Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

Per il discernimento biblico

Prima pagina

Contattaci

Domande frequenti

Novità

Arte sana

Bibbia ed ermeneutica

Culture e ideologie

Confessioni cristiane

Dottrine

Religioni

Scienza e fede

Teologia pratica

▼ Vai a fine pagina

 

Generi & ruoli 1

 

Riuscire nella vita

Vai ai contributi sul tema

Norme di fair-play

 

 

L’uomo e la donna nella Bibbia— Generi e ruoli 1:

   Ecco le parti principali:
■ Entriamo nel tema (la problematica)
■ I generi nella Bibbia
■ Il matrimonio nella Bibbia

 

La donna nel Nuovo Testamento — Generi e ruoli 2

   Ecco le parti principali:
■ La posizione della donna nella chiesa
■ Il ministero della donna nella chiesa
■ Aspetti conclusivi
■ La mia donna  

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

Generi & ruoli 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Serviti della e-mail sottostante!

E-mail

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TRADITA DAL PADRE FEDIFRAGO? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

L’ultimo punto dell’articolo «Tradita dal padre fedifrago» l’avevo titolato «Alcune valutazioni provvisorie»; bisognerebbe ripartire da esso.

     Martina vide il padre andarsene di casa la prima volta, quando aveva sei anni. Allora non capiva perché, ossia che c’era un’altra donna di mezzo. Poi, i genitori si riconciliarono per un po’. Ma, come dice il proverbio, «il lupo cambia il pelo, ma non il vizio». Per farla breve, l’ultima volta che il padre abbandonò definitivamente il tetto comune, lei aveva 15 anni. Lei si sentì profondamente tradita e ferita.

     Il problema nel rapporto col padre non è che lei non lo abbia perdonato, come qualcuno ha mal compreso, ma che ella non gli voglia concedere spazio nella propria vita, ritenendolo invadente, non volendo far sindacare da lui le proprie scelte di fede e di morale e non volendo avere nulla a che fare col «nucleo di convivenza», in cui egli si trova. Per lui lei è una «mosca bianca», visto che ella crede ancora al matrimonio e alla sua sacralità, mentre molte coppie oramai convivono, si sfasciano e si ricompongono. Lei, a circa 30 anni, dopo essere vissuta per metà della vita senza padre, ritiene di essere grande abbastanza per gestire la sua vita in autonomia, senza le invadenze e le determinazioni di un padre, che è stato lungamente assente e che per lei non è un esempio morale. Per altri aspetti della questione si veda sotto la nota iniziale.

     Diversi dei contributi, che seguono, derivano da lettori, che non hanno letto l’articolo interamente o che si sono concentrati solo su certi aspetti, seppur importanti (p.es. perdono), tralasciando altri (p.es. la gestione concreta dei rapporti attuali con un padre ritenuto troppo invadente). Chiaramente, ogni punto di vista maturo è importante. Ciò vale specialmente per le testimonianze di coloro, che sono passati per gli stessi o simili paraggi come Martina.

     Uno spunto interessante, presentato da una lettrice [► 3.], è il seguente: ▪ 1. la differenza fra perdonare e riconciliarsi; ▪ 2. la differenza fra perdonare nel cuore e davanti a Dio. Approfondiamo ambedue queste differenze riguardo alla loro conformità con la Scrittura nel secondo contributo.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Maurizio Marino

2. Michela De Rose

3. Liliane V. Hoffer

4. Antonino Cannatella

5. Marisa Fichera

6. Michele Savino

7. Rita Fabi

8. Pietro Calenzo

9. Nunzio Nicastro

10. Franco Cicala

11. Santina Rallo

12. Tina C.-Soccio

13.

14.

15. Vari e medi

16. Vari e brevi

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

Nota iniziale: Per la differenza fra per donare e riconciliarsi si veda il terzo contributo. [► 3.] Nell’introduzione a questo tema abbiamo ribadito che Martina ha perdonato il padre nel suo cuore, ma ella non vuole dargli spazio nella sua vita, non condividendo gli stessi obiettivi morali e non volendo far sindacare da lui (descritto come invadente) le proprie scelte di vita e di fede.

