Alcuni lettori mi hanno presentato le seguenti questioni.
■ 1.
Caro Nicola, non so se hai affrontato qualche volta quest’argomento, non ricordo
di aver letto eventuali discussioni sul tuo sito riguardanti l’imposizione delle
mani. Ti pongo questo quesito perché, un po’ di tempo fa, ne ho parlato con un
fratello e mi ha risposto col documento allegato; egli ritiene che l’imposizione
delle mani sia qualcosa relativa solo all’Antico Testamento, che si è
andato a esaurire con gli apostoli. Però, leggendo i primi versetti di Ebrei 6,
si evince, che l’imposizione delle mani viene posta come fondamento insieme a
altri cinque pilastri della fede; in base a tutto ciò, l’imposizione delle
mani non sembra qualcosa di superato. Aspetto delucidazione in merito. Come
sempre, un caro, fraterno e affettuoso saluto. {Giampietro Nardella; 30 novembre
2009}
■ 2.
In un articolo tu citi questa parola di Paolo
rivolta Timoteo: «Per
questa ragione ti ricordo di ravvivare il carisma di Dio, che è in te per
l’imposizione
delle mie mani» (2 Tm
1,6). Mi piacerebbe comprendere appieno
perché prima s’imponevano le mani, ma ora non più, almeno nelle
«assemblee dei Fratelli». {Adriano Carmelo Bartolomeo; 22-05-2012}
Ad aspetti rilevanti di tali questioni rispondiamo qui di seguito. |
Parto dalle
asserzioni del secondo lettore. Le «chiese dei Fratelli» sono abbastanza
variegate per dire che in esse non si pratichi l’imposizione delle mani. Io
pratico l’imposizione delle mani, specialmente nella cura d’anime (i
dettagli si trovano nel mio libro «Entrare
nella breccia»). Lo snaturamento dell’uso dell’imposizione delle
mani nel mondo carismatico (p.es. inflazione e spettacolarizzazione) e l’uso
sacramentale nel mondo cattolico (p.es. consacrazione clericale quale
iniziazione) hanno fatto sì che altri cristiani diventassero, all’opposto,
troppo prudenti nel praticarlo in modo corretto. Tutto ciò ha posto
l’imposizione delle mani in secondo piano in alcune denominazioni. Alcuni
cristiani, per fare muro alla deriva di altri cristiani nell’uso indebito di
tale segno ecclesiale, hanno addirittura ipotizzato che esso si fosse
esaurito al tempo degli apostoli.
Passo ora alla disamina di quanto
affermato e mi ha inviato il primo lettore. Ho ricevuto, quindi, da tale lettore
una composizione in PowerPoint dal titolo «L’imposizione delle mani», perché
l’analizzassi. L’autore è sconosciuto (firma digitale nascosta: «Alpha
Centauri»). Secondo me l’unico suo scopo è di combattere l’abuso odierno
dell’imposizione di mani in ambienti entusiastici e in quelli clericali.
Egli elenca e tratta i motivi ricorrenti nella Bibbia per l’imposizione
delle mani:
■ Affidamento di un compito
■ Benedizione (spesso intercambiabile con la precedente motivazione)
■ Rito in alcuni sacrifici atto a simboleggiare una sorta di trasferimento di
colpe sulle vittime
■ In occasione di miracoli di guarigione
■ Segno per il conferimento dello Spirito Santo
■ Conferimento di doni spirituali.
La trattazione, che
segue in tale composizione in PowerPoint, è dotta. Subito all’inizio l’autore
scrive: «Per questo lavoro volontariamente non è stato fatto uso di materiale
extra-biblico né di fonti storiche, seppure avrebbero arricchito il
lavoro». Direi che è un peccato, poiché non si può prescindere dalla storia
delle chiese dei primi secoli. Non entro in tutti i particolari, ma evidenzio
solo alcuni aspetti particolari.
La sua disquisizione è dotta, ma non convince
abbastanza. Infatti, se essa era usuale nel cristianesimo apostolico, tanto da
non essere necessaria una nuova discussione in merito (Eb 6,1ss), non si capisce
perché, dopo il tempo apostolico, debba essere venuta meno (dove sarebbe scritto
questo in modo chiaro e incontrovertibile?).
Faccio notare che essa fu usata sia nel
cristianesimo giudaico (At 6,6 consacrazione dei collaboratori degli
apostoli; At 9,12.17; 19,6), sia riguardo ai
Samaritani (At 8,17 erano semi-giudei), sia nel cristianesimo gentile
(At 13,3 Antiochia: Barnaba e Saulo inviati in missione), all’interno del quale
operavano Paolo e i suoi collaboratori (p.es. Timoteo, Tito), sia anche verso
i pagani (At 28,8). Faccio notare che in Atti 14,23, sebbene non si parli
espressamente dell’imposizione di mani a proposito dell'insediamento dei
nuovi anziani, ricorrono gli altri elementi come in At 13,3, che la
suggeriscono: pregare, digiunare e raccomandare al Signore; tale ultima
espressione può essere concomitante con l’imposizione delle mani o addirittura
corrispondente ad essa (cfr. anche At 14,40 «Paolo... partì, raccomandato dai
fratelli alla grazia del Signore»). Inoltre, se Gesù impose le mani
ai bambini per benedirli (Mc 10,16), non si capisce perché oggi ciò dovrebbe
essere una pratica oramai desueta.
