Caro Nicola, vorrei porti una
questione: spesso mi capita di non sapere quale sia il modo migliore per dire
ai miei amici non credenti che sono cristiano e quale sia il modo migliore
per farlo. Ovvero ad alcuni ho detto, senza che mi chiedessero niente: «Sai ho
iniziato a leggere la Bibbia… mi ha cambiato la vita, adesso sono cristiano».
Con alcuni ho rapporti, con altri no. È bene dirlo prima? O è meglio
farlo, quando si pongono delle situazioni lampanti, ad esempio: «Stasera
andiamo a bere alcolici e a un night club, vieni pure tu?». Infine, quale è il
modo migliore per dirlo e come fare testimonianza al meglio? (Vincenzo Russillo;
23-08-2010). |
1. ENTRIAMO IN TEMA: Non esiste
un «modo migliore» per dire ai propri amici non credenti di essere cristiano.
Bisogna essere sensibili a Dio e usare le occasioni che si presentano per dare
magari piccole pillole di verità o, se c’è interesse, l’intera via della
salvezza. Al riguardo bisogna evitare di fare due errori.
■ 1. Seppellire il proprio talento, pur di stare nel «giro» di tali
amici, agendo così come se la presentazione dell’Evangelo non ci riguardasse
(per non aggiungere il fatto di tacere quando qualcuno bestemmia il nome di
Dio); ciò sarebbe una disubbidienza al grande mandato e ci renderebbe colpevoli.
●→ Dio pone ogni seguace di Cristo come una sentinella nel suo ambiente (cfr. Ez
3,17ss; 33,2ss). Stai facendo il tuo dovere?
■ 2. Mettere le perle dinanzi ai porci (Mt 7,6): In tal modo si dà
occasione che l’Evangelo venga deriso; anche ciò ci renderebbe colpevoli, se
torniamo a insistere, invece di scrollarsi di dosso la polvere e andare altrove
(Mt 10,14). ●→ Sei così insistente e litigioso da dare occasione che il buon
nome di Cristo venga bestemmiato? (cfr. Rm 2,24).
2. ASPETTI DI UNA TESTIMONIANZA EFFICACE:
Ecco qui di seguito alcune pillole di riflessione, che possono aiutarci a
mettere a fuoco la nostra responsabilità di figli di Dio nel mondo, specialmente
in vista di una testimonianza efficace.
■ La piena identificazione con Cristo: Il nostro cuore è lì, dove
riteniamo essere il nostro tesoro (Mt 6,21). Se c’identifichiamo completamente
con Cristo, ossia nella sua morte, risurrezione e glorificazione (Gal 2,20), non
avremo difficoltà a vivere dinanzi agli altri secondo tale identificazione e
vocazione. Allora potremo dire con Paolo che «le cose che m’erano guadagni,
io le ho reputate danno a motivo di Cristo. Anzi, a dir vero, io reputo
anche ogni cosa essere un danno di fronte alla eccellenza della
conoscenza do Cristo Gesù, mio Signore, per il quale rinunziai a tutte tali cose
e le reputo tanta spazzatura alfine di guadagnare Cristo…» (Fil
3,7s). ●→ Quale priorità ha Cristo veramente nella tua vita? Visto che diamo
maggior tempo a ciò che amiamo, quanto ne dai a Cristo? Ritieni veramente che
Cristo sia il migliore investimento della tua vita? Puoi dire che il Signore
vanga, ad esempio più del tuo hobby migliore?
■
Esercitare la coerenza morale: È difficile voler dare una
testimonianza di Cristo, quando non si è una buona testimonianza nella
vita. «Siate irreprensibili e schietti, figli di Dio senza biasimo
in mezzo a una generazione storta e perversa, nella quale voi risplendete
come luminari nel mondo, tenendo alta la Parola della vita» (Fil
2,15). ●→ È possibile che il tuo giudizio verso la tua generazione non sia così
drastico, poiché le stai assomigliando sempre più?
■ Avere una vita esemplare e trasparente: Come il sale dà condimento alle
pietanze, così dev’essere la vita dei discepoli in mezzo alla gente del mondo e
alla società. Come una piccola luce nella notte riesce a dare orientamento a chi
cammina, così dev’essere la vita del discepolo. La gente non sempre capisce
l’Evangelo subito, ma nota le buone opere. «Voi siete il sale della terra;
ora, se il sale diviene insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla
se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del
mondo; una città posta sopra un monte non può rimaner nascosta; e non si
accende una lampada per metterla sotto il moggio; anzi la si mette sul
candeliere ed ella fa lume a tutti quelli che sono in casa. Così risplenda la
vostra luce nel cospetto degli uomini, affinché vedano le vostre buone
opere e glorifichino il Padre vostro, che è nei cieli» (Mt 5,13-16). ●→
Se non sta dando sapore e luce agli altri, è possibile che sei tu oramai ad
esserti completamente assimilato agli altri?
