Entriamo in tema
Leggere il Nuovo
Testamento alla luce dello
status quo
di quelle chiese, che sono a guida monocratica (pastore unico), fa poi dire ad
alcuni, abituati a tale convenzione, che il «pastore» è la guida
principale o unica della chiesa locale e che egli ha sotto di sé un certo numero
di anziani, da cui viene coadiuvato nell’amministrazione della comunità.
Difficilmente ciò potrà essere dimostrato con un esegesi contestuale rigorosa.
Nel NT «pastore» non è un ufficio, ma solo una funzione ministeriale,
ossia un ministero che si svolge in virtù di un carisma pastorale. Le uniche
guide riconosciute nel NT sono solo «presbitero» (anziano) ed «episcopo»
(sorvegliante), ed essi sono praticamente la stessa cosa. Come già detto, il
termine «pastore» descrive soltanto una «funzione ministeriale» del conduttore
(presbitero o episcopo), e cioè il ministero di cura d'anime.
Infatti, gli apostoli non hanno mai scritto a un conduttore, chiamandolo
«pastore», né hanno mai descritto l’ufficio del «pastore», al contrario lo hanno
fatto degli episcopi o anziani (1 Tm 3; Tt 1). Torniamo a un terminologia
biblica!
Ho letto un
articolo dal titolo
«Il
governo di chiesa [parte 2]», messo in rete dalla Chiesa evangelica «dei
Fratelli» di Abiategrasso. Non intervengo su tutta la serie, ma soltanto su tale
parte, ed entro nel merito soltanto riguardo ad alcuni aspetti particolari
dell’articolo. Esprimo dapprima l’apprezzamento per le questioni
generali. Per quanto ho potuto capire, l’autore dell’articolo è Galasso Michele
Patris. Consiglio prima la lettura di tale articolo e poi l’analisi che segue.
Per brevità riassumiamo le cariche di guida col termine di «conduttore (di
chiesa)».
Analisi critica dello scritto
In tale articolo sembra che si confondano le vere cariche o uffici
(anziano, sorvegliante o conduttore) con le funzioni ministeriali (pastore,
insegnante). Un'analisi biblica attenta mostra che è erroneo affermare che
«anziani, pastori e vescovi… descrivono lo stesso ufficio», poiché nel NT non è
riconosciuto una carica di «pastore». Tanto meno si può dire che il
vescovo o sorvegliante «riveste una posizione più alta nella chiesa»,
se non si spiega rispetto a chi o a che cosa. Se tale posizione fosse riferita
alla conduzione, faccio notare che, da un'analisi storica e culturale del primo
secolo, risulta che anziano e sorvegliante sono semplicemente la stessa carica,
la prima preferita più in ambito ebraico (presbitero), la seconda più ricorrente
in ambito greco (episcopo), e questo per motivi insiti nella cultura. Ambedue le
designazioni furono usate per le stesse persone; ciò fu dovuto al fatto
che coloro, che portarono l'Evangelo e la sana dottrina nel mondo ellenistico,
erano perlopiù missionari giudeo-cristiani. Perciò, il giudeo Luca ricordò che
Paolo «da Mileto mandò a Efeso a far chiamare
gli anziani della chiesa» (At
20,17), a cui poi l’apostolo ricordò: «Guardate
a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha
costituiti sorveglianti, per pascere
la chiesa di Dio, la quale egli ha acquistata col proprio sangue… Perciò
vegliate…» (vv. 28.31).
Nel NT non viene neppure detto che chi «ricopre maggiormente il ruolo
d’insegnamento» debba avere un ruolo maggiore nella chiesa locale. Infatti,
ogni sorvegliante dev’essere «capace di insegnare» (1 Tm 3,2); e tale «servitore
del Signore» deve avere tale qualità, insieme ad altre, per correggere
quelli che contraddicono (2 Tm 2,24s). Lo stesso concetto è ribadito a Tito,
ossia che il conduttore sia «attaccato
alla fedele Parola quale gli è stata insegnata, cosicché sia capace
d’esortare nella sana dottrina e di
convincere i contraddittori» (Tt 1,9). Il problema odierno è
che ci sono credenti eletti o riconosciuti come conduttori, che non sono «capaci
di insegnare», e per questo in tali chiese si vorrebbe una preminenza per
coloro, che hanno uno spiccato carisma di insegnante. No, la soluzione più
conforme alle norme bibliche è nominare conduttori soltanto coloro che sono «capaci
di insegnare», non «conduttori di paglia» né «conduttori
sprovveduti», ossia quelli che pasturano il gregge con allegorie, indebite
versettologie e tipologie risultato di ricostruzioni speculative.
