell’amministrare la nostra vita e nel prendere decisioni. Il «libero arbitrio» si accompagna con una certa «cornice di possibilità» (ricco o povero, uomo o donna, ecc.) e una serie di «dipendenze» da altri o da altro, che nei bambini, nei disabili e nelle persone anziane sono maggiori, ma da cui nessuno è eccetto (coniuge, famiglia, partner d’affari, sistema sociale, tipo di Stato, congiuntura economica, legislazione, ceto sociale, ecc.).

     Anche nella Scrittura ci sono persone che prendono decisioni, pregne di conseguenze, per la loro vita o, se ne hanno l’autorità, anche per altri (Es 18,22.26). Così fa anche Dio (2 Cr 25,16). Anche nel campo ecclesiale e missionario furono presi provvedimenti (At 15,2). Anche Paolo dinanzi a certe situazioni prese decisioni (At 20,3).

     Scegliere fa parte della vita. Ciò vale in campo socio-politico (Es 18,21.25), in quello militare (Gs 8,3), in quello economico (Gn 13,11), in quello pratico della quotidianità e della vita (Lc 14,7), in quello religioso (Es 12,21), in quello morale (Eb 11,25) e in quello ecclesiale (At 15,25). Anche Dio ha fatto delle scelte durante la storia della salvezza (Dt 10,15). Anche in campo spirituale non si può dire da parte di Dio a un singolo o a un gruppo: «Scegli» o «Scegliete», se non si ha la facoltà di esercitare il «libero arbitrio» e la responsabilità (Dt 30,19; Gs 24,15; 1 Cr 21,1s; Is 56,4).

     Si noti che in tutti questi brani le decisioni e le scelte sono state fatte da persone che sono in grado di farle nel loro ambito di possibilità oppure è stato loro ingiunto di fare ciò per le stesse ragioni.

 

Libero arbitrio sì, ma nei limiti

     È stato giustamente riconosciuto che non sono un sostenitore a oltranza del libero arbitrio. La doppia predestinazione è di per sé un’arroganza umanistica che pretende di sapere fin in fondo quale sia il «mistero» e il definitivo «consiglio di Dio». La stessa cosa fanno i difensori a oltranza del «libero arbitrio», pretendendo parimenti di esprimere una parola definitiva in merito: l’uomo è libero comunque, dovunque e nonostante tutto. Ciò non corrisponde a un’analisi corretta e rigorosa della Scrittura.

     La filosofia dottrinale di un pieno e reale «libero arbitrio» parte da una situazione ideale e primordiale che non c’è più dalla caduta dell’uomo in poi. È vero che l’uomo anche dopo la caduta è «immagine di Dio», essendo questa la dichiarazione della sua specie particolare. Ed è anche vero che laddove Dio interpelli l’uomo, chiunque egli sia, questi è in grado di (cor)rispondergli. Ma è una pia illusione che l’uomo, cercando la verità (ammesso che lo faccia), sia in grado di raggiungerla.

     La libertà nella Scrittura è un efflusso della teologia dei patti e premette la rivelazione particolare di Dio all’uomo e l’adesione di quest’ultimo al relativo patto. Sono l’incontro col Dio che libera e i contenuti etici del relativo patto a liberare l’uomo e a guidare il suo arbitrio in conformità con l’analisi della realtà, le ingiunzioni divine e le sue promesse, rivelate nel patto stesso.

     Abbiamo detto che la filosofia dottrinale di un pieno e reale «libero arbitrio» parte da una situazione ideale che non esiste più. Perché una persona specifica possa esercitare un pieno e reale «libero arbitrio», bisogna in qualche modo ricreare una situazione ideale, mediante la rivelazione particolare di Dio o mediante l’annuncio di essa.

     Uno studio serio della Parola di Dio ci dà questo quadro dello stato reale dell’uomo.

     ■ Il cuore (= ebr. mente) dell’uomo è ingannevole (Gr 23,26) e inganna se stesso (Ab 1,3) e gli altri (Pr 12,20).

