1. ENTRIAMO IN TEMA: Le discriminazioni in questo
mondo si alimentano spesso dell’abuso di potere espresso nel segreto,
dove non arrivano le telecamere. Una volta che la cosa diventa di
pubblico dominio, che i mass-media divulgano la notizia e seguono il
caso, le cose cambiano. La ribalta fa sì che coloro che usavano toni
forti e duri, improvvisamente si mostrano concilianti, per paura delle
eventuali conseguenze che il «polverone» possa creare.
Abbiamo narrato il caso dell’infermiera inglese Caroline Petrie
che è stata sospesa dalla struttura sanitaria, in cui lavorava, solo
perché i suoi capi erano venuti a conoscenza che aveva offerto a
un’anziana paziente la possibilità di dire una preghiera per lei. [►
È vietato pregare con i pazienti] Abbiamo anche iniziato a
discutere fatti del genere nel tema «Discriminazione
di cristiani biblici nella società».
Sono grato a Silvia Focarete-Uzoh e a Mark Detzler per avermi segnalato
il seguito della vicenda; ambedue vivono in Inghilterra. Silvia mi ha
segnalato un articolo del
Telegraph (06-02-2009) dal titolo «Nurse Caroline Petrie: I will
continue praying for patients» (= Infermiera Caroline Petrie: Continuerò
a pregare per i pazienti); la ringrazio della traduzione, che mi ha
permesso di aggiornare la vicenda. Mark mi ha segnalato un articolo del
Christian Newswire (05-02-2009) dal titolo «Victory for
Christian Nurse Facing Sack for Offering Prayer» (= Vittoria per
infermiera cristiana esposta al licenziamento per aver offerto di
pregare); lo ringrazio per il contributo che mi ha mandato.
Ecco
qui di seguito dapprima alcuni fatti di ricapitolazione. Caroline
Petrie ha 45 anni, è sposata, è madre di due bambini e vive a
Weston-super-Mare. Lei ha affermato: «Da quando avevo sette anni ho una
passione per il mestiere d’infermiera. È tutto amore e cura per l’altro
e offerta d’aiuto e di supporto». Ella si convertì al Signore all’età di
10 anni, dopo che sua madre morì di cancro al seno. Nel 1985 si diplomò
come infermiera e nel febbraio del 2008 iniziò a lavorare come
infermiera di comunità per il Trust del Nord Somerset, visitando le
pazienti a casa.
Nel dicembre del 2008 Caroline Petrie era stata sospesa dal lavoro,
dopo che aveva chiesto a una sua anziana paziente in Winscombe,
Somerset, se voleva che pregasse per lei. Anche se May Phippen, di 79
anni, non si sentì offesa, si sentì sorpresa di tale offerta e decise di
narrare l’accaduto a chi l’assisteva il girono dopo. Da ciò nacque il
caso. Caroline Petrie fu subito sospesa e, mentre l’ospedale continuava
le indagini, le fu rinfacciato di non aver agito con la dovuta
«professionalità» e il necessario impegno in accordo con il «codice di
condotta».
Qual è stata la condotta professionale di Caroline Petrie in
connessione alla sua fede cristiana? Come lei stessa ha spiegato, in 24
anni di professione soltanto in tre occasioni un paziente le ha chiesto
espressamente di pregare per lei; invece lei s’è offerta di pregare per
le persone in centinaia d’occasioni senza nessuna lamentela. In tutto
questo tempo ha ricevuto solamente due obiezioni, la prima quando voleva
offrire una cartolina con una preghiera da lei scritta, e la seconda in
questo caso recente.
2. UN EPILOGO INCORAGGIANTE: La fortuna di Caroline
Petrie è stato il fato che il suo caso è stato molto seguito dai
mass-media. Tale pressione mediatica non è stata indifferente
sull’esito dell’inchiesta. Due mesi dopo la sospensione dal lavoro il
Primary Care Trust del Nord Somerset si è espresso in modo conciliante e
ha deciso di permettere a Caroline Petrie di tornare nuovamente a
lavoro. Stranamente fu il Daily Telegraph, un quotidiano inglese, il
primo a comunicarle tale decisione. Comunque sia, nel rapporto del Trust
si afferma che si riconosce il fatto che la signora Petrie avesse agito
nel «migliore dei modi» per la sua paziente. E più avanti si afferma: «È
ammissibile che si offra un supporto spirituale come parte del supporto
professionale, ma a condizione che sia il paziente a chiederlo
espressamente. Ma per le infermiere, il cui obiettivo principale è
fornire aiuto, l’iniziativa appartiene al paziente e non all’infermiera.
Infermiere come Caroline non devono mettere da parte la loro fede, ma il
credo personale dovrebbe essere secondario rispetto ai bisogni del
paziente e conformemente ai requisiti che la professione richiede».
Come ha
reagito Caroline Petrie alla notizia che è stata reintegrata nel suo
posto di lavoro? L’infermiera ha affermato che non crede di poter
svolgere il suo lavoro in modo ottimale, se le venisse proibito
d’offrire il conforto spirituale ai suoi pazienti. Come infermiera
offrire a qualcuno la possibilità che lei dica una preghiera per lui, è
una cosa che le viene naturale, e non può fare altrimenti.