Quanto agli
equilibri interni a un consiglio dei conduttori, l’autore di tale articolo
tenta di dare direttive precise; ma ciò è un’impresa difficile nella pratica,
visto che i temperamenti e le potenzialità sono diversi nelle varie persone e
visto che ciò influirà pure sull’interazione reciproca nel singolo gruppo; a ciò
si aggiunga che riguardo a ciò ci sono sempre mutamenti e discontinuità nel
tempo. Inoltre, il NT descrive le peculiarità (p.es. spirituali, morali,
caratteriali, umane) dei conduttori e i loro compiti generali (p.es. insegnare,
pasturare il gregge, ammonire, esortare, incoraggiare, riprendere, vegliare),
non dando direttive su aspetti gestionali, che dipendono dalla cultura vigente,
dalle circostanze e da fattori contingenti.
Meraviglia che l’autore metta qui in gioco Darby come esempio e modello,
per accreditare la legittimità di persone con una spiccata capacità di guida e
d'insegnamento. Darby ad alcuni piacerà e ad altri no; ammetto che non ha le mie
simpatie e avrei preferito che si partisse dall’esegesi biblica e non da
discussi personaggi. [Per l’approfondimento si veda in Nicola Martella (a cura
di), Escatologia fra legittimità e abuso.
Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007), l’articolo «Da Darby al
dispensazionalismo», pp. 101-107.] Per evitare che dei Darby moderni (come
quelli antichi) si trasformino in piccoli papi o in tribuni, si fa
bene a prendere le decisioni nel consiglio dei conduttori con il pari
consentimento o col un'alta percentuale di consenso, soprassedendo in caso
contrario. L'individualismo e il narcisismo possono essere sempre in
agguato; anche ciò che si pensa a fin di bene, può risultare un danno per
l'opera di Dio. Non si possono neppure prendere, come esempio da seguire
oggigiorno, le scelte fatte da Gesù, che era il Maestro, né la dinamica interna
al consiglio di chiesa di Gerusalemme, su cui pesavano aspetti culturali
specifici. Infatti, in quest'ultima era tutto molto fluido, trattandosi di una
ecclesiologia in formazione; inoltre, alla fine, a guidare la chiesa rimase
dapprima una triade (Pietro, Giacomo e Giovanni) e poi specialmente Giacomo,
fratello di Gesù, che rimase come una forte personalità condizionante tra gli
altri anziani. Forti personalità influenzano le vicende delle chiese nel
bene e nel male (si veda in Gal 2,11ss il comportamento di Pietro e degli altri
dinanzi agli emissari di Giacomo a Antiochia). Quindi lasciamo che ogni
consiglio di conduttori trovi il suo proprio equilibrio e lo modifichi
nel tempo, secondo le necessità.
Per evidenziare che l’insegnante debba avere un ruolo particolare nella chiesa,
l'autore di tale articolo cita 1 Timoteo 5,17s; qui però viene data una
raccomandazione generale per tutti gli «anziani, che tengono bene la
presidenza», e ciò che segue («specialmente…»), è soltanto una
maggiore precisazione. Si fa quindi bene a non strapazzare tale brano per
avvalorare le proprie convinzioni.
Non entro in merito alla carica dei diaconi (o servitori), ma faccio
soltanto notare che attingere il loro ruolo da Atti 6,1-6, è a parer mio
sbagliato; sia perché nel testo non si parla di diaconi, sia perché tali uomini
facevano ben altro che svolgere semplicemente un compito organizzativo (cfr.
Stefano e Filippo; quest'ultimo si recò poi stabilmente a Cesarea come uno che
ancora «era uno dei sette»; At 21,8). Sulle donne in 1 Tm 3,11 si
può pensare in un modo (diaconesse) o nell’altro (mogli dei diaconi). Faccio
però notare che in
Romani 16,1s non c’è il termine diaconessa in greco (diakónissa), ma
che Febe «è [gr. essente] al servizio della chiesa» (così traduce anche
la Vulgata); lei prestava assistenza (funzione), ma ciò non significava
che rivestisse una
carica di diaconessa.
Aspetti conclusivi
Mi fermo qui e tralascio il resto, lasciandolo al giudizio dei lettori.
Chiaramente se questa mia lettura critica raggiungesse l’autore di tale
articolo, potremmo interloquire ed egli potrebbe spiegare meglio il suo
pensiero.
Dobbiamo guardarci da forme di conduzione monocratica. Dobbiamo farlo
pure da consigli di chiesa che, per avere una pluralità a tutti i costi, hanno
al loro interno «conduttori di paglia», persone non «capaci di insegnare»
e credenti che non rispecchiano le peculiarità richieste e necessarie
(spirituali, morali, caratteriali, umane e sociali). Per correggere
situazioni abnormi, alcuni invocano il conduttore unico e altri reclamano un
particolare status dell’insegnante tra coloro che
non
sono «capaci di insegnare». A tali tentazioni bisogna resistere, evitando
scorciatoie. Una volta che certe convenzioni si radicano nelle chiese, poi è
difficile mutarle.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Cariche_funzioni_chiese_EdF.htm
06-08-2010; Aggiornamento: 12-08-2010 |