Inoltre, si afferma che riguardo all’imposizione delle mani non dovremmo
attingere a brani descrittivi tratti dalle epistole personali (1-2 Tm;
Tt, Flm); se così fosse, non si comprende perché dovremmo farlo per altre cose;
questo potrebbe essere un pericoloso boomerang. Se Paolo ingiunse a Timoteo di
non imporre le mani con troppa fretta (1 Tim 5,22), non significava che
proibì questo uso, ma lo regolamentò, limitandolo ai casi legittimi. Si afferma
al riguardo che non sarebbe un insegnamento per noi, ma solo un consiglio
per il suo collaboratore in un momento storico preciso della vita della chiesa;
se così fosse, allora tutto ciò, che sta nelle epistole personali di Paolo ai
suoi collaboratori, può essere interpretato così; questa è una pericolosa lavina
dagli effetti devastanti. Un verso prima Paolo affermò: «Io ti scongiuro,
dinanzi a Dio, dinanzi a Cristo Gesù e agli angeli eletti, che tu osservi
queste cose senza prevenzione, non facendo nulla con parzialità» (v.
22). Egli parlò prima del peccato degli anziani (v. 20), gli ingiunse di «non
partecipare ai peccati altrui» (v. 22) e continuò a parlare di peccati
palesi e nascosti (v. 24). Tali atti di malvagità di alcuni uomini erano
evidentemente una causa di grande apprensione e tribolazione per Timoteo,
cosa che gli causava le sue «frequenti infermità» (v. 23 è parentesi). Perciò,
le ingiunzione: «Non imporre con precipitazione le mani ad alcuno e non
partecipare ai peccati altrui», si inserivano ambedue perfettamente in tale
contesto, nel quale l’apostolo ingiunse al suo collaboratore: «Conservati
puro» (v. 22). Il riferimento agli anziani e la menzione dell’imposizione
delle mani suggerivano il loro diretto collegamento, poiché gli uni erano
introdotti nel loro ministero mediante l’imposizione delle mani da parte del
missionario fondatore; Paolo suggeriva a Timoteo di non riconoscere come anziani
persone prima del tempo e, quindi, non irreprensibili (1 Tm 3), poiché ciò
avrebbe reso colpevole il missionario stesso. È poco serio e deleterio voler
sminuire tali dati nel loro contesto.
Inoltre i brani descrittivi nelle epistole parlano della prassi e dei
costumi allora vigenti e attuali nella chiesa. Chi pensa che l’imposizione
delle mani non era più attuale e necessaria dopo l’epoca apostolica, dovrebbe
dimostrarlo in modo esegetico, non solo affermandolo.
Quando si afferma che Ebrei 6,1s fosse solo per gli Ebrei e solo per quel
tempo, non bastano i salti mortali relativistici, per risolvere la questione con
un presunto colpo di spugna. Al contrario, si può ben dire che l’imposizione
delle mani e le altre cose facevano parte dell’«insegnamento elementare»,
che non bisognava più discutere, ed esso riguardava non solo questo, ma anche il
ravvedimento, la dottrina dei battesimi, la risurrezione dei morti e il giudizio
eterno. Per ragion di logica, se una cosa non vale più, perché dovrebbero valere
le altre come dottrina di base? Se all’«insegnamento elementare intorno a
Cristo» e alle altre cose elencate segue l’insegnamento perfetto, che si
intende realizzare (v. 3), ciò avviene proprio perché non bisogna più discutere
le basi elementari, che sono assodate e d’uso comune.
In questo come in altri casi, la via salutare è quella di combattere gli
eccessi e di limitare l’uso dell’imposizione delle mani ai casi necessari, che
il nuovo patto descrive (1 Tim 4,14; 2 Tim 1,6) e ordina, regolamentandone l’uso
(1 Tim 5,22). Sterilizzare chiari brani biblici mediante un’avventurosa
interpretazione, solo per combattere le esagerazioni e gli usi cattivi di una
pratica, non è saggio, non è salutare e significa non tagliare «rettamente la
Parola della verità» (2 Tm 2,15). Così si dà pure un cattivo esempio
e si crea un precedente pericoloso: altri si sentiranno liberi di usare la
stessa dialettica, applicando tale falso sillogismo ad altre questioni, e ciò
avrà solo effetti devastanti.
Se si nega l’imposizione delle mani per l’oggi, il
contrario dell’abuso praticato da alcuni, non porta per forza a un uso
corretto, ma rappresenta solo un altro abuso, un’altra prigione mentale. È la
verità soltanto a rendere liberi. Ed essa non può e non dev’essere plasmata
a propria immagine dottrinale. Nel ricercare esegeticamente tale verità e nel
rappresentarla, ci vuole molta sobrietà, equilibrio, rigore e coerenza. Bisogna
adeguarsi alla verità, non adeguarla ai propri convincimenti e alle proprie
convenzioni.
Per l’approfondimento
della prassi dell’imposizione delle mani nella cura pastorale, si vedano i
seguenti aspetti in Nicola Martella,
Entrare nella breccia (Punto°A°Croce, Roma 1996) e in Nicola Martella,
Carismosofia (Punto°A°Croce, Roma 1995):
■
Aspetti negativi: Tale pratica ricorre nella prassi
entusiastica e nella pastorale esorcistica, dove si attinge al pensiero
magico, viene ministrata da particolari «unti» ed è lo strumento per comunicare
particolari facoltà mistiche:
Entrare nella breccia, pp. 10, 56, 287, 351;
Carismosofia, pp. 44, 64, 67, 106, 110, 130s, 134, 160s, 165,
167, 188, 197 (inefficace per Simone il Mago), 233s, 237s, 241, 249, 256. A ciò
s’aggiunga l’aspetto sacramentale dell’imposizione delle mani per conferire lo
Spirito Santo durante la cresima:
Carismosofia, pp. 195.
■
Aspetti positivi: Essi ricorrono come una parte importante della
pastorale biblica:
Entrare nella breccia, pp. 248ss, 281, 319.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Imposizione_mani_EnB.htm
29-01-2010; Aggiornamento: 23-03-2018 |