Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Riflessioni fra cielo e terra: Aneddoti evangelici e non, e l’umorismo nella Bibbia.

  Ecco le rubriche principali:
■ Scenario biblico
■ Vita di comunità
■ Abbecedario riflessivo
■ Ad acta
■ Dietro il velo
■ Casella postale biblica
■ Variazione delle costanti
■ Puntigli e indovinelli
■ Sapienza da quattro soldi
■ Massime e minime
■ Col senno del poi.

 

È «psicoterapia biblica» in forma di umorismo.

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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SOSTANZA E FORMA IN INTERNET? PARLIAMONE

 

 di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l'articolo «Sostanza e forma in Internet».

    Chiaramente anche su questo tema ho corretto i contributi che mi sono arrivati; ma ciò fa parte del mio compito come gestore del sito. Infatti voglio che i miei lettori esprimano il loro pensiero al meglio, senza essere attaccati nelle forma da altri. Ho quindi trasformato «bibblico» o «Biblico» in «biblico» (molto ricorrente), così pure ho corretto «Dottrinale», «Scritturale» e simili, che essendo aggettivi, non vogliono la maiuscola. Non elenco il resto, poiché non è questo il senso di questo tema di discussione.

     È chiaro che lo Spirito Santo può servirsi di ognuno, ma l’unica cosa che non potrà usare è la nostra pigrizia e i talenti naturali, acquisiti o spirituali, che non possediamo. Al riguardo bisogna distinguere il parlare e l’agire pubblico e diretto da quello mediante i mass-media. Ciò che si scrive, rimane in rete per lungo tempo, e qui la forma conta e come!

     Inoltre, qui non si intendono tanto i messaggini privati o brevi ping-pong sulle bacheche dei social network, quanto articoli, contributi a temi di discussione e addirittura interi blog e siti. Al riguardo, scrivendo in modo sgrammaticato e senza logica, non si gettano solo ombre sulle proprie persone, ma sull’Evangelo stesso. Se lo Spirito ha dato carismi come è piaciuto a Dio, ognuno fa bene a usare i talenti che ha veramente, a dare in essi il massimo e a eccellere in ciò.

     Benedetto il ciabattino che sa fare le scarpe migliori e, così facendo, sa anche trasmettere a voce l’Evangelo. Ma guai a quel ciabattino che si mette in testa di scrivere un libro sull’evangelizzazione o addirittura di teologia con i soli mezzi che ha e senza l’ausilio esterno di un «mediatore culturale» (scrittore, correttore, adattatore, revisore). Sarà un disastro per lui e per l’Evangelo. Allora dovremmo dirgli in coro: «Ciabattino, rimani alle tue suola!».

     Io constato l’abilità umana di certi fratelli semplici, ma saggi, di trasmettere l’Evangelo a tu per tu, parlando al cuore di chi gli sta dinanzi; alcune volte, potrei sentire al riguardo una «santa invidia». Chiaramente anch’io so trasmettere l’Evangelo, ma essi ne hanno uno spiccato carisma, sono delle «calamine» viventi. Nel passato, alcune chiese mi hanno invitato per parlare a delle campagne di evangelizzazione, ho sempre rifiutato per alcuni motivi: non ho uno spiccato dono di evangelista (ma di insegnante); se fossi andato, avrei tolto il posto a un vero evangelista; i risultati sarebbero stati incerti. Mi sono reso disponibile a tali chiese per dare insegnamenti biblici ai credenti e per aiutare con la cura pastorale.

     Quando sono rientrato in Italia dopo i miei studi teologici in Germania, ho passato ogni giorno del tempo a studiarmi nuovamente vari libri di grammatica italiana e di sintassi, per recuperare la sensibilità linguistica e per evitare di tradurre dal tedesco espressioni che in italiano neppure esistono. In caso di dubbio, consulto ancora oggigiorno libri e specialmente dizionari online. Chi vuole gestire un blog, un sito o un gruppo in internet, deve fare altrettanto e lavorare al proprio italiano. Inoltre, usi un buon correttore elettronico per i propri testi; col tempo acquisterà maggiore sensibilità linguistica. In caso di difficoltà, ci si serva di persone competenti e capaci di correggere i testi.

     L’ortodossia e l’ortografia vanno insieme. Il messaggio biblico è troppo importante per affidarlo alle improvvisazioni. Sarebbe come mettere un prezioso gioiello da regalare in una scatola maciullata e maleodorante.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Massimiliano Monti

2. Claudia Falzone

3. Ruth LiveinJesus

4. Volto Di Gennaro

5. Giuseppe Sottile

6. Pietro Calenzo

7. Vincenzo Russillo

8.