     Ribadisco qui questi aspetti, per non doverli ripetere continuamente in alcune note. Faccio qui presente, più dettagliatamente, che il problema di Martina non è il perdono, cosa che lei dice di aver dato al padre nel suo cuore, ma è quello di gestire il rapporto attuale con un padre, vissuto dapprima come traditore, poi come lungamente assente e ora come troppo invadente per i suoi gusti, che «pretende» di avere un diritto ad avere parte alla vita di lei. Proprio tale irruenza, unita alle altre cose (la propria malattia, la nuova famiglia del padre), la convince che a quasi 30 anni, per avere pace e serenità di gestire la propria vita in conformità alla Parola di Dio e alle proprie convinzioni, sia meglio tenere a una certa distanza il progenitore. Per lui le «famiglie patchwork» (con matrimoni scombinati e «nuclei di convivenza» assemblati diverse volte e in combinazioni variabili) sarebbero ora la normalità; per lui sarebbe lei a vivere fuori della realtà, come fosse una «mosca bianca», e che dovrebbe perciò accettare il mondo così, come va. Martina, avendo conosciuto il Signore, a tale schema socio-familiare non ci sta, né vuole mischiarsi con una famiglia (la nuova del padre), che non le appartiene; anche perciò preferisce tenere a distanza lui e il suo «nucleo di convivenza».

 

 

1. {Maurizio Marino}

 

Contributo: Certamente è difficile dare dei consigli su cosa dovrebbe fare o non fare Martina. Questo significherebbe essere superficiali. La prima cosa che mi viene però in mente, sono le parole che Gesù disse sulla croce: «Padre, perdona loro perché non sanno quello fanno». Gesù chiedeva al Padre di perdonare perché, io penso, che in se stesso Egli aveva già perdonato. Per quale motivo? Perché conosceva la malvagità del peccato e le sue conseguenze. Egli è morto per liberare l’umanità da tale schiavitù. L’umanità è ignorante della malvagità del peccato. E per ciò era disposto a perdonare, non perché lo meritassero.

     Anch’io, per altre cose, mi sono trovato in situazioni simili con mia madre. È stato durissimo per me accettare il male, che mi veniva da lei. In punto di morte le ho concesso il mio perdono e le ho chiesto di perdonarmi nelle cose, in cui io ero stato mancante nei suoi riguardi. Ma la ferita sanguinò ancora per molto tempo, anche se ero poi diventato un credente. Un giorno ho capito che, anche se lei era morta, dovevo concederle il perdono davanti al mio Signore, perché mia madre non aveva avuto l’opportunità di conoscere e capire la gravità del peccato e le conseguenze, che esso porta. Se Gesù era stato disposto a perdonare i propri carnefici, chi ero io a non dover perdonare mia madre! È vero, avrei tanto desiderato che lei comprendesse il male, che aveva fatto verso di me, che si ravvedesse, che cambiasse vita... ma questo non dipende da me! Molte volte il perdono è dato con leggerezza, tanto per andare avanti, senza convinzione; ma, alcune volte, siamo chiamati a perdonare... per fede!

     Altra cosa è diventare «pappa e ciccia», non so se mi spiego! {13-08-2013}

 

Nicola Martella: Riguardo al perdonare il padre, si veda la nota iniziale. La questione, per quanto ho capito da Martina, non è tanto il perdono, che ella afferma di aver concesso al padre nel suo cuore, quanto la gestione dei rapporti con un padre, che lei dapprima ha visto come traditore dell’idillio famigliare, poi come assente nella sua vita (lui si è dedicato al suo nuovo nucleo familiare) e negli ultimi anni come uno che, sebbene estraneo, vuol fare il «padre» e invadere la sua vita.

 

Maurizio Marino: Quindi, Martina non sa bene cosa fare? Ebbene, io sono convinto che tutto deve passare attraverso il perdono concesso al padre. Senza di questo non ci può essere comunicazione. Con le sue richieste il padre le sta chiedendo, a suo modo, di essere perdonato.

