Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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L’uomo e la donna nella Bibbia— Generi e ruoli 1:

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La donna nel Nuovo Testamento — Generi e ruoli 2

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■ Il ministero della donna nella chiesa
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ONORA TUO PADRE E TUA MADRE

 

 di Nicola Martella

 

La questione del lettore La risposta

 

Prima di porre una domanda, il lettore si accerti che non ci sia già una risposta all'interno del sito «Fede controcorrente». È anche possibile che l'autore abbia già trattato l'argomento in uno di suoi libri; in tal caso verrà inviato al lettore il riferimento all'opera e alle pagine. In alcuni casi il gestore del sito si avvarrà dell'ausilio di un competente collaboratore perché venga data una risposta alla domanda del lettore.

 

 

La questione del lettore  

 

Caro Nicola, vorrei proporti un tema che, forse, non so quante volte sia stato discusso quello relativo al comandamento: «Onora tuo padre e tua madre». Leggendo le discussioni sul matrimonio, divorzio e sui possibili casi in cui un matrimonio possa essere sciolto, mi chiedevo se lo stesso discorso valesse riguardo l’onorare il padre e la madre. Mi piacerebbe sapere certo che cosa intenda la Bibbia con la parola «onorare», magari andando a spulciare l’etimologia. Ecco la mia questione: una persona, e in particolar modo un cristiano, dovrebbe onorare sempre e comunque il padre e la madre, anche nel caso in cui uno dei due tenesse un comportamento dissoluto, scorretto, e in certi casi anche crudele? Se un padre o una madre abbandonano i propri figli, per farsi i fatti loro, e non si curano d’essi per il resto della vita, sono degni d’essere onorati? Mi viene in mente un passo biblico, dove d’asserisce che «se uno non provvede ai suoi, e principalmente a quelli di casa sua, ha rinnegato la fede ed è peggiore dell’incredulo» [1 Tm 5,8, N.d.R.]. Questo versetto, quindi, potrebbe autorizzare una persona a non onorare un genitore che si comporta in questo modo? Ricordo comunque che, forse, sarebbe corretto innanzitutto sapere che cosa s’intende biblicamente, quando si parla d’onorare il padre e la madre. Grazie. {Daniele Mancuso; 22 settembre 2008}

 

 

La risposta ▲

 

La norma costituzionale della teocrazia d’Israele

     Il comandamento relativo ai genitori era ancorato addirittura nel Decalogo, la costituzione della teocrazia d’Israele, e conteneva un’espressa promessa condizionata: «Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni durino a lungo nel paese che l’Eterno, il Dio tuo, ti dà» (Es 20,12). Nella versione deuteronomica del Decalogo, Mosè mise maggiore enfasi sul comandamento divino e ampliò ulteriormente le motivazioni: «Onora tuo padre e tua madre, come l’Eterno, il Dio tuo, ti ha comandato, affinché i tuoi giorni durino a lungo e tu stia bene nel paese che l’Eterno, il Dio tuo, ti dà» (Dt 5,16).

     Prendiamo quindi atto che tale legge costituzionale implicava, come conseguenza, lunga vita e prosperità nella terra promessa. I comandamenti erano destinati ad adulti ed erano formulati specialmente per i maschi, quali detentori e responsabili dell’ordine familiare e sociale (cfr. il comandamento relativo all’adulterio e al concupire le risorse del prossimo). Onorare padre e madre non aveva quindi a che fare principalmente con la sottomissione dei figli minorenni sotto l’autorità genitoriale, poiché qui venne richiesto qualcosa a persone adulte e generalmente già con una propria famiglia.

 

La norma morale

     Per chiarire che cosa intendesse l’etimologia del verbo «onorare», senza introdurre qui una particolareggiata disamina dei termini ebraici e greci, preferisco che si prenda atto del fatto che già il suo uso nei contesti specifici ne rivela il vero significato.

     Quando scribi e farisei vennero a rimproverare i discepoli dinanzi al loro Maestro, affermando di trasgredire la tradizione degli antichi, non lavandosi le mani prima di mangiare, Gesù li accusò, a sua volta, di trasgredire il comandamento di Dio a causa della loro tradizione (Mt 15,1ss). Ecco i dati della contrapposizione (vv. 4ss):

 

Dio ha detto

Voi, invece, dite

«Onora tuo padre e tua madre!»; e: «Chi maledice padre o madre deve morire di morte»

Se uno dice a suo padre o a sua madre: «Sia offerta [a Dio], ciò che potrebbe tornarti utile da me», egli non è obbligato a onorare suo padre o sua madre.