     ■ Il cuore dell’uomo si può ottenebrare: «L’insensato cuore loro s’è ottenebrato» (Rm 1,21; Ef 4,17s).

     ■ Il cuore dell’uomo si può indurire (1 Sm 6,6), e cioè sia nei pagani (Ef 4,18), sia anche in chi ha ascoltato la Parola o la conosce (Dt 10,16; Sal 95,8); ciò può portare a rifiutare di convertirsi all’Eterno (2 Cr 36,13) e, anzi, a sollevarsi arrogantemente contro Dio (Dn 5,20).

     ■ Il cuore si può pervertire o può pervertire la condotta della persona (1 Re 11,2s).

     ■ Il cuore dell’uomo si può ostinare dinanzi al comando di Dio, e ciò riguarda sia i pagani (Es 9,7.34), sia coloro che conoscono la Parola di Dio (Is 46,12; Ez 2,4; 3,7).

     ■ Il cuore dell’uomo può essere sedotto (Gb 31,9.27), non solo quello della gente pagana (Is 44,20), ma anche quello di chi conosce la verità (Dt 11,16). C’è anche la seduzione di se stessi (Gcm 1,26). Durante la seduzione la persona non si rende conto che viene circuita oppure i suoi filtri morali sono messi fuori uso. «E con dolce e lusinghiero parlare seducono il cuore dei semplici» (Rm 16,18).

 

Ci fermiamo qui, sebbene potremmo continuare nell’analisi biblica. Si pensi alla possibilità di essere scandalizzati, traumatizzati e abusati. In tutto questo discorso non bisogna dimenticare l’influenza ambientale dell’educazione, della cultura umana e religiosa e della società. Ragazzi che sono educati cristianamente, che vivono all’interno di una cultura biblica e in una società aperta, hanno più possibilità di capire e accettare quella verità che li renderà liberi. Chi vive in una ambiente superstizioso, politeista, ostile alla vita, violento, prevaricatore, ecc. avrà decisamente più difficoltà al riguardo.

 

Abilitati a esercitare il «libero arbitrio»

     Quanto abbiamo detto fin qua, mostra che un pieno «libero arbitrio» dell’uomo non esiste, ma solo «misure di libertà di scelta» che variano a seconda del soggetto e della situazione contingente. Non ci sono più le condizioni originali. L’uomo per esercitare un relativo «libero arbitrio», deve esserne posto nelle condizioni. Biblicamente parlando, egli ha bisogno innanzitutto di rivelazione, di illuminamento e di verità. Si può citare al riguardo la promessa di Gesù: «Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; 32e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi» (Gv 8,31s).

     Come mostra la cura pastorale, una cosa è il desiderio di credere in Dio, altra cosa è la capacità di poterlo fare in modo efficace. Persone ad esempio legate da una dipendenza, ossessionate o demonizzate, non saranno in grado di credere in Cristo, senza essere dapprima liberate da Lui. Per ricevere la verità che libera, bisogna essere dapprima in grado d’intendere e di volere. A ciò s’aggiunga che quando il «seme della Parola» cade, può trovare dei cuori paragonabili a terreni differenti (Lc 8,11ss).

     Inoltre, come abbiamo visto, anche i cuori di chi è stato illuminato dalla Parola di Dio (Sal 19,8; Ef 1,17s) e ne ha ricevuto la rivelazione, può ancora incorrere in pericoli vari: essere sedotto, traviato, eccetera; altrimenti non avrebbero senso gli avvertimenti al riguardo.

     Una teologia naturale è insufficiente per sostenere un pieno «libero arbitrio», legato a un pieno riconoscimento della verità. È vero che il creato può parlare del Creatore (Sal 19,1ss), ma è la Torà (istruzione) dell’Eterno a essere perfetta (vv. 7s) ed è il timore dell’Eterno a dare accesso alla verità (v. 9). È vero che «le perfezioni invisibili di lui, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente sin dalla creazione del mondo, essendo intese per mezzo delle opere sue» (Rm 1,20), ma ciò non ha portato gli uomini a riconoscere il Creatore partendo dalla creazione, ma a renderli inescusabili, poiché tale conoscenza non ha portato alla glorificazione di Dio o alla riconoscenza, ma a discorsi vacui, all’ottenebramento interiore, alla stoltezza spirituale e alla perversione religiosa ed etica (vv. 21ss).