     Questo però non significa diventare «pappa e ciccia», come ho detto precedentemente, e il papà lo deve capire. Se il padre ha veramente compreso e maturato i suoi sbagli e vorrebbe cambiare, non può pretendere un colpo di spugna, che cancella ogni cosa. E neanche pretendere dalla figlia cose, a cui lui stesso ha mancato per primo. Se il papà ha acquisito un minimo di saggezza, impari a fare i primi passi. Poi, il tempo mostrerà le cose come stanno. D’altro canto, Martina deve concedere un minimo di apertura alla comunicazione, anche per testare la veracità dei sentimenti e della volontà del padre. Capisco che questo potrebbe riaprire le ferite e farle sanguinare di nuovo, ma ora lei ha un Padre con la «P» maiuscola, che non la abbandonerà mai e si prende cura di lei. {13-08-2013}

 

 

2. {Michela De Rose}

 

Ho vissuto personalmente ciò, che ora si trova ad affrontare Martina. Nostro padre, quando avevamo appena qualche anno, ci abbandonò, andando via di casa con una donna slava. Noi fummo rinchiusi in un orfanotrofio, dopo un grave incidente che ebbe nostra madre. Dopo tanti anni, lui ci cercò con la scusa di voler ricucire quei rapporti strappati tanti anni prima. Noi tutti eravamo ormai diventati credenti e avevamo compreso il bisogno di perdonare nostro padre, per quanto male ci aveva causato da bambini. Ci fu allora un chiarimento, ma questo non cambiò affatto il suo rapporto con noi, aveva la sua famiglia e noi ormai la nostra vita. Per quanto pensammo che si potesse ricominciare, non fu così, lui si rivelò incapace di fare il padre. Il suo modo di vivere era ormai concentrato sulla vita con la sua nuova famiglia; e infatti dopo pochissimo tempo ritornò nell’ombra. Ora sono anni che non lo vediamo più; e nemmeno la sua voglia di essere padre anche per noi, sembra più interessargli. Una cosa è certa: noi quattro suoi figli siamo «figli di Dio», ed è questo che importa. Non preoccuparti, Martina, tu cerca di essere te stessa. Se è da Dio, nulla potrà impedirti di provare ancora gioia, per un padre terreno; altrimenti tutto finirà con un inizio senza seguito. Il fatto che lui ti abbia tradito come padre... questo ti ha reso una persona speciale, perché pur avendo vissuta una tempesta così grande, ne sei uscita rafforzata. Fidati di Dio e Lui personalmente ti condurrà nel modo che Lo onori. {13-08-2013}

 

 

3. {Liliane Vitanza Hoffer}

 

Contributo: Nelle valutazioni provvisorie, Nicola mette il dito sul comportamento di un padre, alquanto strano direi. Non mi dà l’impressione di aver capito di che si tratta; e ci si può chiedere che cosa lui voglia veramente. Un principio fondamentale del perdono è che perdono non vuol dire riconciliazione! Perdonare è un conto, riconciliarsi un altro. Questo lo possiamo vedere nei casi di abusi, incesti eccetera. Martina può informare suo padre — a voce o tramite lettera — rla di averlo perdonato nel cuore, ma davanti a Dio l’ha fatto? Prova ancora rancore o amarezza?

 

Nicola Martella: Vorrei evidenziare due cose molto interessanti in tale contributo, per poi poterle verificare: ▪ 1. la differenza fra perdonare e riconciliarsi; ▪ 2. la differenza fra perdonare nel cuore e davanti a Dio.

     Sul primo punto si noti che in Romani 5,10 «riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo» e «saremo salvati mediante la sua vita» sono due atti distinti (cfr. v. 11). Anche in 2 Corinzi 5,18-21 si prende atto di una cosa simile: Duemila anni fa «Dio riconciliava con sé il mondo in Cristo non imputando agli uomini le loro trasgressioni» (v. 19), ossia ha offerto loro il perdono, ascrivendo agli uomini i meriti di Cristo (v. 21); eppure ciò da solo non li salva, poiché manca ancora l’atto, in cui gli uomini si riconcilino con Dio (v. 20).