Dopo tale decisione, ha detto che si comporterà alla stessa maniera:
«Non posso dividere la mia fede dalla mia professione d’infermiera, devo
essere quella che sono». Ha aggiunto che il codice di condotta resta
ancora poco chiaro e per questo motivo non potrà conformarsi ai
presupposti che esso stabilisce. Ha affermato: «Se loro mi dicessero
“per piacere non chiedere ai pazienti di pregare”, allora mi dispiace,
ma non posso promettere che lo farò, e cosa devo fare allora? Dovrò
contattare il mio avvocato».
3. SVILUPPI NELLA SOCIETÀ INGLESE
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L’intolleranza dei tolleranti: A parlare della situazione generale
in Inghilterra e particolarmente del degrado degli ospedali è stato
«Christian Legal Centre» (= Centro Legale Cristiano) che rappresentata
legalmente Caroline Petrie. Inoltre per Andrea Williams, rappresentante
di questo organo, il caso dell’infermiera fa parte d’una crescente
tendenza nel Regno unito di estromettere la religione dalla società.
Egli ha spiegato: «Caroline Petrie rappresenta quello che succede quando
le leggi d’uguaglianza e diversità, create nel nome della tolleranza,
finiscono per imporre l’intolleranza. Caroline non accetta che la sua
fede e la sua vita lavorativa possano essere separate e sto vedendo una
crescita di casi simili a questo. Molte persone sono spaventate e
impaurite riguardo a ciò che sono e a ciò che non viene loro permesso di
dire».
■ Attacchi e sfide per la fede: Ho chiesto a Mark Detzler di
scrivere un contributo in merito, cosa che egli ha prontamente fatto.
Abbiamo visto che la storia di Caroline Petrie, l’infermiera
inglese che è stata sospesa dal servizio per aver offerto il sostegno
cristiano a May Phippen, si è concluso in un modo incoraggiante. Dopo
un’indagine, i suoi dirigenti hanno deciso che l’infermiera cercava di
perseguire gli interressi migliori per i suoi pazienti e che la
preghiera faceva parte della cura dei malati.
Però questo caso fa parte d’una serie di casi nei quali credenti
evangelici si sono trovati sotto disciplina sul posto di lavoro a causa
della loro testimonianza. L’anno scorso un’impiegata della British
Airways è stata sospesa per aver portata una croce intorno al collo. Un
altro caso è stato quello di una campagna pubblicitaria sui Pullman,
pagata dalla «Società Umanista» [ossia atei e agnostici, N.d.R.], con il
seguente messaggio, «There’s probably no God: Now stop worrying and
enjoy your life» (= Probabilmente non c’è un Dio: Ora smettila di
preoccuparti e goditi la vita). La presenza d’un gran numero di
mussulmani in Gran Bretagna, un nuovo movimento d’intellettuali (come
Phillip Pullman, Richard Dawkins e altri) e l’antagonismo di diversi
giornalisti della BBC verso il cristianesimo significa che quest’ultimo
si trovi, ora più che mai, sotto attacco.
La linea che è stata intrapresa è questa: una società multiculturale e
multi-religiosa non può permettere che il cristianesimo stia al centro.
Si afferma invece che la religione debba essere limitata alla vita
privata.
L’anniversario della nascita di Charles Darwin è stata usata da molti
per attaccare il cristianesimo e per cercare d’umiliare quelli che
accettano il racconto biblico della creazione come vero. Un altro campo
di battaglia è la risposta biblica all’omosessualità.
In tutto questo la chiesa evangelica in Inghilterra sembra che abbia
scoperto un nuovo vigore, spesso grazie all’arrivo di fratelli
dall’Africa, soprattutto dalla Nigeria, che danno al movimento una
passione e una visione che forse ci mancavano.
Fin qui il suo contributo.
4. ASPETTI CONCLUSIVI: Alla fine non mi resta che
ribadire quanto detto all’inizio: il migliore modo per combattere
l’abuso di potere e le discriminazioni sociali e religiose in un Paese
democratico è divulgare le notizie. I riflettori della ribalta fanno
tremare i potenti e i prepotenti, specialmente quando sono puntati a
lungo su di loro. Questo non è solo la medicina per curare le
disfunzioni, ma è anche un vaccino preventivo efficace per
eventuali casi simili. Divulgare le notizie dà inoltre ad altre persone
il coraggio di scoperchiare
situazioni virulenti simili, che si alimentano nel silenzio e di
nascosto. I cristiani farebbero bene a non accettare con rassegnazione
lo status quo, ma a trasforma gli attacchi alla loro fede in sfide e in
occasioni di pubblica testimonianza.
L’apostolo Pietro insegnava ai cristiani giudaici dinanzi alle
vessazioni subite nell’allora società: «Ma anche se aveste a soffrire
per motivo di giustizia, beati voi! E non vi sgomenti la paura che
incutono e non vi conturbate; anzi abbiate nei vostri cuori un santo
timore di Cristo, il Signore, pronti sempre a rispondere a vostra difesa
a chiunque vi domanda ragione della speranza che è in voi, ma con
dolcezza e rispetto; avendo una buona coscienza; affinché laddove
sparlano di voi, siano svergognati quelli che calunniano la vostra buona
condotta in Cristo» (1 Pietro 3,14ss).
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A1-Discriminazioni_denuncia_Avv.htm
17-02-2009; Aggiornamento: |