     Per credere, bisogna prima ascoltare la Parola (Rm 10,17). Ciò non è automatico, poiché si può procrastinare il tutto o addirittura l’annuncio può diventare motivo di beffe (At 17,32). Anche riguardo a coloro che hanno ascoltato l’annunzio della buona novella, è scritto che per molti «la parola udita non giovò loro nulla non essendo stata assimilata per fede da quelli che l’avevano udita» (Eb 4,2).

     I credenti maturi e ubbidienti possono esercitare una grande misura di «libero arbitrio», ma non è mai assoluto. A questo si deve la necessità di nutrirci continuamente della Parola e di controllare in essa «se le cose stanno veramente così». A ciò si deve anche il bisogno di esortazione e di ammonizione reciproche. «Io vi esorto dunque, fratelli, per le compassioni di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; il che è il vostro culto razionale. 2E non siate conformi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento del senno, affinché siate in grado di provare quale sia la volontà di Dio: quella buona e gradita e perfetta» (Rm 12,1s gr.).

     Il discernimento, di cui necessita il «libero arbitrio», non si alimenta solo mediante l’analisi corretta della realtà delle cose (aspetto razionale), ma necessita di altri elementi, ad esempio: la fede (= fiducia in Dio) come «organo» di accesso a una realtà più grande (Eb 11,1ss); il timor di Dio che dà accesso alla «sapienza» (ebr. kochmah «ordine» sia creazionale, sia morale; Pr 1,7; 9,10); lo Spirito (gr. pneuma) di Dio, che dà una «conoscenza pneumatica» alla realtà (1 Cor 2,11ss); la conoscenza delle Scritture che rendono «sapiente a salute mediante la fede che è in Cristo Gesù» (2 Tm 3,15).

     L’unico a essere veramente libero è e rimane Dio soltanto. Solo lui esercita un pieno e reale «libero arbitrio». Quello umano non è mai assoluto. Neppure quello dei credenti. Perciò, oltre alla fede, ci vuole timor di Dio e umiltà. Il «mistero» rimane, sia quello della grazia di Dio, sia quello del libero arbitrio; esso risiede in Dio e nessuno è in grado di accedervi ora.

     ■ «Ora vediamo come in uno specchio [= rame levigato], in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte; ma allora conoscerò appieno, come anche sono stato appieno conosciuto» (1 Cor 13,12).

     ■ «Non che io lo abbia già afferrato o sia già giunto alla perfezione; ma [lo] inseguo, semmai io possa afferrarlo, al quale riguardo anch’io sono afferrato da Cristo Gesù» (Fil 3,12 gr.).

 

Aspetti conclusivi

     Abbiamo visto che il «libero arbitrio» esiste, ma è pur sempre relativo. L’unico a possederlo in modo assoluto è Dio soltanto (1 Sm 2,6ss; Sal 115,3; Dn 4,35; 5,21). La «misura di libertà decisionale» dell’uomo dipende però da fattori costituzionali della persona, dalla fase della vita, dalla cornice contingente in cui si è inseriti e da altri fattori (Ec 3,1ss; 11,1-6; 12,3ss.8s).

     In campo spirituale e morale l’uomo necessita di illuminazione spirituale (Ef 1,18), di rivelazione scritturale (Ef 1,17; 3,3), del convincimento dello Spirito (Gv 16,8ss) e di altri fattori (timor di Dio, fede, sapienza, maturità spirituale), per così esercitare adeguatamente una buona misura del «libero arbitrio». La piena misura della libertà ontologica e decisionale è musica futura (Rm 8,21).

 

Il libero arbitrio? Parliamone {Nicola Martella}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Libero_arbitrio_quanto_MT_AT.htm

22-09-2007; Aggiornamento:

 

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