     Riguardo al secondo punto, pur essendo illuminante, sul piano logico, una differenza fra perdonare nel cuore e davanti a Dio, bisognerebbe mostrare con la Bibbia dove e come essa sia scritturalmente sostenibile. Cerco di abbozzare un cammino al riguardo. La Scrittura insegna che si prova un rimorso nel cuore per qualcosa e poi ci si rivolge a Dio per essa, quando si è commesso qualche stoltezza (2 Sm 24,10). Salomone disse pubblicamente a Dio: «Tu conosci il cuore d’ognuno; poiché tu solo conosci il cuore di tutti i figli degli uomini» (1 Re 8,39); ciò suggerirebbe che ciò, che avviene nel cuore, avviene dinanzi a Lui. Si noti che anche di ciò, che accadeva socialmente, in privato fra due famiglie, come avveniva allora il matrimonio, Dio disse: «Io sono testimone» (2,14). Si parla di perdonare o meno di cuore al proprio fratello (Mt 18,35). Di un perdonare qualcun altro dinanzi a Dio — di là da ciò che possa praticamente significare — non c’è una traccia concreta nella Scrittura (per un generale atto di espiazione rituale cfr. Nu 15,25.28); l’unico caso è all’opposto (Gr 18,23). Dinanzi a Dio si confessa specialmente il proprio peccato, alfine di ottenere perdono (cfr. 2 Sm 12,13; 24,10; Sal 32,5). L’unico brano, che ho trovato, riguarda qualcuno che aveva pesantemente criticato pubblicamente Paolo, in sua assenza, dinanzi alla chiesa di Corinto; essa lo rimproverò pubblicamente e lo mise sotto disciplina (2 Cor 2,5-11). L’apostolo chiese alla chiesa di perdonarlo e confortarlo, visto che costui si era pentito. Poi aggiunse: «Ora, a chi voi perdonate qualcosa, perdono anch’io; poiché anch’io quel che ho perdonato, se ho perdonato qualcosa, l’ho fatto a causa vostra, nel cospetto di Cristo» (v. 10). Tuttavia, ciò non significava altro che quando l’apostolo si decise in cuor suo di perdonare a tale persona, ciò avvenne dinanzi a Cristo.

     Forse qualche altro può illuminarci in merito.

 

 

4. {Antonino Cannatella}

 

Contributo: Certamente, Martina ha le sue ragioni riguardo a suo padre, alle sue delusioni, alle frustrazioni, alle rabbia interiore per l’abbandono, alle malattia che la colpita; nel momento che aveva bisogno del papà lui non c’era. Capisco il suo cuore amareggiato, ma credo nello stesso tempo che il padre, dietro alle quinte, l’ha seguita di nascosto, cercando anche qualche contatto. Non so quanti anni sono passati, il tempo porta a fare due cose: ▪ 1. indurire di più il cuore; ▪ 2. chiudere la ferita (anche se rimane la cicatrice). Io consiglierei a Martina di perdonare suo padre (sopratutto ora che ha conosciuto l’amore di Dio Padre); magari per la grazia di Dio si può convertire anche il papà, e riavere una famiglia unita. Ciò che il diavolo aveva distrutto, ora si può tutto riconciliare, ed essere felici nel Signore. Che Dio strabenedica Martina e che ella possa fare la giusta decisione. {13-08-2013}

 

Nicola Martella: Riguardo al perdonare il padre, si veda la nota iniziale. Certamente, Martina può rispondere da sé, se vuole, spiegando i singoli punti. Io faccio presente quanto segue.

     ■ Sono passati circa 15 anni dall’ultima separazione, quella definitiva tra i genitori di Martina.

     ■ Il padre ha formato un nuovo «nucleo di convivenza» con prole acquisita. Come si fa ad avere quindi una «famiglia unita»?

     ■ Nel contributo precedente è stato mostrata la differenza fra perdonare e riconciliarsi o, come è stato espresso en primo contributo, tornare a essere «pappa e ciccia».

 

 

5. {Marisa Fichera}

 

Ci sono tantissimi casi come questi. Ho pure ascoltato personalmente situazioni del genere vissute da ragazze, che poi sono diventate credenti nel Signore. Tuttavia, hanno fatto fatica perché in base alle ferite ricevute, per riuscire a perdonare e riprendere il rapporto con la persona, che ti ha messo al mondo, ciò porta con sé davvero un duro lavoro interiore e un supporto psicologico. Spero innanzitutto che abbia un buon consiglio spirituale e amorevole dal parte di chi pastura questa pecorella ferita, e che lei a mano a mano possa non solo perdonare il suo papà — come Gesù ha perdonato noi sulla croce, esempio misericordioso e amorevole — e poi che possa annunciare nel contempo la parola della grazia. Il cammino forse sarà lungo e doloroso nella ricerca interiore del perdono, ma dove c’è perdono, c’è conquista di anime e manifestazione del grande amore di Dio, guarigione e benedizione. {13-08-2013}

 

N.d.R.: Riguardo al perdonare il padre, si veda la nota iniziale.

