Un lettore ci
ha presentato le seguenti questioni.
Sono docente di
religione cattolica, e sono molto interessato al tema dell’alimentazione
nelle religioni. Discutendo con alcuni colleghi, mi è parso necessario
approfondire il tema dell’alimentazione declinato in tutti i versanti cristiani.
Per questa ragione, sono a chiedere, se è possibile indicare una bibliografia,
articoli o altro materiale sull’argomento che mi (ci) aiuti a conoscere e
trasmettere correttamente la prassi alimentare della Chiesa Battista.
Il tutto è nato intorno al tema cristianesimo e vegetarianesimo. Personalmente
difendo (cfr. Massimo Salani, A tavola con le
religioni, EDB) la prassi, che giustifica il consumo della carne
(Gesù mangiava carne per Pesah), pur nel rispetto di quanti preferiscono una
dieta «paradisiaca», quella di Adamo ed Eva, quindi senza carne.
Altri mi rispondono che nel cristianesimo si conoscono scelte radicali
(catari, avventisti, ordini monastici, scelte «rigorose» nell’ortodossia). Tra
queste anche i cristiani battisti. {Massimo
Salani;
05-05-2011}
Ad aspetti rilevanti di tali questioni rispondiamo qui di seguito. |
1. ENTRIAMO
IN TEMA: Mi vengono richieste informazioni riguardo alla prassi
alimentare della Chiesa Battista; non essendo io un esponente di tale
articolato movimento, non posso parlare a suo nome. Personalmente sono un
esegeta e, quindi, anche se fossi un esponente della Chiesa Battista, non
sarei comunque interessato ad aspetti confessionali sul tema delle regole
alimentari.
Ammetto che per molti aspetti la
mia dieta alimentare assomiglia a quella dei vegetariani, pur non essendo
uno di loro; infatti, rimango pur sempre un onnivoro. Se scegliessi
personalmente una dieta del tutto vegetariana, ciò non altererebbe in senso
ideologico il mio rapporto verso i testi biblici. Infatti, comunque sia la mia
situazione di partenza, come esegeta devo essere solo interessato a
rappresentare in modo reale e veritiero gli aspetti testuali del problema
nell’AT e nel NT mediante un’esegesi rigorosa. Nella risposta che segue, non
posso certo presentare una dissertazione dettagliata del tema, ma mi atterrò a
punti salienti e conclusivi.
Chiunque faccia un’attenta analisi scritturale puramente esegetica e senza
preconcetti ideologici, deve necessariamente concludere che né la teocrazia
d’Israele, né il giudaismo intertestamentario, né Gesù, né il cristianesimo
apostolico conoscevano o insegnavano il vegetarianismo. Questa è una dottrina
estranea
a tale sfera culturale e religiosa. Infatti, il vegetarianismo deriva
dall’induismo e dal buddismo (religioni dell’India). |
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2. NELLA
STORIA PRIMORDIALE:
Appellarsi a una dieta vegetariana, solo perché vegetariani lo sono stati
i progenitori primordiali (Gn 1,29), è interessante, ma insufficiente.
Per completezza bisogna aggiungere che il primo a sacrificare animali per
coprire l’uomo, fu proprio Dio (Gn 3,21). E fu sempre l’Eterno a permettere agli
uomini l’uso della carne nella propria dieta, dopo la distruzione della
terra mediante il diluvio universale (Gn 9,3), ma a condizione che gli animali
fossero scannati e dissanguati correttamente (v. 4).
3. NEL RESTO
DELL’ANTICO TESTAMENTO:
Ricordo che tutti i patriarchi d’Israele erano pastori e che essi
traevano dai loro animali il sostentamento, non solo il latte, ma anche le
carni. Quando Abrahamo ricevette in visita tre uomini (in effetti erano Dio e
due angeli), egli «corse all’armento, ne tolse un vitello tenero e buono, e
lo diede a un servo, il quale s’affrettò a prepararlo… E quelli mangiarono»
(Gn 18,7s). Il profeta Natan usò con Davide una descrizione simile con
un’agnella per esemplificare il suo ragionamento (2 Sm 12,4).
