Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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INFLAZIONE DI TITOLI ALTISONANTI NELLE CHIESE?

PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Inflazione di titoli altisonanti nelle chiese».

     Una cosa del genere non m’era mai successa. Volevo lasciare nell’anonimato il mio interlocutore, che si fregia ora del titolo di «pastore», ora di «apostolo», essendo anche chiamato «reverendo» e addirittura «vescovo» quando ha che fare con credenti africani; per questo gli avevo dato uno pseudonimo. Lui, riconoscendosi in tale discussione pregressa, mi telefonò da Palermo un paio di volte per dirmi di sentirsi offeso per non aver usato il suo vero nome e cognome. Rimasi sorpreso. Infatti, in genere avviene il contrario. Gli chiesi di confermare il tutto per iscritto; infine,  m’è pervenuta una nota, che ho inserito nell'articolo di riferimento.

     In certe chiese c’è tutta una gara ad appuntarsi etichette altisonanti sul petto e ad aumentarne la dose nel tempo. Tempo fa, un conduttore di chiesa, che chiamiamo «Ennio Virgilio», si chiamava e faceva chiamare «profeta “Ennio Virgilio”» e così si firmava nelle lettere circolari, che ricevevo. Ultimamente mi ha sorpreso constatare che ora si fa chiamare «apostolo “Ennio Virgilio”». Si tratta di un aumento di gradi? Si veda nel primo contributo.

     Antonio Capasso mi ha mandato, come contributo, il seguente richiamo cinematografico, che è molto appropriato. Totò: «Ma uno sul bigliettino da visita ci può scrivere quello che vuole?». Peppino: «Certo se uno è dottore, scrive dottore; se è conte, scrive conte» Totò: «Magari non è niente e ci scrive chi sa che cosa». Peppino: «E… c’è ne sono tanti, che meno sono e più si credono di essere» (Dal film «La banda degli onesti»).

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Ennio Virgilio, ps.

2. Gianni Siena

3. Luisa Lauretta

4. Pietro Calenzo

5. Jonathan De Felice

6.

7.

8.

9.

10.

11.

12. Vari e brevi

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Profeta Ennio Virgilio, ps.}

 

Nota editoriale: Filippo Bonello è un credente, che vive in Belgio. Egli mosso da compassione, ma mandato in giro la seguente e-mail, che gli è arrivata da chi si firmava col titolo di «profeta». Non ha probabilmente notato come si firmava il mittente o non gli ha dato molta importanza. Il nome del «profeta» l'ho cambiato con uno pseudonimo, poiché qui ci interessa il fenomeno in sé. Il contributo e la mia prima risposta si trovavano in una rubrica, che ora non c'è più; per questo riprendiamo il tutto qui.

 

Contributo: Pace del Signore. Volevo chiedervi cortesemente di mettere nelle vostre preghiera Maria. Maria [...] ha solo 12 anni ed ha un tumore al cervello. I medici purtroppo gli hanno dato pochissimo tempo di vita. Lunedì sera saremo a casa sua per pregare per lei e per la sua guarigione. Grazie e che Dio vi benedica. Profeta «Ennio Virgilio» {12-03-2009}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Caro Filippo, ho pregato volentieri per Maria, di cui sento compassione. Ma mi dissocio però da coloro, che si chiamano «profeti» perché nominati da sé o da altri, e quindi anche dal «profeta Ennio Virgilio», di mia conoscenza epistolare. Nel NT non è mai scritto il «profeta Paolo» o altro nelle epistole. Penso che sia un grave e infausto abuso di potere. Sul sito spiego anche il perché. [ Carismaticismo: Profeti; Profeta con nome nel NT] Penso che mandare in giro e-mail così firmate renda colpevoli chi lo fa, come pure chi le diffonde in buona fede, poiché normalizza tali cose e alimenta il narcisismo di tali persone. Io mi dissocio dalle opere infruttuose di tale presunto «movimento profetico». Perché uno di tali autonominati «profeti», come il «profeta Ennio Virgilio», non ci dice se Maria vivrà o morirà, ancor prima di andare a pregare da lei? Se è un «profeta» di Dio, come afferma, dovrebbe saperlo, no? Se, al contrario, è solo un «profeta» fatto da sé o da altri, allora certo non può saperlo.