9.

10.

11.

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Massimiliano Monti}

 

Anche a me spesso capita di leggere molti errori grammaticali o sintassi scorrette in rete. Io stesso a causa della velocità nello scrivere al PC spesso ne faccio; ecco perché spesso e volentieri torno indietro e cerco di correggere gli errori prima di postare in internet qualsiasi cosa.

     Spesso mi soffermo a pensare a come rendere meglio ciò, che voglio comunicare, al fine di non risultare troppo complesso, utilizzando magari una terminologia molto più semplice.

     Spesso ci troviamo di fronte a persone che sanno ben parlare ma, quando si tratta di mettere per iscritto i loro concetti, fanno di quegli errori enormi, quando basterebbe sovente scrivere semplicemente come quando si sta facendo un dialogo. {01-09-2010}

 

 

2. {Claudia Falzone}

 

Ho letto con grande interesse questo articolo, e devo dire, purtroppo, che comprendo benissimo le questioni segnalate da Maurizio Marino e mi trovo perfettamente d’accordo con le valutazioni di Nicola Martella. In internet ho visitato pochi siti evangelici, e fino a ora, non ho trovato testi con errori grammaticali (mi considero fortunata!). Tuttavia, nella vita di tutti i giorni mi è capitato spesso, in chiesa o fuori dalla chiesa, di parlare con dei fratelli o delle sorelle che, nonostante il loro limite culturale (e direi anche mentale!) parlavano con fare da maestri, con un’arroganza tale che era proprio difficile prenderli sul serio, se non impossibile, e altrettanto difficile era non rimanere irritati o per lo meno imbarazzati da tale superbia.

     Che ognuno abbia i propri limiti è un dato di fatto, non c’è nulla di male in questo, ma bisogna prendere coscienza di questi limiti; e, se ci si trova a dialogare su argomenti delicati o troppo complicati, è bene intervenire con la semplicità e l’umiltà che la nostra formazione (o mancanza di formazione) ci permette di avere, senza usare toni paternalistici o arroganti che sono insopportabili per tutti, credenti e non credenti.

     Ricordo che qualche mese fa ho visto, proprio pubblicato sul profilo di «Punto°A°Croce», il video di uno pseudo pastore carismatico, che parlava in modo disconnesso oltre che sgrammaticato; tale video era proprio l’apice dell’ignoranza e dell’arroganza messi insieme, sembrava quasi una parodia, divertentissima, se non fosse di una tristezza indicibile vedere il nome di Dio usato in quel modo! Ecco, quella era un’esagerazione, il punto più basso di questo atteggiamento negativo, però bisogna insegnare ai credenti a non fare altrettanto. Un caro saluto a tutti i fratelli, shalom! {01-09-2010}

 

 

3. {Ruth LiveinJesus}

 

Caro fratello, non posso che essere d’accordo sia con il lettore che ti ha scritto che con ciò che scrivi tu. Troppe volte si allontanano le persone perché le si colpiscono solo in negativo, sia per gli errori grammaticali che per la mancanza di cura del proprio sito. È vero che non si può passare tutto il tempo in queste cose, ma allora tanto vale non avere nessun sito o blog, se poi ci si presenta come degli ignoranti. Evangelizzare su internet non è facile, ma se si sceglie di farlo, allora ci si deve dedicare a questo con tutto lo zelo possibile. Se non si ha tempo a sufficienza per questo impegno, allora tanto vale non intraprenderlo per nulla, non si può essere portavoce della Parola di Dio e poi non presentarla nel migliore dei modi. Come hai scritto, non si può convincere un ateo erudito con l’ignoranza e una presentazione inadeguata; le cose o si fanno bene o meglio non farle e dedicarsi a Dio in un altro modo. Grazie delle note che m’invii, caro Nicola, e scusa gli errori. :) {01-09-2010}

 

 

4. {Volto Di Gennaro}

 

Contributo: Cari fratelli, non è la grammatica che convince di peccato ma lo Spirito Santo, di cui nessuno può vantare «l’esclusiva». Comunque «chi più ne ha più ne metta». Non mi sembra che i discepoli fossero insegnanti universitari (con tutto il rispetto per chi si è meritata la laurea!). {01-09-2010}

Risposta (Nicola Martella): Gli apostoli di Cristo avevano almeno l’umiltà e il buon senso di usare dei segretari per scrivere le loro lettere alle chiese, come ho scritto nell’articolo. «Io, Terzio, che ho scritto l’epistola, vi saluto nel Signore» (Rm 16, 22). Non ho trovato nelle loro epistole errori di ortografia, di grammatica o di sintassi, neppure in quelle di Pietro e di Giovanni, che il Sinedrio considerò «popolani senza istruzione» (At 4, 13).