In sintesi, ammazzare animali per uso cultuale o per mangiarne a piacimento, era
permesso dalla Torà (Es 29,11; Lv 1,5; 9,8.18; 16,11.15; 17,3; 22,28; Dt
12,21). La storia d’Israele è piena di tali descrizioni (cfr. 1 Sm 14,34;
28,24; Is 22,13), senza che vi sia una qualche critica a tale cultura
alimentare.
Nello specifico si parla di vari modi di usare gli animali per uso alimentare:
arrostire la carne al fuoco (Es 12,8s Pasqua; 1 Sm 12,15; Is 44,16.19), far
bollire il meglio del gregge (Ez 24,5) e cuocere i sacrifici del
popolo (Ez 46,24).
4. AI TEMPI
DI GESÙ:
Al tempo di Gesù era ovvio che il padre del cosiddetto «figliol
prodigo» dicesse ai suoi servi: «…portate fuori il vitello ingrassato,
ammazzatelo, e mangiamo e rallegriamoci» (Lc 15,23). Gesù stesso
partecipò per la sua intera vita alla Pasqua, in cui si mangiava l’agnello.
Quando i suoi discepoli gli chiesero: «Dove vuoi che ti prepariamo da
mangiare la pasqua?» (Mt 26,17.19), intendevano gli aspetti connessi alla
preparazione dell’agnello pasquale. Infatti, preparare la pasqua significava
immolare l’agnello (2 Cr 35,6) e adempiere agli aspetti cultuali e sacrificali
connessi (vv. 14ss).
5. NELL’EPOCA
APOSTOLICA:
Dio non si fece scrupoli a mostrare a Pietro in visione animali
(addirittura impuri) e a comandargli: «Lèvati, Pietro; ammazza e mangia»
(At 10,13; 11,7).
Durante il
Concilio di Gerusalemme, non fu posto un divieto a mangiare carne, ma furono
date alcune regole salutiste: i cristiani gentili dovevano astenersi «dalle
cose sacrificate agli idoli, dal sangue, dalle cose soffocate» (At 15,29).
L’apostolo
Paolo menzionò come cosa scontata che i cristiani mangiassero carne e
andassero al mercato per comprarne; interpellato, diede questa ingiunzione: «Mangiate
di tutto quello che si vende al macello senza fare inchieste per motivo
di coscienza. […] Se qualcuno dei non credenti v’invita, e voi volete andarci,
mangiate di tutto quello che vi è posto davanti, senza fare inchieste per
motivo di coscienza» (1 Cor 10,25.27). L’importante era mangiare «di una
cosa con rendimento di grazie» (v. 30). Inoltre, «tutto quello,
che Dio ha creato, è buono, e nulla è da riprovare, se usato con rendimento di
grazie; perché è santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera»
(1 Tm 4,4s).
6. IL CASO
SPECIFICO DELLE CULTURE DIFFERENTI:
In Romani 14 l’apostolo Paolo affrontò la questione dei differenti
approcci culturali all’interno del cristianesimo d’allora. Qui, però, la
questione non era costituita da una contrapposizione tra onnivori e vegetariani,
ma fra cristiani giudaici e cristiani gentili. Le differenti diete erano causa
di problemi di comunione e di giudizio reciproco. I cristiani giudaici
mangiavano solo košer, ossia animali puri e scannati secondo i dettami
della legge mosaica; i cristiani gentili non avevano alcun problema a mangiare
ogni cosa trovassero. L’apostolo diede loro le seguenti direttive: «Chi
mangia di tutto, lo fa per il Signore, perché rende grazie a Dio; e chi
non mangia di tutto fa così per il Signore, e rende grazie a Dio» (Rm
14,6). Qui l’oggetto del contendere non era il vegetarismo, ma se mangiare solo
cose dichiarate pure dalla legge o meno. La coscienza debole dei
cristiani giudei suggeriva loro di attenersi alla legge mosaica. Sebbene Gesù
avesse dichiarato puri tutti i cibi (Mc 7,19), alle convinzioni della
coscienza giudaica non si comandava, se essa riteneva che una certa cosa fosse
impura (Rm 14,14). I cristiani gentili non comprendevano tali scrupoli.