    Visto che il cosiddetto «movimento profetico» carismaticista ha illustri padri, la Bibbia prende spesso posizione contro sedicenti e autonominati profeti: «Io ho udito quel che dicono i profeti che profetizzano menzogne nel mio nome, dicendo: “Ho avuto un sogno! ho avuto un sogno!”. Fino a quando durerà questo? Hanno essi in mente, questi profeti che profetizzano menzogne, questi profeti dell’inganno del cuor loro, pensano essi di far dimenticare il mio nome al mio popolo coi loro sogni che si raccontano l’un l’altro, come i loro padri dimenticarono il mio nome per Baal [= patrono]? Il profeta che ha avuto un sogno, racconti il sogno, e colui che ha udito la mia parola riferisca la mia parola fedelmente. Che ha da fare la paglia col frumento? dice l’Eterno. La mia parola non è essa come il fuoco? dice l’Eterno; e come un martello che spezza il sasso? Perciò, ecco, dice l’Eterno, io vengo contro i profeti che rubano gli uni agli altri le mie parole. Ecco, dice l’Eterno, io vengo contro i profeti che fanno parlare la loro propria lingua, eppure dicono: “Egli dice”. Ecco, dice l’Eterno, io vengo contro quelli che profetizzano sogni falsi, che li raccontano e traviano il mio popolo con le loro menzogne e con la loro temerità, benché io non li abbia mandati e non abbia dato loro alcun ordine, ed essi non possano recare alcun giovamento a questo popolo, dice l’Eterno» (Geremia 23,25-32).

 

Replica (Ennio Virgilio, ps.): Molto tempo dopo, egli mi ha scritto, tra altre cose, quanto segue. «Non mi sono mai autonominato profeta, ma sono stato riconosciuto in questo ministero attraverso un atto ufficiale nella chiesa, che ho co-fondata insieme a un altro servitore di Dio. Nella nostra chiesa noi crediamo in questa funzione ministeriale in base a quanto scritto nella Parola di Dio. Il fatto di non condividere questa verità bibliche, non ti autorizza in alcun modo a diffamare i servitori di Dio dicendo cose, che non sono vere, e pubblicandole attraverso mezzi di diffusione di massa come internet o altro». {21-09-2010}

 

Risposta 2 (Nicola Martella): Capisco che «Ennio Virgilio» abbia espresso in tale occasione, come egli aggiunge, «tutta la mia delusione e tutto il mio disappunto». Poi, come al solito, in tali casi si parla impropriamente di «diffamazione» e si minaccia così: «...inoltre è reato penale punibile per legge in base all’art. 595 del codice penale».

    Esprimere le proprie idee non è mai stato reato in una democrazia. La diffamazione è altra cosa, ben descritta dal codice penale, e non riguarda cose del genere. In ogni modo, meraviglia come il «profeta Ennio Virgilio» abbia cambiato, in così breve tempo, la casacca, diventando ora «l'apostolo Ennio Virgilio». Basta farsi riconoscere dalla chiesa, che si è co-fondata, mediante un atto ufficiale! Che ci sarà mai al prossimo gradino dell'evoluzione carismaticista?

 

 

2. {Gianni Siena}

 

In Italia, i titoli dati al conduttore di chiesa non sono molti, ma qualcuno di tali pastori ci tiene molto al suo ruolo. Per esempio, mi fu riferito che un gruppo giovanile ebbe un conflitto con il pastore. Questo per imporre la sua opinione, pur avendo torto, esclamò: «Dopo Dio, ci sono io!». Complimenti» al cosiddetto servo! Questa è la china, che più di una chiesa ha preso; e in quanto ad «autorità» esercitata, qualche «pastore» non scherza minimamente!

     Stamattina, ragionavo appunto di questo. Molti evangelici sono tali perché non venerano e pregano i santi, non riveriscono più preti e papa, ma hanno una considerazione del pastore ancora di stampo cattolico.