■ Vivere come segno e presagio dinanzi gli altri: La vita del discepolo
deve parlare di Cristo già di per sé, diventando già la sua presenza un pungolo
alla coscienza degli altri. «Ecco me, e i figli, che l’Eterno m’ha dati; noi
siamo
segni e presagi in Israele da parte dell’Eterno degli Eserciti, che abita
sul monte Sion» (Is 8,18). ●→ Se la tua presenza lascia indifferenti gli
altri, è possibile che tu non stai più dimorando in Cristo e che Egli stia
oramai fuori della tua porta? (Ap 3,20).
■ Praticare una buona condotta: Non si può predicare bene e razzolare
male, se si vuole essere e dare una testimonianza efficace. «Diletti, io
v’esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dalle carnali concupiscenze,
che guerreggiano contro l’anima, avendo una buona condotta fra i Gentili;
affinché laddove sparlano di voi come di malfattori, essi, per le vostre
buone opere che avranno osservate, glorifichino Dio nel giorno che Egli li
visiterà» (1 Pt 2,11s). ●→ È possibile che ti sei talmente accomodato nel
mondo, che nessuno vede oramai una differenza fra te e loro?
■ Non associarsi al male: Quando si presentano occasioni scabrose o poco
pulite per un cristiano biblico, bisogna tirare l’allarme e spiegare
semplicemente: «Mi dispiace, ma questa cosa non posso farla per motivi di
coscienza (a causa della mia fede, ecc.)». «E non partecipate alle opere
infruttuose delle tenebre; anzi, piuttosto riprendetele» (Ef 5,11).
Non so se conviene dire preventivamente tutto agli amici, presentando tutta la
propria dichiarazione di fede e le cose che si vogliono o meno fare da cristiani
biblici. Forse è più sensato spiegare, di volta in volta, quale sia il pensiero
biblico su una certa cosa. Il tutto dipende però dalla situazione concreta. Ad
esempio, dinanzi agli appetiti della carne è inutile fare discorsi razionali, è
meglio fuggire e basta (1 Tm 6,11; 2 Tm 2,22).
■ Usare le occasioni, così come vengono: Verso coloro, che sono
timorati di Dio, si può praticare questa ingiunzione: «Predica la Parola,
insisti a tempo e fuor di tempo, riprendi, sgrida, esorta con grande
pazienza e sempre istruendo» (2 Tm 4,2).
Verso la gente, che non conosce Dio, si può applicare questo altro
comando: «Guardate dunque con diligenza come vi conducete; non da stolti, ma
da savi; approfittando delle occasioni, perché i giorni sono malvagi.
Perciò non siate disavveduti, ma intendete bene quale sia la volontà del
Signore» (Ef 5,15ss). Facciamo bene a chiedere a Dio la saggezza nelle
singole occasioni.
3. ASPETTI CONCLUSIVI
■ Altri accorgimenti: Prima di dare qualcosa da leggere a un analfabeta,
bisogna alfabetizzarlo; lo stesso vale in campo spirituale: prima di
annunciargli l’Evangelo, bisogna sincerarsi che capisca quanto diciamo
(pre-evangelizzazione). È meglio non investire le persone con troppe
informazioni, che forse non riescono a capire, ma è meglio costruire nel
tempo, assecondare le domande degli altri o stimolare la loro riflessione con
una singola questione (magari d’attualità). Bisogna confidare che lo Spirito
Santo saprà guidarci a che cosa dire, se saremo sensibili verso di lui (Mt
10,19; cfr. Gv 14,26).
Invece di contrapporsi agli altri, si fa bene ad alimentare la luce che è
presente in loro, incoraggiando al bene e alla verità. Gesù simpatizzò
con il giovane ricco, quando disse cose buone (Mc 10,21); poi certo gli indicò
la via particolare, in conformità con la sua situazione particolare. Aquila e
Priscilla approfondirono meglio con Apollo la dottrina biblica, riguarda
alla quale egli aveva ancora delle lacune (At 18,26). Paolo si adattava
alla relativa cultura e all’indole dei suoi interlocutori (1 Cor 9,19ss), non
buttando mai via il bimbo con tutta l’acqua sporca, ma cercando punti di
contatto (cfr. At 13,16ss sinagoga; 22,1ss; At 17,16ss Atene).
■ Coerenza e centralità: Bisogna entrare
nelle scarpe dell’altro e fare un miglio con esse, per sapere come cammina; ciò
significa che bisogna conoscere bene con chi si ha a che fare. Non
è saggio parlare a un agnostico (o ateo) con argomenti validi per uno gnostico
(o esoterista), e viceversa. Bisogna calarsi nel modo di pensare dell’altro, per
argomentare in modo tale che egli capisca e ci segua nel ragionamento. In ogni
modo, come facevano Gesù e gli apostoli, dobbiamo rimanere coerenti con
la verità biblica, senza fare compromessi con la menzogna. Dobbiamo compiacere
al nostro prossimo nel bene e non nel male. Tale coerenza biblica, unita a
sensibilità e disponibilità, è la testimonianza migliore. Dobbiamo imparare
a portare i discorsi sulle cose essenziali, al cuore della verità
biblica.
►
Essere e dare testimonianza? Parliamone {Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Essere_dare_testimonia_EdF.htm
01-09-2010; Aggiornamento: 09-12-2012 |