Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Sesso & affini 1

 

Riuscire nella vita

 

 

 

 

Sesso & affini

Sessualità e contestiSesso & affini 1: Qui è trattata la sessualità nella società e nella Bibbia. Ecco le parti principali:
■ La questione della sessualità
■ Società e sesso
■ Sessualità e Bibbia
■ Etica e Bibbia
■ Fra etica ed estetica
■ Sessualità e istruzione
■ Singolarità dei due sessi

 

Tenerezza e fedeltàSesso & affini 2: Qui sono presentati alcuni consigli per vivere una sessualità matrimoniale felice. Ecco le parti principali:
■ Fra rinuncia e attesa
■ Prima del matrimonio
■ Il matrimonio
■ Matrimonio e sesso
■ Questioni di sessualità coniugale
■ La procreazione
■ Relazioni eterosessuali proble-matiche

 

Disturbi e abusiSesso & affini 3: Qui sono trattati i problemi del sesso e le sue deviazioni. Ecco le parti principali:
■ Aspetti della consulenza
■ I disturbi della sessualità
■ Le deviazioni sessuali
■ L’abuso sessuale
■ Sesso e consumismo
■ Dipendenza da sesso
■ Casi ed esempi
■ Dizionarietto dei termini
■ Una lettura del Cantico dei Cantici
■ Foglio d’analisi

 

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Sesso & affini 2

 

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TRADITA DAL PADRE FEDIFRAGO

 

 di Nicola Martella

 

 

1. ENTRIAMO IN TEMA: Ho avuto occasione di conoscere una giovane donna, che chiamiamo qui Martina, e di ascoltare il suo dramma esistenziale, che l’ha alquanto segnata personalmente. Da anni sta combattendo anche contro una grave malattia, che l’ha resa combattiva e tenace; ma non è di questo, di cui voglio parlare qui di seguito. Quando lei aveva 15 anni, da un giorno a un altro, suo padre spezzò l’idillio di famiglia felice, di cui ella era figlia unica. In pratica il padre abbandonò sua madre e lei e seguì un’altra donna. Martina si sentì così tradita da suo padre che, da allora in poi, non vuole mai più avere contatti con lui. Egli, intanto, si è formato una nuova famiglia con la sua attuale compagna.

     Poi, a distanza di vari lustri, suo padre cercò di riprendere i contatti con lei, usando questo «ritornello»: «Io sono, nonostante tutto, tuo padre. Perciò, devo essere al corrente della tua vita. Ho il dovere di interessarmi a te. E così via». Martina ritiene che lui è arrivato a voler fare il «padre» troppo tardi, quando lei è oramai una donna; ma lui non c’era stato allora, quando nella pubertà aveva bisogno di lui. Perciò, non sente il bisogno di comunicare con lui, di metterlo al corrente della sue cose e di ascoltare i suoi consigli. Anche nel periodo acuto della sua pesante malattia, lui non è stato presente; né lei lo vuole più presente nella sua vita come avrebbe dovuto né nel suo travaglio con un male, che deve essere continuamente controllato.

     Da non molto tempo, Martina ha conosciuto il Signore e lo ha accettato come Salvatore e Signore della propria vita. Ella vuole fare la volontà di Dio in ogni cosa. Tuttavia, ritiene che un uomo, che ha rovinato la vita sua e di sua madre, sia da condannare biblicamente parlando e non debba avere spazio nella sua vita, per sindacarla e magari portare altro dolore in essa.

     Ho chiesto a Martina di scrivermi una lettera, in cui ella stessa presenta alcuni aspetti della sua vicenda. Abbiamo concordato di mettere tutto ciò sul sito in discussione, perché altri credenti possano intervenire per dare il proprio parere, fondando le loro risposte su un’analisi biblica e sula competenza. Le ho dato uno pseudonimo, per proteggere la sua privatezza e affinché non diventi una questione personale.