 

Conclusione: «E avete annullata la parola di Dio a causa della vostra tradizione. Ipocriti…».

            Mentre l’Evangelo di Matteo era destinato agli Ebrei, che la Legge mosaica la conoscevano, l’Evangelo di Marco è ancora più esplicativo, rivolgendosi ai pagani: «…voi, invece, se uno dice a suo padre o a sua madre: “Sia Korban — vale a dire, offerta [a Dio] — ciò che potrebbe tornarti utile da me”, voi non gli permettete più di fare cosa alcuna a pro di suo padre o di sua madre, annullando la parola di Dio con la tradizione, che voi vi siete tramandata. E di cose consimili ne fate tante!» (Mc 7,8-13). Qui, rispetto al testo di Matteo, la responsabilità è posta specialmente su scribi e farisei, che insegnavano tali cose. Si noti che «l’onorare» in Matteo corrisponde in Marco a «fare cosa alcuna a favore» del genitore.

 

Si noti che onorare i genitori significa dargli ciò che serve loro, ossia per sopravvivere. A quel tempo non c’erano la previdenza sociale e la pensione d’anzianità. Il «capitale» e «l’assicurazione», su cui si poteva contare per la vecchiaia, erano i figli. Chi perdeva tutti i suoi figli o essi erano ingrati, avevano dinanzi a sé un destino misero e infelice.

 

La norma spirituale

     Tornando all’uso dei termini «onorare» e «onore» nel loro senso originario, si tenga presente che in alcuni contesti essi significano «dare a qualcuno ciò che gli spetta». Non a caso anche in italiano si parla di «onorare» anche nel senso di «adempiere i propri obblighi finanziari, fare fronte ai propri impegni»; «l’onorario» è un compenso corrisposto a qualcuno per prestazioni da lui fornite. Nel nuovo patto agli obblighi verso una paternità naturale si aggiunge anche quella per una paternità morale, ossia dei discepoli verso i loro insegnanti. Per questo è scritto: «Gli anziani che tengono bene la presidenza, siano reputati degni di doppio onore, specialmente quelli che faticano nella predicazione e nell’insegnamento… l’operaio è degno del suo salario» (1 Tm 5,17s; cfr. 1 Cor 9,4ss; Gal 6,5ss).

 

Padri e figli minorenni

     La preservazione della norma costituzionale, che ingiungeva l’assistenza dei genitori da parte dei figli, rendeva stabile la società nel suo complesso; e per questo garantiva che anche gli attuali figli potessero, a loro volta, vivere a lungo e stare bene nella loro vecchiaia, perché tutelati da figli che avrebbero fatto a loro volta il loro dovere. Non a caso l’apostolo Paolo chiamò tale norma costituzionale dell’antico patto così: «Questo è il primo comandamento con promessa» (Ef 6,2).

     È vero che Paolo ricordò tale comandamento a proposito dell’ubbidienza dei figli ai genitori, ma al riguardo si noti quanto segue in Efesini 6,1: «I figliuoli: ubbidite nel Signore ai vostri genitori, poiché ciò è giusto».

     ■ Qui parla a ragazzi (tà tékna), quindi figli minorenni; nel Decalogo si parlava invece a uomini fatti.

     ■ L’ubbidienza non è assoggettamento totalitario all’arbitrio altrui, ma «nel Signore»: sia per rispetto a Lui, sia nell’ubbidienza primariamente a Lui. L’espressione «nel Signore» indica nel NT la norma etica, ossia così come piace al Signore (p.es. sposarsi nel Signore). Qui valga la risposta di Pietro dinanzi a un’autorità (il Sinedrio), che aveva ingiunto loro di fare qualcosa contro la loro coscienza: «Giudicate voi se è giusto, nel cospetto di Dio, di ubbidire a voi anzi che a Dio» (At 4,19); e, in modo più esplicito: «Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini» (At 5,29). Tale tipo di ubbidienza è cosa giusta.

     ■ La citazione in merito della norma del Decalogo non fu introdotta come esatta spiegazione dell’ingiunzione di Paolo, ma per indicare la promessa connessa alla richiesta divina.

 

L’altra parte della medaglia di tutto ciò segue dappresso: «E i padri: non provocate a ira i vostri figliuoli, ma allevateli nella disciplina e nell’ammonizione del Signore» (v. 4).