L’importante era che la libertà degli uni (cristiani gentili) o la
riserva degli altri (cristiani giudaici) non diventassero prevaricazione
dottrinale e morale per tutti e motivo di scandalo e di separazione (Rm
14,15-23).
7. PRINCIPI
DERIVATI PER ONNIVORI E VEGETARIANI:
Sebbene al tempo del NT la questione fra onnivori e vegetariani non si
poneva, ma solo fra due specie di onnivori, penso che il principio di Paolo, che
lui pose all’inizio di tale trattazione, possa valere anche qui: «L’uno crede
di poter mangiare di tutto, mentre l’altro, che è debole, mangia
legumi. Colui, che mangia di tutto, non disprezzi colui, che non
mangia di tutto; e colui, che non mangia di tutto, non giudichi colui,
che mangia di tutto: perché Dio l’ha accolto» (Rm 14,2s).
Il «forte» (chi mangia di tutto) sviluppa spesso una certa arroganza, con
cui considera singolare la scelta del «debole» e, con sufficienza e
insensibilità, lo disprezza (cfr. vv. 15s.20); raramente però fa della sua dieta
alimentare un’ideologia filosofica o religiosa. Dall’altra parte, uno dei
problemi nasce laddove il «debole» (chi non mangia di tutto) fa della sua scelta
non solo uno stile di vita personale, ma una militanza ideologica e una
strumentalizzazione «purista», rivestita di elementi filosofici o religiosi, da
far valere in modo massimalista contro gli altri. Proprio i «deboli» possono
sviluppare, per contrappasso, uno spirito di superiorità e, quindi un
«fondamentalismo» tale da considerare i cristiani onnivori non proprio degni del
regno di Dio. Per questo Paolo insistette nel dire: «Dio l’ha accolto».
Egli mostrò che gli accenti del nuovo patto stanno altrove: «Il regno di
Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e allegrezza
nello Spirito Santo… Non disfare, per un cibo, l’opera di Dio» (vv.
17.20).
8.
CONCESSIONE E CONSUMISMO:
Quando Dio permise all’uomo di mangiare carne, il mondo primordiale non
c’era più, essendo stato distrutto dal diluvio. Essi intesero ciò come
concessione per sopravvivere, non come licenza all’arbitrio materialista e
consumistico.
Alla fine di questa trattazione, io da «quasi vegetariano» mi sento di affermare
quanto segue. Una volta allevavamo gli animali da noi stessi e avevamo un
rapporto diretto
con essi; capivamo che, per vivere e sopravvivere, dovevamo mettere fine alla
loro vita, e ciò ci faceva impressione per certi aspetti. Oggigiorno, in genere,
la gente non ha alcun rapporto verso gli animali, che vivono in
allevamenti di massa e vengono uccisi in filiere quasi automatiche. Le persone
conoscono perlopiù solo i prodotti finali nei supermercati; esse non
hanno più un rapporto diretto verso degli esseri viventi, ma comprano la carne
come prodotto. La tendenza è di vedere nei piatti una cosa, un cibo. In
tal modo, ciò che doveva servire a permettere di vivere e sopravvivere in un
contesto difficile e ostile, diventa «oggetto» e alimenta il materialismo e il
consumismo. Molta gente non si fa scrupolo, se nei piatti rimane della carne,
che poi viene buttata. Mangiando, pochi fanno mente locale che tale «prodotto»
è, in realtà, parte di un cadavere di un essere vivente, a cui è stata
data la morte, perché chi la mangia possa continuare a vivere. Tutto questo non
vuol essere un’arringa a favore del vegetarismo ideologico, ma solo degli
stimoli per un uso responsabile della creazione e specialmente degli
esseri viventi.
►
La Bibbia insegna il vegetarianismo? Parliamone {Nicola Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Vegetarianismo_BB_Sh.htm
21-05-2011; Aggiornamento: 07-04-2015 |