 

 

2. IL SUO PUNTO DI VISTA DIRETTO: Caro Nicola, ti ho già accennato alla questione con mio padre. Dopo un anno dall’ultimo contatto con lui, ho ricevuto da lui un SMS; un po’ mi ha turbata, perché non me l’aspettavo proprio. Un anno fa, in seguito a una discussione, che ho avuto con lui prima e con sua madre il giorno successivo, non l’ho più sentito, perché non mi ha più cercata, come gli avevo chiesto io. Lui vuole avere mie notizie, vorrebbe che io avessi una relazione con lui, ma io per il momento non me la sento. Ha la sua vita.

     Quando avevo 15 anni, egli ha fatto le sue scelte, che purtroppo hanno provocato delle conseguenze. Io inizialmente provavo molta rabbia e non volevo perdonarlo, anche perché vedevo mia madre soffrire e il sogno di una famiglia unita infranta; poi il tempo ha attenuato le ferite. Dentro di me l’ho perdonato, ma non voglio avere rapporti con lui e la sua nuova famiglia. Egli deve accettare che, non perché è mio padre, ha diritti sulla mia vita. Spesso mi ripeteva «Sono tuo padre, devo sapere questo e quello». Oppure: «Sei mia figlia e non mi puoi escludere dalla tua vita». Io non l’ho escluso; è lui, che facendo la scelta di andare a vivere con un’altra donna, ha preso una strada alternativa alla famiglia, che aveva messo su. Ora, sono trascorsi diversi anni, ma io ho continuato per la mia strada e, anche quando mi sono ammalata e c’è stato un riavvicinamento, lui ha continuato con il suo atteggiamento un po’ invadente. Io l’ho allontanato, perché non riuscivo a vivere serenamente la mia vita. E un anno fa, c’è stata la discussione, alla quale ha preso parte anche il mio fidanzato, per difendermi, visto che da pochi giorni ero uscita dall’ospedale, dopo l’intervento chirurgico.

     Durante l’ultimo anno, l’ho rivisto con la compagna e la prole di lei in macchina due o tre volte, ma non si è mai fermato. Ora, il contenuto del messaggio che mi ha mandato è questo: «Ciao Martina, mi auguro che questo SMS ti trovi in buona salute. Ormai è passato un anno dall’ultima volta che ci siamo sentiti; ancora (malgrado ci abbia pensato molto) non ho capito il motivo che ti fece arrabbiare. D’altronde troppe cose non capisco, ma c’è una cosa che più d’ogni altra non capisco e vorrei capire. Che razza di padre bastardo, che sono stato, per farti prendere la decisione di non volermi più vedere e sentire? Addirittura vengo a sapere che non posso avere tue notizie, le devo elemosinare. Se avessi coraggio andrei subito via da Tivoli, perché quelle poche volte che ti ho incontrato in macchina, mi sono vergognato di salutarti. Ti chiedo una cosa: vediamoci senza far passare altro tempo. Ti voglio un gran bene, tuo papà. P.S.: Non giudicarmi e apri il tuo cuore, tutto sarà più facile».

     Nicola, io vorrei essere ubbidiente al Signore e mi vorrei comportare come tale. Ti dico la verità, non ho risposto al messaggio e non avrei voglio di vedere mio padre, ribadirei quello già detto, anche perché ora mi sento bene.

     Ora, non so se questo è l’atteggiamento corretto davanti gli occhi del Signore; questo puoi sicuramente dirmelo tu, che conosci in modo approfondito la sua Parola. {03-08-2013}

 

 

3. ALCUNE VALUTAZIONI PROVVISORIE: Ammetto che è un tema pastorale difficile. Bisogna far collimare verità e amore, giustizia e misericordia. Non si può semplicemente passare su un passato così lungo e far finta che non ci sia stato. Quando si è stati così profondamente feriti, non può passare da un giorno a un altro il senso di tradimento, di abbandono, di delusione, di rabbia e di altre cose simili. Un padre assente nei tempi, in cui si aveva maggiormente bisogno di lui (pubertà, malattia), ora reclama di dover sapere della vita della figlia. Intanto Martina ha dovuto trovarsi altri punti paterni di riferimento, altri punti saldi per la sua malattia e le sue scelte di vita. Si può comprendere il fatto che ella senta più altri come famiglia che un padre, che è stato così distante.

     Ed egli perché vuole ora tali contatti più assidui e profondi con la figlia? Perché ora «deve sapere» di Martina? Per il bene verace della figlia o per mettere a tacere i propri sensi di colpa?