 

 

6. {Michele Savino}

 

Contributo: Dal punto di vista umano, Martina avrebbe tutte le ragioni per chiudere la «porta» a suo padre; ma noi siamo chiamati dal Signore a valutare le cose in modo diverso. Dio ci chiama sempre e comunque a perdonare (anche ai «nemici», quelli con cui non si vorrebbe avere nessuna relazione), essendo compassionevoli, come Lui è compassionevole. Anche il giovane della parabola andò via da casa, tradendo la fiducia di suo padre. Dopo anni di esperienze negative, questo giovane comprese i suoi errori e maturò in lui la convinzione di poter riallacciare un rapporto con suo padre, anche da schiavo indegno. Il fatto incredibile del racconto è che suo padre l’attendeva; probabilmente ogni giorno aumentava in lui il desiderio di vedere il figlio tornare. Quando s’incontrarono suo padre non volle sapere nulla del passato, gli interessava il presente: suo figlio era perduto, ma era tornato in vita. Era tornato a casa, nel senso che aveva riallacciato l’antico rapporto. Questa è una bellissima figura del nostro Dio, che è un perfetto Padre, a differenza nostra.

     Ora non so se il papà di Martina sia sincero o meno, sia o meno animato da buone intenzioni, ma ha il diritto di avere una possibilità (quella stesa che Dio non nega all’uomo) di essere perdonato! Se il papà non è sincero, peggio per lui, anche questo Dio metterà in conto nel giorno del giudizio. Dio possa benedirla e dargli la saggezza di fare la cosa giusta! {13-08-2013}

 

Salvatore Paone: Non tutti hanno tale forza. È non tutti sono credenti spirituali. {13-08-2013}

 

Michele Savino: Il cammino cristiano non è facile, neppure per i cosiddetti «spirituali». Un giovane ricco andò via rattristato perché, secondo lui, era impossibile fare quello, che gli ordinava Gesù. Non aveva bisogno di forza ma di fede. E se la sua fede fosse stata grande anche «quanto un seme di senape» la «porta» del cielo si sarebbe spalancata per lui! Non è questione di spiritualità, ma di fede e di attaccamento alla Parola del Signore. Con i «se» e con i «ma» non si va molto lontano. {13-08-2013}

 

Nicola Martella: Non entro nel merito della questione del perdono, rimandando alla nota iniziale. Faccio notare che amare il nemico non significa adeguarsi ai suoi principi morali, diventare tollerante verso il male o concorrere al male insieme a lui. Nessuno «ha il diritto di avere una possibilità… di essere perdonato»; altrimenti, Dio sarebbe debitore dell’uomo. Dove avviene il perdono (di Dio o degli uomini) è grazia. Che poi dobbiamo imitare Dio, ciò è fuor di dubbio (Mt 6,12).

 

 

7. {Rita Fabi}

 

Contributo: Quando qualcuno ti fa un torto, di solito il primo sentimento, che hai, è rabbia. Poi, quando ti sei calmato, ti trovi necessariamente davanti ad alcune scelte da fare. Molti permetterebbero al proprio odio di crescere e diventare un mostro, che domina la loro vita. Altri diventerebbero uomini o donne pieni di amarezza e di risentimento, che non vedono l’ora di avere tra le mani chi li ha offesi, per fargliela pagare. Infine, quelli più diplomatici, terrebbero tutto dentro, senza mai dimenticare il male ricevuto e senza mai aver veramente perdonato.

     C’è un personaggio della Bibbia che ha subito questo tipo di tradimento da parte dei familiari: è Giuseppe, il figlio di Giacobbe Sono passati 22 anni da quando è stato venduto dai suoi fratelli: ora è viceré d’Egitto e ha il compito di gestire 7 anni di carestia. Giacobbe ha saputo che in Egitto c’è grano, perciò ci manda i suoi figli per comprarlo. Loro non sanno niente di Giuseppe, da quando lo hanno venduto, e non sanno che è proprio lui a gestire la vendita del grano; perciò si trovano inevitabilmente davanti a lui. Non lo riconoscono, ma Giuseppe sì: quale migliore occasione per mettere in atto la vendetta, oppure scacciarli lontano e non doverli vedere mai più; in fin dei conti loro erano i suoi fratelli e l’hanno venduto come schiavo.