     Di Pietro troviamo diversi messaggi pubblici nel libro degli Atti, che altri hanno messo per iscritto (per ultimo Luca). Si tramanda che l’Evangelo di Marco derivi dalla proclamazione di Pietro. Le due epistole di Pietro sono scritte in un greco che tale apostolo popolano non avrebbe mai potuto formulare, essendo la sua madrelingua l’aramaico o l’ebraico con accento particolare della Galilea (Mc 14, 70; Lc 22, 59). Lo Spirito Santo si è servito egregiamente di Lui in parole e atti pubblici. Eppure Pietro aveva il senso dei suoi limiti, non scrivendo di cose fuori della sua portata, ma riconobbe che nelle epistole di Paolo ci «sono alcune cose difficili a capire, che gli uomini ignoranti e instabili torcono, come anche le altre Scritture, a loro propria perdizione» (2 Pt 3, 15s).

 

 

5. {Giuseppe Sottile}

 

Contributo: Caro Nicola, ho riflettuto sull’argomento e mi sono posto delle domande. Anche la Bibbia, se non sbaglio, è stata ripulita di errori grammaticali (non dottrinali) nelle varie copiature, essendo sottoposta a un accurato lavoro di critica testuale, la quale ha prodotto un’edizione critica dell’originale, che è la base di una versione moderna della Bibbia?

     Da quando abbiamo avuto nuove versioni bibliche, non più con linguaggi arcaici, quindi con un italiano a noi più comprensibile, cosa ha cambiato e cambia il cuore dell’uomo, se non l’ispirazione divina delle Scritture (o Parola di Dio)?

     Sì è vero, una buona grammatica aiuta a evangelizzare un ateo, però credo che Dio si possa usare di quel poco che abbiamo, se lo mettiamo nelle sue mani, perché credo che non tutti hanno avuto la possibilità, o forse la volontà di studiare prima di conoscere Cristo. Non mi piace andare da un estremo all’altro, ma credo che bisogna essere moderati in ogni cosa.

     Leggendo mi è parso che solo persone, che hanno studiato nella vita, posso evangelizzare. Forse ho capito male, e chiedo scusa per questo!

     Guardando i 12 discepoli, non dico che non avessero degli studiosi o che fossero delle persone terra terra (perdonami, fammi passare questo termine), anzi di alcuni di loro è detto che erano medici, altri studiosi come Paolo, ecc., ecc.

     Cito un passo biblico di una versione della Diodati del 1980 (tradotta da Giovanni Diodati Lucchese, 1576-1649).

     «Perciocché, chi parla in linguaggio strano non parla agli uomini, ma a Dio; conciossiaché niuno l’intenda, ma egli ragioni misteri in spirito. [19] Ma nella chiesa io amo meglio dir cinque parole per la mia mente, accioché io ammaestri ancora gli altri, che diecimila in lingua strana» (1 Corinzi 14,2.19).

     Versione moderna: «Perché chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno lo capisce, ma in spirito dice cose misteriose. [19] Ma nella chiesa preferisco dire cinque parole intelligibili per istruire anche gli altri, che dirne diecimila in altra lingua» (1 Corinzi 14,2.19).

     Riguardo al fatto che ci sono molti che fanno i dottori della legge sono d’accordo, ma credo che su Internet sia normale trovare di queste cose, le quali credo vanno combattute, proclamando solo la verità.

     Dio ti benedica, Nicola. La mia è solo un opinione, tratta da una mia riflessione. {01-09-2010}

 

Risposta (Nicola Martella): La ricopiatura dei manoscritti a mano portava a errori ortografici tipici (p.es. raddoppio di consonanti, mancanza di una doppia, raddoppio di un termine, termine omesso). Il confronto fra i manoscritti ha potuto chiarire tali casi. Tuttavia, non è di questo che parliamo qui.