     Non mi avventurerò a un’analisi biblica troppo approfondita. Infatti, qui molte cose dipendono dalla guarigione interiore di Martina, dalla sua libertà interiore, dalla sua disponibilità a dare spazio a chi lei vede come un estraneo, se non addirittura come un intruso.

     Come valutare un uomo, che abbandona la sua casa, per mettersi insieme a un’altra compagna? Dal punto del diritto biblico, tale uomo ha infranto il patto matrimoniale, è sleale e fedifrago (Mal 2,14s), poiché ha ripudiato la moglie senza giusta causa (v. 16); perciò, per la legge mosaica lo ritiene adultero e, quindi, degno di morte (Lv 20,10). Nel nuovo patto le cose non sono cambiate sul piano morale (Mc 10,11s; cfr. Rm 7,3); solo la comminazione della pena dipende dalle leggi nazionali. Quindi, almeno sul piano teorico, considerare il fedifrago socialmente «morto», ossia escluso dalla propria vita, non è moralmente riprovevole dal punto di vista biblico (cfr. Sal 15,4a).

     Anche Gesù stesso prevedeva di poter considerare qualcuno come «il pagano e il pubblicano» (Mt 18,17), ossia persone da evitare come la peste. Un principio di esclusione si trova anche in altri brani del NT (cfr. 1 Cor 5,11ss). Si obietterà che in tali brani si trattava di credenti; in ogni modo, un principio generale rimane. Esiste in effetti una falsa concezione del perdono cristiano, che non implica ravvedimento, mutamento di vita, richiesta di perdono, ristabilimento del diritto e quant’altro. Tutto ciò è solo un surrogato della realtà biblica, che rende la grazia e il perdono a poco prezzo.

     Una domanda che sorge è la seguente: Si può perdonare qualcuno, senza voler avere più a che fare con lui? La risposta è difficile e dipende da tanti fattori. Che significa «perdonare»? Magari per qualcuno significa aver trovato pace in se stessi su una certa questione, per non sentire più rabbia verso l’altro e per non cercare motivo o occasione per «punire» l’altro e dargli ciò, che si merita. Il risvolto di ciò è la desistenza e il disinteresse completo per tale persona, con cui non si vuole avere nulla a che fare. Certo, dove l’altro è insensibile a un vero ravvedimento con tutte le sue conseguenze (vedi sopra), si può arrivare a tale patto di desistenza con la propria coscienza. Il perdono biblico è, in realtà, un «condono» e si dà sempre e solo a chi ne fa richiesta, ammette il proprio abuso, è disposto a mutare vita e a prendere su di sé le relative sanzioni (per il principio del risarcimento adeguato alla base del perdono cfr. Lv 5,16; Lv 6,5; 22,14; Nu 5,7; cfr. anche Lv 27,13.15.19.27).

     Anche laddove ci fossero le basi del perdono, bisogna per forza entrare in una compagine sociale (p.es. nuova famiglia del padre), che si ritiene peccaminosa? In teoria non si è obbligati; ed è difficile far finta di nulla e cercare di incontrare il padre sempre in zona neutrale e senza la famiglia di lui. In effetti, Martina ritiene di non voler avere nulla a che fare con la nuova famiglia del padre; anche per questo lo tiene distante. Tale famiglia, per cui il padre si è deciso, è costata la felicità alla sua e le ha derubato la serenità negli anni della sua giovinezza. In tali circostanze, ogni avvicinamento al padre sarebbe in effetti per le fonte di tensioni, stress e altri problemi, che Martina non si può permettere con la malattia, che si ritrova, e in cui ogni elemento psicologico fuori luogo potrebbe mandare sottosopra tutti i suoi fattori vitali.

