Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Riflessioni fra cielo e terra: Aneddoti evangelici e non, e l’umorismo nella Bibbia.

  Ecco le rubriche principali:
■ Scenario biblico
■ Vita di comunità
■ Abbecedario riflessivo
■ Ad acta
■ Dietro il velo
■ Casella postale biblica
■ Variazione delle costanti
■ Puntigli e indovinelli
■ Sapienza da quattro soldi
■ Massime e minime
■ Col senno del poi.

 

È «psicoterapia biblica» in forma di umorismo.

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ESSERE E DARE TESTIMONIANZA? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Essere e dare testimonianza». Nella testimonianza cristiana ci vuole coerenza fra parole e fatti, fra annuncio e stile di vita, fra fede e opere, fra dottrina ed etica, e così via. Un altro elemento è la costanza nella fede (Evangelo), nell’amore (azione) e nella speranza (attesa e prospettive della fine). Inoltre, connessa a questi due elementi, c’è la questione della credibilità: gli altri non vedono Dio, ma vedono te; essi leggeranno dalla tua condotta quanto tu sia credibile nel messaggio, che proponi!

     Per questi motivi, essere testimonianza e dare testimonianza sono due parti della stessa medaglia. Chi predica bene e razzola male, svigorisce il messaggio che annuncia. Chi non diventa un esempio, un modello, un segno e un presagio con le sue parole e le sue opere, difficilmente sarà un monito per la coscienza altrui. Se tu non riconduci tutte le questioni e problematiche della tua propria vita a Cristo, difficilmente avrai qualcosa da comunicare agli altri.

     Infine, c’è la questione della passione per la «Buona Novella» e dello zelo nell’annunciarlo. Se non si brucia personalmente per Cristo, è difficile che altri vengano incendiati. Chi semina con mano debole e incostante, avrà poco da raccogliere.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Paola Sartori

2. Luisa Lauretta

3. Marina Mancinelli

4. Nicola Carlisi

5. Anna Fusco

6. Ursula Illiano

7. Pietro Calenzo

8. Salvatore Paone

9.

10.

11.

12. Vari e brevi

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Paola Sartori}

 

Un’ottima testimonianza per chi ci conosce è come viviamo la nostra vita; sempre che questa sia coerente con la Parola. Invece negli incontri occasionali è opportuno poter intervenire con esempi scritti nella Parola e mostrare come Dio è intervenuto nella mia vita, cambiandola e trasformandomi. A me piace molto parlare di Lui, di quanto meraviglioso Egli è, come se fosse una persona molto speciale in carne e ossa, ma esaltando la sua spiritualità. {30-04-2011}

 

 

2. {Luisa Lauretta}

 

Ho letto con interesse il tuo articolo Nicola, è sempre molto interessante. Molti cristiani, fra cui la sottoscritta, si sono lanciati con entusiasmo nell’impresa di «convertire» i propri parenti, provocando quasi sempre delle reazioni negative. Da questa esperienza ho imparato a parlare o a tacere, secondo la necessità. Sono convinta che la più grande responsabilità di coloro, che hanno appreso e continuano ad apprendere la verità, è quella di dare il buon esempio di vita: «Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli» (Matteo 5,16). Ancora Pietro esortò tutti i cristiani a tenere un buon comportamento, come possiamo leggere in 1 Pietro 2,12: «Avendo una buona condotta fra i Gentili, affinché laddove sparlano di voi come malfattori, essi per le vostre buone opere, che avranno osservate, glorifichino Dio nel giorno che egli li visiterà».

     Sono più che convinta che, quando Dio comincia a operare nella vita delle persone, queste stesse saranno un esempio vivente della gioia, che il Signore ha messo nel loro cuore. Non ritengo che far mostra della propria preparazione biblica abbia un effetto quasi sempre positivo, ma una vita ripiena di ardore, amore e gioia e affrontata senza ansia e frustrazioni, potrà senz’altro incuriosire di più. Chi si potrebbe lamentare di una moglie amorevole, di un vicino di casa simpatico e di un marito premuroso in famiglia? Il frutto dello Spirito, che dovrebbe abbondare in ogni credente, farà sicuramente «colpo» nei non credenti. E come dico sempre io: «I fatti contano più delle parole». {01-05-2011}

 

 

3. {Marina Mancinelli}

 

Credo che l’unico modo per dire ai nostri amici che siamo cristiani, sia «essere cristiani» nel vero senso della parola. Il nostro modo di vivere, il nostro modo di vestire, come ci poniamo con gli altri, essere testimoni di Cristo, cioè vivere Cristo ogni giorno sia il modo migliore. Non dobbiamo chiuderci o smettere di frequentare i nostri amici, solo perché non sono «credenti come noi»; possiamo, secondo me, anche uscire con loro, l’importante è non fare le stesse cose, che possono fare loro, ovvero bere alcolici in modo esagerato, dire parolacce, ecc., ecc. Lo scopo dev’essere quello di far notare che in Gesù Cristo siamo diversi in modo sano. Insomma in poche parole, non serve dire di essere cristiani, se il nostro comportamento dice il contrario. {02-05-2011}

 

 

4. {Nicola Carlisi}

 

Una vera e sana testimonianza per gli amici, che ci conoscono, è manifestare il nostro cambiamento di vita; ciò non deve avvenire non con le sole parole, che quasi spesso non accettano, ma con la verità che pratichiamo nella nuova vita, con l’essere imparziali, col non disprezzare alcuno, con un parlare sano... con l’amare ogni creatura. Con il dimostrare che la priorità viene data alla volontà di Dio, onorandolo in tutta la nostra condotta. Allora succederà che qualcuno crederà veramente in Gesù come suo Salvatore; il resto degli amici pian piano si allontanerà da noi. Perdiamo pure gli amici, restando fermi in Gesù il Signore della nostra vita. {02-05-2011}