     Ma stranamente il duro trattamento ricevuto non ha prodotto in lui l’amarezza e l’odio che ci saremmo aspettati. Dopo essersi informato sulla salute di loro padre e averli messi più volte alla prova, si fa riconoscere e il suo è un comportamento completamente diverso da quello che odio, violenza e schiavitù avrebbero naturalmente prodotto in un uomo. Non è difficile immaginare cosa si aspettavano di sentire dalla bocca di Giuseppe: «Bene ragazzi, mi avete trattato come spazzatura, mi avete fatto vivere il peggio che un uomo si aspetterebbe dalla vita. Ho passato 22 anni ad attendere questo momento e ora che siete qui: ve la farò pagare; d’altronde la vostra vita è nelle mie mani!».

     Niente di tutto questo: nessun rancore, nessuna parola che rivanghi il passato, a parte poche parole ma nessuna parola di vendetta: «Io sono Giuseppe; mio padre vive ancora?». Giuseppe è interessato a farsi riconoscere e a sapere come sta suo padre; non gli importa che i suoi fratelli sappiano quello, che ha passato a causa loro. L’unico suo interesse è riconciliarsi con loro e, per farlo, è lui che compie il primo passo.

     Spesso siamo troppo concentrati sulla persona, che ci ha procurato del male, a tal punto che siamo decisi a non perdonarla, fino a quando non vediamo un cambiamento o almeno fino a che non viene a chiederci di essere perdonato. Probabilmente uno può anche pensare: «Non mi riuscirà mai di perdonare quella persona. Se devo essere onesto tutto quello che sento, è che paghi per il male, che mi ha fatto. Come posso avere un atteggiamento di perdono, quando dentro di me c’è desiderio di vendetta o la speranza che Dio stesso infligga la sua vendetta al posto mio?». Ma c’è un’altra scelta ed è quella, che ha fatto Giuseppe. Probabilmente anche lui provò rabbia e amarezza, forse i primi tempi da schiavo in casa di Potifar o quando fu messo in prigione ingiustamente; ma Giuseppe non permise a questi sentimenti di dominare la sua vita. Giuseppe fece una scelta: perdonare i suoi fratelli e lasciare a Dio di occuparsi di loro.

     Questo è ciò che penso io. So che è difficile per un credente maturo perdonare un familiare, che ci ha fatto tanto soffrire; per una ragazza e per di più figlia lo è ancora di più. Tuttavia, ora lei è una credente, e passare oltre sul sentimento dell’amarezza, è il passo giusto per iniziare quel nuovo cammino con Dio, che Egli le ha concesso, perdonando lei dei suoi peccati. Se posso riprendere le ultime parole della persona che mi ha preceduta anche io direi: «Non è questione di spiritualità, ma di fede e di attaccamento alla Parola del Signore». {13-08-2013}

 

Salvatore Paone: Se fosse così facile, Paolo non avrebbe avuto tante preoccupazioni; se fosse così facile perdonare e ingoiare dei rospi, non staremmo neppure a commentare. Per fare questa nota, evidentemente il problema c’è ed è anche molto complesso; non trovate? La Bibbia dice anche riguardo ai genitori di non istigare i propri figli a ira; a tal proposito una ragione ci sarà. Siamo chiamati a perdonare, a non rendere male per male e così via. Inoltre, essere un credente spirituale significa, a prescindere, avere fede, sennò, non sarebbe spirituale; è la fede a determinare lo Spirito Santo nella nostra vita. {13-08-2013}

 

Nicola Martella: Ringrazio Rita Fabi per l’eloquente trattazione sul perdono e sulla dinamica del risentimento e delle sue conseguenze, usando l’esempio luminoso di Giuseppe e dei suoi fratelli. Riguardo al perdonare il padre, per non ripetermi, si veda la nota iniziale.