     La «sottomissione» dovuta ai conduttori è basata in gran parte sulla fiducia: la stessa, che un figlio o una moglie hanno verso il capofamiglia. Questa implica ubbidienza consapevole, che sa anche dire «no» al caso; ma il mondo cristiano non sembra molto impressionato dal suo passato di schiavitù agli uomini. I cristiani non leggono il Vangelo, nel quale Gesù dice da qualche parte: «Non chiamate nessuno “maestro” (...) “guida” (...) “padre”» (= i tre significati di «rabbino»). Abbiamo un Padre celeste e un Maestro, mandato dal Cielo, nessuno dovrebbe coprire di onori e titoli gli uomini, solo perché conoscono (?) la Bibbia meglio di noi; essi dovrebbero condividere la loro conoscenza della Scrittura, senza aspettarsi alcunché in cambio. Questo ero lo spirito che animava i servi di Cristo nella prima generazione di credenti, contro un mondo circostante, che faceva invece caso a queste cose.

     Il pastore, l’anziano, i monitori delle classi di scuola domenicale, i diaconi, sono fratelli degni di ogni rispetto e affetto... ma fermiamoci a questo per non ritrovarci su una strada, che il cattolicesimo ha già percorso.

     L’unica «autorità» è Dio stesso e il suo Unto Gesù Messia. Voglio bene ai fratelli preposti al servizio della Parola e alla conduzione dell’assemblea, li rispetto. Ma nessuno di loro venga a dirmi di poter esercitare «autorità» sulla mia persona... potrebbe trovarsi su un treno diretto (con biglietto di sola andata) a quel «paese», che non si nomina mai! {25-04-2011}

 

 

3. {Luisa Lauretta}

 

‎     1. «Se alcuno vuol essere il primo, dovrà essere l’ultimo di tutti e il servitore di tutti» (Marco 9,35).

     Caro Nicola, questo è il primo verso che mi è saltato alla mente leggendo il tuo articolo. Da qualche tempo mi ponevo anch’io la stessa domanda, come mai «servitori di Dio» si rivestono di vari titoli, come tu stesso li definisci, altisonanti? I discepoli, al tempo del Nuovo Testamento, non si attribuivano nessuna santità o potenza personale, benché operassero miracoli e guarigioni tra la folla. Mi rendo conto che molte grandi organizzazioni ecclesiastiche e uomini di Dio oggi si vantano della loro «potenza», della loro «influenza», dei loro «doni spirituali», o della loro «popolarità», dovuti alla loro eccellente organizzazione, ai loro servizi d’adorazione con fenomeni sensazionali (cadute, sonni spirituali), ecc.

     L’apostolo Paolo ci mette in guardia contro queste persone, che mantengono l’apparenza della religiosità, ma che hanno rinnegato ciò che ne fa la forza e ci avverte di allontanarci da loro. Ancora Paolo, uomo colto e sapiente, diceva: «Benché anche nella carne io avessi di che gloriarmi. Se qualcun altro pensa di che gloriarsi nella carne, io lo posso fare molto di più» (Filippesi 3,4). Oggi più che mai, caro Nicola, si dovrebbe dare più valore alla potenza di Dio, alla sua Parola. La chiesa ha un urgente bisogno di servi fedeli, ubbidienti e umili, che possano dire come il Giovanni Battista: «Bisogna ch’egli cresca e che io diminuisca» (Giovanni 3,30). Grazie per tutto ciò che fai, Dio ti benedica grandemente. {25-04-2011}

 

‎     2. ‎«Poiché noi non osiamo annoverarci o paragonarci con certuni che si raccomandano da sé; i quali però, misurandosi alla propria stregua e paragonando sé con se stessi, sono senza giudizio. Noi, invece, non ci glorieremo oltre misura, ma entro la misura del campo di attività di cui Dio ci ha segnato i limiti. […] Ma chi si gloria, si glori nel Signore. Poiché non colui che raccomanda se stesso è approvato, ma colui che il Signore raccomanda» (2 Corinzi 10,12-13.17-18) C’ è sempre molto da imparare dalla Parola di Dio! Dio ti benedica Nicola. {27-04-2011}