     Qualcuno certamente vorrà citare il brano del Decalogo: «Onora tuo padre e tua madre» (Es 20,12; Dt 5,16; cfr. Mt 15,4; 19,19; Ef 6,20); infatti, «un figlio onora suo padre» (Mal 1,6). Chiaramente tale verso indica il caso normale di un padre, che si è comportato in modo onorabile. Inoltre, tale comandamento bisogna leggerlo nel contesto della legge mosaica, che lasciava poco da onorare in caso di abbandono del tetto coniugale e dell’esercizio dell’adulterio. È scritto: «Il figlio, che fa vergogna e disonore, rovina suo padre» (Pr 19,26); ma è anche vero il contrario. Ricordo l’analisi di Dio per il ripudio senza giusta causa, ma per motivi carnali (per mettersi con un’altra donna magari più giovane): si tratta di un atto perfido verso la moglie della sua giovinezza; e chi fa ciò, «copre di violenza la sua veste» (Mal 2,15s). Dovrebbe un figlio onorare colui, che è spregevole e che Dio disprezza?

     Qualche altro ricorderà il comandamento di Gesù: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli, che vi perseguitano» (Mt 5,44). Ciò è vero e rimane una tappa importante verso la maturazione e il perfezionamento cristiano (v. 48). Tuttavia, questo non significa che dobbiamo compiacere loro in ciò che fanno di sbagliato, che dobbiamo tollerare i rapporti morali errati in cui vivono, che dobbiamo essere loro compagni (Ef 5,7; cfr. vv. 6.8) o che dobbiamo partecipare alle «opere infruttuose delle tenebre» (vv. 11s).

     Certamente ci sono altri aspetti da tener presente, come ad esempio poter essere di testimonianza al padre per l’Evangelo, in vista della sua conversione. Bisogna rinunciare ai propri sani principi morali per perseguire tale meta? Come si potrà essere luce, se non si è sale? L’annuncio dell’Evangelo può fare a meno dell’annuncio della verità, della giustizia e del giudizio? Si può voler annunciare il Salvatore, senza annunciare Gesù il Signore? Ricordo l’episodio del governatore Felice e di Drusilla, figlia di Erode Antipa I, che aveva abbandonato il suo legittimo marito, per sposarsi con Felice. Egli «mandò a chiamar Paolo, e l’ascoltò circa la fede in Cristo Gesù. Ma ragionando Paolo di giustizia, di autocontrollo e del giudizio a venire, Felice, tutto spaventato, replicò: “Per ora, vattene; e quando ne troverò l'opportunità, ti manderò a chiamare”» (At 24,24s). Paolo, come già Giovanni Battista (Mt 14,3s), non rinunciò a parlare di giustizia e di giudizio. Chi può dire che cosa serva di più per la conversione di qualcuno? (cfr. 1 Cor 7,16). Sarà la fermezza morale o l’accondiscendenza? È difficile a dirsi e a guardare nel consiglio segreto di Dio.

 

Che cosa necessita Martina? Certamente di crescita nella fede. Poi, anche di una guarigione interiore processuale, a cui seguirà una maturità spirituale. E in tutto ciò necessita della guida costante del Signore. Sarà Dio a convincerla della cosa migliore da fare, durante il cammino di santificazione e ubbidienza, anche nei rapporti con colui, che l’ha generata e poi anche abbandonata e che è stato la causa di tante sofferenze e mali nella sua vita.

     La cura pastorale può chiarire e illustrare la problematica, in cui qualcuno si trova, illuminandola da diversi punti di vista. Può anche condurre processualmente a una serie di bivi; ma a ognuno di essi è la persona in questione, che deve essere arrivata alla libertà di scegliere la via migliore, quella compatibile con la Parola di Dio, con la propria situazione esistenziale, con la propria coscienza e la propria maturità di fede. Ogni scelta coercitiva, invece di portare maggiore guarigione, aggiungerebbe maggiore sofferenza e sarebbe viepiù nociva.

     Che cosa dovrebbe fare Martina? Che cosa farà a questo punto? Certamente ha bisogno di buoni consigli scritturali. Ciò che non necessita, sono facili ricette piene di buonismo spiritualistico.

 

Tradita dal padre fedifrago? Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

Approfondimento di aspetti concomitanti

Il divorzio: come lo vivono i figli? {Nicola Martella} (T)

Separazione e divorzio dalla prospettiva dei figli {Nicola Martella} (A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Padre_fedifrago_S&A.htm

12-08-2013; Aggiornamento: 16-08-2013

 

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