 

 

8. {Pietro Calenzo}

 

Ritengo, caro Nicola, che sia un argomento difficile. In linea di massima le situazioni di fatto non vanno alterate, altrimenti si rischia d’ingarbugliare maggiormente le già precarie realtà famigliari esistenti o consolidate. Se il papà, oltre allo «ius sanguinis», chiedesse col cuore perdono alla figlia, signora Martina, suggerirei ovviamente di accogliere tale richiesta, specificando con franchezza quali sarebbero le condizioni nuove per ristabilire dei contatti per relazionarsi con il papà. Nella vita con il suo fidanzato, il papà non può pretendere nulla, tantomeno d’interferire nel suo menage. Qualche saggio consiglio del papà può essere ascoltato come tale: consiglio. In tutto il quadro sarebbe opportuno ovviamente non scordarsi di un’altra persona, che ha molto sofferto: la mamma; bisogna ascoltare profondamente il suo sentire. Se il papà chiederà autenticamente perdono, mai nulla tornerà come prima; ma è pur vero che qualche ponte levatoio, da ben ponderare e stabilire, può essere gettato. Tutto dipende dal cuore del papà. Naturalmente, la conversione del padre della sor. Martina renderebbe tutto più facile, lineare, santo. Benedizioni in Gesù, il Cristo. {14-08-2013}

 

 

9. {Nunzio Nicastro}

 

C’e un proverbio che dice: «Chi non c’è in mezzo al problema, non può capire e comprendere». Chi ha fatto esperienze simili, è buono, che li racconta. Il consiglio che do a Martina è di non avere risentimenti e amarezze. Pregare per suo padre, perché si ravveda e riconosca gli sbagli che ha fatto, e metterlo nelle mani del Signore, perché agisca Lui a farlo riflettere, a ravvedersi e tornare da dove ha peccato.

     Non avere niente a che fare con suo padre, non vedo che sia la soluzione giusta; quello che ha commesso suo padre non deve costituire un peccato imperdonabile.

     Abbiamo un esempio del re Davide, un uomo credente e timorato di Dio, che è caduto nel fango completo, trasgredendo metà dei comandamenti (cfr. 2 Sam 11,12; Sal 32,51). Davide meritava la morte secondo la legge; ma Dio usò misericordia e grazia, parlandogli tramite il profeta Natan. Davide riflette, ritorna in sé, chiede perdono; ma la conseguenza del suo peccato rimane: Dio fa morire il nascituro. Dio non ritiene innocente chi ha peccato, chiudendosi un occhio, ma agisce secondo il suo amore, la sua misericordia, la sua grazia, la sua giustizia e il suo giudizio. Spesse volte non comprendiamo noi, suoi figli, che siamo limitati.

     Martina, cammina secondo ciò, che Gesù ha insegnato nel sermone del monte, e agisci di conseguenza; e sicuramente troverai pace nel tuo cuore. {14-08-2013}

 

 

10. {Franco Cicala}

 

Per qual causa dovrebbe intervenire nella vita privata e nelle scelte di Martina, quando è stato assente durante la maturazione della giovane e quando è stato un padre, che avrebbe aiutato la figlia a prendere decisioni sagge per la sua vita?

     Con quale coraggio dovrebbe scavalcare la mamma di Martina, che le ha fatto da padre e da madre per tutta la vita? Ora vorrebbe avere l’autorità di decidere per lei. È veramente assurdo questo atteggiamento; e credo che Martina farebbe bene a evitarlo, se questi continua con le sue assurdità di «datore-dittatore» delle scelte di Martina.

     Se Martina, solo dal punto di vista affettivo, nutrisse qualcosa per il padre, che lo faccia, non se ne privi, perdoni. Ma a parer mio, non è obbligata ad avere un rapporto col padre, come se nulla fosse successo, se prima il padre non riconosce di aver tradito l’amore e gli affetti per Martina, fallendo nel compito di padre. Ora, egli potrebbe ricercare delicatamente l’affetto della figlia e non entrare a piedi uniti nella vita e nelle scelte di Martina. {19-08-2013}

 

 

11. {Santina Rallo}

 

Dio ha perdonato briganti, assassini, pedofili… ha perdonato noi! Io credo che noi tutti non meritavamo il suo perdono! Ci ha fatto grazia, ci ha usato misericordia. Chi siamo noi a non dovere perdonare gli altri? Io personalmente l’avrei perdonato! In fin dei conti, quell’uomo è nelle mani del diavolo, che lo palleggia, non è lui, è vittima di satana e di se stesso! Martina se ha l’amore di Dio nel suo cuore, deve mostrare a suo padre che è pronta a perdonarlo, accettarlo così com’è! Dio lo lavorerà, non dorme e non sonnecchia, sa come compungere il suo cuore e piegarlo. Martina faccia la sua parte; non avrà rimorso col passare degli anni, di non averlo perdonato. Capisco che ha subito tanta amarezza, delusioni, ma una cristiana deve perdonare, qualsiasi cosa abbia subito! Ancora non ci hanno messo in croce come Gesù. Da innocente disse sulla croce: «Padre perdona loro!».