 

 

5. {Anna Fusco}

 

Contributo: Giustissimo, è attraverso noi, con il nostro atteggiamento, modi di pensare e di agire in modo corretto e giusto nei confronti di Dio, gli altri possono cambiare; è attraverso le nostre testimonianze veritiere che gli altri possono credere che Gesù è vivo sul serio e si trova al nostro fianco in ogni istante. Se noi non siamo coerenti, se diciamo a tutto il mondo di essere cambiati e di aver accettato Gesù nella nostra vita e confermiamo di essere dei buoni cristiani e, poi, ci mostriamo contrari a tutto quello, che abbiamo affermato in precedenza, gli altri non potranno mai e poi mai credere alla grandezza divina. In alcuni momenti, ci sembra difficile dimostrare al mondo di aver assaporato la gioia di Cristo, soprattutto nei momenti di sconforto, ma sta proprio lì l’intoppo. È proprio in quei momenti che bisogna dimostrare il incontrario, che nonostante i momenti buoni (e ce ne sono tantissimi), bisogna portare sempre un dolce sorriso sul nostro viso, i nostri occhi non devono mai essere spenti, ma liberi e lucenti, nonostante tutto. Solo cosi il mondo potrà crederci, è un nostro dovere essere di testimonianza. Pace fratello caro, un abbraccio nell’amore di Gesù. {13-05-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): È fuor di dubbio che il modo come ci percepisce il mondo, contribuirà ad avvicinare le persone a Cristo o ad allontanarle da lui, quindi abbiamo una gran responsabilità nel nostro comportamento. Non è la nostra condotta però a poter cambiare veramente le persone, ma è tutt’al più un monito e un richiamo costanti. Non basta neppure dire a tutto il mondo di essere cambiati, perché ciò abbia un effetto di per sé; la gente ci scruta abbastanza per cercare le «crepe» nella nostra personalità. Se i nostri atti incongruenti gridano più forte delle nostre parole giuste, le persone percepiranno specialmente i primi. La gente, più che ascoltare le nostre parole e prestare attenzione al nostro sorriso (esso è sempre positivo unitamente alla vividezza degli occhi), guarda alla nostra coerenza nei momenti buoni e meno buoni della nostra vita. Per questo Paolo pronunciò le seguenti parole, di cui evidenzio solo alcuni concetti adatti al nostro tema: «Noi non diamo motivo di scandalo in cosa alcuna, affinché il ministero non sia oltraggiato; ma in ogni cosa ci raccomandiamo come ministri di Dio per una grande costanza, per afflizioni, necessità, angustie, battiture, prigionie, sommosse, fatiche, veglie, digiuni, per purità, conoscenza, longanimità, benignità, per lo Spirito Santo, per carità non finta; per la parola di verità, per la potenza di Dio; per le armi di giustizia a destra e a sinistra, in mezzo alla gloria e all’ignominia, in mezzo alla buona ed alla cattiva riputazione; tenuti per seduttori, eppure veraci; sconosciuti, eppure ben conosciuti; moribondi, eppure eccoci viventi; castigati, eppure non messi a morte; contristati, eppure sempre allegri; poveri, eppure arricchenti molti; non avendo nulla, eppur possedenti ogni cosa!» (2 Cor 6,3-10).

 

 

6. {Ursula Illiano}

 

In un epoca come questa, dove le persone sono piene d’informazioni e tutti si alzano a dire la propria, è indispensabile predicare la potenza del Vangelo con la propria vita. Se il Vangelo, che predico, non è sufficiente per trasformare la mia vita e farmi vivere ciò, che annuncio, a chi può interessare? Il mondo offre di meglio! Inoltre io stessa sono trovata bugiarda. Ma ritengo che il danno maggiore lo facciamo alla testimonianza del grande Dio, in cui diciamo di credere, dando occasione agli increduli di deridere chi rappresentiamo. Forse si riesce a dare testimonianza, ma essere una testimonianza vivente richiede che ciò, che annunciamo, lo abbiamo sperimentato per primi. {13-05-2011}

 

 

7. {Pietro Calenzo}

 

La celeste vocazione, alla quale siamo stati chiamati, deve testimoniare al mondo tale grazia concessaci dal Signore, in fedeltà alla Parola, con un proporci al mondo come ambasciatori e inculcando la sana dottrina di Cristo con amore e verità. {14-05-2011}

 

 

8. {Salvatore Paone}

 

Vero, benché molto difficile siamo consapevoli che la vera testimonianza siamo noi individualmente. I nostri gesti, il nostro parlare, il nostro esempio verso la legge, il tutto dipende da noi stessi. Siamo chiamati a essere luce; e se questa luce diventa fiacca, a chi risplenderà? Se il nostro vivere non è radicato nei comandamenti del Signore, quale frutto porteremo? Potremmo distribuire tutti i coupon e depliant, che parlano dell’Evangelo, ma se non razzoliamo bene, la nostra «predicazione» diventa solo fumo. {14-05-2011}

 

 

9. {}

 

 

10. {}

 

 

11. {}

 

 

12. {Vari e brevi}

 

Paul West, ps.: È meglio essere cristiani senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo. {30-04-2011}

Osservazioni (Nicola Martella): Meglio ancora è essere cristiani e proclamare la Buona Novella con parole e opere!

 

Michela De Rose: Tu hai scritto: «Se non si brucia personalmente per Cristo, è difficile che altri vengano incendiati». Sono senza parole, è una verità indiscutibile. Grazie, Nicola. {13-05-2011}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Essere_dare_testimonia_Mds.htm

13-05-2011; Aggiornamento: 09-12-2012

 

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