 

 

4. {Pietro Calenzo}

 

Carissimo Nicola, a mio modesto parere il mondo evangelico di Facebook, non è l’esatta rappresentazione della realtà concreta della stratificazione del mondo evangelico nella realtà oggettiva. A partire dal post-wesleysmo di matrice metodista in poi, molti movimenti del risveglio, come i quaccheri, gli Hamish, le Assemblee dei Fratelli, i Darbysti (queste due ultime su tutte), lo stesso primitivo movimento pentecostale classico, i vari Seymour, Bartleman ed Evans (meno Parham) hanno più o meno tutti scritturalmente ricercato e pallinato il sacerdozio universale, e una scritturale fratellanza senza eccessive distinzioni ridondanti. Altra situazione vivono le chiese figlie della Riforma, ma in tale quadro è da comprendersi e da sottolinearsi che le varie denominazioni originatesi dalle Riforma venivano fuori da undici secoli di completo e disastroso oscurantismo teologico e scritturale, dove le menzogne e le idolatrie erano impregnate di ben poche verità bibliche.

     Concordo anche che la Scrittura è molto chiara su affabulanti titoli, che taluni sogliono affibbiarsi o proporsi nel mondo d’Internet (ricordiamoci invece gli apostoli più importanti come Pietro, Paolo, Giovanni e la loro umiltà). La Parola di Dio ci parla dei servizi e carismi, anziani, diaconi, evangelisti, missionari (o apostoli fondatori di nuove assemblee), dottori nella primigenia chiesa. Il mondo evangelico su Facebook invece suole addobbarsi di titoli come vescovi, vescove (ho scritto bene), profetesse, apostoli, apostolesse, pastoresse e quant’altro. Tuttavia, ribadisco per quelle che sono le mie esperienze, il quadro oggettivo è molto più rassicurante dell’etereo (in ogni senso) mondo evangelico su Facebook. Un grande abbraccio nel Signore Gesù. Benedizioni nel suo santo nome. {25-04-2011}

 

 

5. {Jonathan De Felice}

 

Pace, fratello Nicola, ho davvero letto con interesse questo tuo articolo. Anch’io ultimamente sto pensando a questa situazione nella chiesa italiana, in cui sembra che si senta il bisogno di essere «riconosciuti» in qualche maniera nella propria posizione, che poi si manifesta con l’(auto)attribuzione di titoli. Credo che ciò sia dovuto al nostro background culturale, in cui sembra che ogni cosa debba essere definita «razionalmente» e non valutata spiritualmente. Alcuni credono che basti riportare l’uso di questi titoli nella chiesa (che poi bisogna valutare se ci sia mai stato un reale uso), per capovolgerne le sorti.

     Ho oltretutto questa ferma opinione che chi cerca il successo nella chiesa, è perché è un fallito nel mondo e cerca la propria soddisfazione nella chiesa, sfruttando l’ignoranza e la semplicità dei fratelli. Non dice la Scrittura che il loro dio è il loro ventre? Non giudico il fratello in questione, Dio conosce il suo cuore, ma sicuramente, come dice la Scrittura, questa è un’eventualità poi non così remota nell’ambito della chiesa universale.

     E sì, sembra auto-narcisismo. Ultimamente Dio mi sta insegnando ad accettare quello che sono, pregi e difetti inclusi. Se Lui in qualsiasi momento mi chiama a fare qualsiasi cosa, so che non è perché me lo merito, ma per la grazia che mi è stata concessa. Paolo stesso, quando dava indicazioni ai fratelli, premetteva sempre che era per la grazia di Dio che poteva esercitare l’autorità su di loro. Er un’autorità che supplicava i credenti a vivere vite sante, semplicemente per l’amore che Paolo provava per loro e affinché potessero essere la sua corona nel giorno del Signore. Per quanto riguarda la chiesa, Paolo ordinava che i fratelli vivessero secondo certe regole, affinché Cristo e la sana dottrina non fossero bestemmiati da quelli di fuori, affinché l’amore, che portavano gli uni verso gli altri, fosse la prova per quelli di fuori che Dio era in mezzo a loro.