     Gli originali non contenevano errori ortografici, né grammaticali, né sintattici. Paolo da Giudeo della diaspora (conosceva quindi bene il greco!) e da studioso scrisse in un ottimo greco; nonostante ciò, a causa della vista calante, si servì verso la fine di segretari, a cui dettò i testi, aggiungendo alla fine qualche nota di proprio pugno come autenticazione (cfr. Gal 6,11; Flm 1,19). Come ho già mostrato, il buon greco delle epistole di cristiani ebrei della Palestina come Giacomo, Pietro e Giuda mostrano che essi si sono serviti di segretari nel momento della dettatura o addirittura di traduttori, dopo la stesura in aramaico o ebraico dei loro scritti. Probabilmente Giovanni, essendo relativamente abbastanza giovane, riuscì a imparare il greco a Efeso, dove soggiornò; ma il suo vocabolario è così semplice come quello di un bambino di circa dieci anni. In ogni modo, le loro epistole contengono ebraismi vari, ma non errori.

     Che Dio si possa usare di poco o di molto, è vero; si è servito anche di un’asina per parlare a Balaam; ma essa non si mise poi a insegnare teologia né avrebbe aperto un blog oggigiorno. Alcuni cristiani riescono in modo eccellete a voce, ma sono un disastro, quando vogliono fare interventi in Internet o addirittura si improvvisano gestore di un sito.

     Tutti possono evangelizzare a tu per tu, a voce e con la propria vita; al riguardo non c’è bisogno di lauree. Se, però, sono sgrammaticati, è meglio che non aprano un blog, un social network o un sito; oppure si facciano correggere ogni testo, che scrivono.

     Tra i dodici apostoli non c’erano medici né studiosi. Matteo era uno esattore di tasse, gli altri erano perlopiù pescatori, quindi «popolani senza istruzione» (At 4,13). Luca non era un apostolo; e Paolo non faceva parte dei Dodici, sebbene lui studioso lo era, avendo studiato presso Gamaliele (At 22,3). Ai Dodici fu affidato primariamente un messaggio da annunziare e da insegnare primariamente a voce (Mt 28,19s; At 5,42); la loro produzione letteraria fu relativamente scarsa e in una lingua che non era la loro (1-2 Pt; 1-3 Gv), visto che la maggior parte del NT uscì dalla penna di Paolo.

     Non ho capito che cosa abbia a che fare 1 Corinzi 14,2.19 nelle due versioni col nostro tema. Fatto sta che anche chi usa in Internet un «linguaggio strano», cosicché «nessuno lo capisce», non sortirà il risultato sperato; farebbe allora meglio a usare «cinque parole intelligibili… che dirne diecimila», che nessuno comprende o che addirittura irritano la sensibilità linguistica altrui!

     Quanto ai presunti e autonominati dottori della legge, in Internet non danno solo fastidio i falsi maestri, ma anche credenti sgrammaticati e poveri di linguaggio, che vogliono dare dotti insegnamenti. Allora, più che saggi appaiono agli occhi degli altri come saccenti (li chiamo «capiscenti»), ossia dotti ignoranti.

 

 

6. {Pietro Calenzo}

 

Carissimo Nicola, shalom. Ho letto con molto interesse le tue risposte alla domanda del carissimo lettore, e credo che oggettivamente entrambi abbiate ragione. Premesso che, come tu rimarchi, l’importanza peculiare è che un determinato argomento dichiari verità scritturali, è altresì rilevante e di fondamentale importanza che ciò non ci esima dal ricorrere ad aiuti che migliorino la sintattica e la grammatica e una certa fluidità discorsiva e ragionata dell’intervento medesimo. Infatti, spesso dimentichiamo che gli utenti che leggono i nostri interventi o commenti su un forum, su un network, sono molto variegati, e spesso non conoscono che pochi elementi della dottrina o delle verità scritturali, che noi andiamo a proporre o commentare; una certa percentuale di essi sono non credenti. Tale realtà deve essere tenuta nella giusta considerazione.

     Molto a puntino cade l’esortazione dell’Ecclesiaste (Ec 12,11-16), il quale ci esorta, come tu saggiamente riporti nella tua introduzione, a essere ordinati, a trovare delle parole gradevoli, scritte con dirittura che siano come dei chiodi ben piantati (12,11). Anche Baruc, Terzio e Silvano furono gli scribi dei loro committenti, e non per questo il messaggio biblico ne ha perduto in spiritualità e ispirazione.