     Avevo dimenticato che Martina lo ha perdonato; però può avere sempre un contatto con Lui. Potrebbe invitarlo, fare il primo passo, telefonargli; così gli metterà carboni accesi sul suo capo, anche se lui non lo fa! Insomma, un vero perdono con fatti! Così gli mostrerà l’amore di Dio! {22-08-2013}

 

 

12. {Tina Campanella-Soccio}

 

Si può capire questa storia. Anche se Martina ha perdonato, se mi posso permettere (non conosco la persona), c’è ancora un lungo camino, c’è da accettare questa triste fase della sua vita. Si nota nel testo, che le ferite non sono guarite, c’è ancora dietro tutta la sofferenza nell’attitudine allergica; forse c’è il rifiuto di accettarlo ancora come padre? Credo che questa situazione può anche mantenerla in uno stato di depressione, fin quando non è totalmente guarita e consolata dal Signore; la cura pastorale può essere un grande aiuto. (Forse l’ha già fatto?) Ma un giorno riuscirà anche a dire a Dio: «Perdonalo, perche non sa quello che ha fatto»?{17-08-2013}

 

 

13. {}

 

 

14. {}

 

 

15. {Vari e medi}

 

Salvatore Paone: È molto difficile dare un consiglio a Martina in questa circostanza. Il padre si è creato un nuovo nucleo familiare; così facendo ha perso la legittimità di padre? Si può fare il padre a distanza, avendo lasciato nel cuore di Martina delle ferite? Io personalmente ho dei seri dubbi. Il padre dovrà, per conseguenza, rinunciare a voler sapere della vita di Martina. Se avesse avuto interesse vero nei confronti della figlia (mi pare pure malata), non l’avrebbe mai lasciata, pur avendosi creata una nuova famiglia. {13-08-2013}

 

Ivaldo Indomiti: Debbo convenire con te, Nicola, che l’argomento non è né facile per chi ha subito il problema, né facile per chi deve sostenere con consigli quell’anima ferita: Martina. Anch’io concordo al 100% che sarà il Signore a dare a Martina la «linea guida» giusta da seguire. Le soluzioni, che hai prospettate, possono lenire una sofferenza a scapito di altre recondite. Chissà se quell’uomo arriverà a conoscere personalmente Gesù! Se ciò avvenisse, cosa farebbe Martina con un fratello in fede e padre nello stesso tempo? Sono domande di difficile risoluzione. Comunque grazie per queste tue riflessioni. {13-08-2013}

 

Franco Giudetti: Se non fossi cristiano, direi: «Brava, Martina, fai bene di non dialogare con tuo padre». Ma dato che sono cristiano, le devo dire: «Ricordati che anche tu sei stata perdonata dal tuo Padre spirituale, e ti ha accolto così come tu sei, senza chiederti nessuna spiegazione del tuo operato di quando vivevi nel mondo». Certo non è facile fare il passo. Prega, chiedi consiglio a Dio, e vedrai che ti aiuterà; ascolta il tuo cuore. {22-08-2013}

 

 

16. {Vari e brevi}

 

Donatella Soldini: Penso che come cristiani bisogna perdonare, come Dio perdona noi, tutte le volte che sbagliamo. Penso che questo padre deve avere almeno una possibilità, per poter riallacciare il rapporto con la figlia. {13-08-2013}

 

Mariagrazia Valiri: Solo con l’aiuto di Dio si può perdonare; umanamente non si può. {16-08-2013}

 

Yrma De La Cruz: Chi ha realmente conosciuto il sacrificio de Gesù per noi, può solo perdonare con il cuore. {17-08-2013}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Padre_fedifrago_GeR.htm

15-08-2013; Aggiornamento: 18-09-2013

 

Bild-Pac ▲ Vai a inizio pagina ▲
Proprietà letteraria riservata
© Punto°A°Croce