     Io rimango dell’opinione che il fondamento dell’insegnamento cristiano è racchiuso in questi versi in Atti 15 e 1 Tessalonicesi 4:

     «Infatti è parso bene allo Spirito Santo e a noi di non imporvi altro peso all’infuori di queste cose, che sono necessarie: di astenervi dalle carni sacrificate agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati, e dalla fornicazione; da queste cose farete bene a guardarvi» (Atti 15,28s). «Soltanto ci raccomandarono di ricordarci dei poveri, come ho sempre cercato di fare» (Galati 2,10).

     «Perché questa è la volontà di Dio: che vi santifichiate, che vi asteniate dalla fornicazione, che ciascuno di voi sappia possedere il proprio corpo in santità e onore, senza abbandonarsi a passioni disordinate come fanno gli stranieri che non conoscono Dio; che nessuno opprima il fratello né lo sfrutti negli affari; perché il Signore è un vendicatore in tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e dichiarato prima. Infatti Dio ci ha chiamati non a impurità, ma a santificazione. Chi dunque disprezza questi precetti, non disprezza un uomo, ma quel Dio che vi fa anche dono del suo Santo Spirito» (1 Tessalonicesi 4,3-8).

 

Dovrebbero essere queste le tematiche, su cui dovrebbe dispiegarsi e ampliarsi tutto l’insegnamento cristiano. Ora non reclamo libertà, usandola come sfogo alla ribellione, ma avendo in mente il comandamento di astenermi da ogni male e ogni apparenza di male, credo che per molte tematiche i credenti dovrebbero essere lasciati alla propria convinzione di coscienza, senza «imporvi altro peso». Purtroppo riconoscendo che non è così, se, mangiando carne, causo la caduta di un fratello, per amore del fratello non mangerò più carne. Purtroppo, la mia libertà cristiana è così limitata (ma lo faccio volentieri perché voglio camminare secondo amore e non essere condannato per le cose che approvo), limitata dai pesi che vengono messi sui fratelli dalla coscienza più debole. Dio ci benedica. {27-04-2011}

 

 

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12. {Vari e brevi}

 

Miriam Messina: Secondo il mio modesto parere, possiamo essere chi vogliamo o farci chiamare come vogliamo, resta il fatto che deve essere Dio stesso a chiamarti o al pastorato o all’apostolato. Il rispetto e la sottomissione sono reciproci, a prescindere dal tipo di mansione che si ha. «L’umiltà precede la gloria», questo è il mio motto. Anche io servo Dio nella corale della chiesa, ma mi sento l’ultima degli ultimi e per me è un onore servire l’Iddio altissimo; dopodiché mi è stato insegnato ad aver rispetto di tutti, qualsiasi sia la loro mansione o responsabilità. Dio ti benedica e grazie per aver chiesto il mio parere. {25-04-2011}

 

Anna Barbuzza: Solo quando riconosciamo, con umiltà la nostra debolezza, solo quando non diamo spazio a glorie personali, se non nel Signore onnipotente, allora Dio può operare in noi e attraverso di noi: «“La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza”. Perciò molto volentieri mi glorierò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su me... perché, quando sono debole, allora sono forte» (2 Cor 12,9-10). {27-04-2011}

 

Giovanni Cannarozzo: Purtroppo molti uomini di Dio amano farsi chiamare pastori, profeti, evangelisti, ecc. Non hanno capito ancora, dopo 2000 anni, che Dio li chiama a servire e non a cercare gloria, gradi o magari ancora la carriera. Questi uomini non hanno capito che il Signore (non che Dio) è venuto a servire e non a cercare i gradi sulla terra. Iddio ci benedica, pace! {29-04-2011}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Titoli_altis_chiese_Car.htm

26-04-2011; Aggiornamento: 29-04-2011

 

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