     Altra valenza assume chi si rende interprete o fautore di un nuovo dibattito o dettato, palesando evidenti errori espressivi. Allora capita in molteplici realtà e occasioni che, a un valida e spirituale argomentazione non segue una lineare, consequenziale canonicità di linguaggio. Non pochi sono, infatti, i credenti che postano interventi che, oltre a essere ripetitivi, spesso s’attorcigliano su se stessi e sfociano, in taluni casi, in auto-recensioni, a prediche moraleggianti, a espressi rimproveri, per impelagarsi (ringraziando il Signore solo in casi isolati) nell’arroganza spirituale e nell’autocelebrazione.

     L’apostolo Paolo c’indica che tutto debba essere fatto con decoro e ordine; e nessuno più del sottoscritto è grato a quei cari credenti che mi hanno aiutato con i loro sapienti consigli (e ancora oggi ne ho bisogno) per meglio esporre il mio pensiero a una moltitudine di amici o simpatizzanti, che molto spesso poco o nulla conoscono dell’«evangelichese» o di costrutti o postulati biblici. «Chi ama la correzione ama la conoscenza [di Dio]» (Proverbi 12,1). Benedizioni in Gesù il Messia. {01-09-2010}

 

 

7. {Vincenzo Russillo}

 

Quando si scrive un qualsiasi articolo o scritto, bisogna considerare i seguenti criteri.

     ■ Competenza: Ognuno di noi con le proprie conoscenze può essere d’arricchimento all’altro, sempre che ciò che scrive sia attinente al tema. Ho constatato, leggendo i vari temi proposti da Nicola, che spesso non si perde l’occasione per attaccare o per fuorviare. Non ho ancora capito: ▪ 1. Se si legge fischi e si capisce fiaschi; ▪ 2. Se Facebook è diventata una zona franca dove attaccarsi? (ma si rendono conto che c’è gente che legge?); ▪ 3. Se si legge fino infondo ciò, che viene proposto? Io credo che siano da considerare tutti e tre i punti. Bisogna intervenire in ciò, che si ha conoscenza e nel quale possiamo articolare una discussione edificante per l’altro. Altrimenti, diventa solo una passerella per mettersi in mostra e niente di più. Senza considerare che molti scrivono un accozzaglia di versetti, senza giustificare le loro motivazioni; inizierei a pensare che vi è una cattiva abitudine nello studio biblico e che la vetrina può diventare un palcoscenico di dilettanti. Ricordo che gli spettatori spesso sono non credenti, pensiamo dieci volte prima di scrivere. Evitiamo moralismi e soprattutto impariamo a dialogare; anche se non ci troviamo d’accordo, cerchiamo di controbattere scendendo nel merito della questione.

 

     ■ Forma: Uno scritto elegante e sobrio, colpisce meglio l’occhio del lettore. Sempre tramite l’ormai famoso Facebook, mi è capitato di leggere dei veri e proprio telegrammi: sullo stile SMS. Spesso ho interrotto la lettura, perché non riuscivo più a seguire un filo logico: «Ma vogliamo farci capire o l’importante è partecipare?». L’italiano non è un optional. Di certo non dobbiamo scrivere degli articoli da professori universitari, ma quanto meno dobbiamo rispettare le principali regole grammaticali, affinché sia tutto più scorrevole.

 

     ■ Lunghezza: La lunghezza di un articolo è molto importante: se troppo lungo si rischia di annoiare il lettore. Anche a me capita di esorbitare oltre il limite, soprattutto se è un tema, di cui nutro interesse e su cui posso argomentare. Bisogna mettersi nei panni di chi sta dall’altra parte dello schermo; al riguardo vi sono due possibilità: ▪ 1. Vedendo la lunghezza del testo scapperà a gambe levate senza nemmeno iniziare. ▪ 2. A metà lettura si addormenterà e cambierà pagina. Non deve essere un messaggio telegrafico, ma un messaggio chiaro e conciso, senza divagare in disquisizioni che vogliono toccare più temi o in cui ci si vuole mettere in mostra; lo scopo è quello di far comprendere la verità biblica su un determinato tema.

 

     ■ Preparazione: Un’ultima regola, che tengo sempre a mente da quando ho iniziato a scrivere sul sito, è la seguente: se in una precisa discussione non sono preparato, preferisco non «aprir bocca» o meglio «non cliccare tasto»; meglio tacere che dire sciocchezze. {02-09-2010}

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Sostanza_forma_Internet_Mds.htm

02-09-2010; Aggiornamento: 12-09-2010

 

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