     ■ L’educazione dei padri non dev’essere affetta da ingiustizia tale da creare rabbia nei figli verso il genitore.

     ■ La disciplina non è a proprio arbitrio e fine a se stessa, ma è quella secondo il Signore, ossia conforme alla sua Parola; così pure l’ammonizione.

 

Aspetti conclusivi

     L’onore di un cristiano verso i propri genitori, vita natural durante, e l’ubbidienza verso di loro, se si è ancora minorenni, deve avvenire «nel Signore», ossia secondo le norme etiche della Scrittura. Il peccato e l’ingiustizia rimangono tali, chiunque li commetta. Un figlio o una figlia, se cristiani, devono chiaramente sottrarsi a genitori che vogliono abusare sessualmente di loro o indurli a compiere atti illegali e amorali. Genitori che hanno un «comportamento dissoluto, scorretto, e in certi casi anche crudele» perdono la loro autorità morale. La legge stessa sanziona certi genitori togliendo loro la patria potestà, ad esempio nei casi in cui non adempiono ai loro doveri elementari di genitori. A ciò si aggiunga che, in tali casi, un genitore del genere, se si ritiene cristiano, effettivamente «ha rinnegato la fede ed è peggiore dell’incredulo» (1 Tm 5,8).

     Un genitore moralmente sviato è da recuperare come qualunque altra persona (Gcm 5,19s). In certi casi il cristiano deve prendere le distanze da un genitore che persiste in certi comportamenti e diviene così un pericolo, pur chiamandosi cristiano, qualora non accetti la riprensione della Parola di Dio: «V’ho scritto nella mia epistola di non mischiarvi coi fornicatori; non del tutto però coi fornicatori di questo mondo, o con gli avari e i rapaci, e con gli idolatri; perché altrimenti dovreste uscire dal mondo; ma quel che v’ho scritto è di non mischiarvi con alcuno che, chiamandosi fratello, sia un fornicatore, o un avaro, o un idolatra, o un oltraggiatore, o un ubriacone, o un rapace; con un tale non dovete neppure mangiare» (1 Cor 5,9ss).

     Chiaramente un genitore rimane comunque tale, almeno dal punto di vista biologico, e non bisogna mai chiudere tutte le porte, incredulo o credente che sia. Inoltre la vita ha tante stagioni e un cambiamento è sempre possibile, sebbene al momento bisogna prendere le distanze per non farsi travolgere dal male altrui.

     Che deve fare il cristiano, se un genitore, in passato malvagio e dissoluto, nella vecchiaia necessita di che sopravvivere e di cure, che non può avere altrimenti? Il figlio cristiano non può sottrarsi al suo dovere. Chiaramente non deve farsi coinvolgere dalle opere malvagie delle tenebre (Rm 13,12; Ef 5,11ss) e deve controllare che le sue sovvenzioni al genitore immeritevole non vengano usate per la dissolutezza, ma per sopravvivere e curarsi.

     Si noti comunque che 1 Tm 5,8 e il suo contesto furono scritti non tanto per i genitori verso i figli, ma per nipoti e figli verso il parente che sta nella necessità. La missione d’allora veniva a confrontarsi con situazioni di indigenza, per questo Paolo ingiunse a Timoteo: «Onora le vedove che sono veramente vedove» (1 Tm 5,3), ossia fattene carico in senso finanziario. Ribadisco nuovamente che a quel tempo non c’era la previdenza sociale e la pensione d’anzianità. Nel caso in cui c’erano parenti, erano loro a doversi prendere tale incombenza, rendendo il «contraccambio ai loro genitori» (v. 4). Nel caso tali parenti fossero cristiani e non facevano tale loro dovere, erano da ritenere come increduli (v. 8). Tale sostegno non doveva essere finalizzato ad alimentare i piaceri della carne (v. 6) o uno stile di vita di ozio, ciance, curiosità di fatti altrui e pettegolezzi (v. 13). Qui possiamo trovare un parallelo con quanto abbiamo detto sopra a proposito del sostegno di un genitore. In tale registro assistenziale della missione (o della chiesa locale) bisognava iscrivere solo vedove senza prole e altre risorse, da sessant’anni in poi (ossia veramente bisognose) e se nel passato erano state attive ed esemplari come madri e servitrici del Signore nell’opera cristiana (vv. 9s).

 

Onora padre e madre? Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Onora_padre_madre_GeR.htm

23-11-2008; Aggiornamento: 02-12-2008

 

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